Quesito del 13/09/2017

Egregio avvocato, una cooperativa edilizia a proprietà divisa all’atto dell’assegnazione definitiva ha richiesto ai soci il rimborso dell’IMU, pagata per conto degli stessi e non portati a conoscenza, con la più onerosa aliquota prevista per gli “altri fabbricati” e non come prima casa, considerato che:
– trattasi di alloggio con contributo statale destinato a prima casa;
– dall’assegnazione provvisoria mediante verbale del c.d.a. era stato già fatto il frazionamento delle unità immobiliari, con consegna delle chiavi, presa di possesso dell’alloggio e fatte le variazioni anagrafiche;
– la normativa ICI-IMU prevede il possesso, anche senza atto notarile, per definire “soggetti di imposta” gli assegnatari e poter usufruire quindi delle agevolazioni in materia per la prima casa, pur prevedendo la convenzione con il Comune (mai notificata ai soci e mai applicata) un regime di affitto con patto di futura vendita;
– gli importi dell’IMU vengono fatturati ai soci con applicazione dell’iva.
E’ corretto il comportamento della Cooperativa? E’ possibile che in una cooperativa a proprietà divisa ove i soci partecipano direttamente alla costruzione dell’alloggio e quindi al rischio d’impresa possano affittare a loro stessi l’alloggio?

Risposta al quesito:
In via generale, qualora l’immobile sia concesso in locazione con patto di futura vendita, l’IMU sarà dovuta esclusivamente dal proprietario. In tale ipotesi, infatti, il locatario non ha il possesso dell’alloggio, ma la mera detenzione fino al momento dell’atto pubblico di trasferimento in cui diventerà soggetto passivo IMU relativamente all’alloggio medesimo.
Pertanto, nel caso di specie l’imposta in oggetto andrebbe pagata dalla Cooperativa durante il periodo di locazione e poi riaddebitata ad ognuno dei soci proporzionalmente all’immobile detenuto.
Quanto al regime iva applicabile in sede di riaddebito, come più volte chiarito dall’Amministrazione finanziaria lo stesso segue quello dell’operazione principale, che in questo caso è rappresentata dall’obbligazione tributaria esente da iva.
Ne consegue che gli importi versati dai soci alla Cooperativa titolo di rimborso dell’IMU sugli alloggi assegnati in locazione con patto di futura vendita non sconteranno in ogni caso l’iva.
Premesso ciò, pur in assenza di espresso riferimento normativo, può sostenersi che, trattandosi di Cooperativa a proprietà divisa, l’IMU non sia dovuta sull’immobile concesso in locazione con patto di futura vendita (necessariamente adibito dal socio a prima casa, secondo la normativa sull’edilizia a contributo pubblico).
Ciò in quanto nelle cooperative a proprietà divisa il contratto di locazione di cui trattasi, essendo propedeutico al trasferimento della proprietà in capo al socio, è assimilabile al periodo di assegnazione provvisoria dell’alloggio, durante il quale il socio è ritenuto già possessore dello stesso ed è espressamente esonerato dal versamento dell’imposta ove lo adibisca a sua abitazione principale.

 

