Cooperative: casi e soluzioni

Quesito dell’08/01/2018

Seguito al quesito dell’08.01.18. Come giustamente osservato, il Presidente rifiuta di porre in essere il rogito atteso che la cooperativa per sua colpa non ha le risorse finanziarie per completare l’ultimo alloggio. Teme che con il rogito i soci che ne beneficiano possano sottrarsi all’obbligo mutualistico.
Credo possa comunque fare una riserva di prezzo nel rogito!?

Risposta al quesito:
Se i soci sono inadempienti nei versamenti regolarmente deliberati, in tal caso il CdA deve legittimamente rifiutare l’assegnazione degli alloggi in proprietà individuale.
Se sussistono responsabilità degli amministratori, i soci interessati possono intraprendere la relativa azione giudiziaria per l’ottenimento del risarcimento dei danni.
Se esiste un divario tra gli impegni assunti dalla Cooperativa con l’atto di preassegnazione, in tal caso i soci farebbero bene (verificando i presupposti di fatto) a instaurare il giudizio di esecuzione specifica del contratto ai sensi dell’art 2932 c.c. e trascrivere la relativa domanda.
La predetta circostanza metterebbe al sicuro il diritto al trasferimento della proprietà individuale dell’alloggio e, comunque, sarebbe opponibile all’eventuale Procedura concorsuale (Liquidazione coatta o fallimento).

Quesito dell’08/01/2018

Dal 2015 sono il Presidente di una Cooperativa Edilizia a proprietà divisa che ha iniziato la sua costruzione nel 2011. Fino a questa data pur avendo un presidente nominato ho di fatto operato io direttamente, senza alcuna delega dialogando con la Banca, il Costruttore e la direzione lavori.
Negli atti ufficiali come ad esempio i verbali del CDA figuravo come segretario. Per quanto vi fosse un presidente precedente tutti i soci e i predetti soggetti avevano me come referente ed ero io che seguivo il tutto. Nel 2014 senza alcuna comunicazione la ditta appaltatrice ha interrotto i lavori lasciando incompiute due villette. Nel 2016, con il subentro di un nuovo socio e di una nuova ditta appaltatrice perché la precedente non rispondeva, sono ripresi i lavori e delle due villette una è stata completata.
Su sollecitazione sempre del nuovo socio abbiamo accertato che la vecchia impresa aveva percepito somme maggiori rispetto ai lavori realizzati, riscontrato diversi vizi costruttivi, la mancanza della polizza fideiussoria e della decennale postuma. Per tutti i pagamenti eseguiti nei confronti della vecchia ditta appaltatrice, per quanto previsto dal contratto, non mi sono mai avvalso dell’opera della direzione lavori disattendendo anche il contratto con la ditta appaltatrice che prevedeva pagamenti secondo stati avanzamento lavori. La villetta rimanente, ancora incompleta, risulta assegnata e il socio assegnatario ha corrisposto il prezzo dovuto.
Al momento la cooperativa non ha disponibilità economica e l’ultimo socio che tra l’altro è mia figlia chiede l’abitazione. I soci rimanenti pur riconoscendo il diritto del socio rifiutano di corrispondere ulteriori somme ravvisando nel mio comportamento una responsabilità per i soldi dati in più alla vecchia ditta. Gli assegni per le somme date in più alla vecchia ditta appaltatrice sono stati comunque firmati dal precedente presidente ma chiunque venisse interpellato da un magistrato (banche, direzione lavori, soci e precedente impresa) direbbe ero io che di fatto gestivo il tutto.
Quali sono le mie responsabilità?

