Quesito del 10/04/2021

Nel 2016 entravo socio in coop. prenotando un appartamento su 2 livelli di 57 mq + 5 mq. sup. utile mansarda, terrazza/lastrico di 50 mq. e garage di 18 mq al prezzo di 165.000 + spese. Consegnato alla coop. 105.000 nel 2016.
Per ritardi dovuti a: fallimento ditta edile, abbandono direzione lavori progettista con tanto di sequestri cautelativi di particelle appartamenti prenotati da noi soci, ulteriori sequestri da vari soggetti.
Il tutto tenuto nascosto a noi soci fino all’ultimo senza possibilità di intervento sul Decreto esecutivo, poi pagati da noi soci ai vari soggetti “sempre ricattati” con lo spauracchio che “altrimenti non andiamo ai rogiti”, ritardi pagamento SAL da parte banche, impiego operai su lotto parallelo al nostro e da noi pagati, della stessa Cooperativa di altri 22 unità (quindi a noi legati ed oggi rogitati senza abitabilità), quindi nuovi ritardi nella consegna. La consegna è stata eseguita nel fine 2018 (con cantiere abbandonato: senza impianti riscaldamento, senza ascensori, rifiuti di ogni genere, è intervenuta ARPAT, con tanto di verbali e denuncia al CdA. Prefinanziamenti presi in aiuto Coop (perchè altrimenti si fermava di nuovo tutto che sarebbero dovuti rientrare in 4 mesi 6 mesi massimo), presi soltanto da 5 soci, sottoscritto però da tutti. Tutto e molto altro denunciato alle varie Autorità.
Per finire a fine 2019 (dopo accordi scritti di fine lavori e prezzi) il Cda dava incarico per la ristrutturazione del debito, a professionista di sua fiducia (già consulente del nostro commercialista!). Soci in pieno accordo? (tranne me e mio figlio, che non abbiamo nè sottoscritto l’incarico nè tantomeno una nuova richiesta di 23.000 ciascuno per presunti interessi su invenduto avanzata guarda caso dalla Banca, in parti uguali indipendentemente dalla superficie e valore unità prenotate, inglobata nel costo finale dai conti fatti a suo modo dal Cda nel giugno 2020, quando il professionista aveva detto che: detta ristrutturazione doveva inderogabilmente partire da fine 2019 lasciando alle spalle tutto il resto.
In parole povere a me viene richiesto 245.000 (oltre le mie spese di 22 mesi affitto, traslochi, interessi su PRF pagati a 530 euro mensili dal 2018). Quindi circa 145.000 euro di mutuo a 68 anni con 1700 euro mensili di pensione?
La domanda è questa: non potendo pagare una cifra così elevata, non avendo altri mezzi e la Banca stessa non può erogarmi una cifra così, non firmando, cosa succederà?

