Quesito del 07/09/2019

Spett.le Studio Legale Cannavò, nel giugno 1988 venivo ammessa in qualità di socio di una società cooperativa edilizia per il conseguimento di un alloggio di 95 mq. a proprietà indivisa, facente parte di un condominio di n. 10 alloggi in zona 167 comunale.
Ho sottoscritto “Contratto di assegnazione in uso e godimento” nel quale veniva precisato che la cooperativa aveva ottenuto un mutuo ai sensi della L. Regionale 1/2/77 n. 3 Piano ’79 e che per l’utilizzazione di tale mutuo la stessa coop. aveva contratto un mutuo condizionato con istituto bancario. Si dava inoltre atto che la scrivente versava, al fine di integrare il mutuo già erogato dalla banca, una somma pari a Lit. 19.000.000 circa. Veniva determinato provvisoriamente il costo costruttivo del singolo alloggio in Lit. 62.000.000, ai fini della determinazione del canone d’uso. Inoltre, nel contratto si dava atto dell’accettazione di tutti i patti e le condizioni delle condizioni generali di assegnazione e godimento.
A tal proposito, nel predetto ultimo documento (regolarmente sottoscritto dalle parti) con la seguente denominazione “Condizioni generali di assegnazione e godimento con patto di futura vendita” e in apposito articolo riguardante la “Vendita dell’alloggio al socio” si riporta quanto segue: “Al termine del pagamento delle rate di mutuo e dopo la cancellazione dei relativi vincoli ipotecari non appena la cooperativa requisirà l’incondizionata proprietà dell’alloggio, lo stesso, su specifica richiesta di una delle due parti, dovrà essere devoluto in proprietà individuale al socio nelle condizioni tecniche in cui esso all’epoca dovrà trovarsi”.
Nel corso del rapporto sociale, a seguito di specifica richiesta della cooperativa, ho versato altre somme a titolo di prestito, ho pagato tutte le quote di ammortamento del mutuo a me computate (il mutuo acceso per la costruzione in capo alla cooperativa è stato estinto), ho pagato tutti i corrispettivi a titolo di uso e godimento e spese varie; il tutto per un totale complessivo pari ad oltre € 75.000,00.
Ho più volte rappresentato alla Cooperativa la mia esigenza di procedere, dopo trenta anni dall’ammissione in qualità di socio della cooperativa, alla definitiva assegnazione in proprietà divisa dell’unità abitativa, come previsto nelle citate condizioni generali.
Ciò, anche a seguito di quanto comunicatomi dalla stessa cooperativa in diverse occasioni (nel 1998, nel 2015, nel 2016) con formali lettere, nelle quali si dava atto della concessione di autorizzazione da parte della Regione alla trasformazione in proprietà del patrimonio edilizio della cooperativa secondo quanto sancito dall’art. 18 della L. 179/92 e si preannunciava la definitiva cessione in proprietà dell’alloggio assegnato, con definitivo rogito notarile, subordinata al pagamento della “differenza costo alloggio” pari a € 24.000,00 circa (ottenuto da: costo alloggio revisionato € 87.000,00 – € 63.000,00 per prestito sociale), oltre ad altre somme necessarie per il rogito notarile e per rimborsare la differenza tra i contributi erogati in regime di proprietà indivisa e quelli spettanti per la proprietà divisa calcolata dall’ufficio flussi finanziari della Regione. Sono al corrente, seppur in modo sommario, di diversi contenziosi giudiziari che si sono instaurati tra la cooperativa e il Comune (per la definizione del corrispettivo di cessione degli alloggi e del diritto di superficie), nonché tra la cooperativa e gli altri soci condomini, che hanno portato a provvedimenti di esclusione dei soci (forse, successivamente reintegrati nella compagine societaria, in forza di provvedimenti giudiziari).
In modo frammentario, posso aggiungere che alcuni soci della cooperativa avevano impugnato il provvedimento della Giunta regionale di autorizzazione della cessione in proprietà individuale, ritenendo che la Regione avrebbe dovuto autorizzare la cessione della totalità del patrimonio della cooperativa e non la cessione parziale, influendo – tale aspetto – sulla determinazione del prezzo di cessione degli immobili. Tali questioni sembrerebbero oramai superate con la delibera del Consiglio comunale di approvazione dei nuovi prezzi di cessione pari a € 87.000,00 Certo è, che molti dei soci – appartenenti al mio condominio – sono inadempienti verso la cooperativa per il pagamento dei canoni di uso e godimento, in quanto contestano l’ammontare del canone parametrato al costo definitivo dell’alloggio. È una situazione di stallo!
