Quesito dell’01/09/2021

Egr. Avvocato, in breve i fatti: divento socio di una cooperativa edilizia a proprietà indivisa nell’ottobre 2003 con contributo pubblico. A maggio 2006 entro in godimento dell’alloggio e prima dell’immissione effettuo un saldo richiesto dalla Coop. tra cui IVA al 4% per la costruzione, IVA al 20% per servizi generali, prestazioni professionali e forniture extra capitolo, IVA al 10% per oneri di urbanizzazione.
Su richiesta dei soci e dopo tutti i nulla osta degli Enti preposti la Coop. si trasforma da proprietà indivisa a proprietà individuale e nell’ottobre 2012 stipuliamo con atto notarile e siamo dimessi da soci. Non ci viene rilasciata fattura alcuna di quanto già pagato in precedenza. Il rogito (nell’art. corrispettivo – modalità di pagamento) testualmente recita: “Il corrispettivo della presente assegnazione è stato determinato in complessivi Euro … oltre IVA in misura del 4%”.
Proseguiamo a percepire il contributo pubblico fino al 2016; nel 2017 l’Agenzia delle Entrate effettua un pignoramento verso terzi (Provveditorato OO.PP.) per circa 100 mila Euro per mancati versamenti di tasse e tributi da parte della Cooperativa, quindi ci viene pignorato il contributo pubblico in quanto la Cooperativa non ha mai provveduto a sanare il debito. Per questo mancato versamento di tasse e tributi ed altre deficienze di natura contabile amministrativa la Cooperativa viene commissariata nel giugno 2020.
A marzo 2021 tutti gli 11 ex soci ricevono un atto stragiudiziale da parte del Commissario Governativo che chiede il dovuto per il mancato versamento dell’IVA al 4% sul trasferimento dell’immobile da parte degli ex soci. Tutti noi tramite un Legale rispondiamo che l’IVA è stata pagata all’atto dell’immissione del diritto di godimento dell’alloggio nel 2006 allegando la quietanza (no fattura) della Cooperativa. Ad agosto 2021 riceviamo un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per mancato versamento dell’IVA alla Cooperativa.
Il quesito è il seguente: è legittima la richiesta dell’IVA al 4% avanzata dal Commissario governativo nel 2021 a fronte di una IVA già pagata da noi soci nel 2006 previa immissione nel diritto di godimento dell’immobile?

Risposta al quesito:
La formulazione del quesito non lascia comprendere come si sia svolta la richiesta dell’Agenzia delle Entrate, cioè con quale atto è stata formulata la pretesa.
E’ probabile che a seguito degli atti pubblici l’A.d.E. abbia eseguito l’accertamento del mancato versamento dell’imposta, presumibilmente a seguito della mancata presentazione della dichiarazione fiscale da parte della Cooperativa ovvero delle distonie riscontrate con le dichiarazioni precedenti.
Secondo la normativa vigente, infatti, la Cooperativa indivisa avrebbe dovuto fatturare i versamenti eseguiti dai soci applicando l’iva. Con il passaggio alla proprietà divisa ed il rogito dell’assegnazione in proprietà, la Cooperativa avrebbe dovuto eseguire i conteggi e i conguagli nella dichiarazione annuale, sicché in mancanza di tale adempimento l’A.E. potrebbe aver recuperato l’iva sulla cessione degli immobili ai soci.
Quanto alla pretesa del Commissario, essa si appalesa infondata se i soci possono dimostrare di avere versato l’iva sul prezzo degli alloggi; i soci inoltre devono dimostrare che l’inadempienza è riconducibile agli amministratori, in quanto la Cooperativa avrebbe dovuto compensare in dichiarazione il debito con il credito iva (quest’ultimo determinato da tutte le fatture degli acquisti per il costo di costruzione), sicché non avrebbe dovuto esserci alcun obbligo di versamento al momento del rogito.
La prova di quanto precede, tuttavia, deve essere rigorosa, in quanto si versa in materia fiscale e, pertanto, il Commissario potrebbe disattendere le pretese generiche dei soci assegnatari.

