Quesito del 02/09/2017

Scrivo perché io e mia moglie abbiamo dato le dimissioni da una cooperativa abitativa a causa del notevole prolungarsi dei tempi di realizzazione (attualmente i lavori sono bloccati) e avendo la necessità di un appartamento più grande rispetto a quello dove viviamo, perché abbiamo appena finalizzato un altrettanto lunghissimo percorso di adozione.
Le dimissioni regolarmente comunicate sono state accettate e dopo qualche mese è subentrato un nuovo socio. Ora, noi abbiamo versato due acconti con IVA al 10%, perché già possediamo un appartamento acquistato come prima casa. Il nuovo socio è subentrato con una quota inferiore e pagando IVA al 4%. Quindi la quota da lui versata non copre la nostra e allo stesso modo gli importi dell’iva sono differenti.
I gestori della cooperativa ci dicono che possono restituire la quota versata, ma, a causa del fatto che è passato più di un anno dall’emissione delle fatture, non è possibile per loro “recuperare l’iva” e quindi il relativo ammontare non ci verrebbe restituito.
A partire dal presupposto che mi sembra evidente non ci sia alcun intento elusivo (chiediamo ci venga restituito quello che abbiamo versato per un bene di cui non possiamo beneficiare), credo il nostro caso rientri nella tipologia di situazione dell’evento che incide sul rapporto contrattuale, come descritto dal DPR 633/72 art. 26 comma 2. Il regolamento della cooperativa prevedeva la possibilità di recesso, le dimissioni sono state regolarmente richieste e accettate, e non é sopravvenuto alcun accordo differente da quanto pattuito.
La somma degli acconti é piuttosto importante e di conseguenza anche la relativa iva. Inoltre, dopo quasi un anno dalle dimissioni, ripeto, regolarmente accettate, non siamo stati liquidati nemmeno della quota di capitale.
Vorrei cortesemente richiedere un Suo parere in merito a questo caso e in particolare all’utilizzo da parte della cooperativa del comma 2 dell’art. 26 del DPR 633/72 sopra menzionato, per chiedere ci venga rimborsata l’intera somma versata comprensiva sia della quota di capitale che dell’iva versata.

Risposta al quesito:
Il quesito proposto prospetta tre ipotesi:
a) l’originario accordo prevede il possibile recesso a causa della perdita dei requisiti soggettivi;
b) il recesso si è verificato a seguito di fatti sopraggiunti, quali le nuove esigenze familiari ovvero il prolungarsi dei lavori realizzativi per motivi   obiettivi, non previsti né prevedibili;
c) il recesso è conseguente alle inadempienze della Cooperativa, ivi comprese quelle inerenti al protrarsi ingiustificato dei lavori;
Nel primo caso la fattura di emissione non subisce l’influsso del tempo e, pertanto, il socio ha diritto all’integrale rimborso.
Nel secondo caso il recesso ha natura negoziale modificativa del precedente contratto sociale e, pertanto, la fattura sconta il regime temporale, sicché il socio non ha diritto al rimborso dell’iva versata in eccedenza.
Nel terzo caso, il recesso è conseguenza dell’inadempimento della Cooperativa, sicché il socio ha diritto al rimborso integrale, non già per la normativa fiscale che rimane immutata, ma per il diritto al risarcimento del danno causato dalla Cooperativa.
In dettaglio la disciplina fiscale può essere riassunta come segue:
Relativamente alle operazioni per cui è stata emessa fattura che, successivamente alla registrazione, siano venute meno in tutto o in parte o di cui si sia ridotto l’imponibile a seguito di “dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, rescissione o risoluzione e simili” verificatisi a seguito di sopravvenuto accordo tra le parti, è possibile, ai sensi dell’art. 26 III comma, del DPR 633/1972, operare le corrispondenti variazioni in diminuzione dell’imposta o dell’imponibile soltanto entro un anno dall’emissione della fattura stessa (ipotesi derogativa alla disciplina generale che non prevede limiti temporali per l’emissione delle note di variazione ai fini iva).
Nel caso prospettato gli importi versati sono stati corrisposti dai soci alla cooperativa a titolo di acconto sull’immobile prenotato (ipotesi assimilabile al pagamento effettuato dal promissario acquirente in sede di contratto preliminare). Successivamente i soci medesimi hanno proposto le proprie dimissioni (rinunciando, quindi, all’acquisto dell’alloggio prenotato) che sono state accettate dalla Cooperativa.
Salvo l’esito di un maggiore approfondimento delle diverse succitate ipotesi, sembra prevalere il caso b sopra prospettato, secondo il quale l’operazione imponibile ai fini iva (consistente nella promessa di cessione dell’alloggio) sarebbe venuta meno a causa del “sopravvenuto accordo delle parti” di cui al succitato art. 26. Accordo rappresentato, nel caso di specie, dall’atto di recesso posto in essere dai soci prenotatari per fatto sopraggiunto, nonché dalla conseguente accettazione da parte della Cooperativa.
In tal caso, le fatture emesse in favore dei soci non potrebbero essere rettificate dalla Cooperativa mediante nota di variazione in diminuzione, essendo ormai decorso il termine tassativo di un anno dall’emissione.
Per quanto riguarda, invece, il rimborso delle anticipazioni inerenti all’imponibile dei costi, va precisato che, trattandosi di credito inerente il rapporto mutualistico esso è liquido ed esigibile con l’accoglimento del recesso. Occorre, però, verificare le disposizioni dello Statuto che possono regolare diversamente il rimborso dei crediti dei soci receduti ed i relativi tempi.
E’ bene che il socio creditore formuli l’adeguata messa in mora della Cooperativa, ciò anche al fine della decorrenza degli interessi.

