Quesito del 22/07/2017

Gent.mo avvocato, a me e mio marito il 26.04.2012 è stato assegnato con rogito notarile un appartamento dalla Cooperativa di cui siamo diventati soci.
Il terreno su cui queste abitazioni sono state costruite è pieno di falde acquifere e se le pompe aspiranti non funzionano l’umidità risale. Noi avevamo stipulato il preliminare di compravendita, con un prefinanziamento di 80.000 euro, il 26 febbraio 2010. In tale preliminare era stata prevista una polizza fidejussoria a garanzia del primo versamento  di 20.000 euro, mai attivata.
A quel tempo le informazioni raccolte sulla Cooperativa erano buone e nulla lasciava prevedere quello che sarebbe successo. Le abitazioni erano completate nella loro struttura essenziale e mancavano solo porte, finestre, piastrelle, sistemazione degli spazi esterni. Lavori di pochi mesi che la cooperativa rimandava sempre causa contenzioso in corso con altra impresa edificatrice che, a dir loro, aveva bloccato i lavori e, sempre a dir loro, stava per risolversi.
Si arriva ad aprile 2012: per noi, che all’epoca avevamo entrambi 49 anni, è l’ultima possibilità di accendere un mutuo trentennale. Facciamo scrivere alla Cooperativa da un avvocato che intima di rogitare pena l’attribuzione di tutti i danni derivanti dalla mancata stipulazione del rogito con un mutuo a quelle condizioni. La Cooperativa, intimorita, interviene e concorda con la banca una restrizione del mutuo gravante su tutta l’area in modo da permetterci di stipulare il rogito notarile. Noi abbiamo acceso il mutuo con un istituto di credito diverso da quello della Cooperativa. L’appartamento è stato comprato in regime di libero mercato, tanto è vero che per mio marito è prima casa, per me, seconda. Nell’atto di assegnazione la Cooperativa si era impegnata a farci avere l’abitabilità entro sei mesi dal rogito; inoltre, contemporaneamente a tale atto di assegnazione, su indicazione dell’avvocato, è stata sottoscritta la scrittura privata in cui la Cooperativa e la  ditta costruttrice, si impegnavano a garantirci le utenze di cantiere fino al completamento delle opere di urbanizzazione  che avrebbe permesso l’allacciamento alla rete urbana delle utenze. Nella scrittura privata era prevista una penale per ogni giorno  di ritardo di 100 euro per i lavori non effettuati. Siamo andati ad abitare nell’appartamento il 20 luglio 2012, soli in un cantiere, con comprensibile disagio. In seguito, si sono trasferite altre famiglie , ma i relativi assegnatari non hanno rogitato.
Nel frattempo il Comune ha dato la residenza a noi e agli altri. Stante questa situazione, constatati danni all’immobile (infiltrazioni di acqua dal sottosuolo) l’avvocato ha richiesto un Accertamento Tecnico Preventivo dal quale si evince l’entità dei danni presenti, quantificati in più di 33.000 euro, e la possibilità di futuri. L’avvocato ci disse che l’ATP era propedeutica ad una causa di merito che noi non abbiamo mai intrapreso perché nel frattempo cominciavano a diffondersi voci di possibile fallimento della Cooperativa.
Nel frattempo la ditta costruttrice è fallita e la Cooperativa ha cominciato a chiedere alle famiglie presenti sul cantiere il pagamento delle utenze che, per altro, risultavano essere piuttosto elevate per il consumo di energia elettrica, dato che, per quasi tutte le famiglie, era l’unica possibilità di riscaldamento (non per noi che abbiamo il termocamino). Noi dopo aver partecipato al pagamento di costosissime bollette, abbiamo sospeso i pagamenti in virtù di quanto stipulato nella scrittura privata e dei danni riscontrati nell’ATP.
Nel frattempo sono state riscontrate nei garage infiltrazioni d’acqua dai giardini pensili sovrastanti.; non solo, ma un architetto della ditta costruttrice ha reso dichiarazione firmata che nella costruzione del nostro blocco (4 appartamenti), ma presumibilmente di tutta l’area, non era stato aggiunto l’additivo impermeabilizzante previsto nel  progetto depositato al genio civile e nel capitolato d’appalto. In seguito a ciò abbiamo chiamato un ingegnere che nella sua relazione tecnica concludeva: “La numerosità e la gravità dei vizi strutturali accertati nella presente relazione tecnica pregiudicano fortemente la prestazione dell’opera in termini strutturali, nonchè il suo pieno godimento e la salubrità dei luoghi di proprietà dei committenti e delle parti comuni. Risulta inverosimile allo scrivente che un’ opera così giovane sia già fortemente ammalorata e pregiudicata nella sua sicurezza strutturale”. L’ing. infatti ha rilevato vizi strutturali relativi alla dimensione del copriferro, qualità del cemento impiegato, oltre alla mancanza di additivo impermeabilizzante e altre difformità dal progetto presentato al genio civile.
A questo punto noi, tramite il nostro avv., abbiamo contattato il direttore dei lavori, che in questo caso è anche proggettista, per trovare un accordo stragiudiziale di risarcimento. Il direttore dei lavori ha risposto tramite il suo avvocato che ogni addebito è infondato in quanto i lavori del cantiere non sono terminati e non è stato ancora effettuato il collaudo. In effetti, da accertamenti da noi effettuati, presso gli uffici del Genio Civile e del Comune, risulta che non sia stato effettuato nè il collaudo statico nè quello finale.
Preciso che abbiamo rivolto la nostra azione contro il direttore dei lavori non solo perchè l’effettivo responsabile dei gravi difetti strutturali, ma anche perchè l’unico da cui è possibile ottenere un risarcimento dato che la ditta appaltatrice è fallita e la cooperativa delibererà a giorni la messa in liquidazione volontaria. Che ne pensa?

