Quesito dell’11/12/2015

Volevamo un consiglio in merito a queste problematiche sorte nella fase di verifica di un bilancio di una cooperativa edilizia a r.l. per capire se queste problematiche possono essere punti per l’impugnazione della delibera di approvazione:
1) mancata costituzione della riserva legale secondo statuto. La bozza di bilancio , non affronta la costituzione della riserva legale secondo statuto. Infatti le quote versate da un soci, esclusivamente in conto gestione, non sono state rimborsate alla medesima che si è dimessa nel 2004;
2) mancato ripianamento delle perdite degli anni precedenti al 2013 con i versamenti in conto gestione: Il CDA in carica propone di effettuare il ripianamento delle perdite anni 2010-2011 e 2012 mediante l’utilizzo della riserva legale costituita con le quote non restituite dei soci versamenti in conto gestione e conto costruzione. Secondo noi il ripianamento delle perdite, deve essere effettuato, come già deliberato, nell’anno di chiusura e di approvazione del bilancio, esclusivamente con versamenti effettuati dai soci in conto gestione ( ora iscritti nel conto debiti versamenti c/soci). Le risorse da utilizzare per il ripianamento delle perdite sono già state definite nelle delibere di approvazione del bilancio, ma non è stata data chiarezza e trasparenza contabile;
3) mancato ripianamento delle perdite mediante la definizione delle quote non versate dei soci. Da una ulteriore analisi dei verbali delle assemblee dei soci sono state riscontrate delibere di approvazione delle attività con richiesta di versamenti ai soci, versamenti ancora non effettuati. Si ritiene pertanto che nel procedere al ripianamento della perdita di un esercizio si debba prima utilizzare i versamenti deliberati (tutti, versati e non versati), poi richiedere eventuali altri versamenti a totale copertura della effettiva perdita conseguita, ripartita in capo a tutti i soci. Per i versamenti non effettuati si deve procedere al loro recupero mediante invito ad adempiere e/o attraverso puntuale azione legale. Non è accettabile che i soci adempienti rispetto ai versamenti deliberati siano ulteriormente gravati da quote che sono esclusivamente a carico dei soci inadempienti
4) La quota di sovrapprezzo viene definita nel 2014 senza un aumento di capitale e solo per i soci subentrati nel 2013.

