Quesito del 06/03/2015

Sono socio di una Cooperativa edilizia a proprietà indivisa con contributo statale. Tutti i soci assegnatari di alloggio pagano regolarmente la propria rata di mutuo alla Cooperativa che a sua volta la trasferisce alla Banca mutuante.
In caso di recesso/esclusione di un socio la Cooperativa deve rimborsare le rate di mutuo pagate dal socio uscente?
Vanno rimborsate poichè non strettamente connesse con il rapporto sociale ossia con le spese comuni di organizzazione e di amministrazione o sono da considerarsi quale canone di godimento e quindi non rimborsabili?
In questo secondo caso però il socio prenotatario che subentrasse nel godimento dell’alloggio poco prima dell’estinzione del mutuo, in caso di successivo passaggio a proprietà divisa diverrebbe proprietario dell’alloggio con una minor spesa e un ingiustificato vantaggio economico.

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente verificare le statuizioni imposte dallo Statuto e/o dai deliberati assembleari, con riferimento alla regolamentazione dei versamenti al fine di individuare la parte destinata alla copertura dei costi della realizzazione edificatoria e la parte destinata alla copertura delle spese correnti, quest’ultima considerata “canone d’uso” dell’alloggio.
In assenza di specifica regolamentazione statutaria o assembleare, la Cooperativa avrà diritto a trattenere esclusivamente le somme inerenti alle spese generali e di manutenzione degli immobili, mentre sarà obbligata a restituire al socio receduto o escluso quanto dallo stesso versato a titolo di anticipazione per i costi di costruzione dell’immobile (rate di mutuo comprese).

Quesito del 05/03/2015

Sono stato eletto Presidente di una Società Cooperativa Edilizia per Azioni, a proprietà divisa, e volevo chiedere quali strumenti giudiziari, oltre a quello dell’esclusione dei soci morosi, ho per recuperare, in tempi rapidi, da questi ultimi le somme che ancora devono alla cooperativa titolo di interessi di preammortamento e dei diversi oneri degli alloggi (allacciamenti servizi, accatastamento, perizia ecc.) non ancora versati.

Risposta al quesito:
A condizione che i versamenti richiesti ai morosi siano stati deliberati e riportati in contabilità quale credito della Cooperativa e, inoltre, che sia formulata specifica messa in mora (con racc. a.r. analiticamente dettagliata), si potrà procedere con ricorso per decreto ingiuntivo innanzi al Tribunale Sezione Imprese, territorialmente competente, al fine di recuperare il credito, maggiorato degli interessi e delle spese legali.

Quesito del 04/03/2015

Sono socio di una cooperativa s.c.e.p.a. in attesa (ma temo sia ancora molto lunga, non essendo mai stata fissata alcuna data) di stipulare il rogito per l’assegnazione definitiva dell’alloggio, di cui ho già il possesso.
Nella determinazione del prezzo finale di vendita, la Cooperativa non mi riconosce una considerevole somma che io ho, in diverse trance, versato in contanti e di cui non mi è stata rilasciata alcuna ricevuta di pagamento e/o fattura.
Inoltre, ho comunicato alla cooperativa che nell’immobile si verificano delle infiltrazioni e ci sono altri vizi e difetti. Il Presidente mi ha detto che se voglio posso recedere dalla compagine e lasciare l’immobile.
Ora considerato che il recesso, per tutti i soldi che ho investito nell’appartamento, avendolo in gran parte già pagato, e per i problemi economici della cooperativa, non mi sembra la via migliore da intraprendere, cosa posso fare?

