Quesito del 15/11/2019

Gentile avv. Cannavò, nel 2017, parafrasandone lo Statuto, ho “chiesto” a mezzo PEC di recedere da una cooperativa edilizia in fase di liquidazione, con rogiti ultimati. L’amministrazione non mi ha mai risposto ma alcuni mi hanno obiettato che la mia richiesta poteva essere non-chiara.
Il 1° agosto u.s ho nuovamente scritto con la formula: “Chiedo di recedere –come di fatto recedo- dal rapporto societario…” . Il 6 agosto u.s. l’Amm. mi ha risposto: “Preso atto della sua richiesta, la stessa verrà esaminata nei modi e nei tempi previsti”. Ad oggi, 100 giorni dopo, non ho ricevuto alcuna comunicazione nè di opposizione nè di accoglimento del recesso.
Non conosco la legge ma rilevo che, se da una parte il recesso è un atto “unilaterale”, sindacabile solo in modo formale e argomentata; dall’altra si parla di “richiesta del socio” ed “accoglimento della amministrazione”: qualcosa non mi è chiara.
Ho letto alcune sentenze di Cassazione che confermano che il recesso è legittimo e completo anche con la forma del silenzio-assenso ma anche che un Giudice potrà emettere una sentenza sostitutiva della decisione degli amministratori a seguito di una valutazione del le motivazioni del recesso. Ma non era già suggellato dal silenzio-assenso?
La mia domanda ora è: cosa mi conviene (o magari devo) fare? C’è fretta di rivolgersi al Giudice?
Rimetterei in discussione l’assenso datomi con il silenzio? Devo (è possibile?) rivolgermi alla Camera di Commercio, allo scopo dare forza al recesso?
Preciso che è una Coop con amministratore unico.
Aspetto a vedere cosa succede ed, eventualmente, impugnerò eventuali richieste della cooperativa? Contatto nuovamente la cooperativa per chiedere di completare la cosa e comunicarmi l’ormai ineluttabile accoglimento della mia richiesta di recesso per sopraggiunti termini di scadenza?

Risposta al quesito:
La situazione prospettata non è chiara in ordine alla prima domanda di recesso. Ritengo, comunque, che sia stato un errore la nuova formulazione della domanda.
Il CdA deve riscontrare la domanda di recesso entro il termine di sessanta giorni e il socio può impugnare la decisione nei sessanta giorni successivi alla notifica della decisione.
Ciò posto, la Cassazione ha statuito che l’inerzia degli amministratori, se protratta nel tempo, determina automaticamente il verificarsi della condizione dell’accettazione, sicché il recesso deve ritenersi accolto.
Va, tuttavia, osservato che la domanda di recesso deve essere tale, cioè seguire le disposizioni dello Statuto e, quindi, deve enunciare i motivi che inducono il socio ad risolvere il contratto di Società.
Se la domanda di recesso non è conforme alle norme statutarie, potrebbe essere considerata “atto inesistente” e, quindi, non generare effetti giuridici, ivi compreso quello impropriamente chiamato “silenzio assenzo”.