Risposta al quesito:
Da quanto esposto nel quesito deve supporsi che la Cooperativa versi in stato di pre-insolvenza, non essendo in grado di affrontare l’entità delle passività iscritte in bilancio.
In ragione di quanto precede, infatti, il CdA ha richiesto al Tribunale Fallimentare di procedere con l’accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 183-bis del R.D. n. 267/42.
Si tratta di una Procedura concorsuale per cui il Tribunale può omologare l’accordo raggiunto dalla Società debitrice con la maggioranza dei creditori, volto a determinare la riduzione dei debiti da soddisfare e i tempi dei pagamenti rateizzati.
Nel caso di mancato accordo ovvero di opposizioni fondate di uno o più creditori, il Tribunale pronuncia il fallimento della Società.
In tale situazione il socio prenotatario dell’alloggio si trova in una duplice posizione:
per un verso è contraente nel contratto pendente di assegnazione, sicché la sua prestazione di pagamento è predefinita nel programma della ristrutturazione sottoposto al vaglio del Tribunale (in tal caso se ha interesse deve pagare l’importo previsto nel “programa”;
per altro verso è creditore delle anticipazioni in conto costruzione, qualora receda dal contratto; in tale ultimo caso, il socio creditore può accettare l’entità del rimborso prevista nella “ristrutturazione” (normalmente il 40% del dovuto) ovvero opporsi rilevando le manchevolezze del Piano di ristrutturazione.
Se il Tribunale rigetta l’opposizione e omologa il Piano, il socio non ha alternative valide e deve accontentarsi del rimborso ridotto.
Nel caso inverso, il Tribunale dichiara il fallimento della Cooperativa e, in tale ipotesi, si applica l’art. 72 della Legge Fallimentare, secondo cui il Curatore si scioglie dal contratto acquisendo la disponibilità dell’immobile e, al contempo, ammette il socio anticipatario al Passivo, per l’intero credito maturato.
In tale ultimo caso il socio viene ammesso al chirografo, sicché partecipa alla distribuzione del ricavato (dopo le operazioni di liquidità del patrimonio, normalmente di lunga durata) in misura proporzionale a tutta la massa creditoria chirografaria e al “ricavato attivo”, reso (eventualmente) disponibile dopo il pieno soddisfacimento dei crediti privilegiati (ad esempio i crediti ipotecari degli Istituti Bancari, che, molto spesso, assorbono l’intero Attivo, senza lasciare alcuno spazio ai crediti chirografari).
In questi casi, il socio prenotatario non ha molti spazi difensivi, in quanto non rilevano le pregresse traversie sociali, che possono eventualmente farsi valere nei confronti degli amministratori inadempienti, soprattutto se, a seguito del fallimento della Cooperativa, interviene la Procura contestando il reato di bancarotta (come spesso accade).
Le nefandezze gestionali o i “torti” subiti, dunque, non possono farsi valere nei confronti del Fallimento o della Liquidazione Coatta Amministrativa, che devono considerarsi Procedure concorsuali terze rispetto alle parti (nella specie soci e Cooperativa).
Il socio prenotatario può trarre vantaggio se prima della declaratoria di fallimento ha dato corso ad azione civile contro la Cooperativa ancora in bonis, trascrivendo la domanda giudiziale nei Registri Immobiliari, posto che, in tal caso, il Curatore non può sciogliersi dal contratto e deve applicare il prezzo originario del preliminare (fatta salva l’ipotesi di deliberati assembleari che ne abbiano aumentato l’entità).
Nel caso di specie, il socio potrebbe dare corso ad una azione con trascrizione della domanda e al contempo opporsi alla Ristrutturazione dei debiti, ciò al fine di tentare una successiva trattativa con il Curatore (agevolata dalla pendenza della lite e dalla trascrizione della domanda), al fine di acquistare l’immobile versando il saldo prezzo legittimo, con lieve maggiorazione rispetto al prezzo originario.
E’ comunque necessario l’adeguato approfondimento della situazione riguardante la Procedura di Ristrutturazione e le condizioni per procedere con l’azione giudiziaria di cui sopra.

Quesito dell’08/04/2021

Egregio Avvocato, vorrei un parere da un esperto in materia. Sto acquistando una villetta da un privato, che a sua volta ha acquistato essendo socio della Cooperativa che ha costruito in zona PEEP, i villini.
Da premettere che dall’atto stipulato dal venditore nel 2016, si evince diritto di proprietà e non superfice. Visto che tra pochi giorni avrò l’atto di vendita dal notaio, a seguito di richiesta mutuo risultata positiva, mi sono sorti alcuni dubbi: sono venuto a conoscenza che la cooperativa, non ha saldato completamente il debito con il Comune, infatti ho trovato sul web alcune cause intentate tra Comune e Cooperativa per richiesta denaro non ricevuto completamente. Parliamo di circa 700-800 mila euro.
Mi chiedevo, ma qualora io diventassi proprietario della villetta, acquistata da privato, se tra qualche anno il Comune richiederà un risarcimento o qualche forma pagamento, potrei essere chiamato anche io in causa e costretto a risarcire, anche non avendo niente a che fare con la Cooperativa?
Oppure posso stare tranquillo perché ho stipulato l’atto un seguito a tutti i problemi nati tra Comune e Cooperativa?

Risposta al quesito:
E’ improbabile che la cessione dell’area sia avvenuta in proprietà e non mediante concessione del diritto di superficie.
Occorre, in ogni caso, verificare bene l’atto di assegnazione in ordine alla eventuale presenza di riserve in ordine a giudizi pendenti o costi futuri, in quanto potrebbero collegarsi con la menzione della Convenzione ex art35 della L. 865/71 e, quindi, diventare un accollo che si trasmette all’acquirente subentrante.
Ciò posto, se l’area è stata assegnata alla Cooperativa in diritto di superficie (come dovrebbe essere), l’obbligazione degli oneri espropriativi (cioè il canone) grava sull’immobile e, pertanto, il Comune può emettere ingiunzione amministrativa direttamente nei confronti del proprietario subentrante.
Nel caso della cessione in diritto di proprietà non sussistono obblighi del subentrante se l’atto di Convenzione non prevede specifiche riserve in ordine alla quietanza di liberazione.

Quesito del 06/04/2021

Ho fatto una proposta di acquisto per un immobile ancora in cooperativa condizionandolo allo scioglimento della cooperativa stessa entro una data. Ho saputo dalla banca che per colpa del mancato scioglimento della cooperativa mi verrà erogato un mutuo ad un taso superiore, volevo sapere se ci sono gli estremi per un risarcimento danni.