Risposta al quesito:
Il funzionamento amministrativo delle Società Cooperative è affidato al combinato delle norme del codice civile e dello Statuto sociale.
Normalmente l’attività esecutiva viene svolta dal Consiglio di amministrazione che è un organo collegiale.
In molti casi le Cooperative hanno il Collegio sindacale che è un organo di vigilanza ovvero un revisore esterno.
Sempre le predette Società sono tenute al deposito del bilancio che viene annualmente redatto dagli amministratori e sottoposto all’approvazione da parte dei soci.
Alla luce di quanto precede appare molto improbabile che ci sia un unico responsabile di violazioni gestionali, ancor di più se si tratta di un “amministratore di fatto”.
Occorre, quindi, verificare quali siano le violazioni gestionali e da quali soggetti possono essere invocate le responsabilità risarcitorie (se le violazioni sono state sanate dall’approvazione del bilancio, non possono certo essere i soci ad invocare la responsabilità degli amministratori, anche se di fatto).
Normalmente l’amministratore di fatto viene denunciato dai creditori ovvero coinvolto d’ufficio nelle responsabilità civili e penali a seguito del fallimento della Società, ma occorre che ricorrano determinati presupposti, quali, ad esempio, il nascondimento dell’operatore con subdola finalità economica.
Nel caso di specie, qualora ricorressero i presupposti (da verificare) per il coinvolgimento dell’ipotizzato “amministratore di fatto” (non è sufficiente avere svolto attività operative), sarebbero, comunque, responsabili solidali anche tutti i consiglieri di amministrazione, gli eventuali componenti il Collegio Sindacale e l’eventuale Organo di revisione.
Quanto al socio prenotatario rimasto senza alloggio (perché incompleto), egli può citare la Cooperativa per ottenere il risarcimento del danno, non essendoci alcun nesso tra il suo diritto all’alloggio e le violazioni gestionali (non ha alcuna rilevanza il vincolo familiare con il presunto amministratore di fatto).

Quesito dell’08/01/2018

La cooperativa di cui faccio parte doveva realizzare 8 alloggi. Ad oggi, 7 di questi risultano completati mentre l’ultimo è realizzato parzialmente atteso che l’impresa costruttrice pur avendo percepito, per colpa del Presidente, somme superiori ai lavori realizzati, ha abbandonato il cantiere.
Il Cda è composto da 5 soci. Il Presidente e un consigliere (quello che di fatto non ha la casa completata) rifiutano di firmare il verbale d’assegnazione definitivo nonché il presidente rifiuta di compiere i rogiti.
Il Presidente può rifiutare il rogito legittimamente?

Risposta al quesito:
Sarebbe necessario verificare le ragioni a seguito delle quali il presidente e il consigliere rifiutano di firmare l’atto di assegnazione (se cioè il rifiuto è motivato da inadempienze degli assegnatari ovvero da insufficienze finanziarie della Cooperativa).
Se il rifiuto è ingiustificato i soci prenotatari possono agire innanzi al Tribunale per ottenere la sentenza di esecuzione specifica del contratto di assegnazione. In tal caso, però, occorre che i soci siano muniti di contratto di prenotazione con la specifica delle condizioni di pagamento e l’individuazione dell’immobile da trasferire con i relativi dati catastali.

Quesito del 04/01/2018

La mia cooperativa ha raggiunto lo scopo sociale, box-auto in regime di pertinenza, assegnati con regolare rogito (con riserva del prezzo finale). Per far fronte ad una temporanea mancanza di liquidità (causata da alcuni box invenduti e altri crediti), è stato chiesto un prestito infruttifero ai soci (con delibera assembleare a maggioranza – non all’unanimità). Ci si appresta a far causa ai pochi che non han prestato.
Chi non presta sostiene: che il prestito della Coop ha violato il suo stesso Statuto (che prevedeva regole, ad hoc, mai redatte; non esiste garanzia o data di restituzione); che nelle S.P.A. e nelle COOP. la maggioranza non può imporre alla minoranza un prestito; che un “contratto di prestito” non può essere sottoposto ad obbligo, ma rimane a discrezione del prestante, anche se c’è una delibera assembleare.
Un socio che non ha prestato dice di voler vendere il suo box (ovvero far subentrare un altro, con pari requisiti, a cui passare la pertinenza) e avrebbe anche trovato l’acquirente; ma non può rogitare in quanto tutta la struttura, al momento, è priva di certificato di agibilità e ha altre piccole mancanze (ergo, questo socio non presta ma, non potendo vendere, diverrebbe parte lesa dalla COOP, inadempiente di alcuni impegni burocratici).
Chi vuol far causa, invece, sostiene che il principio mutualistico delle Coop obbliga alla partecipazione di tutti, in tutto e per tutto. Quindi una delibera (non impugnata) obbliga tutti.
Inoltre, altro aspetto molto controverso (???), c’è chi sostiene che conviene fare causa in quanto i soldi “in prestito”, se incassati a seguito di una sentenza, diventino liberi dal vincolo del prestito, ovvero non vadano restituiti più al “prestatore-coatto” ma vadano a costituire un “credito inatteso” (preciso, al riguardo, che la mia Coop ha scopo mutualistico).
Ho letto molte delle Sue consulenze e confido nella sua chiarezza e professionalità. La ringrazio per gli elementi che mi darà e che mi aiuteranno a convincere anche altri soci a fare la cosa giusta. Qui sembra che tutti abbiano un pò torto e un pò ragione: l’ideale per rimanere in tribunale decenni!!!

