Sono socia assegnataria di un alloggio di Cooperativa Edificatrice in proprietà indivisa a Milano, di cui in passato sono anche stata presidente del CdA. La cooperativa possiede un unico stabile costruito nel 1910 e trattasi di una tipica casa di ringhiera concepita per e abitata da persone di reddito basso e medio.
Secondo lo Statuto della Cooperativa “il Consiglio di Amministrazione provvede, in conformità alla legge e allo Statuto, alla gestione della Cooperativa, di cui ha l’esclusiva competenza e responsabilità, per il miglior conseguimento dello scopo mutualistico e dell’oggetto sociale, compiendo tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che non siano espressamente demandati all’Assemblea dalla legge o dallo Statuto”.
Il Regolamento interno della Cooperativa, sul tema delle spese per manutenzione ordinaria e straordinaria, prevede che: “Il Consiglio di Amministrazione, in caso di necessità, elabora con la collaborazione di Tecnici competenti, specifici piani di manutenzione straordinaria degli immobili che dovranno essere presentati ai soci Assegnatari in occasione di specifiche riunioni convocate dal CdA, per essere approvati con la maggioranza semplice dei presenti alla riunione stessa“.
Ora il CdA attualmente in carica ha deciso di propria iniziativa di procedere ad ingenti ed onerosi lavori di straordinaria manutenzione, comprendenti anche qualche innovazione, che ha presentato ai soci Assegnatari in una riunione informale e puramente informativa, non deliberativa.
Il corpo sociale è costituito da ca. 400 soci, di cui 102 sono assegnatari di alloggio e una sessantina prenotatari di alloggi in disponibilità futura.
L’ammontare dei lavori sfiora il milione di euro e per la copertura il CdA intende accendere un mutuo ventennale di ca. 800.000 euro. Va precisato che lo stabile è già gravato da un mutuo ipotecario che andrà ad estinguersi entro un paio d’anni, a suo tempo contratto per un piano di ampliamento dello stabile che ha portato alla costruzione di mansarde.
Per la copertura dei costi dei nuovi lavori che interessano esclusivamente le parti comuni dell’edificio e di cui uno solo (il rifacimento integrale dell’impianto elettrico) è unanimemente riconosciuto come necessario e improrogabile, il CdA intende rivalersi sui soci Assegnatari addebitando interamente ad essi l’onere, ripartito su base millesimale e con un piano di rientro ventennale.
Tale modalità risulterebbe molto onerosa per gli assegnatari la cui bolletta trimestrale comporta attualmente un canone di godimento basso e sicuramente inferiore ai livelli di mercato ma con una incidenza delle spese di valore quasi doppio. L’ulteriore addebito di spese comporterebbe un aumento di almeno il 50% della voce “spese generali“.
Tale modalità è inoltre in contrasto con la prassi consolidatasi nel tempo per la quale la Società ha sempre compartecipato alle spese di manutenzioni straordinarie nella misura del 30 o 50% in funzione della tipologia e dell’onerosità dei lavori mentre la restante parte dei costi veniva recuperata dall’addebito ai soci assegnatari.
Un folto gruppo di assegnatari intende opporsi alla decisione del CdA così come è stata presentata e chiede:
1) E’ nei poteri del CdA imporre agli assegnatari un tale faraonico piano di interventi di manutenzione straordinaria (con anche qualche innovazione) in assenza di un voto favorevole (a maggioranza semplice) dei soci Assegnatari, come previsto dal Regolamento interno?
2) Se no, la questione è eventualmente da porre al voto di tutta la platea dei soci oppure soltanto a quella dei soci assegnatari che sono gli unici su cui ricade l’onere di sostenere i costi?
Cioè chi ha potere deliberante nei casi specifici di decisioni che riguardano i soli assegnatari?
3) E’ corretto e legalmente sostenibile ripartire su base millesimale i costi di lavori che interessano esclusivamente le parti comuni ed esterne (come il cortile, i ballatoi, le scale, la facciata interna etc) e non interessano minimamente i singoli appartamenti?Trattandosi di proprietà indivisa, sembra non equo e non rispettoso del principio di eguaglianza dei soci il maggiore aggravio che ricadrebbe su chi abita appartamenti più ampi (trilocali vs. bilocali) che peraltro costituiscono solo il 15% degli alloggi presenti nello stabile. Gli appartamenti più grandi non traggono alcun beneficio o vantaggio specifico dai lavori previsti.
4) Qualora il CdA si rifiutasse di porre in discussione il piano per ridimensionarlo secondo le reali necessità al fine di ridurre l’importo dei lavori e non volesse rivedere il criterio millesimale per l’attribuzione dei costi , quali strumenti e procedure statutari e legali possono essere utilizzati dai soci assegnatari dissenzienti rispetto al piano imposto dal CdA
a) per far valere le proprie richieste di revisione e ridefinizione?
b) per eventualmente sfiduciare il CdA?
Un ulteriore quesito: da circa un anno il CdA ha deciso la copertura del servizio di guardiania anche al pomeriggio, sempre su propria iniziativa e senza un parere espresso a maggioranza dagli assegnatari, assumendo come dipendente una persona e ripartendo i costi di tale prestazione su base millesimale.
Trattasi di spesa non necessaria e che costituisce innovazione, pertanto non è scorretta sia la decisione attuata che la ripartizione su base millesimale, data la natura del servizio (che è rivolto alle persone e sul quale la dimensione degli alloggi non ha alcuna rilevanza)?
Risposta al quesito:
Se i dati forniti sono corretti si può ritenere che:
- Il CdA non può disporre spese di manutenzione che siano di competenza dell’Assemblea, secondo quanto previsto dal Regolamento, il cui contenuto ha natura contrattuale;
- La delibera deve essere assunta in base al voto limitato esclusivamente ai soci interessati e, soprattutto, onerati della relativa spesa;
- Le spese relative alla manutenzione delle parti comuni vanno ripartite in base al valore millesimale degli alloggi beneficiari;
- L’attività illegittima del CdA può essere inibita in forza di un’azione giudiziaria, anche di tipo cautelare; l’azione può essere proposta anche per la convocazione coattiva di un’assemblea dei soci con all’odg la revoca del mandato agli amministratori;
- Anche per la guardiania si può dare corso alle azioni che precedono.