Quesito del 16/02/2019

Sono socio di una Coop. a proprietà divisa. Nel 2009 abbiamo firmato una fideiussione con la banca a garanzia del mutuo ipotecario. Nel 2012 la costruzione è stata ultimata ed è stata accesa ipoteca sull’intero fabbricato dalla banca. Nel 2015 è stato fatto il frazionamento del mutuo, dopo varie problematiche e nel 2016 ho fatto il rogito ed accollato la mia porzione di mutuo.
Circa 9 soci hanno deciso di non pagare il mutuo ormai frazionato, pur occupando gli alloggi. Nel 2018 la banca ha intrapreso azioni legali contro la Coop prima pignorando e poi avviando esecuzione immobiliare dei soli alloggi su cui gravavano le quote di mutuo ancora in capo alla Coop.
La mia domanda è la seguente: se dopo la vendita all’asta la banca non incassa la quota residua di mutuo, ovvero circa 1 milione di euro, ma ne incassa 800 mila, può rivalersi ancora sulla fideiussione che all’epoca abbiamo firmato per la restante parte?
La fideiussione fu firmata per ottenere un prestito e a garanzia di un edificio ancora inesistente, ora l’edificio esiste, pertanto non sarebbe un eccesso di garanzia il rivalersi ancora sui fideiussori?

Risposta al quesito:
Occorre verificare il contratto fideiussorio e il termine della sua validità.
Con l’assegnazione degli alloggi e l’accollo del mutuo dovrebbe essersi concluso ogni rapporto tra l’assegnatario e la Banca, fatta eccezione per la quota di mutuo accollato.
In ogni caso si deve ritenere probabile che l’eventuale pretesa della Banca sia illegittima, in quanto la fideiussione avrebbe dovuto riguardare esclusivamente la quota del mutuo accollata dal socio.

Quesito del 16/02/2019

Ho acquistato casa facendo parte in qualità di socio, di una cooperativa edilizia senza scopi di lucro. A settembre 2018 abbiamo effettuato regolare rogito notarile che ci assegna la proprietà dell’immobile, all’atto del rogito abbiamo perso lo status di soci non facendo più parte della cooperativa. Nonostante ciò, la cooperativa continuava a fare alcuni lavori nelle pertinenze condominiali della palazzina. Le utenze luce e acqua (sono di cantiere) sono allacciate con unico contatore condominiale.
Volevo sapere che diritto può avere la cooperativa sul condominio, non essendo più nessuno dei condomini parte della cooperativa, a nominare l’amministratore in autonomia?
E a pretendere pagamenti vari delle utenze ancora intestate ad essa. (luce intestata alla ditta costruttrice, acqua intestata alla cooperativa edilizia)? Peraltro la cooperativa è in possesso ancora di alcuni denari ottenuti tramite la vendita di quattro box auto costruiti in avanzo rispetto a quelli previsti. Abbiamo diritto noi condomini a nominare un nostro amministratore e chiedere l’intestazione delle utenze (voltura) luce e acqua?
Premetto che sul rogito c’è scritto che perdiamo lo status di socio ma che la cooperativa non ha nulla a pretendere in futuro a livello economico dal sottoscritto.

Risposta al quesito:
Con l’assegnazione definitiva degli alloggi ai soci prenotatari sorge il Condominio, come per legge.
La Cooperativa che resti proprietaria di alloggi non ancora assegnati diventa un condomino che partecipa alle spese in proporzione dei millesimi di appartenenza.
La gestione del Condominio è affidata all’amministratore eletto dall’Assemblea dei Condomini, tra cui può esserci anche la Cooperativa se proprietaria di immobili.
La Cooperativa può richiedere il rimborso di costi dell’acqua e dell’energia elettrica in base all’effettivo consumo delle utenze da parte dei proprietari.
I Condomini possono richiedere l’allaccio diretto delle utenze.

Quesito del 15/02/2019

Socio di cooperativa a mutuo agevolato, formata da tre lotti,con terreni comprati dai soci. Un lotto riceve i finanziamenti per 32 appartamenti.
In sede notarile viene redatto il piano economico, dove si evince che il finanziamento, più contributo dei soci copre la spesa per gli appartamenti, più la sistemazione esterna.
Ultimati i lavori 2008 la ditta costruttrice fallisce. La curatela del fallimento della ditta, chiede alla cooperativa per mancati pagamenti di SAL oltre 500 mila € più more.
Nei rogiti, i soci tardivamente si sono accorti di aver sottoscritto l’impegno di saldare eventuali debiti. Come ci possiamo tutelare?

Risposta al quesito:
La curatela dell’impresa si può surrogare e agire direttamente verso i soci coobbligati con la Cooperativa a seguito della dichiarazione resa nell’atto pubblico.
I soci possono opporre alla curatela creditrice le medesime eccezioni opponibili dalla Cooperativa, in relazione alla consistenza del credito e alle eventuali decurtazioni per vizi e difetti costruttivi ovvero per ritardo nella consegna dei lavori o per lavori non eseguiti.

Quesito del 14/02/2019

Gentile avvocato, sono presidente di una cooperativa edilizia a proprietà indivisa, il CDA ha redatto un regolamento interno, approvato dall’assemblea dei soci a maggioranza.
Lo stesso al punto 17 recita: tutti i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, anche all’interno degli appartamenti, con esclusione dei balconi interni ed esterni vengono svolti e pagati dalla coop. in quanto proprietaria, con il canone mensile che i soci versano mensilmente, le spese relative, vengono ripartite tra i soci in quote paritarie.
Un socio lamenta il fatto che la Coop., in quanto proprietaria, deve accollarsi anche le spese relative ai balconi.
Può un regolamento escludere la MTZ dei balconi ed addebitarne le spesa di questi, ad ogni socio?

