Quesito del 25/11/2016

Sono amministratore di una società che vanta una rilevante somma da parte di una cooperativa edilizia per lavori eseguiti. Per cause imputabili ai soci della cooperativa la banca non ha provveduto, pur in presenza di decreto regionale di finanziamento, alla stipula dell’atto di mutuo e per tale ragione i lavori si sono definitivamente fermati.
Ho ottenuto titolo esecutivo da parte del Tribunale con il quale ho provveduto al pignoramento di due beni immobili societari. La vendita di uno di questi (non interessato dalla realizzazione di alloggi) è andata a buon fine. Il problema che si pone adesso mi pare surreale. Gli stessi soci (morosi) della società si sono fatti riconoscere dal Cda della società (costituito tutto da soci morosi) i crediti derivanti dalle somme versate per la realizzazione degli alloggi non più possibile (a loro detta per il pignoramento del terreno) e si sono inseriti come creditori privilegiati nella procedura esecutiva. Adesso con la vendita del bene immobile si procederà al riparto delle somme disponibili e questi soci, che hanno determinato il problema con la loro morosità, se verrà accettata la loro partecipazione, recupereranno le somme versate in frode al sottoscritto creditore procedente.
Le chiedo se rilevate profili di illegittimità o di carattere penalmente perseguibile nel comportamento dei soci.

Risposta al quesito:
La problematica è affrontabile con le disposizioni che, con la riforma del 2003, prevedono la “postergazione” dei crediti dei soci rispetto ai crediti dei terzi.
Occorre, pertanto, esaminare se, nel caso di specie, ricorrono i presupposti di fatto e di diritto per invocare la predetta disciplina (specificatamente è necessario il preventivo esame dei bilanci, da cui emerge la “qualificazione” dei crediti dei soci.