Sono amministratore di un Condominio, ex cooperativa, formato da 40 unità abitative e nel quale al piano terra sono stati realizzati dei locali commerciali assegnati per 1/40 agli originari proprietari.
Fino a qualche anno fa i contratti di locazione relativi a tali locali venivano sottoscritti dall’amministratore del condominio cooperativa, oggi, invece, a seguito dello scioglimento della cooperativa, l’Agenzia delle Entrate vuole la sottoscrizione del contratto da tutti i 78 proprietari, qualche condomino però ritiene che invece possa sottoscriverlo io amministratore perché nel regolamento condominiale tali locali sono indicati al pari delle parti comuni come condominiali, nonostante negli atti notarili, invece, essi siano indicati solo come locali in comproprietà.
Chi ha ragione?
Risposta al quesito:
Deve ritenersi che i locali commerciali cui fa riferimento il quesito costituiscano beni in comunione tra gli originari soci, a seguito dell’avvenuta assegnazione pro quota, piuttosto che parti comuni dell’odierno condominio. E’, pertanto, alla disciplina della comunione ordinaria che bisogna fare riferimento.
Nello specifico, la stipula del contratto di locazione del bene comune, rientrando tra gli atti di ordinaria amministrazione (purché non ecceda il termine di nove anni), può essere sottoscritta anche da uno solo dei comproprietari, dovendosi presumere il consenso degli altri. Gli stessi comproprietari possono, altresì, dare espresso mandato ad un terzo ai fini della stipula del contratto in nome e per conto loro (il terzo può essere anche l’amministratore condominiale).
Non appare, invece, applicabile la normativa condominiale, nonostante il Regolamento condominiale includa i suddetti locali tra le parti comuni. Ciò in quanto la giurisprudenza è orientata nel ritenere che il regolamento non costituisca un titolo di proprietà, avendo semplicemente la funzione di disciplinare l’uso della cosa comune e la ripartizione delle spese.
Peraltro, la natura condominiale dei beni in questione non potrebbe nemmeno presumersi da circostanze di fatto, poiché dalla descrizione fatta nel quesito non emerge la natura strumentale dei locali rispetto alle abitazioni né l’eventuale funzionalità degli stessi al servizio dell’intero edificio.
L’unica eccezione a quanto precede potrebbe verificarsi qualora il Regolamento sia di tipo contrattuale, ossia approvato dai condomini all’unanimità ovvero sia imposto nell’atto di acquisto di tutti i condomini.
In tal caso è ipotizzabile che lo stesso Regolamento annoveri tali locali tra le parti comuni dell’edificio condominiale, con le relative conseguenze giuridiche (l’Assemblea potrebbe deliberare la locazione di tali immobili e l’Amministratore sarebbe legittimato a sottoscrivere i relativi contratti, quale legale rappresentante del Condominio).