 

Quesito del 02/09/2017

Sono stato recentemente nominato presidente di una Cooperativa a proprietà indivisa, quest’ultima già da tempo si è dotata di un regolamento interno, in particolare per la gestione delle parti in uso comune dell’edificio, approvato dalla assemblea dei soci è verbalizzato.
Questo regolamento deve essere firmato in ogni pagina dal Presidente e dal Segretario?
Se la risposta è affermativa, quale strada devo percorrere per costringerli a firmare, avendoli più volte sollecitati verbalmente?

Risposta al quesito:
Si deve dedurre che il Regolamento è stato predisposto dal precedente Consiglio di amministrazione e approvato dall’Assemblea regolarmente convocata.
In tal caso, soprattutto se il Regolamento è stato verbalizzato nel libro delle adunanze assembleari, non è necessario che esso venga materialmente firmato dal pregresso presidente e dal segretario.
Se anche il verbale di assemblea non è stato firmato, in tal caso sarebbe opportuno convocare una nuova assemblea per la ratifica del Regolamento, specificando nel verbale che la decorrenza ha inizio dalla prima approvazione.

Quesito del 31/08/2017

In caso di licenziamento da parte della cooperativa di tipo B per cui ho lavorato, posso avere diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione pur essendo da un anno in aspettativa per motivi familiari e precedentemente in maternità?
In pratica non ho lavorato negli ultimi 24 mesi.

Risposta al quesito:
Tra i lavoratori dipendenti in stato di disoccupazione involontaria che possono beneficiare dell’indennità denominata NASPI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego) vi sono anche i soci lavoratori di cooperative con rapporto subordinato.
Occorre però tener presente, in via generale, che tra i requisiti necessari per poter fruire della NASPI vi è anche quello “lavorativo”, secondo cui, ai fini dell’accoglimento della domanda, il richiedente deve fornire la prova di aver svolto almeno trenta giorni di lavoro effettivo nei dodici mesi antecedenti all’inizio del periodo di disoccupazione (rimanendo ininfluente la durata oraria della prestazione lavorativa per ciascuna giornata).
Qualora, tuttavia, durante il predetto periodo di dodici mesi si verifichino, o comunque siano già in corso, gli eventi espressamente previsti dalla normativa (tra i quali l’aspettativa non retribuita per motivi politici e sindacali, il congedo parentale, il congedo obbligatorio di maternità purché all’inizio dell’astensione risulti già versata o dovuta la contribuzione), l’arco temporale all’interno del quale andrà dimostrato il possesso del requisito lavorativo aumenterà in misura pari alla durata degli eventi medesimi.
Nel caso prospettato, in base alla sequenza temporale dei fatti descritti ed in assenza di maggiori informazioni sulle circostanze concrete, non sembra soddisfatto il requisito lavorativo previsto per la fruizione della NASPI.

Quesito del 30/08/2017

Sono un socio assegnatario di una cooperativa edilizia da 15 anni. Domanda: se vendo la casa posso avere un’altra casa sempre in cooperativa?
Io sono il presidente della cooperativa.

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa ha fruito di finanziamento pubblico, in tal caso l’assegnatario non può aspirare alla nuova agevolazione.
Se la Cooperativa non ha avuto alcun contributo e/o finanziamento pubblico, per la nuova assegnazione occorre verificare se la seconda Cooperativa ha beneficiato o meno di fondi pubblici: nel primo caso scattano le limitazioni dei requisiti soggettivi imposti dalla legge di finanziamento (ad es: impossidenza, idoneità alloggio per i nucleo familiare, reddito da immobili etc.); nel secondo caso non ci sono limitazioni e il socio può fruire della seconda assegnazione.