Quesito del 12/09/2017

Aiuto, aiuto!
Il fatto: 1) alloggio nuova costruzione da Coop. edilizia in LCA 2) ipoteca fondiaria mai frazionata per morosità, nè cancellata – debito milionario 3) fine lavori depositato più di 5 anni fa, ma agibilità non è ancora concedibile 4) liquidatore è autorizzato dal Ministero ad assegnare ex art. 72 LF 5) sono unica ad avere il preliminare prima casa (immessane in possesso e residente dal 2013) trascritto prima della LCA ed in scadenza triennale al 22.09.2017 6) altri 14 hanno trascritto la domanda 2932 c.c. come seconda casa 7) assegnazione imminente a tutti sotto vigilanza L. 400/1975 8) accatastamento avvenuto 9) saldo mio da versare è di 300.000 Euro…
Paure: 1) la Banca fondiaria minaccia reclami, ricorsi e obiezioni, vuole difendere l’ipoteca 2) altri 12 le offrono un addendum di mezzo milione anche dopo i rogiti conclusi per ottenere la riduzione ipotecaria subito 3) in tre vogliamo versare solo il saldo come da preliminari ed aspettare la fine di tutte le vendite quindi ipoteca da cancellare dal Ministero 4) il Liquidatore dice che saremo aggrediti dalla Banca e ci conviene farle l’offerta…
Allora, l’esecuzione preliminare prima casa obbligatoria non ha carattere di vendita forzata (invece è contrattuale?) e quindi non porta gli effetti purgativi sicuri su ipoteca? Devo andare a resistere alla Banca per anni? Espropriazione mi sorride?
Ma oltretutto il Liquidatore vuole sconfinare il termine di autorizzazione mettendoci in inadempienza, e mandare subito il palazzo intero all’asta senza lottizzare (ipoteca non frazionata…) Posso oppormi utilmente alla vendita del mio subalterno (al TAR?) oppure solo aspettarmi la prelazione sul prezzo d’aggiudicazione?
I Notai sono reticenti a rogitare ma io devo salvare il preliminare che mi scade il 22 settembre. Sto mettendo in mora il Liquidatore per procedere non so se al TAR oppure instaurando la domanda 2932 c.c.. Oppure le mie paure sono infondate e sto comprando con sicurezza di vedermi cancellata l’ipoteca senza impaurirmi della banca (Cassazione febbraio 2017 contro Popolare di Vicenza – la mia creditrice fondiaria, ma ora diventata Intesa SanPaolo – mi consola, ma cassazioni vanno e vengono…)
Mi scusi, ma devo investire tutti i soldi, e l’adrenalina sale.

Risposta al quesito:
Il quesito merita l’adeguato approfondimento mediante l’esame della documentazione.
In generale sembra che si prospettino due soluzioni fattuali: l’una che il Liquidatore proceda all’assegnazione e in tal caso la L. 400 prevede la cancellazione delle ipoteche; l’altra inerisce alla mancata assegnazione da parte del Liquidatore, in tal caso è urgente agire con il 2932 c.c. per ottenere il trasferimento dell’immobile e il risarcimento del danno, ciò in base al preliminare di assegnazione a suo tempo trascritto.
In quest’ultima ipotesi, tuttavia, occorre preventivamente esaminare l’autorizzazione del MISE, al fine di valutare la procedibilità dell’azione.
In ogni caso, va precisato che la Banca è obbligata al frazionamento e, nel caso di avvenuta assegnazione e cancellazione dell’ipoteca, non può vantare alcun diritto nei confronti del socio assegnatario (in conformità alla giurisprudenza della Suprema Corte).
Quanto alla competenza a conoscere la controversia, essa è demandata al Giudice ordinario vertendosi in materia di diritti soggettivi perfetti.

 

Quesito dell’08/09/2017

Sono socia di Cooperativa dal 2013. E’ stata notificata al Presidente cartella esattoriale per debiti della Cooperativa per anni 2011 e 2012. Il presidente afferma che i soci attuali debbano pagare e quelli che si sono cancellati no anche se all’epoca erano iscritti.
Ed io che ancora non c’ero devo pagare?

Risposta al quesito:
Occorre distinguere l’ipotesi del debito fiscale inerente l’attività generale dell’ esercizio, diversificandolo da quello riguardante l’attività costruttiva o gli immobili realizzati.
Ad esempio: nel primo tipo (molto raro) rientrano le imposizioni inerenti all’utile d’esercizio, al personale dipendente, ai diritti camerali e quant’altro riguardi la vita sociale in se stessa, sicché la relativa “perdita” va ripartita sui soci iscritti nel periodo di competenza della tassa e/o imposta; nel secondo tipo sono ricomprese le imposizioni inerenti al rapporto mutualistico, cioè riguardanti gli alloggi sociali da assegnare, il cui prezzo contiene tutti i costi sopportati per la loro realizzazione, ivi compresi i balzelli fiscali di vario genere.
Alla luce di quanto precede per le perdite d’esercizio rispondono i soci presenti al momento della loro determinazione, mentre per i costi di costruzione imputabili a ciascun alloggio, il socio assegnatario ne sopporta il prezzo.

