Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 24/05/2018

Ho acquistato un villino da una cooperativa edilizia nel 2007 di cui ero socio. Con atto di assegnazione firmato anche dall’amministratore unico della Cooperativa, ne sono diventato proprietario.
La cooperativa, costituita da 1 amministratore e 3 soci, aveva appaltato i lavori di costruzione dei 4 villini (un villino è della cooperativa) ad una società di costruttori. Recentemente, a seguito di un allagamento, sono stati rilevati, da una CTU, alcune irregolarità nel mio giardino i cui lavori sono stati eseguiti appunto dalla società a cui la cooperativa ha appaltato i lavori per costruire gli immobili. Irregolarità che non potevo constatare al momento dell’acquisto in quanto vizi occulti.
Attualmente la ditta/società non esiste più! Immagino abbia dichiarato fallimento!
Posso rivalermi sull’amministratore unico della cooperativa? Ha qualche responsabilità?

Risposta al quesito:
Occorre, intanto, verificare la natura delle “irregolarità“, in quanto il regime giuridico è diverso a seconda che esse rientrino nei vizi inerenti alla rovina dell’edificio (art. 1669 c.c.) ovvero siano vizi costruttivi minori (art. 1667 c.c.).
E, poi, necessario controllare la data in cui i presunti difetti costruttivi si sono manifestati, in quanto entrambe le predette norme prevedono tempi di decadenza.
Nel caso di specie non sembra ci sia la possibilità di agire in via risarcitoria essendo trascorsi i tempi previsti per mla garnzia postukma del costruttore (dieci anni).
In ogni caso la responsabilità può essere attribuita alla Cooperativa, mentre per quanto riguarda l’amministratore sarebbe necessario provare il dolo e la di lui consapevolezza di agevolare l’impresa costruttrice.

Quesito del 23/05/2018

Spett.le avvocato, Le scrivo per un parere riguardante l’attuale situazione della cooperativa a proprietà divisa della quale sono associata.
A marzo di quest’anno ci siamo trovati a dover firmare un atto di mediazione con la ditta edile in quanto a seguito di perizia di parte voluta dalla cooperativa è risultato che effettivamente la maggior parte di quanto richiesto dall’impresa era dovuto a causa di notevoli errori e noncuranze della Direzione Lavori. Ad oggi la Direzione Lavori teme una rivalsa dei soci sulla sua persona, pertanto sostiene di non essere tenuto a presentare la fine lavori in Comune e la successiva domanda di abitabilità/agibilità in quanto sul suo contratto è riportata unicamente la dicitura “assistenza alla fine lavori”.
Tuttavia nei verbali si Assemblea dei mesi precedenti la Direzione Lavori ha affermato di essere pronto a presentare la fine lavori non appena fossero giunte le certificazioni della ditta costruttrice, senza mai fare accenno a tale dettaglio nel contratto e rendendo implicita la sua intenzione a presentare la documentazione in Comune.
Esaminando il caso in questione Le chiedo pertanto parere in merito a come i Soci dovrebbero porsi nei confronti della Direzione Lavori e se quest’ultima sia o meno tenuta a presentare la fine lavori in Comune e la contestuale pratica per l’abitabilità/agibilità.

Risposta al quesito:
IL Direttore dei Lavori non solo deve provvedere all’attestazione della fine dei lavori, ma deve provvedere all’inoltro della richiesta di agibilità agli Uffici comunali competenti.
Gli amministratori sono responsabili in caso di inerzia verso il professionista e, pertanto, i soci possono agire nei loro confronti.
In ogni caso i soci hanno anche azione diretta risarcitoria nei confronti del Direttore dei Lavori.

