Quesito del 06/03/2018

Spett.le avvocato, innanzitutto sono a congratularmi con Lei per le esaurienti risposte che riesce a formulare ai vari quesiti che gli vengono posti.
Sono un ex Presidente di cooperativa Edilizia nonchè assegnatario di alloggio che nel 1997 ha portato a termine (non Le dico dopo quante peripezie fra Ministeri – Comune – Banche – Notai etc) il progetto cooperativistico per la realizzazione di nr.12 villette a schiera con la Legge 492/75 per le Forze Armate e di Polizia.
Nel 2005 ho lasciato la Presidenza ed è subentrato un nuovo C.d.A. che ha portato avanti le pratiche per il riscatto del terreno di proprietà del Comune e fatto il Piano Casa per sanare alcune modifiche apportate negli alloggi assegnati da parte di alcuni soci.
Rimane da fare la prescritta APE per poi iniziare a parlare di proprietà individuale. Siamo ancora fruenti di Contributo da parte del Min. dei Lavori pubblici.
Il quesito è questo: Il suddetto contributo va suddiviso fra i soci in parti uguali oppure secondo tabella millesimale dell’unità abitativa già approvata nel 2007?
Io sono per la seconda, anche perché i soci hanno contribuito economicamente in modo differente a seconda dell’alloggio assegnato.
La stessa domanda l’ho posta nel 2014 al Comitato di Vigilanza del Ministero dei Lavori Pubblici ed il Dirigente di quell’ufficio ha confermato che i contributi vanno divisi in base a detta tabella.
Lo spirito cooperativistico e aggregativo è comunque sempre presente in noi ma sinceramente non vedo giusto che la cooperativa si appropri indebitamente di denaro di cui ne ha la disponibilità per impegnarlo a suo piacimento. Io ad esempio ero e rimango del parere di rimanere a proprietà indivisa per 99+ 99 anni, anche perché so già cosa comporta il passaggio a proprietà individuale, ma nonostante tutto ho dovuto aderire alla proposta.
Fino al 2005, tolte le spese di gestione e parte del mutuo contratto con l’Istituto Bancario e lasciando sempre una certa disponibilità sul c/c per eventuali imprevisti, quello che si poteva veniva ridistribuito fra tutti i soci assegnatari. Da quando è subentrato l’attuale C.d.A. come si suol dire non si vede più un Euro.
La ringrazio della cortese attenzione e rimango in attesa di un Suo autorevole parere (prima di adire per vie legali).

Risposta al quesito:
Il contributo pubblico è finalizzato alla copertura dei costi di costruzione e il suo impiego è soggetto agli specifici controlli sull’osservanza del vincolo.
Non appare, pertanto, corretta l’impostazione secondo cui il contributo sarebbe “suddiviso” tra i vari soci, almeno che esso sia direttamente distribuito agli stessi.
Può accadere, viceversa, che i soci anticipino l’acconto prezzo e il contributo sia erogato successivamente alla Cooperativa per le finalità cui è destinato; in tal caso può accadere che all’interno della contabilità sociale residuino dei crediti dei soci, sicché con la liquidità sopraggiunta a seguito della effettiva percezione del contributo si effettuino le restituzioni delle anticipazioni.
Nell’ottica che precede non sussiste un rapporto diretto tra il socio e il contributo pubblico, posto che la destinazione del beneficio economico è verso la Cooperativa per la realizzazione dell’opera.
In altri termini, il contributo copre i costi della costruzione sostenuti dalla Cooperativa, quest’ultima assegna l’alloggio ai soci e gli stessi pagano il relativo prezzo in proporzione al valore dell’alloggio ricevuto.
La parità di trattamento dei soci è, quindi, rispettata, posto che ciascuno di loro paga la prestazione mutualistica secondo il diverso valore della stessa, sicché la maggior quota di contributo è compensata dalla maggiore entità del prezzo versato.

Quesito del 05/03/2018

Il quesito che Le sottopongo riguarda l’apertura in modo non autorizzato dalla cooperativa di uno studio medico.
La nostra è una cooperativa edilizia senza contributo statale, ma che ha avuto assegnata l’area a seguito di convenzione con il comune in zona “peep”. Il terreno assegnato è stato comunque acquistato dalla cooperativa. Il socio, a seguito di consegna dell’alloggio ancor prima del rogito e dell’approvazione del regolamento condominiale, ha aperto lo studio.
Volevo sapere se il socio poteva aprire anche se non autorizzato dalla cooperativa, e se no, quali sono le conseguenze.
Cosa deve fare la cooperativa in tale situazione; è possibile fare il rogito? E in quali modalità?
Si deve fare la variazione di destinazione d’uso, se possibile, quali sono le conseguenze fiscali, se iva al 4%, decadono i requisiti prima casa per il socio che ha destinato l’alloggio a studio? Cosa si deve fare in sede di rogito notarile?

