Quesito del 30/09/2014

Vorrei sapere se taluni soci aderenti a coop. edilizia indivisa, destinata a forze di polizia a contributo pubblico, rispondono del reato di truffa aggravata e illecita percezione di contributi pubblici (316 ter), qualora all’atto dell’iscrizione forniscano dati non veritieri riguardo i requisiti soggettivi del reddito, o comunque destinino gli alloggi in assegnazione a persone terze, quali parenti stretti.

Risposta al quesito:
Nel caso di Cooperative edilizie a contributo pubblico i soci devono attestare il possesso dei requisiti soggettivi mediante atto sostitutivo della dichiarazione di notorietà, con la conseguenza che, in caso di false attestazioni, incorrono nel reato di falso ideologico.
Va precisato la dichiarazione del socio prenotatario non attiene soltanto alla concessione del contributo pubblico, ma anche al diritto di edificare l’alloggio nei piani di zona per l’edilizia agevolata.
Sicché, l’ipotizzato reato di falso sarebbe autonomo rispetto al reato di percezione indebita di contributi pubblici.
Si prospetta, inoltre, anche il reato di cui all’art. 316 ter (indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato), ma in tal caso occorre verificare l’entità del contributo percepito (sugli interessi del mutuo agevolato), posto che, se inferiore a € 3.999,96 verrebbe applicata solamente una sanzione amministrativa.
Nel caso di cessione dell’alloggio a terzi, occorre distinguere se essa sia a titolo oneroso o a titolo gratuito, in quanto solo nel primo caso potrebbe ipotizzarsi il reato di truffa aggravata, stante la presenza dell’ ingiusto profitto conseguito.

Quesito del 30/09/2014

Nell’anno x, la società cooperativa Alfa provvedeva all’acquisto di un suolo edificatorio per la realizzazione di alloggi, aventi specifiche finiture.
Dopo circa sei mesi, la stessa società cooperativa provvedeva ad ampliare il proprio progetto con l’acquisto di altra porzione di un confinante fondo. Questa seconda operazione, tuttavia, veniva conclusa a condizioni negoziali, economiche e finanziarie differenti, che hanno condotto alla realizzazione di alloggi con caratteristiche, in termini di finiture, differenti.
Il quesito è il seguente: può profilarsi un profilo di illegittimità nei confronti dei soci che, secondo l’ordine di assegnazione, riceverebbero un alloggio con caratteristiche differenti da quelli facenti capo all’originario progetto?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative edilizie i programmi costruttivi sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea dei soci, sia in via preventiva che in sede di bilanci d’esercizio.
Nel caso prospettato sembra che vi siano due programmi  costruttivi  con un’unica graduatoria dei soci prenotatari, i quali  potranno scegliere l’alloggio (nell’uno o nell’altro programma costruttivo ) secondo l’ordine della graduatoria medesima.
Non si profila, pertanto, alcuna illegittimità, sempre che i programmi costruttivi siano stati approvati dall’assemblea dei soci.

Quesito del 28/09/2014

Sono socio di una coop. nata a proprietà indivisa e trasformata a proprietà individuale, prossimamente dovremmo fare il rogito, a chi compete la scelta del notaio? Al consiglio di amministrazione oppure ogni socio può decidere da solo?

Risposta al quesito:
L’atto pubblico di trasferimento delle proprietà individuali  degli alloggi sociali può contenere le diverse assegnazioni ai singoli soci e in tal caso può comportare un notevole risparmio rispetto all’ipotesi di atti singoli.
Tralasciando l’aspetto della convenienza economica, non esiste alcun impedimento alla scelta di ciascun socio in ordine al notaio rogante.

Quesito del 26/09/2014

Sono socio di una cooperativa edilizia ed il costruttore mi ha presentato una lista di lavori extra effettuati nel mio alloggio senza che io li abbia mai richiesti.
Io, ovviamente, mi sono rifiutato e lui mi ha minacciato dicendomi che non mi consegnerà mai il certificato di abitabilità, degli impianti elettrico, idrico, di riscaldamento ecc… Potrebbe verificarsi ciò o è comunque obbligato a consegnarmi i suindicati certificati?