Quesito del 22/06/2018

Ho da pochissimo effettuato l’iscrizione ad una cooperativa edilizia e pagato la prenotazione di un alloggio (5,000 €). All’atto del pagamento è stata rilasciata una semplice ricevuta (foglio semplice con timbro e firma della cooperativa). Ora dato che dovrò iniziare con i pagamenti fino ad arrivare al 20% de valore totale e successivamente procedere con il rogito, vorrei sapere che tipo di documentazioni devo richiedere alla cooperativa per tutelare e certificare i miei anticipi.
Sono tenuti al rilascio di una fideiussione (loro appaltano ad un’altra impresa la costruzione dell’immobile)? Quale tipo di documentazione dovrebbero rilasciarmi?

Risposta al quesito:
Anche le Cooperative sono obbligate al rilascio della fideiussione, riguardante l’alloggio da costruire ,prenotato dal socio, giusto quanto disposto dal d.lgs 122/2005.
I versamenti effettuati in favore della Cooperativa nel corso del rapporto sociale devono essere tutti fatturati e comprensivi dell’IVA.
La Cooperativa che appalta a terzi deve farsi rilasciare dall’impresa la fideiussione sulla responsabilità postuma del costruttore (10 anni) per gli eventuali difetti e vizi costruttivi occulti.
Al socio prenotatario la Cooperativa deve rilasciare la copia della predetta fideiussione.
Il socio deve stipulare il preliminare di assegnazione che deve contenere tutti i requisiti di cui all’art. 2645-bis del codice civile e deve essere stipulato con firme autenticate da notaio in modo da essere trascritto nei Registri Immobiliari (la trascrizione garantisce a vario titolo il socio).
Infine, il socio deve verificare i bilanci d’esercizio, controllando che i conti esposti rispecchino il programma e la situazione costruttiva.

Quesito del 20/06/2018

Una coop indivisa con un primo immobile (detta torre) di 76 assegnatari e un’altro immobile (detta schiera) da 12 assegnatari con tre scale di accesso a-b-c distanti i due immobili circa 50 mt, con unico Presidente e C.D.A essendo unica coop.
Si possono usare le tabelle millesimali? Perchè chiedendo in assemblea di usare le tabelle, mi e stato detto di no essendo una coop indivisa non’è possibile in quanto assegnatari e non proprietari è vero?

Risposta al quesito:
Le tabelle millesimali si utilizzano normalmente nei Condomini, quale criterio per attribuire i costi in ragione delle quote di proprietà ed anche in riferimento al maggiore o minore uso delle parti comuni.
Nelle Cooperative a proprietà indivisa non vige il Condominio, in quanto la proprietà degli immobili resta in capo alla Cooperativa.
Va, tuttavia, osservato che nelle Cooperative in generale vige il principio della parità di trattamento dei soci, sicché sarebbe illegale pretendere da un socio una contribuzione maggiore rispetto ad altri soci e, pertanto, gli amministratori sono obbligati a rispettare quel criterio di legge.
In tal senso l’assemblea dei soci può approvare un regolamento che disciplini la contribuzione per la gestione delle parti comuni, anche adottando il criterio delle tabelle millesimali.
Le spese generali sociali, viceversa, vanno addebitate a ciascun socio in parti uguali, fruendo egli al pari degli altri dei benefici della struttura sociale.

