Siamo soci di una Cooperativa a proprietà indivisa. Sono da poco terminati i lavori di ristrutturazione straordinaria dell’immobile (costruito nel 1983-di cui stiamo ancora pagando il rifacimento del tetto avvenuto dopo 10 anni dalla costruzione) con un costo di circa 600.000,00 euro per l’immobile e di ca euro 300.000,00 per la sostituzione degli infissi.
La Coop in conseguenza di questi lavori ha aumentato di ca. 200,00 euro trimestrali il canone di godimento (canone che partiva nel 1983 da euro 250,00 circa trimestrale sino ad arrivare ad oggi a ca.780,00 euro con l’aumento. Molte famiglie sono in difficoltà economiche perchè detentrici della sola pensione.
Le chiediamo gentilmente, se è giusto un aumento così alto (totale affitto trimestrale con le spese 1700,00) e se la Cooperativa non avrebbe potuto fruire della detrazione fiscale per le spese di ristrutturazione, o quanto meno per quelle relative agli infissi e quindi abbassare l’onere agli inquilini. Soprattutto considerando che l’immobile costato euro 2.000.000,00 oggi è valutato 3.500.000,00 e quindi strapagato con il canone di godimento dal 1983 ad oggi (48 alloggi).
Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare lo Statuto sociale e l’eventuale regolamento, per comprendere meglio il meccanismo amministrativo della Cooperativa.
In linea generale, infatti, le Cooperative a proprietà indivisa possono richiedere ai soci di versare quanto necessario per la costruzione degli edifici, mentre nella fase successiva possono richiedere esclusivamente le spese generali di amministrazione e le eventuali spese di manutenzione degli immobili.
Successivamente alla verifica che precede, dunque, è necessario controllare i bilanci sociali per riscontrare la correttezza degli impieghi finanziari, in mancanza della quale sarebbero illegittime le richieste di versamenti sociali.
Conclusivamente, la Cooperativa è basata sulla volontà dei soci, i quali hanno il diritto dovere di manifestarla anche togliendo la fiducia agli amministratori inadempienti.
Qualora non si raggiunga la maggioranza, le minoranze dei soci, dissenzienti con l’operato degli amministratori, possono tutelarsi innanzi al Giudice ordinario ovvero in sede amministrativa (vigilanza pubblica), previa individuazione delle predette inadempienze mediante le verifiche e i controlli che precedono.