Risposta al quesito:
L’impugnativa del bilancio delle Società e, in particolare, della Cooperative richiede l’attento esame preventivo di tutta la documentazione e delle circostanze che hanno caratterizzato la gestione amministrativa.
In ragione di quanto precede, la risposta ai quesiti deve ritenersi di ordine generale, nonché fondata su ipotesi di scuola, che potrebbero rivelarsi non aderenti alla fattispecie concreta.
Ciò posto, in ordine alle diverse domande, si ritiene:
1) La mancata costituzione della riserva legale è certamente motivo di impugnativa del bilancio, stante la violazione dell’obbligo specifico previsto dallo Statuto e dalla Legge. Occorre, tuttavia, verificare l’aspetto quantitativo della violazione, ciò al fine di valutare l’opportunità dell’azione; ed, inoltre, occorre verificare la ratio dell’omissione, individuando l’interesse degli amministratori;
2) Il ripianamento delle perdite viene imposto agli amministratori dal codice civile e, pertanto, essi incorrono in una grave violazione se non vi provvedono. Nelle Cooperative Edilizie il ripianamento avviene in diversi possibili modi , tutti sottoposti all’assemblea dei soci. Sul presupposto che le  perdite siano derivate dal disavanzo di gestione, risulta evidente che esse debbano essere coperte mediante l’utilizzo del fondo gestione, appositamente istituito con il piano dei conti. Il fondo gestione viene alimentato dai versamenti dei soci deliberati dall’assemblea o, comunque, disposti dal cda; è chiaro che la “copertura delle perdite” debba utilizzare il fondo iscritto nel passivo del bilancio, ciò indipendentemente dal fatto che alcuni soci non abbiano ancora effettuato i versamenti relativi al fondo medesimo; tali mancati versamenti, infatti, essendo crediti della Società verso i soci, sono iscritti nell’attivo del bilancio. Se, dunque, il fondo soci è capiente per la copertura delle perdite, non occorre che esso venga ulteriormente incrementato da altri versamenti dei soci. Va ribadito che, in linea teorica, potrebbe accadere che l’assemblea deliberi il versamento di somme per il fondo soci, ma che nessun  socio vi provveda; in tal caso l’importo complessivo verrebbe iscritto nel passivo come fondo soci, mentre nell’attivo verrebbe riportato l’importo di egual misura, quale credito verso i soci; egualmente gli amministratori potrebbero, se autorizzati dall’assemblea, coprire le perdite utilizzando il fondo soci; questi ultimi resterebbero debitori della Cooperativa.
3) E’ certo che per ripianare le perdite si debba attingere esclusivamente ad una posta del passivo (fondi, capitale, debiti, etc…) ciò in quanto le perdite vengono riportate all’attivo patrimoniale (equilibrano il disavanzo generato dal maggior valore delle passività), sicché gli amministratori devono attingere con priorità alle voci del netto o del passivo lecitamente utilizzabili e, in alternativa necessaria richiedere i nuovi versamenti in fondo gestione ovvero in aumento di capitale.
4) I soci inadempienti nei versamento sociali devono essere messi in mora e successivamente può essere intrapresa l’azione legale (con i poteri derivanti dallo Statuto ovvero da specifica assemblea).
5) Nelle Cooperative vige il principio della parità di trattamento dei soci, sicché non è legittimo che vi siano soci morsi che gravano sui soci adempienti.
6) Il termine sovrapprezzo non sembra adeguato al caso ipotizzato, in quanto appare pertinente al valore delle quote detenute da ciascun socio. Si deve ritenere che il predetto termine sia riferito al prezzo di assegnazione dell’alloggio, che, tuttavia, non può essere aumentato in forza di obbiettivi speculativi, posto che la Cooperativa è retta dai principi mutualistici. Può, viceversa, accadere che per compensare la lievitazione dei costi, la Cooperativa richieda una tassa di ammissione commisurata al valore del denaro all’epoca dell’ammissione del socio (da commisurare alle variazioni Istat).

Quesito del 09/12/2015

Cercherò di essere il più conciso e chiaro possibile.
Ho acquistato da un socio di una cooperativa un appartamento, situato in un contesto di più palazzine, su cui gravava una convenzione col Comune; convenzione che prevedeva l’esecuzione di alcuni lavori al fine del rilascio dell’agibilità che era venuta meno per irregolarità. Ora i lavori sono terminati e l’agibilità è stata rilasciata.
Per queste attività ho partecipato, in parte, alle spese sostenute dalla Cooperativa in quanto il vecchio proprietario, ad un certo punto, e ben dopo aver venduto, non ha volute più pagare. Ho ritenuto corretto partecipare alle spese, pur non essendo socio, consapevole del valore aggiunto che l’appartamento avrebbe maturato.
Ora la Cooperativa è in liquidazione e l’Ammistratore della stessa Cooperativa ritiene che le singole palazzine DEBBANO acquistare la quota parte di terreni e strade di percorrenza situate all’interno del complesso abitativo. La valutazione economica di tale vendita è stata fatta dall’Amministratore stesso, in piena autonomia. L’Assemblea di Condominio, chiamata a decidere in merito, ha rifiutato l’acquisto.
Ora la Cooperativa ha avviato una procedura di mediazione indicando che se anche questa dovesse fallire ci citerà in giudizio per obbligarci ad acquistare comunque. Secondo Lei è corretto il comportamento tenuto? Preciso che la Cooperativa è una SRL in liquidazione. Può il singolo condomino rifiutarsi di acquistare?
Avevo proposto di trasferire le proprietà a costo zero (accollando alle singole palazzine le sole spese fiscali e tecniche) ma mi è stato detto che la Società non può vendere senza alcun introito.
Sinceramente mi sembra un modo scorretto di provare a fare un pò di cassa a discapito dei NON soci!