Quesito del 18/05/2018

Gentile avvocato, siamo soci di una Cooperativa e siamo stati beneficiari, in virtù della sussistenza di requisiti soggettivi richiesti dalla legge, del Contributo Regionale per la categoria Nuove costruzioni ad erogazioni in conto Capitale, in seguito al decreto 1753 del 2003 pubblicato sul Burc 47 del 06.10.2003.
Tale contributo regionale, come previsto, va decurtato dal prezzo di trasferimento degli alloggi. La Regione ha erogato l’ultimo saldo del contributo, successivamente alla stipula degli atti notarili, effettuati nel 2015. Dunque i soci di codesta Cooperativa si sono trovati ad anticipare le somme, corrisposte a titolo di saldo, attraverso la stipula dei mutui, in un momento invece successivo, dalla Regione Campania.
Stante il fatto che i contributi pubblici sono finalizzati esclusivamente alla realizzazione edilizia, con il vincolo della giustificazione della spesa, si chiede se il Liquidatore possa procedere alla restituzione proporzionale delle anticipazioni effettivamente eseguite in ragione della liquidità sopraggiunta in forza della erogazione del saldo contributo pubblico e se lo stesso possa essere inquadrato come credito vantato da ogni singolo socio in quota proporzionale e che come tale debba essere restituito il prima possibile e non essere destinato per alcun altro utilizzo.
Si chiede questo in quanto sono in corso dei contenziosi (uno col costruttore ed uno con il Comune) e dunque il liquidatore teme che tali contributi non vadano restituiti, ma lasciati sul conto corrente in attesa dei giudizi e di sentenza ufficiale proprio per la presenza di una probabile passività e dunque della responsabilità che ne deriverebbe.
Infine si rappresenta che i contributi presenti sul conto della Cooperativa non sono uguali per tutti i soci, sia perchè alcuni sono decaduti dal beneficio, sia perchè alcuni soci avevano dei debiti che andavano stornati da tale fondo. In virtù di questo motivo, i soci sono timorosi che i costi della gestione vengano affrontati con i fondi presenti e dunque pesino soltanto sui soci che sono stati beneficiari di tali contributi, che si ripete non sono uguali per ciascun socio.
Laddove non si possano restituire, come si può risolvere la questione? E’ giusto fare richiesta dei costi della gestione a chi non ha più alcuna somma perchè ha perso il contributo, è corretto fare delle appostazioni contabili distinguendo gli importi per ciascun socio? Se si facesse una lettera di manleva al liquidatore, quali rischi si correrebbero?

Risposta al quesito:
Il contributo pubblico viene erogato in ragione degli alloggi da realizzare, sicché tutti i soci assegnatari devono possedere i requisiti per poterne fruire.
Ciò posto, qualora alcuni soci dovessero perdere i requisiti non dovrebbe potersene avvantaggiare altro socio, ma è, viceversa, necessaria la revoca ovvero la restituzione spontanea del contributo in debitamente erogato.
Il contributo pro quota dovrebbe essere proporzionale al valore di ciascun alloggio, sicché sembra improbabile che la differenza tra i benefici fruiti dai soci sia dovuta a cause diverse, come supposto nel quesito.
La contabilità inerente a ciascun socio è la risultante dei versamenti dallo stesso eseguiti, della quota di contributo spettante e dal costo dell’alloggio, sicché il tutto deve essere rapportato al prezzo di assegnazione, in parte pagato con l’accollo di mutuo e in parte con la quota integrativa in contanti. Allorquando gli alloggi sono stati realizzati, il contributo è andato a destinazione, mentre la liquidità che può esistere nella contabilità sociale risulta del tutto autonoma dalla erogazione dell’agevolazione pubblica. La predetta liquidità, infatti, può essere momentanea, stante la possibile insorgenza di passività, come accade nel caso di specie.
Il liquidatore fa bene a non distribuire l’apparente liquidità residua, posto che, in caso di sopravvenienza passiva, sarebbe responsabile della dismissione indebita del danaro sociale.