Risposta al quesito:
La prima cosa da fare è quella di richiedere alla Cooperativa il riepilogo contabile dei versamenti effettivamente accreditati, in quanto appare molto strano che a fronte di versamenti in contanti non sia stata rilasciata alcuna quietanza.
In secondo luogo occorre verificare le ragioni dell’attesa del rogito, posto che esso dovrebbe essere stipulato entro un termine ragionevole dalla finitura degli alloggi.
Occorre, infine, verificare tutta la situazione amministrativa della Cooperativa, esaminando i bilanci sociali e i deliberati assembleari, nonché richiedendo le debite informazioni agli amministratori sulla definizione del programma costruttivo.
A seguito dei predetti accertamenti, si potrà formulare una strategia di tutela in sede giudiziaria ovvero amministrativa.
In ordine ai vizi e difetti costruttivi dell’immobile è necessario che essi siano resi noti sia agli amministratori che all’impresa, ciò mediante atto scritto (raccomandata a.r. o atto stragiudiziale).
Nell’atto di messa in mora occorre richiedere l’immediato intervento riparatore, con riserva di tutela dei propri diritti.
L’effettiva tutela risarcitoria potrà essere esercitata dal socio solo dopo l’atto di assegnazione definitiva.

Quesito del 03/03/2015

Abbiamo acquistato alloggi in edilizia convenzionata in riferimento all’art. 35 della L. 865/71 ed art. 8 l. 10/1977. Subito dopo i rogiti abbiamo scoperto che ci è stato fatto pagare un prezzo del 40% in più del prezzo di convenzione per presunte migliorie di progetto e strutturali che il Comune e poi il Tribunale Amministrativo ha rigettato in quanto inesistenti.
Abbiamo chiesto spiegazioni alla cooperativa e ci è stato risposto che abbiamo avallato il prezzo in quanto sia nel rogito che nello statuto della cooperativa c’è un articolo (generico a tutte le cooperative) in cui il socio si impegna a versare le cifre di ogni intervento edilizio a cui si iscrive come socio assegnatario.
E’ possibile che un articolo dello statuto nonché le clausole vessatorie presenti nel rogito possano costituire il salvagente per aggirare il prezzo di convenzione stabilito nel bando con il Comune e quindi ci neghi la possibilità in sede civile di richiedere la maggior somma pagata?

Risposta al quesito:
Se, come sembra, il costo delle migliorie dovesse risultare un artificio per procurare un ingiusto vantaggio economico all’impresa appaltata e ad altri soggetti, i soci assegnatari potrebbero denunciare tutti i responsabili (impresa, amministratori e notaio), chiedendo  il risarcimento dei danni.
Appare impraticabile la richiesta risarcitoria in danno della Cooperativa, la quale dovrebbe reperire i fondi presso gli stessi soci danneggiati.

Quesito del 02/03/2015

Sono socio di una cooperativa edilizia a proprietà divisa assegnataria con diritto in proprietà in zona 167, la convenzione con il Comune è stata stipulata ai sensi dell’art. 35 della legge 865/71 e non ha mai usufruito di contributi pubblici pertanto si puo definire EDILIZIA CONVENZIONATA LIBERA, la costruzione prevede la realizzazione di 40 alloggi da assegnare in proprietà.
Ad oggi mancano circa 15 soci, situazione che ha creato il fermo del cantiere e l’impossibilità di ottenere un mutuo fondiario aumentando il credito che l’impresa vanta nei confronti della cooperativa.
In una delle ultime assemblee è stato proposto all’impresa appaltatrice di acquistare gli alloggi vacanti ad un prezzo vantaggioso per poi rivenderli, sempre a prezzi che rispettano i requisiti della 167, a persone aventi i requisiti idonei. Con questa soluzione si risolverebbero i problemi per l’accesso al mutuo in quanto l’impresa farebbe da garante per gli alloggi vacanti.
La mia domande è: può un impresa edile, quindi un soggetto giuridico, prenotare degli alloggi in cooperativa con l’impegno di rivenderli a persone con i requisiti previsti da convenzione? Lo scopo mutualistico viene rispettato?

Risposta al quesito:
Nel caso di specie, l’impresa potrebbe entrare in gioco, ma occorre modificare la convenzione stipulata con il Comune.