Risposta al quesito:
Da quanto esposto sembra che la Cooperativa ha assegnato l’alloggio al socio, il quale a sua volta ha venduto al terzo acquirente che oggi propone il quesito.
Se così è, occorre verificare il contenuto dell’atto pubblico di assegnazione e quello successivo di vendita, in quanto potrebbe esserci un gravame oggettivo che impone la partecipazione ai costi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
In tal caso, l’obbligo di partecipazione ai costi sarebbe di tipo contrattuale e, quindi, obbligherebbe il proprietario attuale dell’appartamento.
Se, viceversa, negli atti pubblici non dovesse esistere alcuna obbligazione oggettivamente legata all’immobile, l’attuale proprietario  non sarebbe obbligato verso la Cooperativa.

Quesito del 06/12/2015

Mio fratello Antonio risiede in un appartamento, a proprietà indivisa, della Cooperativa omissis di Varese attualmente in concordato preventivo a causa dell’enorme debito accumulato in questi ultimi anni (circa trenta milioni di euro, sette milioni e duecentomila euro sono i risparmi depositati dai soci).
In venti anni ha versato alla stessa Cooperativa oltre centocinquantamila euro quale canone di godimento dell’alloggio; inoltre è anche socio prestatore avendo depositato nella stessa cooperativa ca. sessantamila euro (al momento non esigibili e con il rischio concreto di perderli tutti) con l’intento di utilizzare tale somma al momento della proposta di riscatto dell’appartamento.
La sera del 14 settembre u.s. rientrando a casa dopo dieci ore di duro lavoro trascorse in fabbrica ha ritirato dalla buca delle lettere una missiva della cooperativa all’interno della quale una comunicazione a firma del Presidente sollecitava il pagamento, entro dieci giorni, di euro 2.943,48 quali “oneri accessori” (?) al godimento dell’alloggio con l’avvertenza che nulla ricevendo avrebbero proceduto per via legale ignorando, nel contempo, che nei riguardi della stessa persona hanno un debito di sessantamila euro: spudorati!
Sono certo che ognuno di noi ha la capacità e la coscienza per poter esprimere, ancora una volta, in maniera razionale, un giudizio sul comportamento di questi “personaggi” e, nello stesso tempo, può rendersi conto di come la situazione, oramai anche a livello nazionale, peggiori di giorno in giorno ma, a mio avviso, fino a quando la “piovra” impunemente riuscirà ad utilizzare i suoi tentacoli per stritolare vigliaccamente i più deboli nessuno di noi potrà ritenersi sicuro di evitare un altro abbraccio mortale.

Risposta al quesito:
La situazione prospettata sembra, effettivamente, paradossale, ma occorre verificare tutte le circostanze per potere reagire adeguatamente.
Se, infatti, esiste una delibera di approvazione della richiesta di concordato preventivo, gli stessi soci ne devono subire le conseguenze, nel senso che essi stessi devono accettare che i loro crediti vengano congelati al pari di quelli di tutti gli altri creditori, ciò in attesa che si completi la procedura di concordato e si possa provvedere alla restituzione (in percentuale) dei crediti iscritti.
Per l’ordinaria attività sociale, viceversa, i soci sono tenuti a versare tutte le somme che siano legittimamente deliberate dall’assemblea.
Nel caso di specie, dunque, ciò che occorre verificare attiene alla legittimità delle spese pregresse, la cui portata ha, certamente, imposto il ricorso al concordato preventivo.
In particolare, sembra emergere la distonia dei così detti “prestiti”, posto che il loro regime deve essere sottoposto alle preventive autorizzazioni della Banca D’Italia, trattandosi di vera e propria attività finanziaria speculativa, che nulla ha da spartire con la mutualità cooperativa.
Occorre, inoltre, verificare la destinazione delle somme oggetto dei “prestiti”, in quanto potrebbero emergere elementi di responsabilità gestionale.
In tale ultimo caso, i soci potrebbero avviare azione risarcitoria nei confronti degli amministratori.

Quesito del 29/11/2015

Sono assegnatario di una coop a proprietà indivisa composta da 56 soci. La coop, nata nel 1980 grazie a un finanziamento in conto interessi dalla regione Puglia, ha finito di pagare il mutuo nel 2005.
Nel 2010 la coop. è stata oggetto di una sanzione di circa 300.000,00 € dalla Regione Puglia perchè 5 soci avrebbero concesso in locazione l’immobile assegnatoli.
Ad oggi l’assemblea dei soci ha approvato il passaggio da proprietà indivia a divisa ma la Regione non ci concede il nulla osta finchè non versiamo il totale della sanzione.
Abbiamo chiesto il nulla osta solo per i soci in regola ma anche questo ci è stato negato. C’è una soluzione alternativa o siamo costretti a versare questa somma?
Se si sarebbe disponibile ad assisterci legalmente?

