Quesito del 25/09/2014

Alla fine del 2009 ho acquistato un alloggio, costruito da oltre 40 anni, e intendendo abitarlo ho dovuto necessariamente ristrutturarlo tutto, nel senso aver rifatto tutti gli impianti interni perché non a norma e logori dal tempo.
Oggi ho ricevuto un accertamento dall’Ufficio imposte comunale per mancato pagamento ICI/IMU, ho fatto presente che le mie possibilità economiche mi hanno consentito i lavori di ristrutturazione in tempi lunghi.
Recatomi presso l’ufficio comunale l’impiegata mi risponde imperiosamente “non ha la residenza e pertanto è obbligata a pagare tutti gli anni non pagati”, ho spiegato che l’alloggio era in condizioni pessime ma non ha dato altra risposta che deve pagare.
Vi chiedo se vi sono delle vie alternative, possibile che con sacrificio più mutuo, compero un alloggio vecchio e non a norma, e come posso abitarvi e richiedere la residenza se è stato un cantiere per diverso tempo?

Risposta al quesito:
Relativamente all’IMU dovuta sugli immobili non adibiti a prima abitazione (analogamente a quanto era stabilito per la vecchia ICI) l’art. 13 comma 3 del D.L. n. 201/2011 stabilisce la riduzione del 50% della base imponibile per i “fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni”.
Ma per usufruire di tale riduzione, l’inagibilità o l’inabitabilità deve essere accertata dall’Ufficio tecnico del Comune tramite perizia a carico del proprietario dell’immobile, il quale deve allegare alla dichiarazione IMU la documentazione comprovante la suddetta inagibilità o inabitabilità o, in alternativa, una autocertificazione da lui stesso sottoscritta.

Quesito del 24/09/2014

Sono socio di una coop. edilizia dal 2009.
Nel luglio 2013, però, sono divenuto proprietario di un alloggio, idoneo al mio nucleo familiare, sito nel Comune di costruzione dell’appartamento e pertanto non soddisfo più i requisiti soggettivi richiesti per aderirvi.
Immediatamente dopo ho comunicato con racc. a.r. al presidente della coop. il mio recesso chiedendo nel contempo la liquidazione della mia quota. Dopo oltre un anno non ho ricevuto né provvedimenti di rigetto ma neppure una decisione di accoglimento.
Devo ricorre al Giudice per ottenerla? E per il rimborso delle somme già versate devo aspettare i 180 giorni dall’approvazione del bilancio (fine ottobre 2014) per poter chiedere eventualmente un decreto ingiuntivo?

Risposta al quesito:
Il recesso è regolato oltre che dalle norme statutarie anche dall’art. 2532 del codice civile.
Se dopo un anno il Consiglio non ha dato riscontro alla richiesta, la stessa deve ritenersi presuntivamente accolta.
Anche la liquidazione della quota del socio receduto viene regolata dalle norme statutarie e dalle statuizioni di cui all’art. 2535 del codice civile.
Previo controllo di quanto previsto dalla statuto sociale, la Cooperativa è obbligata a rimborsare al socio receduto quanto dallo stesso versato a titolo di anticipazione sul costo di costruzione, nonché quanto versato per capitale sociale, dedotte le perdite d’esercizio.
Le spese generali e le quote di ammissione non sono generalmente rimborsabili.
Il diritto alla restituzione matura nei 180 giorni successivi all’approvazione del bilancio dell’esercizio in cui si è verificato l’accoglimento del recesso.

Quesito del 19/09/2014

Sono socio di una cooperativa edilizia in costruzione agevolata I° casa L. 79/75 Sicilia. Preciso che uno dei requisiti essenziali è la non proprietà sul territorio nazionale di immobili da parte mia e mia moglie.
Gli alloggi sono stati già ultimati è sono stati catastati. Quasi tutti gli assegnatari già occupano gli alloggi. Successivamente è stato fatto l’atto di frazionamento del mutuo da parte della banca e siamo in attesa del rogito notarile per l’assegnazione effettiva e finale degli appartamenti.
Nonostante abbia concluso i versamenti del piano finanziario e più volte sollecitato il Presidente a che si proceda al rogito notarile, questi latita questa ultima fase.
Io e mia moglie, in questa fase di ritardo del Presidente nel procede al rogito notarile finale, rischiamo per ragioni personali, di perdere il requisito essenziale concernente l’inesistenza di proprietà immobiliari sul territorio nazionale.
Esiste un termine tra l’atto di frazionamento del mutuo con la banca e il rogito notarile di assegnazione definitiva? Nell’eventualità si perda il suddetto requisito in questa fase per ritardi non giustificati del Presidente cosa succede? Posso fare una diffida ad adempiere nei confronti del Presidente, avvertendolo di eventuali responsabilità scaturenti?