Ad oggi, la predetta alienazione non ha avuto luogo e – a seguito di richiesta di specifici chiarimenti – alla scrivente è stato risposto quanto letteralmente appresso riportato: “il mancato avvio della procedura in sede regionale è esclusivamente ascrivibile alla mancata presentazione degli atti notori da parte dei restanti assegnatari dell’intervento edilizio. In particolare la normativa di riferimento prevede che la richiesta di autorizzazione alla cessione in proprietà individuale riguardi almeno il 60% degli alloggi facenti parte dell’insediamento oggetto della richiesta di autorizzazione… Per Tua conoscenza evidenziamo che nel tuo intervento edilizio le uniche istanze pervenute alla cooperativa riguardano la tua e quella di altro socio, con palese evidenza del mancato raggiungimento del 60% richiesto dalla normativa”.
Inoltre, la cooperativa ha precisato che: “l’alienazione dell’immobile in proprietà ex art. 18 L. 179/92 rappresenta una mera facoltà del socio che, in nessuno caso, può variare il suo status originario di assegnatario in uso e godimento a proprietà indivisa”.
Vorrei sapere come si concilia quest’ultima affermazione della cooperativa con quanto, invece, previsto nelle “Condizioni generali di assegnazione e godimento con patto di futura vendita”, in apposito citato articolo riguardante la “Vendita dell’alloggio al socio”: “… su specifica richiesta di una delle due parti, dovrà essere devoluto in proprietà individuale al socio nelle condizioni tecniche in cui esso all’epoca dovrà trovarsi”.
Continuo a pagare un canone annuo di uso e godimento (nel 2018 pari a oltre € 2.300,00) per un alloggio di mq. 95 ubicato in un condominio per il quale nell’arco di oltre 30 anni non è stata mai fatta alcuna opera di manutenzione da parte della cooperativa, che oggi versa in condizioni poco decorose e rassicuranti e senza la prospettiva di poter addivenire ad una proprietà individuale. A ciò si aggiunga che la cooperativa ha integrato il proprio oggetto sociale con l’inclusione dell’attività di realizzazione e/o gestione di impianti per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili…
In considerazione di quanto sopra esposto, chiedo: posso legittimamente recedere dal contratto sociale ed ottenere il (diritto al) rimborso di quanto versato, al netto dei canoni di uso e godimento?
Sul punto, faccio presente che, con posta raccomandata, ho inutilmente chiesto alla cooperativa di voler produrre con specifica evidenza e in maniera dettagliata, la rendicontazione di tutte le voci di credito della sottoscritta, rappresentate dalle somme versate in favore della cooperativa a titolo di prestiti sociali, corrispettivi per rate di mutuo, contributi, quote di iscrizione e sottoscrizione capitale, ecc.

Risposta al quesito:
Se la maggioranza dei soci della Cooperativa (oltre il 60%) non accetta la proprietà divisa, in tal caso la trasformazione non può compiersi, come espressamente previsto dalla Legge 179.
La predetta normativa è inderogabile, sicché non può essere modificata da convenzioni eventualmente stipulate tra i soci e la Cooperativa, che, se contrastanti con la disciplina di legge, sarebbero inefficaci.
Il recesso è regolato dallo Statuto sociale, le cui disposizioni prevedono le modalità anche in riferimento agli eventuali rimborsi, nonché dall’art. 2532 del codice civile.
La giusta causa di recesso, oltre che dallo Statuto può essere regolata dalle leggi speciali (ad esempio: perdita dei requisiti), ma in ogni caso può essere opposta quando sussistano inadempienze della Cooperativa in ordine al contratto sociale ovvero al contratto mutualistico.
Se il recesso viene accolto con delibera del CdA (in caso contrario si può dare corso all’impugnazione nei termini di cui all’art. 2532 del codice civile), il socio ha diritto al rimborso dei versamenti eseguiti a titolo di anticipazione del costo di costruzione dell’alloggio, mentre la Cooperativa può trattenere la quota delle spese generali e i canoni d’uso (comprensivi delle spese di manutenzione e condominiali).