Quesito del 25/11/2019

Gentile Avvocato, Le sottopongo un quesito che riguarda la cooperativa edilizia di cui sono socio, che ha realizzato in Roma una palazzina con 12 appartamenti per i 12 soci che la costituiscono.
Si tratta di una cooperativa edilizia che gode di contributo pubblico per agevolazione degli interessi sul mutuo contratto per la realizzazione dell’edificio sociale (ex. art. 72 legge 865/1971). Estinto il mutuo con la banca, alcuni anni fa abbiamo seguito tutto l’iter richiesto e siamo arrivati a dividere la proprietà tra i soci con rogito notarile, e adesso ciascun socio è proprietario dell’unità immobiliare che gli era stata assegnata a suo tempo. La cooperativa ha iniziato ad incassare i contributi dal 2008. Ad una prima tranche di arretrati sono seguiti versamenti regolari con cadenza annuale, che termineranno tra 6 anni quando il contributo sarà esaurito.
Come detto più sopra, il contributo viene rilasciato a titolo di agevolazione sugli interessi del mutuo, mutuo ormai estinto e le cui rate, inclusi gli interessi, sono stati pagati integralmente dai soci che, pertanto, non hanno goduto dell’atteso beneficio dei contributi assegnati alla cooperativa.
Ad oggi, la cooperativa non possiede nessun patrimonio e nessuna attività di nessun tipo; è intestataria del conto corrente in cui confluiscono tali contributi con cadenza annuale.
Nel corso dell’ultima assemblea dei soci è sorto un dilemma, in quanto nella redazione del bilancio tali contributi sono stati considerati come utili della cooperativa, e pertanto una quota di essi è stata assegnata alle riserve indivisibili previste dalla legge.
A parere di altri, incluso lo scrivente, è errato considerare i contributi come utili, poiché essi sono stati assegnati alla cooperativa a titolo di rimborso parziale delle quote interessi del mutuo. Quote interessi che, ripeto, sono state pagate dalla cooperativa (quindi dai soci) integralmente, ovvero senza godere dell’atteso beneficio dell’agevolazione.
In altre parole, allo scrivente sembra che, poiché la cooperativa non ha né patrimonio né profitti di alcun genere e poiché i contributi sono da considerarsi un rimborso su interessi già pagati, non è necessaria la costituzione di nessuna riserva e i contributi possono essere divisi tra i soci. Il quesito che intendevo sottoporre verte a sapere se le conclusioni dello scrivente sono, a Suo parere, corrette oppure se ha ragione chi sostiene che i contributi statali sono da considerarsi come utili e è obbligatoria la costituzione di riserve legali.
Spero di essere riuscito a chiarire il quesito.

Risposta al quesito:
La tassazione degli “utili” delle Società, ivi comprese le Cooperative, viene eseguita in ragione dei saldi di bilancio.
Nel caso di specie, i soci hanno anticipato il costo di costruzione, ricomprendendo anche gli interessi del mutuo.
Occorre, quindi, verificare se nel rogito il prezzo dell’immobile è stato calcolato al costo effettivo dell’alloggio, cioè senza la quota di interessi oggetto del contributo pubblico.
Se così fosse, nulla quaestio, in quanto i contributi percepiti dalla Cooperativa devono essere rimborsati ai soci assegnatari, in base al loro credito esposto in bilancio per le anticipazioni eseguite.
Sicché, alla luce di quanto precede, non esiste alcun utile tassabile, in quanto l’operazione di rimborso ha natura finanziaria.
Se, viceversa, il prezzo di cessione è stato (erroneamente) determinato calcolando il totale degli interessi, in tal caso i “contributi” rappresenterebbero una sopravvenienza attiva e sarebbero, quindi, soggetti a tassazione.
Occorre, pertanto, verificare la reale situazione di bilancio e, trovare la soluzione fiscale, anche in considerazione della natura del contributo pubblico, normalmente privo di rilevanza ai fini del reddito tassabile.

Quesito del 25/11/2019

Gentile Avvocato, siamo soci di una cooperativa a proprietà indivisa Le vorremo porre questo quesito.
Attualmente deteniamo una polizza di assicurazione generale per l’intero edificio che contempla incendio, responsabilità civile verso terzi, e danni provocati da perdite d’acqua dalle tubazioni esistenti.I soci riuniti in assemblea, hanno deciso di sottoscrivere una polizza individuale chiamata casa e servizi per far fronte ad eventuali danni all’appartamento assegnato in uso e godimento onde evitare l’utilizzo della polizza generale con troppa frequenza, riservando l’uso di quest’ultima solo per interventi alle parti comuni dell’edificio. Non tutti i soci hanno sottoscritto questa polizza, solo 20 su 22, specifichiamo che il costo di queste polizze vengono pagate con il canone mensile che ogni socio versa per l’uso e godimento dell’immobile.
Il problema che ci poniamo è il seguente: se il danno si verificasse nell’appartamento del socio scoperto di assicurazione individuale, la cooperativa può addebitargli il costo dell’intervento o necessariamente deve fare ricorso all’assicurazione generale (pagata da tutti i 22 soci)? Tenuto conto che l’assemblea aveva deliberato a maggioranza, che per coloro fossero scoperti di questa polizza, la Cooperativa avrebbe provveduto alla riparazione del danno ma il costo della relativa fattura sarebbe stato addebitato allo stesso socio.
E’ corretta questa procedura?

