Quesito del 25/08/2021

Spett.le avv. Cannavò, faccio appello alla sua indiscussa competenza in materia per ricevere un suo parere su di una grave situazione.
Alcune società cooperative edilizie si erano consorziate per conseguire il loro scopo istitutivo, e conclusa la fase edificatoria, dopo aver assegnato tramite il consorzio gli appartamenti ai soci, originari o subentrati, si sono sciolte, lasciando il consorzio in liquidazione a gestire gli adempimenti rimasti ed a consegnare al comune le strade del comprensorio e le aree a verde. Naturalmente sono stati costituiti alcuni condomìni per la gestione delle palazzine del comprensorio.
Molti assegnatari hanno venduto con atto pubblico l’appartamento loro assegnato, senza tener conto che, rimanendo soci, avrebbero dovuto continuare a rispondere personalmente ed in maniera solidale ed illimitata delle obbligazioni assunte dal consorzio. L’ultimo presidente del consorzio in liquidazione non si è mai preoccupato di tenere aggiornato l’elenco dei soci, e non ha mai convocato formalmente né i soci viventi né gli aventi causa iure hereditatis dei soci defunti alle assemblee per l’approvazione dei bilanci, limitandosi a mettere degli avvisi in tutte le cassette postali dei condòmini presenti nel comprensorio, così configurando la nullità delle assemblee e delle relative delibere.
A causa di tutta una serie di irregolarità continuate per molti anni, il consorzio è stato infine sciolto dal MISE, che ha nominato un commissario liquidatore. Quest’ultimo, evidentemente non ferrato né in diritto civile né in diritto penale, senza preoccuparsi neanche lui di individuare i soci viventi e gli aventi causa iure hereditatis dei soci defunti, avvalendosi della sua qualifica di pubblico ufficiale, ha chiesto agli amministratori dei condomìni di far pagare indistintamente a tutti i condòmini presenti nel comprensorio i debiti del consorzio, e tale iniziativa nei confronti degli amministratori potrebbe aver configurato la fattispecie prevista dall’art. 317 del Codice Penale. Inoltre il comportamento degli amministratori che hanno avanzato l’indebita pretesa nei confronti dei condòmini che non erano soci e che non lo erano mai stati (alcuni dei quali ultrasessantacinquenni) potrebbe aver evidentemente configurato la fattispecie prevista dall’art. 629 del Codice Penale.
Gradirei conoscere il suo parere, evidentemente di massima, per uscire da questa incresciosa situazione.

Risposta al quesito:
Il Consorzio è organismo di secondo grado, nel senso che esso è composto esclusivamente da soci persone giuridiche, nel caso di specie le società Cooperative.
Ciò posto non si comprende come gli amministratori consortili abbiano richiesto versamenti ai condomini, quali ex soci delle Cooperative, di cui, peraltro si rappresenta l’avvenuta estinzione.
Occorre, pertanto, verificare quale sia il titolo in base al quale sono state eseguite le contestate richieste di versamento.
Per quanto riguarda le ipotesi di reato, esse sembrano improbabili, anche se non non si possono escludere in linea di principio.
Occorre, infatti, verificare se in atti vi sia un titolo obbligatorio attribuibile ai soci ovvero ai proprietari degli immobili, ciò al fine di potere ragionevolmente affermare l’illiceità della richiesta dei versamenti.