Quesito del 27/03/2014

Sono socio di una cooperativa edilizia. A causa del protrarsi dei lavori di costruzione e di una serie sospetta di lievitazione dei costi abbiamo condotto alcune indagini che hanno portato ai seguenti risultati, nell’ordine abbiamo scoperto quanto segue:
1) Nel 2009 durante un’assemblea il Presidente del CdA giustificava la scelta della impresa di costruzioni a cui affidare l’appalto per la costruzione delle palazzine magnificandone la ottima reputazione di alcuni soci, ometteva però di specificare che mentre si svolgeva quella l’assemblea l’amministratore della società di costruzioni (costituita da pochi mesi e neanche attiva ) era sua moglie. L’appalto fu poi assegnato alla predetta società senza alcuna gara ed il contratto fù sottoscritto dal Presidente della cooperativa e da un nuovo amministratore della società costruttrice appena avvicendatosi con la moglie del Presidente.
2) Firmato il contratto d’appalto fra la cooperativa e la società di costruzione per un importo di 9.500.000 € – 900.000€ per la permuta dei locali commerciali, ad oggi scopriamo che l’organo amministrativo della cooperativa ha versato nelle casse del costruttore almeno 500.000€ in più del dovuto senza che a ciò ci sia alcuna giustificazione oltre a ciò i lavori si sono protratti ben oltre i 24 mesi previsti dal contratto di appalto, a dispetto di quanto stabilito nel contratto i pagamenti al costruttore sono avvenuti senza tener conto degli stati di avanzamento dei lavori, ma conto più che altro delle esigenze di cassa del costruttore.
Inoltre il Presidente del CdA ha ammesso dinanzi ad almeno 20 soci che la quota della società di costruzioni intestata alla moglie sarebbe effettivamente sua e che sarebbe entrato in società per meglio tutelare gli interessi della cooperativa. Attualmente la società costruttrice ha difficoltà a pagare i fornitori e non riesce neache a produrre il DURC, creandoci non pochi problemi anche in fase di chiusura del mutuo e relativo rogito.
Quali sono le responsabilità dell’amministratore in una simile situazione, ci sono gli estremi per una azione di responsabilità e per la rimozioni per giusta causa di tutto il CdA composto da 3 consiglieri ?

Risposta al quesito:
Nella situazione prospettata il presidente della Cooperativa non avrebbe potuto stipulare il contratto d’appalto con l’impresa per il palese conflitto d’interessi, soprattutto alla luce del suo diretto collegamento con l’impresa di costruzione, per essere egli il proprietario effettivo di una quota azionaria.
Se, poi, viene confermata la dazione di danaro in esubero sussiste oltre alla responsabilità civile anche quella penale.
In ogni caso per le inadempienze dell’impresa, oltre alla responsabilità contrattuale della stessa, può essere ipotizzata quella del presidente nel caso di sostegno doloso all’impresa medesima nel corso delle attività costruttive.
Gli amministratori se a conoscenza dei fatti dolosi, non avendo manifestato il loro dissenso, possono essere oggetto di azione di responsabilità in sede civile.
In ordine alla revoca del mandato agli amministratori essa compete alla maggioranza dei soci con voto in assemblea.

Quesito del 27/03/2014

Dal 2011 sono socio di una Cooperativa edilizia che è stata individuata dal Comune di XXX come uno dei soggetti attuatori di programmi di edilizia nell’ambito del vigente PUC per la realizzazione di alloggi di E.R.P. senza alcun contributo (sia in conto interessi e sia in conto capitale) pubblico.
La Società cooperativa in questione ha solo avuto assegnato, a seguito di un bando pubblico, un suolo pubblico ed ha versato, a titolo di acconto, ed in attesa che si perfezionasse il trasferimento di proprietà del suolo e dei relativi diritti edificatori, la somma di € 90.000,00.
A me e ad altri sei soci il Presidente della Cooperativa ha chiesto delle somme che sono state regolarmente versate, corrispondenti ad € 10.000,00 a titolo di acconto per l’acquisto del suolo su cui edificare l’alloggio, e ad € 260,00 a titolo di rapporto associativo.
E’ successo che, per questioni di contenziosi legate ad altre situazioni edilizie (liti tra imprese esecutrici dei lavori ed Organi amministrativi della Cooperativa relativamente a vecchi programmi edilizi) nel corso del 2013 la Cooperativa è stata Commissariata con la finalità di risolvere tutte le questioni evidenziate in sede di ispezione.
Il progetto edilizio al quale ho aderito non è stato mai avviato, ufficialmente perché occorre una più approfondita verifica dei parametri urbanistici, catastali e di rilievo in sito, ma in realtà in quanto tutti i dei soci aderenti (tra cui io) abbiamo formulato istanza di recesso e, dunque, la stessa Cooperativa non è nelle condizioni materiali di operare, e addirittura non ha versato al Comune le rimanti somme (circa € 600.000,00) per perfezionare l’acquisto del suolo.
Ad oggi risulta che da un anno e mezzo è stata formulata la richiesta di recesso senza tuttavia ottenere alcun riscontro da parte dell’organo amministrativo, se non dichiarazioni dilatorie, interlocutorie ed ostruzionistiche, ragion per cui io ed altri cinque soci vantiamo un credito pro-capite di € 10.000,00 oltre alle somme derivanti dal rapporto associativo. Faccio presente che lo Statuto prevede le ipotesi tipiche di recesso (casi di cui all’art. 2437 c.c., quando il socio non abbia più i requisiti e non sia più in grado di partecipare al raggiungimento degli scopi sociali) e prevede in ogni caso il riscontro da parte degli Amministratori alla istanza di recesso.
Alla luce di ciò, vorrei sapere, se è opportuno formulare una istanza giudiziaria per il recupero del credito vantato presso la Cooperativa giacché: 1) da un anno e mezzo è stata formulata la istanza di recesso, 2) il programma edilizio non è mai stato avviata e non vi è nessun socio interessato al predetto programma.

