Quesito del 04/01/2018

La mia cooperativa ha raggiunto lo scopo sociale, box-auto in regime di pertinenza, assegnati con regolare rogito (con riserva del prezzo finale). Per far fronte ad una temporanea mancanza di liquidità (causata da alcuni box invenduti e altri crediti), è stato chiesto un prestito infruttifero ai soci (con delibera assembleare a maggioranza – non all’unanimità). Ci si appresta a far causa ai pochi che non han prestato.
Chi non presta sostiene: che il prestito della Coop ha violato il suo stesso Statuto (che prevedeva regole, ad hoc, mai redatte; non esiste garanzia o data di restituzione); che nelle S.P.A. e nelle COOP. la maggioranza non può imporre alla minoranza un prestito; che un “contratto di prestito” non può essere sottoposto ad obbligo, ma rimane a discrezione del prestante, anche se c’è una delibera assembleare.
Un socio che non ha prestato dice di voler vendere il suo box (ovvero far subentrare un altro, con pari requisiti, a cui passare la pertinenza) e avrebbe anche trovato l’acquirente; ma non può rogitare in quanto tutta la struttura, al momento, è priva di certificato di agibilità e ha altre piccole mancanze (ergo, questo socio non presta ma, non potendo vendere, diverrebbe parte lesa dalla COOP, inadempiente di alcuni impegni burocratici).
Chi vuol far causa, invece, sostiene che il principio mutualistico delle Coop obbliga alla partecipazione di tutti, in tutto e per tutto. Quindi una delibera (non impugnata) obbliga tutti.
Inoltre, altro aspetto molto controverso (???), c’è chi sostiene che conviene fare causa in quanto i soldi “in prestito”, se incassati a seguito di una sentenza, diventino liberi dal vincolo del prestito, ovvero non vadano restituiti più al “prestatore-coatto” ma vadano a costituire un “credito inatteso” (preciso, al riguardo, che la mia Coop ha scopo mutualistico).
Ho letto molte delle Sue consulenze e confido nella sua chiarezza e professionalità. La ringrazio per gli elementi che mi darà e che mi aiuteranno a convincere anche altri soci a fare la cosa giusta. Qui sembra che tutti abbiano un pò torto e un pò ragione: l’ideale per rimanere in tribunale decenni!!!

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare le disposizioni statutarie in ordine agli obblighi dei soci, inclusi quelli inerenti la copertura del fabbisogno finanziario per far fronte ai costi del programma costruttivo.
Deve, poi, presumersi che, nel caso di specie il programma costruttivo sia ancora in corso di realizzazione, stante la mancata assegnazione di alcuni immobili.
L’assemblea, quindi, può validamente deliberare i versamenti dei soci in conto anticipazioni (non prestito sociale) stante la necessità del raggiungimento dello scopo sociale, salvo il conguaglio contabile finale con l’ultimazione del programma costruttivo.
In tal caso il deliberato assembleare è vincolante per tutti i soci, a meno che lo Statuto disponga diversamente (ipotesi molto improbabile).
In caso di esito favorevole per la Cooperativa, dei giudizi contro i soci morosi, il recupero delle somme dovrà essere conteggiato definitivamente nelle contabilità del programma costruttivo, con i presumibili conguagli in favore dei soci adempienti (contabilità finale dell’intero programma costruttivo).
Anche attraverso il “regime” dei “prestiti sociali” si potrebbe raggiungere lo stesso risultato finale, ma in tal caso occorrerebbe applicare le limitazioni di legge e una tale ipotesi dovrebbe essere contemplata dallo Statuto. Il predetto “regime” tuttavia non prevede l’imposizione da parte dell’Assemblea, a meno che lo Statuto specifichi in senso contrario.

Quesito del 03/01/2018

Sono socio di una coop indivisa, sono stati fatti lavori di ristrutturazione sul fabbricato, il costo di tutte le varie voci con l’aggiunta dell’iva e commissioni più parcelle dei professionisti è di 142.824,00 euro finale, diviso per 12 soci (quota pro capite = 11902,00).
Chiedo: la cooperativa nel momento della dichiarazione ai fini irpef al singolo socio deve dichiarare la somma effettivamente versata dal socio (11.902,00), oppure defalcata dall’iva del 10% (vale a dire 11.902 -10% =1.190,2) che dovrò rimetterci nella denuncia irpef.
Se è questa l’ipotesi che mi sembra probabile accada, mi domando: quante volte devo pagare l’iva?

