Quesito del 09/01/2021

Buongiorno avvocato, mi rivolgo a Lei per un quesito sulla quota sociale da me versata.
Nel 2007 sono stata assunta come socia lavoratrice, versando 25 € mensili in qualità di quota sociale, fino al 2019. La somma totale versata ammonta a 3.600 €. So che dalla data di fine rapporto con la cooperativa, deve passare un anno per la restituzione di quanto è stato versato e solo dopo aver chiuso il bilancio annuale . A causa del covid19, è stata posticipata la chiusura del bilancio dell’anno al 31 luglio 2020. Mi hanno poi riferito che dalla cosiddetta chiusura, hanno tempo 180 gg per la restituzione della quota.
Il termine scade il 31 di questo mese, ma il problema è che la cooperativa sta chiudendo, senza dirci in che modo, non abbiamo al momento nessuna notizia. Il presidente non si sa bene se c’è ancora, chi sia, quello che c’era fino ad un anno fa si è dimesso ed è entrato come socio in un’altra cooperativa, tra l’altro spostando tutti i contatti, i numeri di telefono e gli uffici in quest’ultima. Non ci è stato riferito niente, se non di mandare una pec nel quale richiedevano la quota.
Vorrei sapere se c’è un modo per non perdere questi soldi.

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative di produzione e di lavoro il socio lavoratore può essere onerato di versamenti necessari al mantenimento della struttura sociale, a condizione che tale obbligo non sia fittiziamente destinato a coprire riduzioni illecite della retribuzione.
Occorre, pertanto, verificare se i versamenti di cui si tratta siano realmente commisurati alle spese generali della Società.
La prospettata “latitanza” degli amministratori rende alquanto sospetto il loro operato, sicché è consigliabile che il lavoratore invii una richiesta di messa in mora, non solo in riferimento alla restituzione delle somme (qualora non siano state già interamente destinate alla copertura di perdite), ma anche sullo stato della gestione della Cooperativa.
Nel caso di mancata risposta il socio lavoratore può denunciare i fatti al locale Ispettorato del Lavoro e alla Vigilanza Cooperative presso il MISE.

Quesito del 07/01/2021

Buongiorno Avvocato, sono iscritto ad una cooperativa edilizia srl. Il mio quesito è molto semplice.
Ho chiesto il libro soci ed il Presidente ad una mia prima richiesta mi ha risposto che per problemi di apparecchiature non poteva scannerizzare il libro e mandarlo via e-mail , ad una seconda richiesta ha detto che per fotocopiarlo e spedirlo vi sono spese, poi ad un’altra richiesta dove mi accollava tutte le spese di riproduzione e spedizione mi ha detto che il libro soci non può lasciare la sede della cooperativa e che per motivi di privacy non può rilasciare copia. Se voglio posso solo e solamente visionarlo.
Però Lei capisce che avere una copia è diverso da visionarlo presso la sede della cooperativa che poi è lo studio del commercialista e non poter nemmeno trascrivere dati di interesse. Ho capito solo che non ha intenzione di darmi copia del libro.
Quello che Le chiedo è se il Presidente della Cooperativa è obbligato a darmi copia del libro, se si in base a quale norma o è come ha comunicato che posso solo visionarlo?

Risposta al quesito:
Certamente il socio ha diritto di esaminare il libro soci e tale attività può compiere anche con l’ausilio di un professionista.
L’esame del libro sociale consente di assumere eventuali appunti su quanto esaminato.
Nel caso di irregolarità e di conseguente contenzioso, il socio può chiedere la consulenza tecnica ovvero l’esibizione del Libro in giudizio ed anche il deposito delle relative copie.

Quesito del 04/01/2021

Il Comune dove risiedo chiede al giudice civile, con ricorso ex art 702 bis c.p.c., il diritto di rivalersi su 40 soci di cooperativa edilizia srl (Cooperativa sciolta nel 2015) ed essere manlevato e restare indenne, in virtù di convenzioni e dell’art. 35 l. 665/71, dai costi per indennità di occupazione delle aree concesse (i proprietari del terreno espropriato vinsero una causa nel 2009 – Sentenza di appello prima e di Cassazione poi, con condanna in solido tra cooperativa e Comune).
Premetto di aver acquistato l’immobile in cooperativa avendo versato tutto quanto richiesto dal piano contabile. Nel rogito datato 2004 nulla è scritto circa eventuali obbligazioni per indennità di espropriazione. Non ho mai avuto copia né mi è stata mai notificata alcuna convenzione o statuto della cooperativa.
Orbene, che tipo di tutela posso avere (si parla di circa 800.000 euro di indennità per cui pro quota sarebbero circa 20.000 euro, insomma una somma sproporzionata se si pensa che all’epoca acquistai una casa di edilizia popolare). Dimenticavo… nell’atto di assegnazione, risultiamo siamo io e mia moglie (50% e 50%) ma nel ricorso presentato dal Comune al Tribunale il citato sono soltanto io, con la conseguenza che in caso di condanna dovrei rispondere soltanto io. Cosa potrei fare?