Risposta al quesito:
Il lungo periodo trascorso senza una risposta alla istanza di recesso comporta che la stessa si intende accolta.
Alla luce di quanto precede i soci receduti possono formulare istanza di rimborso e in assenza di riscontro citare la Cooperativa per il rimborso di quanto loro spettante.
Nel caso in specie, però, sembra che tutti i soci abbiano formulato istanza di recesso e, pertanto, sussiste il fondato timore che la Cooperativa non possa provvedere al rimborso delle quote se non dopo avere assunto altri soci disposti a reintegrarle.
In assenza di nuovi soci disponibili è probabile che la Cooperativa finisca in Liquidazione Coatta Amministrativa e i soci creditori non riceveranno alcun rimborso.

Quesito del 27/03/2014

Può una cooperativa chiedere gli interessi di preammortamento oltre la data stabilita per la chiusura dei lavori?
La cooperativa edilizia può trattenersi delle quote di locali commerciali pari a 48 mila euro senza versarli all’interno del patrimonio della cooperativa e senza dare la possibilità agli altri soci di acquistarlo?
In quale caso un socio può uscire dalla cooperativa e chiedere i danni?

Risposta al quesito:
Gli interessi di preammortamento riguardano il mutuo bancario che si presume sia stato ottenuto per la costruzione degli alloggi sociali.
Orbene, sino a quando il mutuo non va in ammortamento, la Società mutuataria è obbligata a versare gli interessi di preammortamento. Alla luce di quanto precede è teoricamente possibile che la Cooperativa richieda il versamento degli interessi di preammortamento ancorchè i lavori siano stati ultimati.
L’autonomia finanziaria della Cooperativa è rappresentata dai versamenti dei soci e, pertanto, non ha ragion d’essere la problematica delle quote inerenti i locali rimasti nella disponibilità sociale.
L’assegnazione dei locali commerciali è regolata dallo statuto e per le Cooperative finanziate dal Testo Unico n.1165/38. In ogni caso l’assemblea determina i criteri di assegnazione.
Il recesso del socio è normalmente disciplinato dallo Statuto sociale e dal codice civile. Nelle Cooperative a finanziamento pubblico la perdita dei requisiti soggettivi è causa di recesso.
La richiesta di danni è indipendente dal recesso e, comunque, può essere attivata a seguito  di un illecito contrattuale o extracontrattuale riconducibile alla Cooperativa.

Quesito del 26/03/2014

Sono socio di una coop. con 4 lotti di costruzione. L’area di sedime assegnata dal Comune è stata dai lotti acquistata, la rimanente area (zona verde e strade urbanizzate dalla coop. stessa) è in convenzione alla coop.
I primi 2 lotti hanno trasformato la proprietà indivisa a proprietà individuale, altri due lotti sono in attesa del decreto ministeriale. Nei lotti a proprietà individuale alcuni soci, hanno chiesto ed ottenuto di recedere dalla società, chiedendo un amministratore esterno dalla stessa, sia per le parti comuni che per i fabbricati.
I due lotti ancora a proprietà indivisa sono disposti a dare incarico ad un amministratore esterno solo per le parti comuni (area verde ecc.) ma per i fabbricati vogliono essere amministrati ancora dal direttivo della coop. stessa, poiché la proprietà è ancora della coop. Può chiarirmi la problematica, come si può risolvere.