Quesito del 30/08/2021

Consorzio dei lottizzanti paga al Comune oneri di urbanizzazione per non farsi escutere; la cooperativa edilizia ha cessato dopo aver assegnato tutti gli alloggi ai soci.
Questi rispondono verso i lottizzanti degli oneri pagati?

Risposta al quesito:
Gli oneri di urbanizzazione costituiscono una sorta di “obbligazione propter rem”, cioè di un debito che insegue il bene materiale, almeno per quanto riguarda il rapporto con il concedente.
In ragione di quanto precede, il Comune potrebbe pretendere il pagamento dagli effettivi proprietari del bene, assegnatari delle Cooperative beneficiarie.
Nel caso di specie, tuttavia, sembra che sia il Consorzio ad avere il credito per avere anticipato il pagamento all’Ente pubblico, sicché il rapporto va considerato di diritto privato e, pertanto, il Consorzio può vantare il credito direttamente nei confronti del socio solamente se in possesso di un titolo specifico (ad esempio obbligazione a garantire il pagamento del debito sociale assunta in sede di assegnazione).
In ogni caso va rilevato che il Consorzio può agire con azione di responsabilità (se non prescritta) nei confronti degli ex amministratori della Cooperativa, i quali hanno assegnato gli immobili.

Quesito del 29/08/2021

Gentilissimo avvocato Cannavò, volevo chiedere un Suo parere in materia di cooperative edilizie di cui lei è specializzato.
La scorsa settimana è deceduta mia zia, che era socia e assegnataria di un appartamento in una società cooperativa edilizia a proprietà ancora indivisa. La sua quota verrebbe ereditata dal fratello (mio padre), in quanto lei non era sposata e non aveva figli. Lo statuto della cooperativa infatti prevede all’art.12 che “In caso di morte del socio, gli eredi hanno diritto di fare parte della cooperativa, se in possesso dei requisiti, previa deliberazione dell’organo amministrativo che ne accerta i requisiti per l’ammissione”.
Mio padre però è già in possesso di un quota (quindi anche lui socio e assegnatario di un altro appartamento) sempre nella stessa cooperativa, in cui i soci, compresa mia zia erano in tutto 9.
Quindi il quesito è questo: mio padre può avere due quote nella stessa cooperativa? Ed, in tal caso, i soci possono passare da 9 a 8?
Secondo lo Statuto della Cooperativa: Art.6: “Il numero dei soci è illimitato e variabile ma non può essere inferiore al minimo stabilito dalla legge.”
Art.2: “Alla cooperativa, per quanto non previsto dal titolo V del Codice Civile e delle leggi speciali sulla cooperazione, si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla società per azioni.”
Secondo l’art. 2522 c.c.: “Per costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove. Può essere costituita una società cooperativa da almeno tre soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata. Se successivamente alla costituzione il numero dei soci diviene inferiore a quello stabilito nei precedenti commi, esso deve essere integrato nel termine massimo di un anno, trascorso il quale la società si scioglie e deve essere posta in liquidazione.”
Dallo Statuto e dalle leggi del c.c., mi pare di capire che la cooperativa non può avere meno di 9 soci in quanto adotta le norme della spa. Quindi mio padre non potrebbe avere due quote. Ma vorrei avere conferma da Lei.
In questo caso, che opzioni avremmo? Mio padre potrebbe ereditare la quota in maniera temporanea e successivamente (entro un anno) donarla ad un figlio?

Risposta al quesito:
Il caso rappresentato rientra nelle previsioni della rappresentazione, quale istituto di diritto successorio regolato dagli artt. 467 e 468 del c.c..
Secondo il predetto Istituto, quando un soggetto non può o non vuole accettare l’eredità proveniente dai propri ascendenti (linea retta) ovvero da fratelli o sorelle (linea collaterale), in tal caso succedono i discendenti figli o nipoti.
Nel caso di specie, dunque, al fratello della de cuius, impedito ad accettare la quota societaria in quanto già socio della cooperativa, subentra per legge il di lui figlio, come previsto dalla predetta normativa civilistica.