Risposta al quesito:
A seguito del rogito con cui è stata trasferita la proprietà dell’alloggio prenotato, il socio assegnatario ha azione diretta per i vizi costruttivi e i disagi subiti a causa dei ritardi verso la Cooperativa che ha realizzato l’alloggio.
Il socio assegnatario deve esperire l’azione risarcitoria verso l’impresa di costruzione appaltata dalla Cooperativa, indipendentemente dalla circostanza che la stessa sia più o meno prossima al fallimento.
Il medesimo socio assegnatario può agire contestualmente (nel medesimo giudizio) anche verso il progettista e direttore dei lavori incaricato dal Sodalizio medesimo, qualora sussista il presupposto della responsabilità addebitabile per la di lui attività professionale, causalmente connessa ai fenomeni di infiltrazione e ad altri vizi costruttivi conseguenti o autonomi.
Nel caso di specie, dunque, bene ha operato il legale del socio, dando corso al procedimento di Accertamento Tecnico Preventivo.
Va precisato che l’azione risarcitoria deve necessariamente essere intrapresa tanto contro la Cooperativa, quanto contro il tecnico (eventualmente) ritenuto responsabile, entrambi litisconsorti necessari; conseguentemente, per utilizzare nell’instaurando giudizio risarcitorio le risultanze dell’ istruzione preventiva, è necessario che il relativo ricorso sia stato notificato a tutti i soggetti che saranno convenuti nel giudizio di merito (certamente Cooperativa e ingegnere D.L.), altrimenti sarà necessario ripetere gli accertamenti istruttori dell’ATP.
L’avvocato incaricato valuterà se instaurare il preventivo giudizio in via d’urgenza per gli interventi immediatamente necessari per evitare l’aggravamento dei danni in attesa dello svolgimento del giudizio risarcitorio.
Il medesimo professionista, inoltre, valuterà se sussistono eventuali responsabilità degli organi amministrativi della Cooperativa in relazione a ritardi e/o omissioni di atti dovuti.
Va, infine, rilevato che occorre verificare i termini di prescrizione e di decadenza dall’azione.

Quesito del 21/07/2017

Alcuni soci di una cooperativa edilizia libera ad un certo punto (in un momento di bisogno di liquidità della cooperativa) decidono di versare anticipatamente l’intero prezzo dell’immobile loro assegnato, (finanziando la cooperativa) rinunciando quindi alla quota di mutuo che gli sarebbe toccata al momento del frazionamento del mutuo contratto dalla cooperativa.
A tutt’oggi ancora il frazionamento del mutuo generale della cooperativa non è stato effettuato e sullo stesso quindi tutti i soci (anche quelli che hanno anticipato per intero il prezzo dell’alloggio) hanno versato gli interessi di preammortamento. Oggi i soci che hanno versato l’intero prezzo dell’alloggio chiedono la restituzione pro quota degli interessi di preammortamento versati e di non versare quelli maturati fino al frazionamento del mutuo asserendo che con il versamento dell’intero prezzo in anticipo gli interessi di preammortamento non riguardano un debito loro, ma che debbano essere versati da coloro che usufruiranno del frazionamento del mutuo.
Le chiedo se un tale ragionamento sia legittimo e se quindi dobbiamo restituire gli interessi di preammortamento pro quota a questi soci.