Risposta al quesito:
Dalle scarne informazioni fornite con il quesito, si può presumere che, a seguito della grave inadempienza dei cinque soci, l’Ente finanziatore ha revocato il contributo per gli alloggi agli stessi assegnati in via provvisoria e, conseguentemente, ha richiesto il rimborso delle somme  impiegate a titolo di contributo agevolato.
Da quanto precede, appare evidente che siano i cinque soci a dovere pagare l’importo e, pertanto, la Cooperativa dovrebbe agire nei loro confronti, lasciando indenni tutti gli altri soci.

Quesito del 15/11/2015

Abbiamo comprato una villetta in Coop nel 2011 con rogito nel 2012 in Sicilia a nome di mio figlio come prima casa. Adesso lui si è trasferito a Roma per lavoro e vorrebbe comprare la sua effettiva prima casa.
Potrebbe chiedere il nulla osta alla Regione per motivi di lavoro (perché farebbe la residenza a Roma) e cedere la villetta a noi genitori con l’accollo del mutuo prima dei 5 anni?
Se la risposta è negativa questa richiesta dell’accollo si potrebbe fare dopo i 5 anni? E chi dovrebbe indirizzarmi in tutto questo? Ho chiesto al notaio.alla lega Coop e in banca ma nessuno ha saputo darmi risposte certe.
Potrei rivolgermi al venditore cioè il costruttore che ha formato le Coop? 

Risposta al quesito:
Per poter vendere l’immobile prima del decorso dei cinque anni dall’assegnazione, occorre ottenere l’autorizzazione dell’Ente Regionale preposto, a cui va indirizzata apposita richiesta contenente  le motivazioni che giustificano la vendita anticipata.
L’accollo del mutuo da parte degli acquirenti, invece, è subordinato al consenso della Banca mutuante, normalmente espresso nello stesso atto di vendita dell’immobile.
Sotto il profilo fiscale va poi rilevato che la cessione infraquinquennale dell’abitazione principale comporta la decadenza dalle agevolazioni fruite al momento dell’acquisto.
Per ovviare a ciò, è necessario che, entro un anno dalla vendita, l’alienante acquisti (anche in un altro Comune) un immobile da adibire a prima casa.

Quesito del 10/11/2015

Può un socio che fa parte di una coop edilizia a proprietà indivisa passare singolarmente a proprietà divisa?
C’è bisogno di una delibera del CdA a maggioranza? E nel caso non la si ottenga si può procedere per via giudiziaria a tale passaggio? Nel caso di specie la cooperativa edilizia pur sorta da 25 anni circa ancora non ha il certificato di abitabilità.
All’atto della richiesta di scioglimento della cooperativa alla Regione, che ha corrisposto un finanziamento a tasso agevolato estinto oramai da 10 e più anni, può essere questo un impedimento alla concessione dello scioglimento stesso?

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa ha ottenuto il finanziamento con il sistema della proprietà indivisa, la legge prevede che l’intera Cooperativa di possa trasformare a proprietà indivisa, se in tal senso è orientata la maggioranza dei soci (che, peraltro, deve trasformare lo Statuto sociale).
Se sussistono i requisiti e vi è il nulla osta dell’Ente Pubblico, la Cooperativa deve porre in essere diversi adempimenti, tra i quali il versamento dell’importo pari alla differenza tra il contributo per la proprietà indivisa e quello maggiore per la proprietà divisa.
La certificazione di abitabilità deve essere richiesta dagli amministratori al competente Ufficio Comunale, che la rilascia se sussistono le condizioni costruttive come assentite nell’atto di concessione edilizia.
Lo scioglimento della Cooperativa è subordinato alle previsioni dello Statuto sociale e normalmente viene eseguito con la nomina di un liquidatore che provvede a tutti gli adempimenti di legge.
La Regione ovvero il Ministero, possono sciogliere le Cooperativa esclusivamente in caso di anomalie amministrative.