Risposta al quesito:
La Cooperativa a proprietà indivisa è proprietaria esclusiva dei beni (alloggi e pertinenze) concessi in uso ai soci assegnatari.
Il fabbisogno finanziario della Cooperativa è assicurato dai soci in base all’apporto da ciascuno dovuto in proporzione alle superfici occupate e dei servizi fruiti.
Se i balconi hanno dimensioni diverse per ciascun alloggio, in tal caso potrebbe essere giustificata la divisione dei criteri di contribuzione, per gli alloggi paritaria, per i balconi affidata a ciascun socio in ragione della diversa superficie.
Ciò che appare incomprensibile è che la manutenzione dei balconi sembra debba essere eseguita a cura di ciascun socio al quale appartiene l’uso, questo aspetto non sarebbe compatibile con la proprietà indivisa appartenente alla Cooperativa.

Quesito del 12/02/2019

Egregio avvocato, sono socio di una cooperativa edilizia a proprietà indivisa costituita tra appartenenti alle FF.AA assegnataria con distinti decreti di contributi ai sensi degli artt. 7, III co. Legge 492/75 e successive integrazioni e modifiche per un periodo di 35 anni a copertura del 4% degli interessi del mutuo erogati a decorrere dall’anno 2000.
La cooperativa ha contratto mutuo fondiario nel 1998 al tasso del 7,25% già restituito in 30 rate semestrali con ultimo versamento nel giugno 2013. Alcuni soci avrebbero espresso l’intenzione di trasformare la cooperativa a proprietà divisa con la relativa assegnazione ai soci in proprietà avvalendosi di quanto previsto dall’art. 18 della L. 179/1992.
Fatti salvi tutti gli adempimenti previsti nel citato art. 18 si richiede quanto segue:
1. come determinare la differenza da rimborsare all’Ente erogatore tra i contributi erogati alla data di assegnazione in proprietà e quelli previsti, fino alla stessa data, per le cooperative a proprietà individuale di cui al comma 3 dell’art. 18?
2. il diritto al contributo ancora in corso di erogazione, permane, eventualmente rimodulato sulla base delle percentuali previste per le cooperative a proprietà divisa, anche dopo la trasformazione oppure cessa all’atto della stessa (eventuale normativa di riferimento)?

Risposta al quesito:
I conteggi devono essere eseguiti dall’Ente finanziatore e terranno conto, oltre che della differenza di valore tra le due categorie di finanziamento anche degli interessi.
Dopo la trasformazione della Cooperativa a seguito di tutti gli adempienti di legge, il mutuo sarà residuo calcolato con gli interessi per il finanziamento a proprietà divisa.
La normativa è quella della L. 179 che si combina con la legge di finanziamento e il contratto di mutuo.

Quesito dell’11/02/2019

Sarei interessato a ricevere informazione per la costituzione di una cooperativa sociale mirata a persone svantaggiate nell’area nord della provincia di Napoli.

Risposta al quesito:
Il quesito fa riferimento alle cooperative sociali di tipo B, che svolgono attività volte alla formazione ed all’inserimento lavorativo delle “persone svantaggiate” ai sensi della Legge 381/1991.
Con tale ultima definizione si intendono “gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni”.
La summenzionata Legge regolatrice della materia stabilisce che le persone svantaggiate “devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa”.
Come specificato dall’INPS, le succitate condizioni personali devono risultare da attestazioni provenienti dalla Pubblica Amministrazione.
Lo stesso INPS ha anche chiarito che la predetta percentuale si riferisce ai soli lavoratori della cooperativa (con posizione previdenziale attiva), restando, quindi, esclusi i soci volontari (i quali, in ogni caso, non possono eccedere la metà della compagine sociale).
L’Istituto di previdenza ha, altresì, precisato che nella base di calcolo non vanno inclusi gli stessi lavoratori svantaggiati (la percentuale del 30% andrà, quindi, applicata non sul totale effettivo dei lavoratori, bensì soltanto su quelli non rientranti nella predetta categoria).
Inoltre, secondo le indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro, il suddetto vincolo numerico è da intendersi come media in un dato arco temporale e non come requisito necessariamente costante. E’ ciascuna Regione, infatti, a poter stabilire il periodo entro cui tale percentuale debba essere eventualmente ricostituita (qualora non sussista la normativa regionale, il periodo non può eccedere i 12 mesi).
Per quanto riguarda la costituzione della società, sono necessari l’atto notarile e l’iscrizione nel Registro delle imprese, nella sezione riservata alle imprese sociali, in quanto le cooperative sociali ed i loro consorzi assumono ex lege la qualifica di impresa sociale.
In ragione di ciò, la recente interpretazione normativa fornita dal MISE ha escluso che le cooperative in questione siano soggette al rispetto dei nuovi requisiti previsti in via generale per ottenere la qualifica di impresa sociale.
Tra i numerosi benefici di cui sono destinatarie le Cooperative sociali, oltre a quelli di natura fiscale (previsti in gran parte nel Codice del Terzo settore), si segnalano anche le agevolazioni contributive a fronte delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori appartenenti alla categoria delle persone svantaggiate.
In particolare, le aliquote contributive sono ridotte del 95% relativamente ai lavoratori detenuti ed internati, agli ex degenti degli ospedali psichiatrici giudiziari, ai condannati ed agli internati ammessi al lavoro all’esterno. Per le altre tipologie di lavoratori svantaggiati, le aliquote sono addirittura azzerate.
Si rileva, infine, che le cooperative in esame possono stipulare convenzioni con enti pubblici anche in deroga alla disciplina in materia di contratti con la Pubblica Amministrazione, seppur nel rispetto delle Linee guida fornite dall’ANAC.