Risposta al quesito:
Da quanto esposto, sembra che l’assemblea abbia deliberato di limitare la polizza assicurativa esclusivamente alle parti comuni, lasciando liberi i singoli soci di stipulare la polizza individuale per i danni agli alloggi assegnati in uso.
L’assemblea ha altresì deliberato che, nel caso di danni agli alloggi sarebbe intervenuta con rivalsa verso il socio che non avesse stipulato la polizza individuale.
Il deliberato è ineccepibile, ma va osservato che se il socio è incapiente, l’intervento manutentivo resta a carico della Società, con conseguente danno per i soci adempienti.
Sarebbe stato più corretto deliberare l’obbligo per tutti i soci di munirsi di polizza individuale, in modo da garantire l’intera compagine sociale.

Quesito del 23/11/2019

Gentile Avvocato, sono il presidente della cooperativa edilizia, abbiamo usufruito dell’agevolazione 493/93 (siamo assegnatari del diritto, si diventa proprietari dopo 8 anni).
Un socio è venuto prematuramente a mancare e il coniuge vuole a cedere le quote. L’immobile è stato consegnato nel maggio 2015 e l’atto di assegnazione del socio è stato stipulato nel febbraio 2018. L’abitazione al socio è costata in totale euro 300 di cui: Euro 31 sono 8 annualità versate anticipatamente a titolo di locazione uso godimento; Euro 18 sono gli interessi del preammortamento mutuo; Euro 20 Rimborsi effettuati dalla cooperativa (di cui euro 19.100 Contributo Regione e Euro 900.000 Iva).
Mi chiedo come deve essere calcolato l’importo che deve versare il nuovo socio e di conseguenza quanto deve essere restituito al socio uscente. Devono essere scalati al socio uscente i canoni a titolo di locazione dal maggio 2015, fino a quanto viene ceduto l’immobile?
Gli interessi di preammortamento, versati quando il mutuo era ancora indiviso in capo alla cooperativa spetta addebitarli al nuovo socio?
Il contributo della Regione viene scalato direttamente al nuovo socio? Alcuni, interessati all’acquisto, dicono che deve essere venduto al prezzo di prima cessione, circa 200 euro. Il prezzo di prima cessione dovrebbe essere applicato nel caso di vendita, qui la cooperativa assegna l’immobile ad un altro socio.
Vorrei qualche consiglio su come determinare il giusto prezzo di vendita dell’immobile sia per l’acquirente che per il venditore, tenendo conto che è stato utilizzato per quattro anni e mezzo.

Risposta al quesito:
Occorre verificare, innanzitutto, la composizione del canone di locazione.
Se il canone è composto di una parte a copertura di spese generali e manutenzione degli immobili e di un’altra parte che riguarda interessi di  preammortamento ovvero costi di costruzione, ai fini del rimborso al socio uscente occorre distinguere: la prima parte non è soggetta a rimborso, riguardando i costi sociali e le condizioni d’uso degli immobili; la seconda parte, viceversa, deve essere ricompresa nel rimborso di quanto dovuto al socio uscente, trattandosi sostanzialmente di costi di costruzione inerenti al rapporto mutualistico interrotto e “anticipati” dal socio medesimo.
L’importo di vendita deve essere calcolato al costo riportato in bilancio, ma non deve, comunque, superare il prezzo di prima cessione con gli aggiornamenti maturati nel frattempo.

Quesito del 20/11/2019

Sono socio di una cooperativa divisa che ha costruito in zona peep.
In fase di prenotazione di alloggio + box decidevo di versare il 50% in contanti e il restante importo con mutuo richiesto dalla Cooperativa che poi avrebbe girato al socio al momento del rogito. Durante la fase costruttiva sono riuscito a versare più del concordato al fine di pagare meno interessi e quindi di ridurre la quota di mutuo.
A fine costruzione la Cooperativa mi vuole addebitare gli interessi sulla tutta la parte di mutuo annotato al momento della prenotazione circa il 50% e non su quanto effettivamente sulla somma presa per il mio immobile. Infatti ho versato più del concordato/prenotato e la Cooperativa non tenendo conto di questo calcolo gli interessi sulla cifra prenotata inizialmente.
Spero di essere stato chiaro nell’esposizione riassuntiva