Risposta al quesito:
La detrazione ai fini irpef per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio dei fabbricati è applicabile anche nei confronti dei soci delle cooperative sia a proprietà divisa che indivisa.
L’importo detraibile è pari al 50% dei costi sostenuti nel singolo anno, da distribuire in dieci quote annuali di pari importo. Il limite dei costi (incluse le varie consulenze professionali) su cui poter effettuare la detrazione è pari a 96.000 euro per anno, da riferirsi in ogni caso al singolo immobile, anche qualora i lavori interessino un complesso edilizio.
Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria, la detrazione va effettuata sui costi effettivamente sostenuti, come indicati in fattura e, quindi, comprensivi di iva.
Ciò premesso, nel caso prospettato, trattandosi di lavori di ristrutturazione sull’intero fabbricato (o, comunque, su parti comuni), i relativi costi vengono sostenuti dalla Cooperativa, nei cui confronti i fornitori emettono fattura con aliquota iva agevolata.
Tutti gli importi versati (inclusi quelli a titolo di iva) vengono poi riaddebitati dalla Cooperativa ai soci pro quota, i quali sono, in definitiva, onerati di tali costi e, pertanto, beneficiari delle connesse agevolazioni fiscali in quanto “consumatori finali” (la Cooperativa, infatti, opera una partita di giro, tra iva sugli acquisti ed iva sulla fattura al socio).
Conseguentemente, ciascun socio, ai fini della detrazione, potrà indicare nella propria dichiarazione dei redditi il complessivo importo versato alla Cooperativa quale quota parte del costo di ristrutturazione.

Quesito del 27/12/2017

Sono socio di una cooperativa edilizia; mi viene chiesto di effettuare il pagamento del penultimo SAL, solo in virtù di un’ appendice al contratto firmata tra il presidente e la ditta costruttrice che ha scorporato dal complesso edilizio un’ abitazione, che il presidente non è riuscito a far prenotare ad alcun socio (poiché l’alloggio era stato in un primo momento prenotato da un socio che in seguito si è dimesso), facendo così aumentare la percentuale delle lavorazioni fino a raggiungere il 90% del totale lavori.
Vorrei sapere se bisogna accettare questo SAL oppure se il SAL è illegittimo e quindi non pagare, visto che il presidente mi dichiarerà moroso se non pagherò.

Risposta al quesito:
Occorrerebbe, innanzitutto, verificare il contratto tra la Cooperativa e l’impresa al fine di comprendere le condizioni concordate tra le parti, il cui contenuto non sembra univoco rispetto a quanto prospettato nel quesito.
Se, infatti, l’alloggio non assegnato è stato realizzato, in tal caso non può verificarsi il caso di un SAL aggiuntivo in quanto i relativi lavori non sono stati eseguiti; se, viceversa, l’alloggio è stato realizzato, in tal caso il valore “aggiuntivo” è ricompreso nel valore d’appalto, senza alcun onere imprevisto per la Cooperativa. In tale ipotesi, tuttavia, le risorse necessarie per la copertura del costo dell’alloggio non assegnato devono essere recuperate presso i soci esistenti.
Questi ultimi, per il buon andamento del programma costruttivo, devono procedere alle anticipazioni, che verranno loro rimborsate al momento in cui l’alloggio sarà assegnato al nuovo socio. Va precisato che il valore dell’alloggio resta nella disponibilità della Cooperativa sino all’assegnazione, sicché i soci che eseguono l’anticipazione sono garantiti dal valore medesimo esposto in bilancio.

Quesito del 23/12/2017

Sono socio di una cooperativa libera (nessun finanziamento regionale) la mia domanda è se è possibile da subito destinare l’alloggio a studio professionale medico e se in qualche modo si può proibire la variazione di destinazione d’uso nel futuro.

Risposta al quesito:
Si deve presumere che l’immobile di cui trattasi venga assegnato con atto pubblico come alloggio ad uso abitativo.
Per la modifica dell’originaria destinazione d’uso occorre verificare il regolamento urbanistico comunale, ma, con una apposita istanza non dovrebbero esserci ostacoli al relativo accoglimento.
Ciò che occorre, però, controllare se la Cooperativa ha stipulato una Convenzione con il Comune, in base alla quale gli alloggi realizzati devono avere esclusivamente la destinazione abitativa.

Quesito del 18/12/2017

Gentilissimo avvocato, grazie della chiarezza della sua risposta del 15.12.2017.
Per avere conferma di aver compreso, Le domando: dunque, a seguito del rogito, non posso in alcun modo concordare con la Cooperativa l’annullamento del rogito (o altre formule per recedere dalla proprietà e dalla cooperativa) in ragione della mia incapacità di far fronte all’aumento del prezzo (avvenuto dopo il rogito)?
L’alternativa sarà il pignoramento e la successiva messa all’asta del “mio” immobile?

Risposta al quesito:
Gli “accordi” intervengono con la volontà di entrambe le parti e, pertanto, sono sempre possibili. E’, tuttavia, presumibile che la Cooperativa non abbia alcun interesse alla retrocessione dell’atto, a meno che le venga prospettato un “utile” (facilmente immaginabile con un abbattimento consistente del prezzo e sempre che abbia il socio subentrante a cui cedere l’immobile).