Risposta al quesito:
Dalla formulazione del quesito non è comprensibile il significato attribuito al termine “scioglimento”, se cioè si intende l’estinzione della Società ovvero la cessazione del rapporto sociale con l’acquirente dell’alloggio.
Il “tasso superiore” potrebbe essere spiegabile nel caso in cui la Cooperativa non avesse frazionato il mutuo e, pertanto, l’acquirente fosse conseguentemente obbligato a versare gli interessi di preammortamento più elevati di quelli di ammortamento.
Se così fosse, occorre esaminare il testo del contratto preliminare, nonché verificare le cause del mancato frazionamento e, all’esito, potrebbero risultare validi elementi per le richieste risarcitorie a fronte del ritardo “colpevole”.

Quesito del 03/04/2021

Siamo soci assegnatari di alloggi in cooperativa indivisa. Vorremmo ottenere la proprietà individuale degli alloggi. La Regione per la restituzione della somma al tempo prestata ha messo come vincolo il 31 anno con restituzione in 15 annualità! (E’ d’obbligo?).
Possiamo oggi chiedere al CDA della cooperativa di formulare per ogni inquilino “un patto di futura vendita”, in modo da essere certi che nel 2027, data del 31anno, saremo sicuri di poterci svincolare da Coop e Regione? Possiamo liquidare in un’unica soluzione o la dicitura 15 annualità ci costringe a restare ancora vincolati alla Regione?

Risposta al quesito:
Si deve presumere che la Regione abbia dilazionato la somma dovuta su richiesta della Cooperativa e, comunque, con mero intento agevolativo, sicché la medesima Società può richiedere il versamento in unica soluzione (se deliberato dall’assemblea).
Nell’ipotesi di versamento in unica soluzione, cadrebbe contestualmente il vincolo dei 15 anni, ma resterebbe quello di inalienabilità dei cinque anni dall’atto pubblico di assegnazione.
Il vincolo nei confronti della Cooperativa sussiste fintanto che non venga messa in liquidazione e non siano eseguiti tutti gli adempimenti sino all’estinzione, previa assenza di rapporti pendenti di qualunque natura.

Quesito del 31/03/2021

Può una cooperativa edilizia, dovendo costruire con edilizia agevolata sovvenzionata dalla Regione, dare un incarico ad una agenzia immobiliare per la ricerca di soci e riconoscere la provvigione?

Risposta al quesito:
Le Cooperative edilizie sono società a capitale variabile, sicché possono assumere nuovi soci nel corso della vita sociale.
Non esiste una preclusione sulla modalità di assunzione del socio, sicché può ritenersi legittima qualunque attività svolta per supportare il programma costruttivo, purché sia priva di finalità speculative e i soci siano in possesso dei requisiti di legge.
L’Agenzia intermediaria, tuttavia, non può pretendere la provvigione in proporzione al “valore” dell’immobile, ciò in ragione di tutti i vincoli che gravano sullo stesso, che lo rendono diverso dagli immobili ricompresi nel normale mercato immobiliare.

Quesito del 29/03/2021

Nel momento del rogito in una cooperativa edilizia con atto notarile, sé è applicabile come imposta l’iva o imposta registro?

Risposta al quesito:
L’assegnazione dell’alloggio da parte della Cooperativa edilizia in favore del socio configura una cessione di immobile ad uso abitativo nei confronti di un privato, da parte di un’impresa nell’esercizio della propria attività, e rappresenta, pertanto, un’operazione rilevante ai fini iva.
Tuttavia, il relativo regime di imposizione fiscale (ed in particolare l’alternativa tra l’applicazione dell’iva o dell’imposta di registro) varia in base a determinati presupposti.
Nello specifico, gli atti di vendita costituiscono operazioni imponibili ai fini iva se la venditrice ha costruito l’immobile o lo ha ristrutturato e non sono ancora decorsi cinque anni dall’ultimazione dei lavori, mentre successivamente il regime iva non è più obbligatorio bensì opzionale. La vendita è imponibile anche se ha ad oggetto un alloggio sociale e la venditrice opta per l’applicazione dell’iva.
In tali ipotesi, sul prezzo dell’immobile dovrà essere applicata l’iva nella misura ordinaria del 10% (ridotta al 4% qualora si tratti di prima casa) e, inoltre, saranno dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di Euro 200,00 ciascuna.
Negli altri casi (impresa non costruttrice né ristrutturatrice o, comunque, vendita ultraquinquennale senza opzione iva o, ancora, alloggio sociale senza opzione) l’operazione sarà esente ai fini iva e sconterà l’imposta di registro con aliquota ordinaria del 9% (ridotta al 2% per gli immobili da adibire a prima casa), il cui importo non potrà in ogni caso essere inferiore a 1000,00 Euro. Saranno dovute, inoltre, le imposte ipotecaria e catastale, in misura fissa pari ad Euro 50,00 ciascuna.