Quesito del 16/05/2018

Gentile avvocato, scrivo per ricevere alcune informazioni sulla cooperativa in oggetto della quale io sono socia lavoratrice dal settembre 2015 con contratto a tempo indeterminato.
Insieme ad altri 4 colleghi (un socio lavoratore e 3 lavoratori non soci) dall’01 maggio siamo stati obbligati a usufruire delle ore di permesso e dei giorni di ferie non goduti durante i nostri mesi di lavoro. Si stanno susseguendo comunicazioni ufficiose (via mail ordinaria o via telefono) e via ufficiale (pec saltuarie) in cui l’amministratore unico ci comunica indicazioni sulla inoperatività della cooperativa della quale ci colpevolizza per mancata collaborazione.
Premetto che le attività della cooperativa non sono mai state regolari, nel senso che l’unica partecipazione a noi richiesta è sempre stata solo una firma su verbali già scritti e mai discussi. Il lavoro quotidiano e la gestione operativa dei nostri incarichi avveniva tramite i lavoratori della casa editrice per la quale siamo stati assunti (autorizzazioni per le ferie/permessi, report sugli incassi mensili richiesti, ecc..).
Da quel che capiamo, nonostante la confusione delle comunicazioni, l’amministratore vuole dimettersi. Noi attualmente siamo in “permesso/ferie” obbligati ma oggi era stata indetta una assemblea alla quale avevamo dato disponibilità a partecipare. Con 1 ora e mezza di preavviso via pec ci hanno comunicato che invece l’amministratore e il commercialista sono impossibilitati a partecipare, quindi l’assemblea è annullata. In sostanza non vogliono farci partecipare. Altra informazione importante è che a gennaio eravamo 9 soci + 8 lavoratori ma in meno di 1 mese (dal 29 marzo al 26 aprile) siamo rimasti 2 soci e 3 lavoratori. Tutti gli altri sono stati spostati su 2 nuove società create ad hoc, e che fanno capo alla stessa casa editrice; i lavoratori infatti sono rimasti tutti alla propria scrivania a fare il lavoro ordinario, come se nulla fosse accaduto. Nei nostri casi invece siamo stati eliminati dai turni di lavoro e le nostre postazioni e i nostri lavori sono stati assegnati ad altri lavoratori, ma non siamo stati licenziati, quindi teoricamente siamo ancora operativi.
Vorrei chiederLe tre cose:
Se la cooperativa chiudesse abbiamo diritto alla Naspi, sia i soci che i lavoratori?
Come dobbiamo comportarci il giorno in cui finiranno le ore di permesso e i giorni di ferie che ci hanno obbligato a smaltire (le credenziali per lavorare ci sono state disattivate il 30 aprile senza alcuna comunicazione)?
Quali possibilità e quali documenti servono per dimostrare che stiamo subendo un illecito con questi comportamenti?

Risposta al quesito:
Con riserva di valutare in concreto gli aspetti fattuali del caso prospettato, può in via generale affermarsi che la distribuzione temporale delle ferie arretrate e dei permessi non goduti è normalmente concordata con il lavoratore (soprattutto per quanto attiene ai permessi, vista la natura contrattuale degli stessi) o, comunque, è oggetto di specifici accordi sindacali.
In ogni caso, durante il periodo in oggetto il lavoratore conserva i propri diritti ed alla relativa scadenza dovrà presentarsi nella sede di lavoro per riprendere servizio.
Premesso tutto ciò, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il lavoratore a cui sia stata immotivatamente imposta l’inattività (indipendentemente dalla percezione della retribuzione), può richiedere in via giudiziaria l’adeguato risarcimento da parte del proprio datore per violazione dell’art. 2103 c.c., attraverso il supporto di prove documentali o testimoniali che dimostrino la condizione subita.
Trattandosi di responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c., spetterà alla parte datoriale l’onere di provare la sussistenza di cause oggettive che lo abbiano indotto necessariamente a collocare il lavoratore in stato di inattività.
Quanto, infine, al diritto alla NASPI, non vi è dubbio che lo stesso spetti anche ai soci lavoratori di cooperative con rapporto subordinato, in stato di disoccupazione volontario. Occorre, tuttavia, precisare sinteticamente che per poter fruire della NASPI il lavoratore, oltre ad essere disoccupato, dovrà possedere gli altri due requisiti previsti dalla legge: quello “contributivo” (versamento dei contributi previdenziali per almeno 13 settimane nei quattro anni precedenti) e quello “lavorativo” (svolgimento di almeno 30 giorni di lavoro effettivo nell’anno antecedente all’inizio del periodo di disoccupazione).