Quesito del 03/06/2020

Egregio avvocato, volevo chiedere un Suo parere in materia di cooperative edilizie di cui Lei è specializzato.
Cercando di essere molto breve… sono socio di coop avendo acquistato alloggio 150.000 più iva al 4% almeno fin quando è stato pattuito il prezzo con il presidente. Ora a distanza di 4 anni e pure in ritardo fine lavori di 8 mesi mi chiedono 10.000 euro di interessi di preammortamento, comunque già pagati da noi soci visto le ricevute di cui ho preso visione. Allorché mi sono ribellato e loro che prima erano amici mi hanno detto che è colpa mia che non ho letto bene il compromesso… non so cosa fare e se li posso attaccare visto il ritardo fine lavori.
Ora l’accollo mutuo diventa 115.000 invece di 105.000 visto le 45.000 che ho già versato… io ora invece di farmi l’accollo vorrei farmi il mutuo per i fatti miei cosi gli verso solo 105.000.
Possono non farmi l’atto dell alloggio perdendo i 450.000 già versati?

Risposta al quesito:
Il socio instaura con la Cooperativa un contratto avente ad oggetto l’assegnazione dell’alloggio a fronte del pagamento del prezzo.
Diversamente da quanto accade nei contratti stipulati direttamente con le imprese, il rapporto con la Cooperativa si compone di più fasi, spesso in continua evoluzione anche in riferimento ai termini convenuti.
Basti ad esempio considerare i deliberati sociali che, a fronte di eventi sopraggiunti, sanciscono l’obbligo dei soci di eseguire ulteriori versamenti.
Se i deliberati non vengono opposti nei termini, in tal caso divengono un nuovo obbligo per il socio.
Ciò posto, nel caso di specie, occorre esaminare preventivamene tutta la documentazione e la corrispondenza intercorsa, per avere l’esatta conoscenza della situazione e dei diritti e degli obblighi delle parti.
Se la Cooperativa chiede il prezzo e il socio non lo versa, in tal caso l’alloggio non viene trasferito.
Ma occorre verificare se il comportamento della Cooperativa è legittimo o meno.
Il ritardo nella esecuzione dei lavori può essere un elemento a favore del socio, ma occorre verificare se esistono deliberati o comunicazioni, da cui si può evincere un implicita accettazione da parte del socio.

Quesito dell’01/06/2020

Lo scorso anno sono diventata socia di una cooperativa edilizia, a detta loro unica nel suo genere in Italia, e mi è stato assegnato un alloggio in locazione, ove tra l’altro ho effettuato lavori di ristrutturazione in quanto trattasi di case datate prive di qualsiasi impiantistica a norma. Il tutto è avvenuto in concomitanza al decesso di mio padre.
Ora la cooperativa mi ha fatto pervenire comunicazione di aver deliberato la decadenza dell’assegnazione dell’alloggio, con rilascio dello stesso entro sei mesi, in quanto è venuto a mancare il requisito di proprietà essendo io in via ereditaria proprietaria pro quota della casa dei miei genitori, dove per altro continua ad abitare il coniuge superstite.
L’atto di assegnazione cita: “di non essere proprietaria di fabbricato iscritto al catasto urbano”.
Ho intenzione di impugnare la delibera di decadenza. Ho qualche possibilità di non perdere l’assegnazione?

Risposta al quesito:
Il problema dei requisiti soggettivi non dovrebbe rilevare nel caso di specie, in quanto sembra che il socio sia proprietario di una quota della casa ereditata, sicché tale circostanza non impedisce il diritto alla locazione dell’alloggio in Cooperativa, anche se può presumersi il patto di futura cessione.
La disciplina di cui sopra è quella delle Cooperative che realizzano con il contributo pubblico ovvero su terreni in aree di edilizia popolare (PEEP).
Se, viceversa, esiste una norma statutaria (improbabile) che vieta al socio anche la quota di proprietà, in tal caso occorre bene interpretare tale disposizione.
Per verificare la sostenibilità di una eventuale opposizione al deliberato occorre il preventivo approfondito esame di tutta la documentazione attinente il rapporto sociale e mutualistico, ivi compreso il deliberato che ha statuito la decadenza.