Risposta al quesito:
Il ritardo potrebbe derivare dalla mancata ratifica da parte dell’Ente finanziatore, dovuta alla mancanza dei requisiti soggettivi da parte di alcuni soci ovvero alla carenza dei requisiti oggettivi degli alloggi.
In ogni caso il presidente e i consiglieri sono obbligati a fornire le debite informazioni ai soci richiedenti.
In caso di responsabilità in ordine ai ritardi, gli amministratori risponderebbero dei danni subiti dai soci.
Nell’ottica che precede, appare opportuno inviare una richiesta di informazioni con diffida a tutti gli amministratori.
Appare anche opportuno verificare le cause del ritardo, anche mediante richiesta allo stesso Ente che ha erogato il contributo ovvero all’Ente mutuante.
In assenza di riscontro, occorre dare corso ad una azione di tutela giudiziaria -amministrativa.

Quesito del 19/09/2014

Sono socio dal 2005 di una coop militare a proprietà divisa con contributo statale.
Ad Agosto 2014 abbiamo effettuato il rogito e siamo diventati a tutti gli effetti proprietari. In sede di rogito ho scoperto che, in riferimento ad una non meglio specificata legge statale, avendo il diritto di superficie, non posso vendere l’appartamento nell’arco dei prossimi 5 anni ad un prezzo superiore di quello riportato sul rogito anche se dovessi riacquistarne un’altro nell’arco di un anno.
Non riesco a trovare la legge specifica che determina tale condizione. Potete aiutarmi?

Risposta al quesito:
Originariamente il divieto di alienazione era imposto per dieci anni a seguito dell’art. 9 comma 2 L. n. 408 del 02/07/1949.
Successivamente, con l’art. 20 L. n. 179 del 17/02/1992 e con l’art. 3 L. n. 85 del 28/01/94 il vincolo è stato imposto per i 5 anni seguenti al rogito notarile del trasferimento della proprietà individuale al socio assegnatario.

Quesito del 10/09/2014

Devo ristrutturare il mio appartamento ed ho acquistato nel mese di luglio c.a. il parquet. La fattura con iva al 22% l’ho pagata con bonifico per ristrutturazione edilizia.
Devo presentare una speciale pratica a qualche ente (Agenzie delle Entrate, Comune o altro) redatta da un tecnico o basta allegare la fattura tra le spese quando compilerò il modello 730?

Risposta al quesito:
Nelle ipotesi di lavori di recupero del patrimonio edilizio che danno diritto alla detrazione, le spese detraibili devono essere pagate tramite bonifico bancario o postale da cui risultino la causale del versamento, il codice fiscale di chi effettua il pagamento ed il codice fiscale o il numero di partita iva di chi ha eseguito i lavori.
Le ricevute dei bonifici di pagamento delle suddette spese e i documenti fiscali (fatture e ricevute) comprovanti le spese medesime dovranno poi essere conservati dal contribuente ed esibiti solo su richiesta degli Uffici fiscali.
Non è, pertanto, necessario allegare alcuna documentazione alla dichiarazione dei redditi, nella quale dovranno, invece, essere indicate alcune specifiche informazioni, tra cui i dati catastali identificativi dell’immobile oggetto degli interventi di ristrutturazione  edilizia ed eventuali  autorizzazioni amministrative, se previste dalla normativa urbanistica.
La detrazione di imposta sarà pari al 50% delle spese sostenute, da ripartirsi in dieci rate di pari importo, fino ad un massimo di € 96.000,00.

Quesito del 02/09/2014

Nel Febbraio 2012 ho dato le dimissioni dalla cooperativa ed. indivisa dalla quale avevo avuto in locazione permanente un alloggio.
Nel marzo successivo il CDA con lettera raccomandata mi ha comunicato l’accoglimento della domanda, impegnandosi a restituirmi i conferimenti anticipati entro 180 gg. dall’approvazione del bilancio, quindi entro il 31 Dicembre 2013.
Nel 2013 tuttavia il CDA è cambiato e probabilmente a causa di difficoltà economiche e con motivazioni pretestuose, nel novembre successivo mi ha comunicato che le mie dimissioni non erano valide e che pertanto ero considerato ancora socio.
Chiedo se questa decisione ha una valenza giuridica, considerando che il bilancio del 2012 è stato regolarmente approvato dall’assemblea e di conseguenza tutti gli atti del precedente CDA sono ritenuti validi, compresa l’accettazione delle mie dimissioni.

Risposta al quesito:
La prima decisione del CdA si appalesa valida e non può essere revocata, a meno che non vi siano nuovi elementi riconducibili ad eventuali inadempienze del socio dimissionario.
L’approvazione del bilancio sociale non incide sugli atti dei precedenti amministratori, se non in riferimento ad eventuali esposizioni contabili, in particolare quelle che dovessero riguardare il debito verso il socio, esposto nel passivo dello Stato Patrimoniale.