Risposta al quesito:
Occorre verificare innanzitutto la Convenzione stipulata tra la Cooperativa ed il Comune concedente.
Normalmente nelle Zone PEEP vigono i vincoli abitativi per gli edifici insediati. L’atto di convenzione può prevedere la destinazione di alcuni locali come botteghe commerciali, ciò al fine di integrare l’insediamento abitativo con attività di servizi per gli abitanti.
Lo Studio medico potrebbe appartenere ai servizi essenziali di supporto all’insediamento abitativo, ma se l’immobile interessato è originariamente vincolato all’edilizia abitativa, per il cambiamento della destinazione d’uso è necessaria la modifica della delibera di assegnazione (consiglio comunale) e la conseguente modifica dell’atto convenzionale.
Va osservato, però, che l’attività medica può essere esercitata anche nell’abitazione del professionista, sicché, in alternativa a quanto precede, potrebbe ipotizzarsi l’uso promiscuo, a condizione che il medico risieda stabilmente nell’appartamento.

Quesito del 03/03/2018

In ragione di un accordo concluso tra una cooperativa edilizia ed uno dei suoi soci, questa prima si è impegnata a rimborsare al socio i finanziamenti erogati nel tempo dal medesimo.
Poiché la cooperativa è in difficoltà economiche, in caso di liquidazione coatta amministrativa, tali somme dovranno essere restituite dal socio?

Risposta al quesito:
La Liquidazione Coatta Amministrativa è una procedura concorsuale del tutto assimilabile al Fallimento, sicché il Commissario Liquidatore deve redigere lo Stato Passivo e procedere all’ammissione dei crediti dallo stesso ritenuti fondati in conformità alla legge.
Se l’accordo scritto tra la Cooperativa e il socio è legittimo, il Liquidatore deve ammettere il credito nello Stato Passivo. Se l’ammissione non avviene o viene effettuata in misura inferiore, il socio può proporre opposizione al Tribunale Fallimentare.
La distribuzione delle somme ai creditori ammessi viene effettuata in proporzione all’attivo sociale, in assenza del quale la procedura si chiude senza la soddisfazione dei crediti.
Ciò che rileva, però, è la gradazione di ciascun credito, in quanto quello privilegiato (ad esempio credito ipotecario per mutuo bancario) viene prima di quello chirografario.
Or poiché il credito del socio è chirografario, occorre valutare l’incidenza dei crediti privilegiati, posto che essi potrebbero essere assorbenti dell’intero attivo.
In tale ultimo caso il credito del socio resterebbe insoddisfatto.

Quesito del 02/03/2018

I soci di una Cooperativa edilizia sono stati beneficiari, in virtù della sussistenza di requisiti richiesti dalla legge, del Contributo Regionale per la categoria “Nuove costruzioni” ad erogazioni in conto capitale, in seguito al decreto 1753 del 2003 pubblicato sul Burc 47 del 06.10.2003.
Tale contributo è stato erogato per la metà prima dell’atto notarile di compravendita degli alloggi, avvenuto nel 2015, mentre il saldo solo ad inizi dell’anno 2017.
La Cooperativa è oggi posta in liquidazione ed interessata inoltre da due cause: una con il costruttore ed una con il Comune. Quest’ultimo vuole rivalersi sulla Cooperativa, in virtù di una convenzione, in quanto condannato in appello all’esborso di una maggiore somma dovuta dal maggior prezzo al mq del terreno dai proprietari terrieri.
In considerazione del fatto che la Cooperativa ha ormai raggiunto l’oggetto sociale, ha venduto tutti gli alloggi, non svolge più alcuna attività, si chiede se si possa procedere alla ripartizione del saldo dei contributi della Regione ai soci ed alla chiusura della cooperativa, indicando in un documento che gli eventuali debiti emergenti dalle cause facciano capo a ciascun socio. In questo modo si potrebbe evitare lo spreco di danaro legata ai costi di gestione che durerebbero fin tanto che le cause non finiscano.
Qual è la giusta prassi da adottare? E’ corretto non trattenere le somme del Contributo Regionale e distribuirle ai soci? Si può procedere alla chiusura della Cooperativa?

