Quesito del 16/04/2014

Nonostante tutti gli approfondimenti che ho potuto fare non riesco a darmi una risposta certa: un alloggio riscattato dall’IACP può essere ceduto, trascorso il tempo previsto e avendo riscattato il diritto di prelazione, a prezzo di mercato o deve essere ceduto come da art. 35 della L.865/71?
Vero è che l’art. 5 del dlgs 106/11 consente di cancellare dalle convenzioni le limitazioni sul prezzo di cessione successiva alla prima, ma il “titolo” del superiore articolo è “costruzioni private” ed infine un alloggio costruito a totale carico della Regione, riscattato a prezzo irrisorio, può essere ricomprato dal Comune utilizzando un finaziamento al 100% della stessa Regione?

Risposta al quesito:
Trascorso il periodo previsto per l’incommerciabilità piena, per gli alloggi su terreno in diritto di proprietà non sussistono imitazioni in relazione al prezzo di vendita dell’immobile.
Se, viceversa, l’alloggio assegnato è in diritto di superficie restano vincolanti le clausole della originaria Convenzione con il Comune, stante la vigenza della concessione.
L’alloggio costruito a totale carico della Regione si presume sia stato riscattato dall’assegnatario e, pertanto, non si comprende come poi possa essere ricomprato dal Comune.
In ogni caso, gli alloggi che hanno fruito di un finanziamento pubblico, non possono essere oggetto di un nuovo finanziamento a beneficio del medesimo assegnatario.

Quesito del 15/04/2014

Sono socio di una cooperativa di produzione e lavoro da 14 anni dove il presidente è stata sempre la stessa persona in maniera ininterrotta dalla costituzione della cooperativa.
Ho letto lo statuto e l’art. 7 prevede che gli organi amministrativi ed anche il presidente non possono restare in carica per più di tre mandati consecutivi di durata ciascuno per un massimo di tre anni.
Il presidente sostiene che è stata emanata una norma che gli permette di restare quanto vuole lui.
Noi vorremmo sfiduciarlo e farlo dimettere, come dobbiamo fare?
La maggioranza lo vuole sostituire.

Risposta al quesito:
Gli amministratori possono essere revocati, salvo il risarcimento del danno, a meno che non sussista una giusta causa.
Nel caso in specie, stante l’inosservanza della norma statutaria, l’amministratore è revocabile senza alcuna indennità.
I soci possono chiedere allo stesso amministratore la convocazione dell’assemblea con all’ordine del giorno la di lui revoca e l’eventuale azione di responsabilità.
In caso di mancato adempimento, i soci possono ricorrere giudiziariamente innanzi al Tribunale della Società.

Quesito del 14/04/2014

Nell’agosto scorso la ns. cooperativa con sede in Palermo è stata commissariata.
Può il Commissario stabilire una rivalutazione dei box già prenotati e pagati per intero ma non ancora definitivamente assegnati ed ancora senza rogito?

Risposta al quesito:
Se esistono costi di costruzione non rilevati ovvero sopraggiunti, il Commissario deve richiedere l’integrazione ai soci prenotatari.
In caso di mancato adempimento la Cooperativa sarebbe messa in liquidazione coatta amministrativa e il patrimonio sociale (tra cui box) verrebbe liquidato secondo le regole della legge fallimentare, al fine di soddisfare i creditori.

Quesito del 13/04/2014

Siamo soci di una cooperativa edilizia e, dopo aver corrisposto un buon importo in contanti a titolo di prenotazione di alloggio, lo stesso ci è stato consegnato. La parte restante costituirà mutuo.
Ecco alcuni importanti quesiti che preme rivolgerLe:
1) la cooperativa, al momento della prenotazione e successiva assegnazione, aveva obblighi di informazione nei confronti dei soci assegnatari circa gli alloggi non venduti o altra informazione importante?
2) i soci assegnatari sono per legge obbligati a corrispondere rate di preammortamento (o rata mutuo dopo frazionamento, nella forma di canone di locazione verso la cooperativa, la quale gira gli importi alla banca per pagare le rate del mutuo frazionato) o altra spese relativa ad alloggi non venduti?
3) dal momento che i soci della cooperativa sono circa 40 (di cui n. 8 assegnatari di alloggi su 18 alloggi in totale), si potrebbe ipotizzare una responsabilità nei confronti di tutti i pagamenti (rate di preammortamento, spese condominiali etc…) da parte di tutti i soci (40) e non solo di quelli assegnatari, in modo da ridurre il carico in maniera sopportabile?

