Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 18/05/2024

Egregio avvocato, senz’altro si ricorderà della mia vicenda che bene o male sta arrivando a termine nonostante i costi lievitati e l’impegno che mio figlio dovrà garantirmi il mutuo e spalmarlo in 25 anni per rendere possibile la cifra.
La domanda è questa: posso io far valere il diritto al risarcimento danni verso quei soci che non prendendo il prestito richiesto per non mettere in difficoltà la Cooperativa e così proseguire i lavori previsti (sottoscritto e firmato da tutti in pubblica assemblea per circa 80.000 euro)?
Essendo stato richiesto nel 2018, siamo ancora in tempo?
Inoltre, firmando l’accordo ancillare, possono precludersi il tutto?

Risposta al quesito:
I quesiti e le risposte sono anonime, sicché non esiste alcuna ipotesi di “ricordo” o collegamento automatico a precedenti richieste.
Ciò posto, occorre verificare preliminarmente il nesso di causalità del danno, che nel caso di specie dovrebbe risalire direttamente alla Cooperativa e solo mediatamente ai soci inadempienti.
Si deve altresì verificare se esistono deliberati sociali non opposti, che hanno consentito le operazioni finanziarie ovvero le acquiescenze sulla relativa mancata attuazione.
Dopo tutte le approfondite verifiche, se sussistono i presupposti dell’azione risarcitoria, si deve controllare il decorso prescrizionale che è di dieci anni dall’insorgenza del danno.

Quesito del 09/05/2024

Sono socia di una Cooperativa in liquidazione che ha un debito verso il Comune.
I soci della Cooperativa (me compresa) hanno versato il 50% dell’importo dovuto per poi cessare i pagamenti dal 2016. Negli anni successivi si è deliberato di continuate la sospensione dei pagamenti e di attendere la prescrizione della controversia nel 2026.
La scrivente nel 2017 ha venduto il suo immobile congelando (registrato in rogito) una cifra che copre la propria quota di debito.
Le chiedo: mi è possibile recedere dalla Cooperativa versando la mia quota di debito nel fondo liquidazioni della Cooperativa stessa?

Risposta al quesito:
La Cooperativa ha il debito verso il Comune e il credito di pari importo verso i soci.
Sussistendo la succitata pendenza finanziaria, il recesso del socio può essere possibile esclusivamente mediante un accordo raggiunto con la Cooperativa ratificato da un deliberato assembleare.
Nell’accordo potrebbe prevedersi la disponibilità del socio che recede a garantire l’eventuale maggiorazione debitoria per spese sostenute dalla Cooperativa e, comunque, il pagamento del residuo debito sociale verso il Comune se dovesse risultare dovuto.
Si dovrebbe trattare sulla garanzia di solvibilità per le eventuali esposizioni future.

Quesito dell’08/05/2024

Egregio avvocato, ho acquistato un appartamento in diritto di superficie. La Cooperativa costruttrice ha assegnato al venditore l’immobile con rogito notarile nel 2018.
Il giorno del mio acquisto (2022) il notaio mi disse che io non ero obbligato a diventare socio della Cooperativa in quanto la stessa aveva assegnato gli appartamenti con rogito notarie e andava chiusa. Il presidente della Cooperativa mi comunica che la stessa non si può chiudere perché ha delle problematiche amministrative con il Comune.
Adesso il venditore vuole uscire dalla Cooperativa e far entrare me, io vorrei non entrare per non incorrere in eventuali problemi pregressi che ha la Cooperativa.
Sono obbligato ad entrare in Cooperativa? L’atto con il quale ho acquistato il diritto di superficie può essere nullo per quanto descritto sopra?

Risposta al quesito:
Trattandosi di edilizia convenzionata la Cooperativa è sottoposta al controllo del Comune che ha assegnato l’area, in relazione alla destinazione degli alloggi.
E’, dunque, probabile che, a seguito dei controlli, il Comune abbia rilevato la non corrispondenza tra l’attuale proprietario dell’immobile e l’originario assegnatario (presumibilmente la vendita è stata infraquinquennale).
Se così fosse l’atto sarebbe nullo e di ciò ne risponderebbe sia il notaio che lo stesso venditore.
Non sussiste alcun obbligo di entrare in Cooperativa, ma si può concordare una soluzione con tutte le parti, ivi compresa la stessa Società, in modo da lasciare indenne il “secondo acquirente” che diviene socio.

