Quesito del 25/08/2014

Sono socio di una cooperativa edilizia che non usufruisce di contributi pubblici.
La costruzione degli immobili è iniziata a Febbraio 2012, per la costruzione è stato acceso un mutuo ipotecario presso istituto bancario, preciso che gli interessi di preammortameno sono corrisposti dai soci.
Oggi la mia abitazione in fase di ultimazione è stata già catastata, successivamente e precisamente agli inizi di Agosto con verbale dell’assemblea si è proceduto all’assegnazione individuale degli appartamenti accatastati indicando la subcella di corrispondenza.
Posso procedere al rogito interessando altra banca diversa da quella attuale non procedendo quindi all’accollo dell’attuale mutuo?
Il presidente della cooperativa ha riferito che bisogna prima attendere l’atto di frazionamento del mutuo da parte dell’attuale banca, per poi procedere tramite notaio all’assegnazione effettiva degli appartamenti; questo mi fa dubitare, in quanto il 30 Settembre scatterebbero gli ulteriori interessi bancari per lo stato avanzamento lavori delle altre abitazioni e se entro quella data non avrò proceduto al rogito sarò costretto a pagarli.

 

Risposta al quesito:
In atto l’immobile in questione è gravato da una ipoteca indivisa a seguito del mutuo acceso dalla Cooperativa sull’intero edificio sociale.
Ancor prima del frazionamento del mutuo, l’Istituto mutuante potrebbe escludere l’immobile di cui trattasi, ma ciò farebbe a condizione che fosse versato l’importo di pertinenza in unica soluzione (con la maggiorazione della presumibile penale per l’estinzione).
Nell’ottica che precede, un nuovo Istituto di Credito potrebbe concedere il mutuo erogando l’importo necessario alla estinzione del quota di pertinenza del mutuo oggi gravante sull’intero edificio.
Una operazione di tal genere richiederebbe l’iscrizione di una ipoteca di secondo grado sull’immobile e, comunque, il consenso della Cooperativa.
Orbene, sembra molto improbabile che il nuovo Istituto possa concedere il nuovo mutuo  accontentandosi dell’ipoteca di secondo grado!

Quesito del 22/08/2014

Nella causa di divorzio la casa coniugale è rimasta nella mia disponibilità (l’appartamento è sito in una cooperativa indivisa dove socio è lui, ad oggi non si è giunti al rogito) perché conviveva mio figlio.
Il ragazzo di anni 26 studia all’estero ed ora vorrebbe iscriversi nel registro AIRE.
Può il mio ex marito chiedere la revoca dell’assegnazione della casa coniugale.

Risposta al quesito:
Se la casa coniugale è stata assegnata alla moglie sul presupposto della di lei convivenza con il figlio, mutando la residenza di quest’ultimo, il marito potrebbe richiedere la revoca del provvedimento.
Una tale circostanza, però, comporterebbe il riesame di tutta la situazione economico -patrimoniale dei coniugi, sicché l’eventuale revoca dell’assegnazione abitativa inciderebbe sull’assegno di mantenimento (se dovuto).
In ogni caso va osservato che la moglie può pretendere una quota di proprietà della casa, anche in assenza del regime di comunione, a condizione che dimostri la partecipazione nei pagamenti effettuati in favore della Cooperativa nel corso dell’unione matrimoniale.

Quesito del 18/08/2014

Mia moglie è socia di una cooperativa edile indivisa.
La cooperativa è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria perché l’ispettore giudiziario ha riscontrato veritiero quanto denunciato da mia moglie e da altro socio, entrambi inconsapevoli componenti del collegio sindacale.
Inoltre, la cooperativa è stata sottoposta a ben tre ispezioni del Ministero dello Sviluppo Economico (una tuttora in corso) ed è stata riscontrata falsa la graduatoria dei soci assegnatari con sentenza penale che dispone la confisca di falsi verbali e la cancellazione di numerosi atti ritenuti falsi (assolve gli amministratori perché il reato è prescritto).
Per tutto questo ci è stato consegnato (dopo tre anni che gli altri avevano occupato gli alloggi) un alloggio inagibile e/o inabitabile (mancano camice di stucco, intonaci vetri e con grossi fori nelle pareti) con perizia giurata è stato chiesto agli amministratori (gli stessi dismessi in occasione dell’amministrazione giudiziaria rielettisi) di provvedere a rendere l’alloggio agibile senza avere mai risposta in merito.
Pertanto si decideva dopo cinque anni (tra l’altro ci costringono a pagare l’IMU come seconda casa pur impedendoci di abitarci) di mettere un freno a questa situazione ed a dicembre del 2013 si inviava ennesima diffida e messa in mora alla cooperativa affinché provvedesse a rendere abitabile l’alloggio e pertanto si restava disponibili a pagare la rata del mutuo purché avvenisse detto risanamento.
Per tutta risposta nel mese di aprile del 2014 il c.d.a. deliberava l’esclusione per morosità. Vi è inoltre da segnalare che altri tre soci non avevano pagato detta rata di mutuo e non sono stati esclusi, uno di questi nel mese di giugno veniva invitato dal presidente ad accettare un assegno della cooperativa per poter pagare la rata del mutuo.
La domanda che porgo è questa: tutto questo è legale? Oltre alla opposizione presentata dinanzi al giudice civile quale altra strada possiamo intraprendere e con quali presupposti e motivazioni?