Quesito dell’01/03/2015

Sono socio di una cooperativa edilizia a proprietà divisa.
Da un anno sono terminati i lavori del fabbricato in cui si trova l’alloggio assegnatomi. Da notizie ricevute per vie informali, apprendo, insieme ad altri soci, che il costo dell’intervento sia stato inferiore al previsto per vari motivi (economia sugli oneri di urbanizzazione, mancata realizzazione di alcune finiture esterne previste in progetto, ecc…).
Il presidente della cooperativa ci ha chiesto comunque di versare l’intero importo previsto maggiorato di incrementi degli oneri dovuti al comune e vari interessi. Insieme ad altri soci abbiamo rivolto alla cooperativa una formale richiesta di accesso agli atti per verificare il reale costo dell’intervento ma tale facoltà ci è stata negata in quanto la cooperativa nel suo statuto prevede la partecipazione dei soci attraverso azioni, quindi secondo il presidente è una Società Cooperativa per Azioni.
In tutte le fatture emesse dalla cooperativa, nei contratti sottoscritti e in qualsiasi documento il nome della cooperativa è seguito dall’acronimo s.c.a.r.l.
Può il presidente negarci l’accesso alla documentazione contabile relativa all’intervento di cui fanno parte gli alloggi assegnatoci? Nel caso in cui i costi sostenuti siano inferiori a quelli preventivati dobbiamo comunque versare gli importi previsti?

Risposta al quesito:
Alle Cooperative sono normalmente applicabili le norme previste per le Società per azioni, ma l’art. 2519 del codice civile consente la deroga per quelle Società che abbiano un numero di soci inferiore a venti o un attivo dello stato patrimoniale non superiore a un milione di euro.
La deroga deve essere, comunque, espressamente prevista dall’atto Costitutivo della Cooperativa.
Sul presupposto che la Cooperativa in questione sia regolata dalle norme sulle SPA, i soci possono verificare l’andamento dei conti in sede di esame del progetto di bilancio e in sede assembleare esporre i rilievi.
In caso di approvazione del bilancio, i soci dissenzienti devono proporre opposizione entro sessanta gironi innanzi al Tribunale Sezione Specializzata Imprese, territorialmente competente.
Qualora i soci abbiano sospetti sul regolare appostamento dei conti, anche prima della presentazione del progetto di bilancio, possono denunciare i fatti in sede amministrativa, richiedendo l’ispezione straordinaria all’Autorità di Vigilanza (Ministero o Assessorato).
Se i soci dissenzienti sono almeno un decimo dell’intera compagine sociale, possono proporre anche l’azione di controllo giudiziario, innanzi al Tribunale, Sezione Specializzata Imprese, territorialmente competente.
Il Tribunale, accertati i fatti a mezzo di un CTU, può nominare un Commissario Giudiziale per il riordino dell’attività sociale.
Nelle more degli accertamenti (in sede amministrativa ovvero giudiziale) i versamenti sono dovuti nella misura determinata dagli amministratori.
Se i soci dissenzienti sono certi dell’inadempienza degli amministratori, potrebbero versare la quota ritenuta corretta riservandosi di versare la differenza all’esito dell’esame delle giustificazioni documentate fornite dagli amministratori.
In tal caso i soci medesimi dovrebbero diffidare gli amministratori dal compiere atti persecutori nei loro confronti, riservandosi oltre all’azione risarcitoria anche la denuncia penale per fatti estorsivi (richiesta ingiusta di versamenti sociali, pena l’esclusione da socio).
In tal caso, tuttavia, i soci  assumerebbero la responsabilità del loro operato e dovrebbero affrontare giudizi civili (impugnativa esclusione per morosità, risarcimento danni etc…).
Conclusivamente, nel caso prospettato occorre preventivamente verificare l’importanza delle somme richieste in esubero e successivamente valutare l’opportunità di agire preventivamente (non versando le somme) ovvero agire successivamente mediante l’impugnativa di bilancio e la richiesta risarcitoria agli amministratori inadempienti.