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare se gli interessi di preammortamento siano effettivamente dovuti all’Istituto di credito, il quale è obbligato al frazionamento allorquando gli alloggi siano ultimati e catastati.
Ciò posto va osservato che nelle Cooperative vige il principio di parità di trattamento dei soci, sicché non può accadere che uno di loro paghi l’alloggio ad un prezzo maggiore dell’altro.
Un  tale evento si verificherebbe anche nel caso in cui i soci che non hanno fruito del mutuo (avendo pagato per intero il prezzo di assegnazione) fossero costretti a pagare gli interessi di preammortamento del mutuo medesimo.
Se, dunque, le risorse del mutuo hanno coperto le esigenze finanziarie della Cooperativa per la quota dei soci mutuatari, solamente a questi ultimi compete il pagamento degli interessi di preammortamento.
Nel caso di specie , dunque, occorre accertare da quando i soci interessati non hanno più fruito del mutuo erogato (cioè dalla data dei versamenti ricompresi nel mutuo) e procedere al rimborso in loro favore di quanto versato in esubero (conteggi dalle singole  date di versamento in esubero sino al saldo prezzo).

Quesito del 20/07/2017

Qualche anno fa ho stipulato atto di assegnazione immobile cooperativa edilizia, purtroppo a tutt’oggi nonostante siano trascorsi quasi tre anni la cooperativa non ha completato lavori esterni di urbanizzazione e non hanno rilasciato certificato di abitabilità che doveva avvenire entro tre anni (così era precisato nell’atto).
Come posso ottenere ciò che ho pagato nel piano finanziario?

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa edilizia è inadempiente rispetto agli obblighi di legge ovvero contrattuali (lavori non eseguiti, mancanza e/o impedimento all’abitabilità degli alloggi, vizi costruttivi etc.) il socio può agire in sede giudiziaria a tutela dei propri diritti ottenendo la condanna della Cooperativa al risarcimento del danno.
Se la Cooperativa è incapiente, il socio può agire in danno degli amministratori qualora all’attività degli stessi siano imputabili ritardi e/o omissioni che hanno determinato la mancata esecuzione dei lavori e l’impedimento della certificazione di abitabilità degli alloggi.

Quesito del 18/07/2017

Buongiorno avvocato, mi scuso fin da ora per il mio quesito che potrà rilevarsi articolato, ma dando uno sguardo ai precedenti spesso ci ritroviamo con domande a cui non sappiamo uscirne fuori.
Sono un Socio di una Cooperativa Edilizia in regime di edilizia agevolata (legge 493/93) e convenzionata (legge 865/71) sottoposta a termine iniziale ed a condizione risolutiva. Abbiamo o meglio sono circa due anni che attendiamo il fondo regionale da parte della Regione Lazio che stanzia per ogni singolo Socio la somma di 19.000 euro.
Siamo Soci di una cooperativa creata e gestita da noi, quindi la Cooperativa ha ottenuto un Mutuo dalla banca i quali soci hanno provveduto a sanare con anticipi liquidi e la richiesta di un Mutuo. Ai sensi dell’art. 9 della legge 493/93 gli alloggi da realizzare devono essere assegnati in uso e godimento per un periodo non inferiore ad otto anni e sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi da 3 a 8 dell’art. 8 della legge 17 febbraio 1992, n. 179. Ci ritroviamo oggi ad aver ricevuto da parte della Cooperativa (che siamo noi) due anni fa, gli alloggi e la scorsa settimana abbiamo effettuato l’atto dal Notaio.
La domanda che volevo esporLe è la seguente. Per 8 anni siamo locatari dell’alloggio, abbiamo versato circa 200.000 euro più accollo del mutuo, prima versando la rata alla cooperativa che versava alla banca e il prossimo mese verrà frazionato per i singoli soci.
Ad oggi, in realtà, non siamo proprietari dell’alloggio? Le varie spese e le rate del mutuo non possiamo recuperarle con la dichiarazione dei redditi?
Per accedere ogni socio doveva avere alcuni requisiti (reddito inferiore a 25000 euro, non altre proprietà, ecc) se nel frattempo, nel corso degli 8 anni vengono a mancare questi requisiti cosa succede?

Risposta al quesito:
Con recente disposizione legislativa la Regione Lazio ha modificato il regime dell’assegnazione degli alloggi di edilizia agevolata–convenzionata, prevedendo espressamente l’eliminazione dell’obbligo della preventiva locazione degli alloggi.
In ragione di quanto precede la Cooperativa deve assegnare definitivamente in proprietà gli alloggi realizzati ai soci che siano in possesso dei requisiti di legge.
Se i competenti Uffici regionali hanno già emesso il nulla osta a seguito della verifica dei predetti requisiti, non resta che effettuare l’atto di precisazione innanzi al notaio per ottenere la piena proprietà degli alloggi.
Se, viceversa, non esiste il nulla osta dei predetti Uffici occorre formulare l’istanza per l’ottenimento e procedere alla stipula dell’atto pubblico.