Risposta al quesito:
Gli oneri di concessione dell’area 167 in cui si insedia l’edificio abitativo della Cooperativa concessionaria, sono obbligazioni “propter rem”, cioè inseguono il bene materiale, sicché di esse rispondono i proprietari dei singoli alloggi dell’edificio medesimo.
A ciò si deve aggiungere che nel rogito di assegnazione definitiva dell’alloggio, il notaio ha certamente menzionato l’atto di Convenzione.
Ai fini della “tutela” verso il Comune, occorre verificare la Sentenza di condanna, anche se si può presumere che essa sia stata comminata a titolo di risarcimento del danno per occupazione illegittima del terreno.
Ciò posto, una parte dell’importo ricade sul Comune in quanto responsabile per mancato controllo, sicché il convenuto può formulare l’eccezione al fine di avere una riduzione dell’importo dovuto.
Ancora nell’ambito della tutela occorre verificare se il socio ha versato alla Cooperativa l’importo del prezzo del terreno e se il Comune ha omesso l’attività di recupero presso la Società.

Quesito del 04/01/2021

Gent.mo avvocato, faccio parte d una cooperativa edilizia a proprietà divisa e senza contributo statale che ha realizzato tre diversi lotti. Il primo è una palazzina di 5 appartamenti, il secondo una villetta bifamiliare e il terzo una casa singola (o villa singola). Per la realizzazione sono stati sottoscritti con il medesimo costruttore tre diversi contratti, con importi diversi, ma il capitolato di tutti i lotti (senza distinzione di tipologia) è il medesimo. La cooperativa ha sottoscritto un unico mutuo ed ha operato utilizzando un solo conto corrente.
Ora al momento della definizione dei costi ci siamo resi conto che le tre tipologie di alloggio hanno un costo di costruzione diverso (per costo di costruzione intendo esclusivamente quello della realizzazione fisica del manufatto). In particolare il costo al mq. degli appartamenti nella palazzina risultano superiori a quello della villa singola. In nessun caso sono state apportate migliorie al capitolato.
Il quesito pertanto è il seguente: è possibile che un socio debba sostenere un costo al mq. diverso da altri? Non risulta violato il principio mutualistico?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative edilizie vige il principio della parità di trattamento dei soci, relativamente alla prestazione mutualistica resa dalla Cooperativa (assegnazione dell’alloggio).
Da quanto precede consegue che ciascun socio deve versare il corrispettivo per l’assegnazione commisurato al valore effettivo dell’alloggio che riceve.
Se la Cooperativa ha realizzato tipologie costruttive diverse con costi diversi, è conseguenziale che ciascun assegnatario versi il prezzo effettivo dell’immobile a lui assegnato, purché il calcolo venga eseguito con i medesimi criteri per tutte le tipologie costruttive e per tutti gli assegnatari (parità di trattamento).

Quesito del 20/12/2020

Buongiorno Avvocato, sarei intenzionato ad entrare in una cooperativa edilizia per l’assegnazione di alloggio in quanto potrei sfruttare i requisiti di appartenenza alle forze dell’ordine. La cooperativa mi ha proposto un alloggio con locazione con patto di futura vendita chiedendomi l’anticipo della maxi rata di 50.000 Euro.
La mia domanda è al termine del quindicesimo anno se la cooperativa fallisce rischio di perdere la quota e la proprietà dell’immobile e chi dovrebbe stipulare dal notaio o atto di asseverazione se la cooperativa fallisce?

Risposta al quesito:
Il contratto di locazione con patto di futura vendita va trascritto nei Registri Immobiliari, sicché, trattandosi di prima casa (condizione necessaria), nell’ipotesi di fallimento sopraggiunto della Cooperativa, il Curatore/Commissario liquidatore non può sciogliersi dal contratto come a lui normalmente consentito dall’art.72 della Legge Fallimentare.
Il socio assegnatario deve essere in grado di provare i versamenti eseguiti (la certezza è data dai bonifici bancari, mentre a nulla servono le ricevute firmate dal presidente della Società), sicché deve munirsi della necessaria documentazione in tempo utile (le Banche possono non avere la documentazione per il lasso di tempo trascorso).
Al socio, tuttavia, possono essere richiesti i versamenti che nel corso degli anni sono stati deliberati dall’assemblea dei soci (sono vincolanti anche le quote di costo di un programma seppure genericamente approvato).
Il socio deve curare che la trascrizione sia rinnovata dopo il decennio.

Quesito del 19/12/2020

Spettabile Studio volevo porre questo quesito: È nullo il contratto di vendita di un immobile commerciale in una zona 167 per l’edilizia economica e popolare dove il piano di zona comprendeva solo attrezzature sociali, tra una cooperativa edilizia a scopo mutualistico con contributo erariale e una società di terzi non soci, in cui detta cooperativa ha anche passato il mutuo dell’immobile alla società terza?

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare se l’area 167 sia stata assegnata con Bando o meno, posto che, nel caso affermativo, la Convenzione ex art. 35 L. 865/71 vincola l’uso dell’area medesima alla Cooperativa assegnataria e prevede l’inalienabilità a favore di terzi.
In assenza di Bando pubblico, può accadere che la Cooperativa possa cedere l’area ad altra Società con l’impegno dell’osservanza dei vincoli per le aree PEEP, ma in tal caso è necessaria la preventiva autorizzazione amministrativa dell’Ente concedente.
La violazione delle normative sull’assegnazione e la gestione delle aree 167 comporta la nullità degli atti di cessione, in quanto eseguiti contro legge.