Quesito del 30/05/2020

Gent.mo avv.to la cooperativa di cui faccio parte ha come proprio programma edilizio la realizzazione di 8 alloggi. I soci al momento iscritti risultano 9. Gli alloggi sono assegnati con verbale di assegnazione definitivo e il mutuo è stato frazionato. Manca solo l’atto notarile. Il nono socio non assegnatario ricopre la carica di presidente della cooperativa.
In considerazione del fatto che la cooperativa ha terminato il suo programma edilizio il socio assegnatario può essere cancellato dalla cooperativa anche contro la volontà della maggioranza.
Il socio non assegnatario ha diritto di voto in assemblea?

Risposta al quesito:
Il rapporto sociale si basa sul contratto di società che ha inizio con l’atto costitutivo e con l’accettazione dello Statuto.
Nel caso di specie occorre verificare se lo Statuto della Cooperativa prevede che i soci devono essere in numero pari agli alloggi da assegnare.
In assenza di una specifica previsione, è possibile che esistano soci in misura superiore agli alloggi, anche perché potrebbero subentrare a soci rinunciatari.
I soci, comunque, devono contribuire alle spese generali e hanno diritto di voto in assemblea.
Se gli alloggi sono stati tutti assegnati e la Cooperativa non ha deliberato lo svolgimento di un nuovo programma costruttivo, in tal caso il contratto sociale dei soci in esubero risulterebbe privo di causa e, quindi, dovrebbe essere estinto.
In concreto il caso prospettato non sembra avere alcun fondamento pratico, in quanto il socio in esubero sarebbe obbligato a versare le quote di spese generali senza alcun ritorno produttivo e non risulta comprensibile la ragione per cui, esistendo una maggioranza, essa non possa determinare le regole, prima di tutte quella della revoca del mandato al presidente (in esubero) e della nomina di un liquidatore che curi gli adempimenti per l’estinzione della Società.

Quesito del 29/05/2020

Gentile Avvocato, illustro brevemente la situazione sulla quale vorrei porgesse la Sua attenzione.
Il 10 Febbraio 2016 ho stipulato un atto di compravendita, acquistando per la cifra di 200.000 un appartamento a Catania, facente parte di un cosiddetto “residence di cooperativa”, e acquistando solamente la “proprietà superficiaria” dell’immobile in questione costruito anni addietro in regime di edilizia convenzionata. Non sto qui a spiegare le sgradevoli circostanze che mi hanno portato ad un gesto così sconsiderato, ma sta di fatto che ignoravo completamente la tematica del vincolo sul prezzo massimo di cessione degli immobili in “edilizia convenzionata”. Il mio desiderio è quello di vendere l’appartamento, ed aldilà del crollo del mercato, quell’acquisto così oneroso a fronte anche dell’appartamento e del contesto di edilizia convenzionata, mi genererà un danno economico immane.
Documentandomi autonomamente mi sono reso conto che la normativa in questione è parecchio contraddittoria, in quanto la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite orienta l’ordinamento nella direzione di un plausibile rimborso della differenza tra il prezzo massimo imposto dalla convenzione e quello effettivo di vendita (ipotesi che vorrei in ogni modo perseguire), ma la Legge 17 Dicembre 2018 n. 136, invece permette al venditore in questione di svincolarsi dall’obbligo di rimborso, dando ad egli la possibilità di versare al Comune le dovute somme per lo “svincolo” dell’immobile dalla sola proprietà superficiaria, che nel caso specifico si tratta di circa 11.000 Euro.
Risulta ovvia la mia volontà di richiedere al venditore il rimborso della differenza tra il prezzo di cessione e quello massimo imposto dalla Convenzione, ma temo che potrò solamente “obbligare” il venditore a rimuovere a spese sue il vincolo sul prezzo massimo di cessione.
Per avere un quadro completo della situazione, prima di rivolgersi ad un professionista come Lei per capire la migliore direzione in cui muovermi, ho fatto richiesta al mio Comune riguardo la formale attestazione del prezzo massimo di cessione, quantificato in 122.000 Euro circa. Chiaramente sono in possesso di tutta la documentazione in oggetto.
È chiaro che in questa sede desidero soltanto sapere più o meno la sua opinione professionale sull’accaduto, e quali possono essere le azioni da intraprendere.