Quesito del 27/08/2021

Gent.mo avvocato, Le scrivo poiché, dall’alto della Sua conoscenza del mondo del diritto delle Cooperative, vorrei chiederLe il Suo aiuto (o eventualmente un parere/consiglio) su come poter arrivare a consultare il libro dei soci della Cooperativa e del Consorzio correnti in Roma dei quali mia nonna fu socia dal 1970 al 1983.
La Cooperativa venne costituita in data 16.05.1964 ed iscritta presso la Cancelleria Commerciale del Tribunale di Roma. Venne poi cancellata in data 08.08.2017.
Mi auguravo che i libri dei soci fossero stati depositati presso la Camera di Commercio ma mi è stato comunicato dalla stessa Camera che non sono mai stati depositati in sede poiché “Il deposito è obbligatorio ma, non essendo previste sanzioni per l’inadempienza, di solito non vengono depositati. Inoltre, la cooperativa è stata cancellata d’ufficio per mancanza di deposito dei bilanci perciò, non avendo depositati neanche quelli, di conseguenza non si è neanche disturbata a depositare i libri dei soci”.
Purtroppo, neanche l’attuale amministratore di condominio è a conoscenza di dove possa trovarsi al momento il libro dei soci.

Risposta al quesito:
I percorsi da Lei indicati sono gli unici possibili, sicché, non avendo avuto alcun positivo riscontro, appare improbabile che riesca a rintracciare la copia del libro soci.
Se la Cooperativa ha fruito del finanziamento pubblico, potrebbe ottenere un certo riscontro chiedendo all’Ente finanziatore l’accesso agli atti (motivato!), tra cui potrebbe riscontrare l’elenco dei soci prenotatari della Cooperativa.

Quesito del 25/08/2021

Spett.le avv. Cannavò, faccio appello alla sua indiscussa competenza in materia per ricevere un suo parere su di una grave situazione.
Alcune società cooperative edilizie si erano consorziate per conseguire il loro scopo istitutivo, e conclusa la fase edificatoria, dopo aver assegnato tramite il consorzio gli appartamenti ai soci, originari o subentrati, si sono sciolte, lasciando il consorzio in liquidazione a gestire gli adempimenti rimasti ed a consegnare al comune le strade del comprensorio e le aree a verde. Naturalmente sono stati costituiti alcuni condomìni per la gestione delle palazzine del comprensorio.
Molti assegnatari hanno venduto con atto pubblico l’appartamento loro assegnato, senza tener conto che, rimanendo soci, avrebbero dovuto continuare a rispondere personalmente ed in maniera solidale ed illimitata delle obbligazioni assunte dal consorzio. L’ultimo presidente del consorzio in liquidazione non si è mai preoccupato di tenere aggiornato l’elenco dei soci, e non ha mai convocato formalmente né i soci viventi né gli aventi causa iure hereditatis dei soci defunti alle assemblee per l’approvazione dei bilanci, limitandosi a mettere degli avvisi in tutte le cassette postali dei condòmini presenti nel comprensorio, così configurando la nullità delle assemblee e delle relative delibere.
A causa di tutta una serie di irregolarità continuate per molti anni, il consorzio è stato infine sciolto dal MISE, che ha nominato un commissario liquidatore. Quest’ultimo, evidentemente non ferrato né in diritto civile né in diritto penale, senza preoccuparsi neanche lui di individuare i soci viventi e gli aventi causa iure hereditatis dei soci defunti, avvalendosi della sua qualifica di pubblico ufficiale, ha chiesto agli amministratori dei condomìni di far pagare indistintamente a tutti i condòmini presenti nel comprensorio i debiti del consorzio, e tale iniziativa nei confronti degli amministratori potrebbe aver configurato la fattispecie prevista dall’art. 317 del Codice Penale. Inoltre il comportamento degli amministratori che hanno avanzato l’indebita pretesa nei confronti dei condòmini che non erano soci e che non lo erano mai stati (alcuni dei quali ultrasessantacinquenni) potrebbe aver evidentemente configurato la fattispecie prevista dall’art. 629 del Codice Penale.
Gradirei conoscere il suo parere, evidentemente di massima, per uscire da questa incresciosa situazione.