Quesito del 03/05/2024

Egregio avvocato, Le scrivo a distanza di quasi 1 anno per porle un nuovo quesito in questa storia infinita che ci vede soci di una cooperativa sociale edilizia a proprietà indivisa di cui siamo soci in stato di avanzamento dal 2019.
La Cooperativa prevede due tipologie di soci, quelli in sal e quelli a mutuo. I lavori sono stati eseguiti appunto mediante la sovvenzione dei soci in sal e ad un finanziamento bancario. Nel corso del 2022 c’era stato richiesto un aumento del 10% rispetto al costo inizialmente previsto per terminare i lavori.
Benché le abitazioni dei soci in stato di avanzamento fossero più complete rispetto a quelle dei soci a mutuo, abbiamo accettato l’aumento in una ottica di cooperativa e a fronte delle sole abitazioni interne terminate 6 mesi fa abbiamo provveduto a saldare tutto l’importo richiesto, comprese le quote associative. L’aumento richiesto è stato tra l’altro lo stesso benché alcune abitazioni avessero un costo iniziale diverso. Da 5 mesi, ma solo dopo aver saldato tutto, siamo entrati nell’abitazione con contratto a comodato d’uso gratuito, in attesa che si terminassero i lavori e si procedesse al successivo frazionamento e agli accolli per i soci con mutui e al rogito per i sal. Ci viene di recente detto invece che i lavori sono rallentati perché sembrano essere finiti i fondi. Mancano ancora il completamento degli spazi in comune e dei box.
Con tale motivazione ci viene chiesto un ulteriore aumento del 8% per completare i lavori e procedere così al frazionamento e agli accolli che la banca al momento ha rifiutato perché le opere non risultano terminate al 98%.
Vengo al punto. Nel caso in cui non tutti i soci accettassero, e non si procedesse al completamento nel tempo richiesto dalla banca, ci sarebbe il rischio anche per noi sal di vederci togliere la casa?
Immagino che per concedere il prestito la banca abbia ipotecato tutti gli immobili. Le chiedo scusa della lunghezza, ma siamo molto agitati per la situazione che si sta creando.

Risposta al quesito:
La complessità della situazione esige un approfondimento mediante la verifica di tutti gli atti contrattuali, quelli intercorrenti tra i soci e la Cooperativa e quelli tra quest’ultima e l’impresa esecutrice dei lavori.
Occorre, quindi, analizzare la responsabilità dei ritardi e la fondatezza dell’aumento richiesto.
Ciò posto, gli immobili sono ancora nella proprietà della Cooperativa, sicché risultano esposti all’aggressione dei creditori ovvero della eventuale Procedura di Liquidazione Coatta.
L’unica tutela immediata e possibile è quella di citare la Cooperativa ex art. 2932 c.c. e trascrivere la domanda, in modo da impedire le predette “aggressioni”.
Occorre, però, verificare preventivamente tutti i presupposti di fatto e di diritto che consentono di ricorrere alla predetta disposizione sulla esecuzione coattiva degli obblighi contrattuali (la trascrizione della domanda giudiziale anticipa gli effetti del trasferimento della proprietà verso i terzi).

Quesito del 03/05/2024

Egregio avvocato, i soci (ad oggi ex soci) sono tutti assegnatari in proprietà degli alloggi dal 2012 (assegnati in godimento nel 2006 al momento del fine lavori), quando la Cooperativa era “in bonis”. La Cooperativa è stata commissariata nel 2018 (con relativa sospensione dei contributi pubblici) e posta in L.C.A. a novembre 2023.
Il Commissario Liquidatore ha chiesto la riattivazione del contributo pubblico senza motivarla. Il MIT ha autorizzato la riattivazione del contributo pubblico in favore della sola Cooperativa e nell’interesse della massa creditoria. Nell’atto di assegnazione del 2012 (Cooperativa in bonis) si fa preciso riferimento al contributo pubblico “concesso solo formalmente alla Cooperativa che deve corrisponderlo pro quota agli assegnatari degli immobili (i soci)”.

Risposta al quesito:
Per la precisione della risposta è necessario verificare le cause del provvedimento amministrativo liquidatorio, in particolare se dovute alla morosità dei soci.
Ciò posto, si deve osservare che, da quanto enunciato nel quesito, il contributo pubblico è stato concesso per agevolare i soci nell’acquisto degli alloggi, sicché se questi ultimo risultano in tutto adempienti hanno diritto a ricevere il contributo che non può essere distolto dalla sua destinazione.
Occorre, però, individuare bene le responsabilità del dissesto della Cooperativa, in quanto se riconducibili ai soci, direttamente o indirettamente, avendo gli stessi ricevuto la prestazione mutualistica, il contributo può essere dirottato al ceto creditorio.
In ogni caso, sussistendo l’atto amministrativo, occorre impugnarlo, previa attenta verifica dei presupposti di diritto.

Quesito dell’01/05/2024

Da pochi mesi sono assegnataria da cooperativa a proprietà divisa di appartamento in edilizia convenzionata. Per una serie di motivi personali vorrei rivenderlo senza attendere i cinque anni previsti dalla convenzione per lo scioglimento anticipato dei vincoli. Lo rivenderei a persone che hanno i requisiti per poter accedere a tale edilizia.
Ammesso sia fattibile, il prezzo lo stabilirà il Comune?
Potrebbe esserci la rivalutazione Istat del prezzo del rogito?
Considerando tutti i lavori extra capitolato, mobili, ecc, l’importo potrebbe stabilirsi a trattativa privata ma inserito ugualmente nel rogito?

Risposta al quesito:
L’edilizia convenzionata in diritto di superficie sconta il vincolo dei cinque anni per la cessione successiva alla prima assegnazione.
Sussiste anche il vincolo del prezzo massimo di cessione, che può, tuttavia, essere riscattato dal proprietario mediante la procedura prevista dalla normativa, consistente nel pagamento di una somma calcolata dal Comune e l’integrazione della Convenzione ex art. 35 L. 865/71 mediante atto notarile.
Dopo il riscatto, il prezzo dell’immobile non è più sottoposto a vincoli.
Il prezzo massimo di cessione è quello previsto nel Quadro Tecnico Economico relativo al progetto finanziato; il prezzo viene rivalutato dalla data del rogito secondo specifiche previsioni di legge.