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, premettere che i contributi pubblici sono finalizzati alla realizzazione edilizia e, pertanto, hanno il vincolo della giustificazione di spesa.
Alla luce di quanto precede la “distribuzione” del contributo ai soci non è un termine esatto, posto che si tratta di una restituzione proporzionale alle anticipazioni effettivamente eseguite in conto ai costi di costruzione, che devono essere interamente documentati (destinazione del contributo pubblico).
Si può, quindi, procedere alla restituzione dei crediti dei soci, in ragione della liquidità sopraggiunta in forza dell’erogazione del contributo pubblico.
Per quel che attiene la cessazione della Società, occorre attenersi alle disposizioni del codice civile, che prevedono la messa in liquidazione volontaria con la nomina del liquidatore.
Quest’ultimo deve provvedere a definire tutte le pendenze attive e quelle passive e solo dopo avere compiuto le relative operazioni può procedere a compilare il bilancio finale di liquidazione e, dopo l’approvazione, procedere alla cancellazione della Cooperativa dal Registro delle Imprese, così determinandone l’estinzione.
Se sussistono giudizi in corso, ciò conferma l’incertezza su eventuali passività ovvero attività che potrebbero insorgere a seguito della loro definizione. Una tale circostanza comporta l’impossibilità di estinguere la Società. Va osservato che la cessione dei debiti, per avere valore oggettivo, deve essere accettata dai creditori, circostanza questa molto improbabile se non impossibile in pendenza di giudizio.
Il Liquidatore, tuttavia, potrebbe egualmente procedere alla cessione dei debiti sociali ai soci e alla chiusura della Cooperativa, ma in tal caso, in assenza di accettazione liberatoria dei creditori, risponderebbe personalmente di eventuali incapienze successive all’estinzione della Società.

Quesito del 28/02/2018

Gentilissimo avv. Cannavò, cosa consiglierebbe a chi come me si trova molto vicino a firmare il contratto per diventare socio di cooperativa edilizia, a società divisa, con lo scopo unico di avere al termine di 8 lunghissimi anni la proprietà effettiva dell’abitazione (prima casa a proprietà differita)? Aggiungo che l’abitazione fa parte di una palazzina per la cui costruzione è stato richiesto un contributo regionale a fondo perduto. Inoltre la palazzina è stata quasi ultimata con consegna prevista giugno/luglio 2018.
Quali clausole e/o “condizione sospensiva” consiglierebbe di inserire nel contratto? Beh almeno le più macroscopiche (a parte la pluricitata fideiussione).

Risposta al quesito:
La locazione con patto di futura cessione in proprietà comporta che nel periodo locativo permane il rapporto sociale con la Cooperativa, sicché la prima cautela da osservare è quella di verificare bene lo Statuto e i deliberati pregressi che hanno dato corso al programma costruttivo con i relativi diritti e obblighi.
E’,inoltre, opportuno verificare i bilanci sociali al fine di rilevare le reali situazioni debitorie che incombono sulla Società (quindi sui soci!), nonché il quadro tecnico economico relativo alla costruzione, al fine di verificarne i costi programmati (curando di commisurarli a quelli effettivi risultanti dai bilanci e insorgenti nel orso della vita sociale).
Ciò posto, è consigliabile seguire bene la Cooperativa dopo avere perfezionato l’adesione, controllando le attività costruttive poste in essere, gli incarichi professionali e le spese generali come emergenti dai deliberati sociali.

Quesito del 27/02/2018

Faccio parte di una cooperativa la quale ha proceduto alla consegna dell’alloggio da me prenotato prima con il verbale di consegna e poi presentandomi un verbale deliberato dal consiglio di amministrazione che in sostanza dice che “il C.d.A. delibera all’ unanimità di assegnare definitivamente alla sottoscritta l’alloggio censito al catasto…. dopo attente verifiche e valutazioni” cioè che si può procedere all’assegnazione definitiva dell’ alloggio alla socia che ha già ottemperato agli impegni economici assunti in sede di prenotazione dell’alloggio.
La cosa che Le chiedo è che valenza ha questo verbale di assegnazione definitiva dell’alloggio redatto dal C.d.A?
Con questi due documenti firmati è possibile andare dal notaio per fare l’atto di assegnazione anche se ancora il tecnico responsabile non ha presentato i documenti per l’agibilità?
Chiedo questo perché in fase di consegna voglio essere tutelato dopo che ho pagato per intero tutto l’ alloggio, ma di fatto non mi è stato ancora possibile fare l’atto di assegnazione.

Risposta al quesito:
L’atto di assegnazione promanante dal CdA ha valore contrattuale tra le parti, nel senso che il socio può pretenderne l’esecuzione mediante la stipula dell’atto pubblico di trasferimento della proprietà individuale dell’alloggio.
Occorre, però, che il socio verifichi bene il contenuto del predetto atto pubblico, in quanto potrebbero esserci obblighi a lui imposti dalla Cooperativa, sicché la stipula innanzi al notaio ne comporterebbe l’implicita accettazione da parte dell’assegnatario.
L’atto pubblico può essere stipulato anche in assenza dell’agibilità dell’immobile, purché esso sia conforme alle norme urbanistiche.