Risposta al quesito:
Quanto prospettato non costituisce un quesito a cui può darsi una risposta tecnica, ma rappresenta, piuttosto, una richiesta di parere articolato su una serie di fatti appena accennati (meglio dire incompleti), il cui esame va certamente approfondito, anche mediante la verifica dei documenti ad essi relativi.
Si può, tuttavia, genericamente concludere che i soci esclusi devono fondare la propria opposizione sulle inadempienze della Cooperativa (condizioni dell’immobile loro assegnato), che devono risultare talmente gravi da giustificare il rifiuto di pagare la rata di mutuo.
Occorre, poi, verificare che l’entità dei danni all’immobile e del loro valore di ripristino siano quantitativamente inferiori al complessivo importo del mutuo non pagato (principio della proporzionalità dell’inadempimento).
In ogni caso, va presa in considerazione la possibile invalidità della delibera di esclusione per vizi propri ovvero per la violazione del principio della parità di trattamento tra i soci cooperatori.
Tutte le predette circostanze vanno fatte valer innanzi al Giudice civile, ma non è da trascurare l’ipotesi di seguire la via amministrativa, supportando l’ispezione in corso al fine di ottenere il Commissariamento della Cooperativa con l’intento di richiedere la revoca della delibera di esclusione al Commissario Straordinario.

Quesito del 10/08/2014

Sono un socio di una cooperativa edile srl, circa 20 anni fa ho sottoscritto unitamente ad altri 4 soci un prestito da un istituto di credito a favore della stessa cooperativa.
A circa tre mesi dalla scadenza dei 10 anni, con raccomandata datata 04/08/2014 la banca ci ha invitato a voler provvedere a saldare entro gg. 7 il debito cosi distinto: saldo debitore euro 40.754,86 ed euro 15.557,77 interessi legali dal 12/10/2004 ad oggi, perchè la medesima cooperativa non è riuscita ad estinguere il prestito sopracitato.
Premesso quanto esposto noi garanti a cosa andiamo incontro?
E come possiamo difenderci?

Risposta al quesito:
Anche se il caso prospettato richiede il preventivo esame della documentazione (contratto di mutuo, atto fideiussorio, lettera di messa in mora etc.), si può genericamente concludere che i soci rispondano del debito per il quale hanno prestato la garanzia, salvo il loro diritto di rivalsa nei confronti della Cooperativa quale debitore principale.
L’eventuale “difesa” dovrebbe basarsi sulle ipotetiche inadempienze dell’Istituto di credito (ad esempio: ritardo nella messa in mora) ovvero sulla invalidità del contratto principale (mutuo) a seguito di violazione delle norme in materia bancaria, ovvero sul compimento del termine prescrizionale.
L’adozione della linea difensiva (ove possibile) richiede il preventivo esame della documentazione e la conoscenza delle circostanze di fatto.

Quesito dell’08/08/2014

Nel 2006 ho venduto l’appartamento acquistato nel 1993 con agevolazioni prima casa.
Nel 2007 sono diventato socio di una cooperativa a proprietà indivisa con assegnazione di un appartamento con le sue pertinenze.
A fine anno dopo il cambio di statuto della società, da cooperativa indivisa a divisa, si procederà al rogito notarile per tramutare l’assegnazione dell’appartamento in proprietà dei singoli soci.
Al momento della stipula potrei usare il Credito d’imposta del primo appartamento venduto per diminuire le spese per l’acquisto del secondo?

Risposta al quesito:
Da quanto esposto non sembra applicabile l’agevolazione prima casa, in quanto la norma prevede che il credito d’imposta possa essere utilizzato a condizione che il nuovo acquisto (reimpiego) venga effettuato entro l’anno successivo a quello della vendita del primo immobile.

Quesito del 02/08/2014

Nel 2008 ho ereditato, in comunione con i miei fratelli, l’assegnazione di un alloggio in coop. edilizia con contributo totale dello Stato, cassa depositi e prestiti e poi Inpdap, edificato nel 1984.
Nel 2010 a seguito di trasformazione da proprietà indivisa a proprietà divisa si procede alla stipula del rogito, con agevolazione prima casa ai fini delle imposte.
Nel marzo 2012, anche a causa di insanabili contrasti tra fratelli si procede alla vendita dell’immobile (entro i cinque anni).
Ciò premesso gradirei sapere se si perdono i benefici prima casa non avendo acquistato entro un anno altro immobile. Non riesco a comprendere se i 5 anni decorrono dalla successione o dal rogito.

Risposta al quesito:
I cinque anni previsti dalla legge decorrono dal rogito, cioè dal momento in cui si acquisisce la proprietà.
Nel caso di specie, si presume che il rogito sia stato originariamente effettuato in favore di uno dei fratelli avente diritto all’agevolazione prima casa.
L’agevolazione fruita dall’assegnatario, tuttavia, viene a decadere, posto che non si è verificato il reimpiego in altra prima casa nei termini di legge.