 

 

 

Quesito del 05/09/2017

Da 7 anni sto attendendo autorizzazione dal MISE a rogitare un immobile che abito come socia assegnataria. Ho versato il 65% del valore. Per la quota rimanente dovrò accendere un mutuo.
L’età anagrafica però non mi permetterà di farlo per 20 anni e alzandosi la rata rischio che la banca non me lo conceda, perdendo la possibilità di diventare proprietaria.
Posso chiedere al liquidatore che venga contemplata la possibilità di saldare l’importo rimanente scontando gli anni che non ho potuto pagare, dovuto a cause che non dipendono dalla mia volontà?

Risposta al quesito:
E’ presumibile che la  Cooperativa in bonis abbia a suo tempo stipulato il mutuo con un tale Istituto di credito e, pertanto, sugli appartamenti da assegnare gravi la quota d rimborso e la corrispondente ipoteca.
Previo accordo con il predetto Istituto di credito (certamente disponibile!), al momento del rogito il socio assegnatario può accollarsi una parte del mutuo e estinguere anticipatamente quella restante.
In generale, comunque, non ci sono impedimenti all’estinzione anticipata del mutuo, anche in via parziale. Le Banche consentono tali operazioni a fronte di un ridotto compenso, normalmente convenuto con l’atto di mutuo originario.

Quesito del 02/09/2017

Scrivo perché io e mia moglie abbiamo dato le dimissioni da una cooperativa abitativa a causa del notevole prolungarsi dei tempi di realizzazione (attualmente i lavori sono bloccati) e avendo la necessità di un appartamento più grande rispetto a quello dove viviamo, perché abbiamo appena finalizzato un altrettanto lunghissimo percorso di adozione.
Le dimissioni regolarmente comunicate sono state accettate e dopo qualche mese è subentrato un nuovo socio. Ora, noi abbiamo versato due acconti con IVA al 10%, perché già possediamo un appartamento acquistato come prima casa. Il nuovo socio è subentrato con una quota inferiore e pagando IVA al 4%. Quindi la quota da lui versata non copre la nostra e allo stesso modo gli importi dell’iva sono differenti.
I gestori della cooperativa ci dicono che possono restituire la quota versata, ma, a causa del fatto che è passato più di un anno dall’emissione delle fatture, non è possibile per loro “recuperare l’iva” e quindi il relativo ammontare non ci verrebbe restituito.
A partire dal presupposto che mi sembra evidente non ci sia alcun intento elusivo (chiediamo ci venga restituito quello che abbiamo versato per un bene di cui non possiamo beneficiare), credo il nostro caso rientri nella tipologia di situazione dell’evento che incide sul rapporto contrattuale, come descritto dal DPR 633/72 art. 26 comma 2. Il regolamento della cooperativa prevedeva la possibilità di recesso, le dimissioni sono state regolarmente richieste e accettate, e non é sopravvenuto alcun accordo differente da quanto pattuito.
La somma degli acconti é piuttosto importante e di conseguenza anche la relativa iva. Inoltre, dopo quasi un anno dalle dimissioni, ripeto, regolarmente accettate, non siamo stati liquidati nemmeno della quota di capitale.
Vorrei cortesemente richiedere un Suo parere in merito a questo caso e in particolare all’utilizzo da parte della cooperativa del comma 2 dell’art. 26 del DPR 633/72 sopra menzionato, per chiedere ci venga rimborsata l’intera somma versata comprensiva sia della quota di capitale che dell’iva versata.