Quesito dell’11/07/2017

Premessa: in data 23 marzo invio dimissioni da socio cooperativa edificatrice a mezzo PEC in questo modo: “Buongiorno, la presente per rassegnare le mie dimissioni da socio della cooperativa, e contestualmente richiedere la restituzione della mia quota associativa. Oltremodo dovranno essere cancellati dai vostri registri i miei dati sensibili non più necessari alla posizione di socio, e il mio indirizzo email dovrà essere cancellato dalla mailing-list di convocazione annuale all’assemblea di bilancio. Rimango in attesa di un vostro riscontro e della convocazione in vostra sede per ricevere i miei documenti cartacei a voi non più necessari, per incassare la mia quota associativa, e per firmare le ricevute che certifichino le mie dimissioni da socio. Distinti saluti”
Volevo sapere se le dimissioni scritte in questo modo possono essere accolte come volontà di recesso. Ed inoltre, non avendo la cooperativa risposto entro i 60 gg, se posso ipotizzare quanto segue per citare la cooperativa in caso di non accoglimento della mia volontà di recesso.
1) Ho dato le dimissioni in data 23 marzo; 2) la cooperativa non ha risposto entro 60gg, di fatto accogliendo per silenzio assenso in data 23 marzo i presupposti del mio recesso (le mie dimissioni), pur senza darmene atto per iscritto. 3) Essendo nulli i rapporti mutualistici perché ho rogitato a novembre del 2011 con cessione di immobile in diritto di proprietà, non è necessario attendere la chiusura dell’esercizio in corso (luglio 2017) affinché il recesso abbia effetto, pertanto il recesso (dimissioni) ha effetto sul rapporto sociale (il solo in essere nel mio caso) con data 23 marzo, ovvero quando la cooperativa ha accolto per silenzio assenso i presupposti del mio recesso (dimissioni).
Attendo Sua valutazione per intraprendere azioni.

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente verificare se il rogito notarile di assegnazione dell’alloggio contenga qualche specifica clausola inerente all’obbligo di provvedere alle spese necessarie alla estinzione della Società.
In caso affermativo non sembra rilevare la qualità di socio rispetto all’obbligo di cui sopra.
Occorre, inoltre, verificare se la Cooperativa abbia raggiunto definitivamente lo scopo sociale ultimando e assegnando gli alloggi a tutti i soci ovvero se prosegua l’attività sociale con altri programmi costruttivi.
In quest’ultimo caso appare legittimo il recesso e significativo il silenzio degli amministratori, mentre nel caso inverso occorre approfondire altre circostanze di fatto e, comunque, si deve osservare che in giurisprudenza non è pacifico il diritto del socio di esimersi dai versamenti per le spese di Liquidazione della Società ricorrendo al recesso anticipato.
In ogni caso, non sembra utile per il socio anticipare i tempi e dare corso all’azione giudiziaria, anziché aspettare l’eventuale iniziativa della Cooperativa.

Quesito del 10/07/2017

Sono socio di una cooperativa con frazionamento mutuo Regione avvenuto da tempo e delibera liquidazione mai attuata però.
La cooperativa ha emesso decreto ingiuntivo nei miei confronti. Ho inviato lettera di recesso legale in quanto prevista da statuto la non trasferibilità quote. Mi è stato risposto che fin tanto che permane il debito non è possibile dare seguito al recesso.
È così? Le due cose sono legate necessariamente? Vorrei proteggermi da ulteriori arbitrarie richieste di esborsi. Una volta pagato eventualmente sono tenuti a procedere? Essendo stati assegnati gli immobili cosa comporta un eventuale recesso?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative edilizie l’assegnazione definitiva dell’alloggio sociale estingue il rapporto mutualistico (contrattuale a prestazioni corrispettive: pagamento del prezzo e assegnazione dell’alloggio), ma lascia integro il rapporto sociale.
Alla luce di quanto precede il socio assegnatario resta obbligato al versamento delle spese generali sino alla estinzione della Società.
Occorre, tuttavia, verificare se, raggiunto lo scopo sociale, la Cooperativa necessita di ulteriori attività ad esso connesse ovvero possa essere messa in liquidazione volontaria.
Se ricorrono i presupposti di quest’ultima ipotesi, occorre seguire la procedura dettata dal codice civile e dallo Statuto, sicché gli amministratori devono convocare l’assemblea straordinaria innanzi al notaio per la messa in liquidazione volontaria della Cooperativa.
Se sussistono ritardi e/o violazioni di legge, i soci possono recedere, anche in deroga alle disposizioni Statutarie.
Occorre, pertanto, verificare se sussistono le inadempienze degli amministratori e della stessa assemblea, accertate le quali il socio può notificare la propria volontà di recesso che, se rigettata dal consiglio di amministrazione, può essere opposta innanzi al Tribunale con atto adeguatamente motivato e probatoriamente supportato.