Risposta al quesito:
Normalmente le Cooperative edilizie sono a mutualità pura o prevalente, nel senso che non svolgono attività commerciale di vendita a terzi degli immobili.
Se, dunque, la Cooperativa assegna esclusivamente ai propri soci, questi  sono obbligati pro quota a corrispondere il costo dell’alloggio a titolo di corrispettivo dell’assegnazione.
Va osservato, però, che fino a quando non si provveda alla stipula dell’atto pubblico di assegnazione, tutti gli alloggi realizzati restano di proprietà della Cooperativa e, pertanto, sono aggredibili dai creditori.
Da quanto precede, consegue che, in taluni casi, i soci hanno interesse a versare anche gli importi dovuti da altri soci (morosi ovvero mancanti) al fine di salvaguardare il patrimonio sociale e, soprattutto, non compromettere l’integrità patrimoniale dell’alloggio prenotato.
Resta confermato che tutti i soci devono contribuire pro quota relativamente alle spese riguardanti il loro programma costruttivo, non essendo ipotizzabile che alcuni soci paghino rate di preammortamento inerenti alloggi da loro non prenotati.
Nell’ipotesi di commistione o confusione i soci interessati possono procedere con il controllo giudiziario ovvero con il controllo amministrativo al fine di rilevare la responsabilità degli amministratori della Cooperativa.

Quesito del 09/04/2014

Ho acquistato un alloggio di edilizia convenzionata da una cooperativa che nel 2006 ha sottoscritto con il Comune una convenzione urbanistica in riferimento all’art. 35 L865/71, dove l’unico vincolo era rappresentato dal prezzo imposto di rivendita.
Non vi era alcun vincolo temporale purchè si rispettasse il prezzo di convenzione. Volendo rivendere il nostro alloggio, ci siamo accorti che il prezzo rogitato non era quello di convenzione (quasi il doppio) tutto registrato sull’atto, nel quale il prezzo pattuito al preliminare veniva scorporato tra prezzo di convenzione e presunte migliorie progettuali. Gli alloggi sono già in diritto di proprietà.
Adesso è in corso un contenzioso amministrativo tra Comune e Cooperative, per le sanzioni erogate a fronte del mancato rispetto del prezzo convenzionale, quest’ultime ritengono che alla firma della Convenzione nel 2006, a fronte di un bando del 1999, erano lievitati a causa di norme e varianti progettuali, il tutto scaricato sulle spalle degli ignari soci che ritenevano il prezzo rogitato come il prezzo di convenzione.
Domande:
1) Il Tar potrebbe annullare la convenzione pattuita fra le parti oppure potrebbe intervenire solo sull’entità delle sanzioni?
2) Potremmo richiedere la declaratoria di nullità parziale per la violazione di una norma imperativa coinvolgendo anche il notaio che ha omesso tali informazioni?
3) Il Comune potrebbe emettere una delibera di svincoli di tali alloggi trascorsi 5 anni dal rogito in riferimento alla L.179/92?
La data della convenzione che mi riguarda è del 2006 ed ho avuto modo di leggere che le convenzione in diritto di proprietà stipulate dopo il 1 gennaio 1997 restano disciplinate dalle norme dell’art. 35 L.865/71 unitamente con le norme dell’art. 18 DPR 6 giugno 2001 n. 380 e quindi non è prevista alcuna sostituzione con altra convenzione.
Tale esclusione è giustificata dal fatto che già a partire dal 1 gennaio 1997 (con l’entrata in vigore dell’art. 3 c.63 legge 662/1996) queste dovevano adeguarsi alla disciplina dettata dalla disciplina dell’art. 8 legge 10/1977, sostituito poi dall’art. 18 DPR 6 giugno 2001 n.380. Una parte della giurisprudenza interpreta invece la norma in maniera più metodica, concedendo la possibilità di sostituzione con altra convenzione a prescindere dalla data di stipula di quella originaria.