Risposta al quesito:
Il quesito proposto prospetta tre ipotesi:
a) l’originario accordo prevede il possibile recesso a causa della perdita dei requisiti soggettivi;
b) il recesso si è verificato a seguito di fatti sopraggiunti, quali le nuove esigenze familiari ovvero il prolungarsi dei lavori realizzativi per motivi   obiettivi, non previsti né prevedibili;
c) il recesso è conseguente alle inadempienze della Cooperativa, ivi comprese quelle inerenti al protrarsi ingiustificato dei lavori;
Nel primo caso la fattura di emissione non subisce l’influsso del tempo e, pertanto, il socio ha diritto all’integrale rimborso.
Nel secondo caso il recesso ha natura negoziale modificativa del precedente contratto sociale e, pertanto, la fattura sconta il regime temporale, sicché il socio non ha diritto al rimborso dell’iva versata in eccedenza.
Nel terzo caso, il recesso è conseguenza dell’inadempimento della Cooperativa, sicché il socio ha diritto al rimborso integrale, non già per la normativa fiscale che rimane immutata, ma per il diritto al risarcimento del danno causato dalla Cooperativa.
In dettaglio la disciplina fiscale può essere riassunta come segue:
Relativamente alle operazioni per cui è stata emessa fattura che, successivamente alla registrazione, siano venute meno in tutto o in parte o di cui si sia ridotto l’imponibile a seguito di “dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, rescissione o risoluzione e simili” verificatisi a seguito di sopravvenuto accordo tra le parti, è possibile, ai sensi dell’art. 26 III comma, del DPR 633/1972, operare le corrispondenti variazioni in diminuzione dell’imposta o dell’imponibile soltanto entro un anno dall’emissione della fattura stessa (ipotesi derogativa alla disciplina generale che non prevede limiti temporali per l’emissione delle note di variazione ai fini iva).
Nel caso prospettato gli importi versati sono stati corrisposti dai soci alla cooperativa a titolo di acconto sull’immobile prenotato (ipotesi assimilabile al pagamento effettuato dal promissario acquirente in sede di contratto preliminare). Successivamente i soci medesimi hanno proposto le proprie dimissioni (rinunciando, quindi, all’acquisto dell’alloggio prenotato) che sono state accettate dalla Cooperativa.
Salvo l’esito di un maggiore approfondimento delle diverse succitate ipotesi, sembra prevalere il caso b sopra prospettato, secondo il quale l’operazione imponibile ai fini iva (consistente nella promessa di cessione dell’alloggio) sarebbe venuta meno a causa del “sopravvenuto accordo delle parti” di cui al succitato art. 26. Accordo rappresentato, nel caso di specie, dall’atto di recesso posto in essere dai soci prenotatari per fatto sopraggiunto, nonché dalla conseguente accettazione da parte della Cooperativa.
In tal caso, le fatture emesse in favore dei soci non potrebbero essere rettificate dalla Cooperativa mediante nota di variazione in diminuzione, essendo ormai decorso il termine tassativo di un anno dall’emissione.
Per quanto riguarda, invece, il rimborso delle anticipazioni inerenti all’imponibile dei costi, va precisato che, trattandosi di credito inerente il rapporto mutualistico esso è liquido ed esigibile con l’accoglimento del recesso. Occorre, però, verificare le disposizioni dello Statuto che possono regolare diversamente il rimborso dei crediti dei soci receduti ed i relativi tempi.
E’ bene che il socio creditore formuli l’adeguata messa in mora della Cooperativa, ciò anche al fine della decorrenza degli interessi.

 

Quesito del 02/09/2017

Sono stato recentemente nominato presidente di una Cooperativa a proprietà indivisa, quest’ultima già da tempo si è dotata di un regolamento interno, in particolare per la gestione delle parti in uso comune dell’edificio, approvato dalla assemblea dei soci è verbalizzato.
Questo regolamento deve essere firmato in ogni pagina dal Presidente e dal Segretario?
Se la risposta è affermativa, quale strada devo percorrere per costringerli a firmare, avendoli più volte sollecitati verbalmente?

Risposta al quesito:
Si deve dedurre che il Regolamento è stato predisposto dal precedente Consiglio di amministrazione e approvato dall’Assemblea regolarmente convocata.
In tal caso, soprattutto se il Regolamento è stato verbalizzato nel libro delle adunanze assembleari, non è necessario che esso venga materialmente firmato dal pregresso presidente e dal segretario.
Se anche il verbale di assemblea non è stato firmato, in tal caso sarebbe opportuno convocare una nuova assemblea per la ratifica del Regolamento, specificando nel verbale che la decorrenza ha inizio dalla prima approvazione.