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare di quali interessi di tratta. Gli interessi di preammortamento sono quelli che decorrono dalla erogazione fino alla ultimazione dell’edificio e alla messa in ammortamento del mutuo.
Normalmente con il frazionamento del mutuo si procede al rogito di assegnazione e al conseguente accollo individuale della quota gravante sul socio assegnatario.
Dalla data dell’accollo il socio assegnatario assumerà l’onere del rimborso delle rate di mutuo con gli interessi (decorrenti dall’ammortamento).
Se nel corso della vita sociale il socio ha eseguito versamenti in misura maggiore del dovuto, in tal caso può richiedere la riduzione del mutuo ovvero la restituzione delle somme in esubero; a fronte della richiesta la Cooperativa provvederà secondo le disponibilità finanziarie, nonché in ragione delle convenzioni con l’Istituto mutuante.
In assenza di riscontro della Cooperativa non può che insorgere la controversia giudiziaria (previo esame approfondito della situazione effettiva)

Quesito del 20/11/2019

Sono socio di una cooperativa edilizia divisa e libera che ha iniziato a costruire pochi mesi fa la prevista palazzina, non avendo più interesse all’acquisto ho trovato una persona interessata a subentrare al mio posto per l’acquisto dell’appartamento.
Al fine di un corretto perfezionamento del subentro e della liquidazione al sottoscritto delle somme già versate alla cooperativa in conto anticipazione lavori vorrei sapere quali sono le formalità da redigere a mia tutela e garanzia tra il sottoscritto, il nuovo socio subentrante e la stessa cooperativa.

Risposta al quesito:
Il recesso e le condizioni di recesso sono regolati dallo Statuto e, in mancanza, dal codice civile.
Il socio della Cooperativa edilizia che recede ha normalmente diritto al rimborso di quanto versato a titolo di anticipazione del costo di costruzione, mentre il capitale sociale versato è soggetto alla decurtazione del valore pro quota delle perdite sociali; l’eventuale tassa di ammissione non è generalmente rimborsabile.
Nel caso di specie, quindi, il socio deve formulare la domanda di recesso, mentre l’aspirante socio deve inoltrare domanda di ammissione.
La Cooperativa provvederà a termini di Statuto alla richiesta dei versamenti al socio entrante e al rimborso di quanto dovuto al socio receduto.
Trattandosi di Cooperativa libera, lo Statuto potrebbe contemplare la possibilità di cessione della quota.
In tal caso il socio uscente potrebbe concordare con il socio entrante il pagamento del sovrapprezzo della quota, mentre il rimborso delle anticipazioni potrebbe essere eseguito direttamente in favore del primo, sempreché lo Statuto sociale lo preveda.

Quesito del 18/11/2019

La ringrazio per la risposta al mio precedente quesito. Si tratta comunque di una indicazione, anche se necessariamente non esaustiva per le informazioni incomplete da me fornite per motivi di brevità.
Sostanzialmente, nella risposta si parla di false dichiarazioni da parte dei soci; in realtà al momento dell’ammissione a socio della cooperativa, tutti i documenti richiesti e le dichiarazioni rilasciate erano assolutamente veritieri; solo quando sono stati presentati all’ufficio competente su sollecitazione dello stesso e a distanza di circa 15 anni dall’assegnazione degli appartamenti, è pervenuta la comunicazione che, da verifiche effettuate sui documenti inviati era risultato che un certo numero di assegnatari non erano in possesso già al momento della domanda, dei requisiti per diventare soci e tantomeno assegnatari di appartamento.
Il mutuo agevolato veniva revocato, tanto che le ultime 3 rate venivano pagate a tasso intero mentre tutte le precedenti rate erano state saldate da tutti i soci con il tasso stabilito dall’agevolazione utilizzata dalla coop per la costruzione degli appartamenti.
Alla luce di quanto sopra torno a chiedere, come vanno ripartite le responsabilità e di conseguenza le sanzioni, sono cosciente che la situazione è alquanto complicata specie per il tempo trascorso e per le circostanza riguardo ai singoli soci notevolmente cambiate nel coso degli anni; tuttavia prima di conferire un’eventuale incarico professionale avrei piacere di sapere se ci sono dei principi generali che regolano le circostanze sopra esposte.

Risposta al quesito:
Va ribadito che gli amministratori  avrebbero dovuto conoscere il bando di concessione dell’agevolazione, sicché avrebbero dovuto verificare la documentazione a sostegno dei requisiti soggettivi dei soci assegnatari.
In ragione del mancato possesso dei requisiti di alcuni soci l’Ente finanziatore ha revocato il contributo agevolativo del mutuo.
Da quanto esposto nel quesito, sembra che la Cooperativa abbia resistito alla revoca, sicché deve ritenersi che l’intera compagine sociale abbia condiviso il comportamento degli amministratori (occorrerebbe, comunque, conoscere i motivi di ricorso).
Se così fosse non ci sarebbe alcuna possibilità di azione risarcitoria; se, viceversa, i soci sono rimasti estranei all’attività posta in essere dagli amministratori (non ci sono, quindi, assemblee di condivisione), in tal caso i soci medesimi ovvero la Cooperativa con il nuovo CdA, potrebbero intentare l’azione di responsabilità verso gli amministratori responsabili della revoca dell’agevolazione.