Risposta al quesito:
Da quanto è possibile comprendere la Cooperativa ha dichiarato nell’atto pubblico di assegnazione un corrispettivo superiore a quello previsto nell’atto di Convenzione.
Su tale presupposto il contenzioso dovrebbe riguardare esclusivamente le sanzioni applicabili e non già la revoca della concessione.
D’altra parte va osservato che, stante la natura mutualistica della Cooperativa, non è neppure ipotizzabile la lesione del bene protetto dalla norma, rappresentato dal prezzo imposto al fine di calmierare il mercato e agevolare i meno abbienti.
Nel caso in specie, dunque, occorrerebbe dimostrare che il corrispettivo mutualistico è rimasto effettivamente nelle previsioni convenzionali, mentre gli importi esposti nell’atto di assegnazione sono stati maggiorati dei costi sociali.
Relativamente all’accaduto si ritiene che sussista la responsabilità civile del notaio rogante.

Quesito del 05/04/2014

Sono assegnatario/proprietario (atto notarile del 2001) sin dal 1998 di abitazione in cooperativa a proprietà divisa.
Con decreto definitivo è stato espropriato il terreno su cui sono stati edificati più fabbricati. Un proprietario di una parte del terreno espropriato secondo la normativa vigente non ha accettato la valutazione del terreno fatta a norma di legge, per cui il corrispondente ammontare è stato depositato alla Cassa depositi e prestiti.
Il suddetto proprietario ha proceduto per vie legali nei confronti della cooperativa e dell’Amministrazione Comunale a seguito della quale ha avuto riconosciuto dalla Corte d’appello (deposito sentenza 15 aprile 2010) un prezzo a mq molto più alto di quanto stabilito a suo tempo dalla Commissione Provinciale Espropriazioni (23.07.2002).
Dopo otto anni l’Amministrazione Comunale ci fa sapere che dobbiamo integrare la somma dovuta, pena decreto ingiuntivo di pagamento.
Ora l’Amministrazione comunale ha richiesto a tutti gli ex soci il pagamento della differenza del prezzo del terreno, in forza della convenzione stipulata a suo tempo.
Gradirei sapere se l’Amministrazione Comunale può diffidare gli ex soci (dal 13 Giugno 2003 condomini) ad integrare la differenza del prezzo del terreno, oppure diffidare la cooperativa. Noi condomini non abbiamo potuto neanche ricorrere per cassazione in quanto a suo tempo i rapporti previsti nella convenzione avevano come parti esclusivamente il Comune e la Cooperativa ente concessionario. Nella sentenza di condanna non era citato il condominio bensì la cooperativa.
La cooperativa avrebbe quantomeno dovuto interpellare gli ex soci assegnatari se volevano ricorrere in cassazione?
Adesso un buon numero di ex soci intendono pagare al Comune la cifra chiesta, ma sono veramente sollevati nei confronti della cooperativa a.r.l. oppure questa può rivalersi su tutti anche quelli che intendono pagare.

Risposta al quesito:
Quanto prospettato esigerebbe l’esame completo della documentazione  menzionata (convenzione, sentenza, atto di assegnazione, diffida etc…).
Se, infatti, nell’atto pubblico di assegnazione la Cooperativa si è riservata l’integrazione del prezzo, in ragione di oneri futuri, in tal caso la maggiore indennità espropriativa si riversa pro quota su tutti gli assegnatari.
Se nell’atto di Convenzione si prevede il diretto accollo del canone concessorio, in tal caso il Comune può richiedere le somme pro quota a ciascun assegnatario.
Se, infine, l’atto di Convenzione prevede la revoca della concessione nell’ipotesi di inadempimento (come è normale), in tal caso il Comune può procedere alla revoca dell’area assegnata, almeno che la Cooperativa ovvero i singoli soci non provvedono al pagamento di quanto dovuto.
Nel caso prospettato, tuttavia, appare determinante verificare l’entità della somma richiesta al fine di stabilire la legittimità della quantificazione.
Se, infatti, la condanna è avvenuta a titolo risarcitorio per l’illegittimità della procedura espropriativa, in tal caso il Comune non può pretendere il rimborso dell’intera indennità, ma la pretesa deve limitarsi alla misura dell’indennità legittima.
Quanto alla solidarietà tra soci, va osservato che  essa non dovrebbe sussistere stante l’avvenuta assegnazione definitiva e il conseguente accollo degli oneri limitatamente alla prestazione mutualistica.
Per le obbligazioni sociali, infatti, non può rispondere il singolo socio, se non nella misura di specifici deliberati con accollo pro quota.