Risposta al quesito:
Nel caso di specie, l’immobile acquistato dal socio è soggetto al vincolo del prezzo imposto dalla Convenzione a suo tempo stipulata dalla Cooperativa ai sensi della L. 865/71.
In ragione di quanto precede il prezzo versato è superiore a quello vincolato, ciò anche tenendo conto degli aggiornamenti nelle more intercorsi.
In forza del predetto vincolo di natura pubblicistica, l’atto di compravendita è nullo nella parte in cui viene illegittimamente superato il prezzo imposto, sicché i venditori sono obbligati a restituire la differenza .
A seguito della recente disciplina in materia, però, i venditori possono liberarsi dalla predetta obbligazione, provvedendo a loro cura e spese alla rimozione del vincolo da parte del Comune concedente l’area PEEP.
Occorre, quindi, mettere in mora la parte venditrice, nonché il notaio rogante, richiedendo il rimborso di circa € 80.000,00 ovvero l’intervento diretto per la rimozione del vincolo.
In mancanza di riscontro positivo, si dovrà procedere in sede giudiziale.

Quesito del 29/05/2020

Sono subentrata come socia di una cooperativa edilizia nel maggio del 2011, oggi mi viene richiesto il pagamento di Interessi Passivi e Perdite d’esercizio relativamente agli anni antecedenti il mio subentro.
Come dovrei comportarmi? In effetti tale pagamento è da me dovuto o va richiesto al socio precedente?

Risposta al quesito:
Per quanto riguarda gli interessi passivi, presupponendo che si tratti di interessi di preammortamento, essi devono ritenersi connessi alla realizzazione dell’immobile, sicché, se ancora scoperti, devono essere versati dal socio effettivamente assegnatario, in quanto beneficiario della prestazione.
Al contrario le perdite d’esercizio, in quanto inerenti al rapporto sociale, devono essere sostenute dal socio presente nell’esercizio in cui si sono verificate.
Se il recupero della quota perdite risulta oggettivamente impossibile, in tal caso esse devono essere ripartite tra tutti i soci.

Quesito del 26/05/2020

Sono socio di una cooperativa edilizia che ha costruito un palazzo dando in godimento (tramite contratto locazione) ad ognuno dei soci un appartamento per il quale io ho sempre pagato regolarmente importo mensile dando altresì una cifra in acconto elevata per abbassare importo mensile da pagare negli anni futuri.
Nel frattempo la cooperativa è andata in crisi finanziaria ed è stata messa in liquidazione coatta amministrativa.
Facendo il calcolo di tutti gli importi versati compreso acconto risulterebbero pagate le quote di affitto da contratto fino a tutto il 2021, è giusto che il liquidazione mi richieda il pagamento della cifra?
Tra altro nel frattempo il contratto è scaduto e non ne ha voluto stipulare un altro…

Risposta al quesito:
Occorre verificare preventivamente se quanto versato in eccedenza sia contrattualmente accettato dalle parti come imputazione anticipata del canone. In caso affermativo il socio può far valere la sua prestazione già eseguita.
Se la Cooperativa è in liquidazione coatta, il Commissario liquidatore si può sciogliere dal contratto ai sensi dell’art. 72 della L.F., senza confermare quello esistente, ma non può anticiparne la scadenza contrattuale.
Nel caso di specie il contratto dovrebbe scadere fino a tutto il 2021, se viene confermato il pagamento anticipato, che incide sulla durata.