Risposta al quesito:
Da quanto è possible comprendere la Cooperativa è unica, ma  in parte a proprietà divisa e in parte a proprietà indivisa.
I lotti a proprietà divisa hanno presumibilmente costituito il condominio (se già intervenuti gli atti di trasferimento della proprietà individuale) e, quindi, hanno nominato un amministratore esterno, ma non già della Cooperativa, bensì del condominio neo formato.
I soci dei lotti a proprietà indivisa, viceversa, non possono nominare alcun amministratore esterno, posto che gli immobili sono ancora nella esclusiva disponibilità della Cooperativa, anche se assegnati in uso ai soci.
Questi ultimi devono attendere l’autorizzazione ministeriale per passare a proprietà divisa e devono, inoltre, stipulare gli atti di assegnazione individuale e solamente dopo possono costituire il condominio e nominare un amministratore esterno.
E’ probabile che i soci dei lotti a proprietà divisa abbiano già inoltrato domanda di recesso che è stata accolta dagli amministratori e, conseguentemente, i soci medesimi sono stati estromessi dall’attività sociale.
Ai soci rimasti in Cooperativa toccherà provvedere a tutte le spese per l’estinzione della Società!

Quesito del 26/03/2014

Sono socio di una coop. edilizia che opera dal 1982 e che nei vari anni ha portato a termine vari programmi costruttivi.
I soci al termine del programma costruttivo e dopo l’assegnazione e il frazionamento del mutuo vengono cancellati dal libro soci in seguito a domanda di recesso per raggiungimento dello scopo sociale e la cooperativa rimane in vita con nuovi soci per altri programmi costruttivi.
Oggi, richiedono a noi soci nuovi un risarcimento danni in sede civile per un programma costruttivo terminato nel 2004.
E’ possibile tutto ciò? Chi ne risponde, la cooperativa con i nuovi soci (che non sanno nulla di quanto accaduto nel 2003 in quanto sono succeduti diversi soci e presidenti) o è responsabile il vecchio socio del vecchio programma costruttivo di riferimento seppur abbia effettuato il recesso dalla cooperativa?

Risposta al quesito:
La Cooperativa è una persona giuridica dotata di personalità autonoma da quella dei singoli soci, ancorchè da essi tragga il sostegno per la formazione della volontà sociale.
Da quanto precede consegue che, se gli amministratori hanno accolto il recesso dei soci, le obbligazioni contratte per il programma costruttivo ad essi relativo restano in carico alla Cooperativa, proprio in forza dell’autonomia della stessa nei confronti dei terzi.
Se i soci attuali sono rimasti acquiescenti all’operato degli amministratori, allora condividono le conseguenze del loro operato e devono caricarsi le obbligazioni assunte nell’interesse dei soci receduti.
Se, viceversa, i soci attuali non sono rimasti acquiescenti, anche perché oggettivamente  ignari  della situazione, allora gli stessi possono proporre azione di responsabilità verso gli amministratori quali soggetti tenuti al pagamento delle obbligazioni di cui trattasi.
Va osservato se gli amministratori, nell’accogliere il recesso, abbiano imposto ai soci receduti l’accollo delle obbligazioni future della Società e, pertanto, in tal caso, si dovrebbe  richiedere il pagamento agli ex soci.

Quesito del 24/03/2014

Nel 1999 ho acquistato una casa costruita con il diritto di superficie su terreni di proprietà del Comune, da una cooperativa già in liquidazione.
Automaticamente e senza alcuna richiesta di mio consenso, la coop. mi chiede ogni anno il pagamento di una quota sociale.
Tre anni fa, il Comune, dietro compenso, ha con regolare atto, ceduto l’area su cui è costruita l’abitazione, e ho acquisito così la piena proprietà.
Siccome la coop. non ha più senso che esista, e non capisco perchè non venga definitivamente liquidata, c’è qualcosa che posso fare per non pagare più queste quote sociali?

Risposta al quesito:
Le Cooperative sono persone giuridiche la cui volontà si forma attraverso l’assemblea dei soci.
Nel caso in specie sembra che l’assemblea abbia deliberato la liquidazione volontaria della Società, all’uopo nominando un liquidatore a norma di legge.
Il Liquidatore ha il mandato di liquidare le attività residue e chiudere la Società depositando il bilancio di liquidazione.
Il Liquidatore ha, comunque, l’obbligo di convocare l’assemblea dei soci per l’approvazione dei bilanci relativi a quegli esercizi in cui la Società non si è ancora estinta.
Nel caso prospettato, dunque, è bene che i soci controllino i bilanci intermedi al fine di verificare la destinazione delle somme da loro versate per presumibili spese di liquidazione.
E’ anche opportuno che i soci medesimi  accertino i motivi che non consentono l’immediata estinzione della Società, notificando al Liquidatore la specifica richiesta delle informazioni.
Se la Liquidazione si protrae senza giustificato motivo, i soci possono formulare un circostanziato esposto alla Vigilanza chiedendo la sostituzione coattiva del Liquidatore ai sensi dell’art. 2545 octiesdecies del codice civile.