Risposta al quesito:
Il Consorzio è organismo di secondo grado, nel senso che esso è composto esclusivamente da soci persone giuridiche, nel caso di specie le società Cooperative.
Ciò posto non si comprende come gli amministratori consortili abbiano richiesto versamenti ai condomini, quali ex soci delle Cooperative, di cui, peraltro si rappresenta l’avvenuta estinzione.
Occorre, pertanto, verificare quale sia il titolo in base al quale sono state eseguite le contestate richieste di versamento.
Per quanto riguarda le ipotesi di reato, esse sembrano improbabili, anche se non non si possono escludere in linea di principio.
Occorre, infatti, verificare se in atti vi sia un titolo obbligatorio attribuibile ai soci ovvero ai proprietari degli immobili, ciò al fine di potere ragionevolmente affermare l’illiceità della richiesta dei versamenti.

Quesito del 25/08/2021

Spero di riuscire a spiegarmi. Mio marito era dipendente di una cooperativa e per contratto doveva versare una quota sociale di 10.000 € trattenendo 50 € al mese, dopo 4 anni la suddetta cooperativa ha perso il subappalto e lui è diventato dipendente di un’altra ditta e di conseguenza non è più socio della cooperativa. Ora gli è arrivata una raccomandata dove la cooperativa gli chiede di versare la restante somma della quota sociale (circa 8.000 €).
Premetto che la cooperativa ha un bilancio negativo e che nella raccomandata citano l’art. 1219 del codice civile, Le chiedo:
1. Se deve finire di versare questa quota sociale;
2. In caso di risposta affermativa alla domanda precedente, cosa si rischia a non versarla. Spero di essere stata chiara.

Risposta al quesito:
Tra il socio lavoratore e la Cooperativa si instaurano sia il rapporto sociale sia il rapporto di lavoro, che a sua volta può essere di vario tipo.
Dal quesito emerge che il socio lavoratore si è obbligato al versamento della quota di partecipazione al capitale (derivante dal rapporto sociale), da corrispondere ratealmente mediante trattenuta dallo stipendio mensile (conseguente al rapporto di lavoro). Emerge, altresì, che il socio, dopo quattro anni dall’adesione alla Cooperativa, ha interrotto il rapporto di lavoro.
Va, però, precisato che la predetta circostanza non comporta necessariamente lo scioglimento del rapporto sociale; con la conseguenza che l’ex dipendente, qualora avesse mantenuto la qualità di socio, sarebbe comunque obbligato ai conferimenti e, nella specie, al pagamento del residuo della quota sociale (se non diversamente convenuto o deliberato in assemblea).
Se, viceversa, si fosse sciolto anche il rapporto sociale, potrebbe essere l’ex socio lavoratore a vantare un credito nei confronti della Cooperativa, seppur con le precisazioni che seguono.
In via generale, il recesso, l’esclusione o la morte del socio comportano il diritto di quest’ultimo (o dei suoi eventuali eredi) ad avere rimborsata la quota del capitale sociale conferita, in conformità alle disposizioni dell’atto costitutivo.
Tuttavia, la liquidazione della quota deve avvenire facendo riferimento alle risultanze del bilancio relativo all’esercizio in cui si è verificata la cessazione del rapporto sociale. Ciò significa che non sempre l’importo liquidato coincide con il valore nominale dei conferimenti in conto capitale, in quanto l’importo potrà essere in concreto inferiore, a causa di sopraggiunte perdite che abbiano intaccato il capitale, ovvero superiore, qualora al socio spettino anche le somme relative al sopraprezzo versato ed ancora presente nel patrimonio sociale o all’eventuale rivalutazione della quota.
In ogni caso, il socio uscente ed i suoi eredi rimangono obbligati, fino ad un anno dalla cessazione del rapporto sociale, al pagamento dei conferimenti non versati (ad esempio quelli deliberati per le spese generali della Cooperativa). Pertanto, l’importo restitutorio andrà a compensarsi con gli eventuali debiti dell’ex socio nei confronti della Cooperativa.
Nel caso di specie, quindi, dopo avere accertato che il rapporto sociale è effettivamente cessato, occorrerà verificare la posizione creditoria-debitoria dell’ex socio attraverso l’analisi dei Bilanci.
Se la pretesa avanzata dalla Cooperativa fosse legittima e sempre che non sia decorso il termine annuale dal recesso, nei confronti dell’ex socio potrebbe essere intentata un’azione giudiziaria con la conseguente condanna al pagamento.