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare se i lavori di cui trattasi siano effettivamente non previsti nel capitolato d’appalto stipulato dalla Cooperativa assegnataria con l’appaltatore.
Se si tratta di “migliorie” degli impianti (elettrico, idrico, riscaldamento…), occorre verificare quale sia il costo originario nel capitolato d’appalto e quale sia il valore di mercato con le modifiche apportate; accertata l’esecuzione delle “migliorie”, all’appaltatore sarebbe dovuta solamente la differenza tra l’originario prezzo e  quello maggiorato a seguito delle modifiche.
In ordine al “mancato consenso”, occorre verificare se esso sia avvenuto attraverso un deliberato assembleare ovvero in via di fatto a seguito dei controlli eseguiti dal socio assegnatario durante l’esecuzione dei lavori.
In assenza di “consenso”, comunque, non è consigliabile l’instaurazione di un contenzioso  sul punto, ma sarebbe corretto sostenere che la maggiorazione di prezzo deve essere calcolata in base al costo al  netto dell’utile d’impresa e rapportata alla sola differenza con quanto previsto nel capitolato.
Per quanto riguarda il certificato di abitabilità, va accertato se vi sia un particolare accordo tra l’appaltatore e la Cooperativa, poiché in generale la predetta certificazione deve essere consegnata dal primo alla seconda e poi da quest’ultima al socio assegnatario.
Nell’ipotesi di contenzioso con l’appaltatore, tutta la certificazione riguardante l’immobile può essere ottenuta anche dal socio assegnatario; in tal caso la maggiorazione dei costi può essere pretesa a titolo risarcitorio dall’appaltatore che sia inadempiente.

Quesito del 25/09/2014

Alla fine del 2009 ho acquistato un alloggio, costruito da oltre 40 anni, e intendendo abitarlo ho dovuto necessariamente ristrutturarlo tutto, nel senso aver rifatto tutti gli impianti interni perché non a norma e logori dal tempo.
Oggi ho ricevuto un accertamento dall’Ufficio imposte comunale per mancato pagamento ICI/IMU, ho fatto presente che le mie possibilità economiche mi hanno consentito i lavori di ristrutturazione in tempi lunghi.
Recatomi presso l’ufficio comunale l’impiegata mi risponde imperiosamente “non ha la residenza e pertanto è obbligata a pagare tutti gli anni non pagati”, ho spiegato che l’alloggio era in condizioni pessime ma non ha dato altra risposta che deve pagare.
Vi chiedo se vi sono delle vie alternative, possibile che con sacrificio più mutuo, compero un alloggio vecchio e non a norma, e come posso abitarvi e richiedere la residenza se è stato un cantiere per diverso tempo?

Risposta al quesito:
Relativamente all’IMU dovuta sugli immobili non adibiti a prima abitazione (analogamente a quanto era stabilito per la vecchia ICI) l’art. 13 comma 3 del D.L. n. 201/2011 stabilisce la riduzione del 50% della base imponibile per i “fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni”.
Ma per usufruire di tale riduzione, l’inagibilità o l’inabitabilità deve essere accertata dall’Ufficio tecnico del Comune tramite perizia a carico del proprietario dell’immobile, il quale deve allegare alla dichiarazione IMU la documentazione comprovante la suddetta inagibilità o inabitabilità o, in alternativa, una autocertificazione da lui stesso sottoscritta.

Quesito del 24/09/2014

Sono socio di una coop. edilizia dal 2009.
Nel luglio 2013, però, sono divenuto proprietario di un alloggio, idoneo al mio nucleo familiare, sito nel Comune di costruzione dell’appartamento e pertanto non soddisfo più i requisiti soggettivi richiesti per aderirvi.
Immediatamente dopo ho comunicato con racc. a.r. al presidente della coop. il mio recesso chiedendo nel contempo la liquidazione della mia quota. Dopo oltre un anno non ho ricevuto né provvedimenti di rigetto ma neppure una decisione di accoglimento.
Devo ricorre al Giudice per ottenerla? E per il rimborso delle somme già versate devo aspettare i 180 giorni dall’approvazione del bilancio (fine ottobre 2014) per poter chiedere eventualmente un decreto ingiuntivo?

Risposta al quesito:
Il recesso è regolato oltre che dalle norme statutarie anche dall’art. 2532 del codice civile.
Se dopo un anno il Consiglio non ha dato riscontro alla richiesta, la stessa deve ritenersi presuntivamente accolta.
Anche la liquidazione della quota del socio receduto viene regolata dalle norme statutarie e dalle statuizioni di cui all’art. 2535 del codice civile.
Previo controllo di quanto previsto dalla statuto sociale, la Cooperativa è obbligata a rimborsare al socio receduto quanto dallo stesso versato a titolo di anticipazione sul costo di costruzione, nonché quanto versato per capitale sociale, dedotte le perdite d’esercizio.
Le spese generali e le quote di ammissione non sono generalmente rimborsabili.
Il diritto alla restituzione matura nei 180 giorni successivi all’approvazione del bilancio dell’esercizio in cui si è verificato l’accoglimento del recesso.