Quesito del 07/11/2016

Sono un socio-abitante di una cooperativa edilizia di Piacenza ora in concordato preventivo con termine della procedura nel Luglio 2017.
La suddetta coop costruisce (o meglio, costruiva) alloggi con la formula mista, divisa e indivisa. Io abito in un alloggio a formula indivisa, a mio tempo avevo anticipato una quota di circa 13000 euro, dopo di che per vent’anni ho sempre pagato un canone annuale. All’epoca della stipula del contratto ci avevano assicurato (parlo al plurale perchè il problema riguarda quasi tutti i condomini) che dopo 20 anni, all’estinzione dei mutui, il canone si sarebbe notevolmente ridotto oppure se la maggioranza degli inquilini era d’accordo si poteva anche entrarne in possesso con regolare rogito con una cifra ‘ragionevole’.
Ora passati i 20 anni sembra tutto cambiato, probabilmente anche per evitare il fallimento. All’atto del concordato preventivo la coop è stata scorporata in due rami, un ‘ramo continuità’ relativo alle attività conto terzi e alla gestione degli alloggi in locazione, un ‘ramo concordato’ che, mediante scissione, gli viene conferito tutto il patrimonio immobiliare. Alcuni creditori verranno risarciti dal ‘ramo concordato’ mentre altri dal ‘ramo continuità’ secondo le ‘classi’ a cui appartengono.
Ora, passati oltre vent’anni, il nuovo canone richiestoci dal CdA è pressochè uguale a quello che abbiamo pagato fino ad ora, strano visto che i mutui sono estinti. Per avvalorare ciò, ci hanno presentato un foglio (tipo excel) con varie voci, tra cui il 60% circa (15000 euro annuali) riguarda le manutenzioni straordinarie (l’immobile non ne ha ancora di bisogno, almeno per ora, e soprattutto per quella cifra), secondo loro mantenerlo costerebbe circa 30 euro al mq. se ho capito bene.
La richiesta ufficiale è avvenuta con delibera del CdA, è corretto tutto ciò visto che la convenzione stipulata a suo tempo tra il Comune di PC e la Cooperativa per la concessione del terreno (in diritto di superficie), dice testualmente che il canone va concordato di comune intesa tra l’amministrazione comunale e l’assemblea dei soci della cooperativa concessionaria (non il CdA) e che suddetto canone andrebbe revisionato con cadenza biennale, sempre di comune intesa. Oltretutto è possibile chiedere tanto denaro per immaginarie manutenzioni future, mai precisate. La coop ci ha fatto anche una proposta (ufficiosa) di vendita dell’alloggio ma la cifra richiesta è alta, pressapoco quella di mercato.
Noi per ora non paghiamo nulla tranne, naturalmente, le spese condominiali. Il problema va avanti ormai da 4-5 anni, per 2/3 anni non ci hanno chiesto ufficialmente nulla, ora ci chiedono anche gli arretrati. Oltre alla determina dei nuovi canoni che riteniamo errati, abbiamo anche paura che, se pagassimo, il nostro denaro va solo a risarcire i vari creditori e quando sarà ora di fare delle vere manutenzioni straordinarie dovremo tirar fuori altri soldi.
Oltretutto la cooperativa nel frattempo ha affittato diversi alloggi che si erano liberati con recesso dei soci, non chiedendo l’anticipo che invece noi avevamo versato ma solo tre mensilità di cauzione, è possibile fare questo? Sul loro sito web dicono che la legge glielo permette in quanto ai sensi dell’art. 1, comma 5 del D.M. 30 dicembre 2002, rientra nei “detentori di grandi proprietà immobiliari” e avrebbero firmato un accordo con le organizzazioni sindacali (non specificate), ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge 431/1998.
Visto la situazione parecchio complicata come meglio dovremmo comportarci? Pagare comunque per evitare un eventuale sfratto, non pagare e aspettare gli eventi, fare noi causa al CdA, fare intervenire il Comune di PC che è proprietario del terreno …
E poi, alla fine del concordato la coop può comunque fallire? Se sì, i nostri alloggi che fine fanno? Lo statuto della nostra coop dice che gli alloggi vanno al patrimonio pubblico Iacp e simili, è veritiero? Il tempo per uno sfratto esecutivo da parte della cooperativa di quanto può essere? Qualche mese o qualche anno?
Infine per un ulteriore chiarimento abbiamo interpellato anche l’ufficio politiche abitative della regione Emilia-Romagna in quanto concessionario dei contributi per la erogazione del mutuo agevolato, che ci conferma che il canone d’uso deve essere determinato in applicazione e conformità a quanto stabilito nella convenzione tra la Cooperativa e il Comune.

 

Risposta al quesito:
Il caso richiede l’adeguato approfondimento, mediante l’attento esame della documentazione e lo studio delle circostanze di fatto e di diritto.
Ciò posto si può genericamente rispondere ai quesiti multipli come segue:
1) L’atto di Convenzione governa il criterio di determinazione del canone locativo, stante la vincolatività contrattuale, ispirata al prevalente interesse pubblico della politica sociale abitativa; sicché, nel caso di specie, la determinazione del canone deve essere concordata tra il Comune concedente e la Cooperativa ,previa approvazione dell’assemblea dei soci;
2) Si ritiene che nel caso di specie non sia applicabile il DM citato, in quanto è prevalente la disciplina mutualistica e, in ogni caso, la decisione spetta sempre all’assemblea dei soci;
3) Per il comportamento da adottare occorre che esso sia inserito in una più ampia strategia di tutela dei diritti; si potrebbe ipotizzare che i soci paghino esclusivamente quanto risulta legittimo secondo i criteri di calcolo della Convenzione e, in tal caso aspettare la reazione della Cooperativa, opponendosi alle eventuali azioni giudiziarie con le adeguate argomentazioni (legittimità del canone);
4) Nel caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa, il patrimonio immobiliare sarebbe gestito dalla procedura; i soci occupanti potrebbero formulare l’istanza di concordato fallimentare ovvero di concordato di liquidazione, acquistando gli alloggi ad uso abitativo; una tale ipotesi potrebbe essere sottoposta anche al Comune, il quale potrebbe assumere il ruolo di assuntore (cioè acquistare il patrimonio immobiliare al prezzo abbattuto dalla percentuale stabilita dal Concordato);
5) Se i soci sanano la morosità pregressa e versano il canone legittimo (soluzione sopra indicata) per il rilascio dell’immobile occorre tenere in considerazione il periodo di vigenza della locazione e, solo successivamente, si porrebbe il problema del rilascio (con tempi supplementari).