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare le disposizioni statutarie in ordine agli obblighi dei soci, inclusi quelli inerenti la copertura del fabbisogno finanziario per far fronte ai costi del programma costruttivo.
Deve, poi, presumersi che, nel caso di specie il programma costruttivo sia ancora in corso di realizzazione, stante la mancata assegnazione di alcuni immobili.
L’assemblea, quindi, può validamente deliberare i versamenti dei soci in conto anticipazioni (non prestito sociale) stante la necessità del raggiungimento dello scopo sociale, salvo il conguaglio contabile finale con l’ultimazione del programma costruttivo.
In tal caso il deliberato assembleare è vincolante per tutti i soci, a meno che lo Statuto disponga diversamente (ipotesi molto improbabile).
In caso di esito favorevole per la Cooperativa, dei giudizi contro i soci morosi, il recupero delle somme dovrà essere conteggiato definitivamente nelle contabilità del programma costruttivo, con i presumibili conguagli in favore dei soci adempienti (contabilità finale dell’intero programma costruttivo).
Anche attraverso il “regime” dei “prestiti sociali” si potrebbe raggiungere lo stesso risultato finale, ma in tal caso occorrerebbe applicare le limitazioni di legge e una tale ipotesi dovrebbe essere contemplata dallo Statuto. Il predetto “regime” tuttavia non prevede l’imposizione da parte dell’Assemblea, a meno che lo Statuto specifichi in senso contrario.

Quesito del 03/01/2018

Sono socio di una coop indivisa, sono stati fatti lavori di ristrutturazione sul fabbricato, il costo di tutte le varie voci con l’aggiunta dell’iva e commissioni più parcelle dei professionisti è di 142.824,00 euro finale, diviso per 12 soci (quota pro capite = 11902,00).
Chiedo: la cooperativa nel momento della dichiarazione ai fini irpef al singolo socio deve dichiarare la somma effettivamente versata dal socio (11.902,00), oppure defalcata dall’iva del 10% (vale a dire 11.902 -10% =1.190,2) che dovrò rimetterci nella denuncia irpef.
Se è questa l’ipotesi che mi sembra probabile accada, mi domando: quante volte devo pagare l’iva?

Risposta al quesito:
La detrazione ai fini irpef per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio dei fabbricati è applicabile anche nei confronti dei soci delle cooperative sia a proprietà divisa che indivisa.
L’importo detraibile è pari al 50% dei costi sostenuti nel singolo anno, da distribuire in dieci quote annuali di pari importo. Il limite dei costi (incluse le varie consulenze professionali) su cui poter effettuare la detrazione è pari a 96.000 euro per anno, da riferirsi in ogni caso al singolo immobile, anche qualora i lavori interessino un complesso edilizio.
Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria, la detrazione va effettuata sui costi effettivamente sostenuti, come indicati in fattura e, quindi, comprensivi di iva.
Ciò premesso, nel caso prospettato, trattandosi di lavori di ristrutturazione sull’intero fabbricato (o, comunque, su parti comuni), i relativi costi vengono sostenuti dalla Cooperativa, nei cui confronti i fornitori emettono fattura con aliquota iva agevolata.
Tutti gli importi versati (inclusi quelli a titolo di iva) vengono poi riaddebitati dalla Cooperativa ai soci pro quota, i quali sono, in definitiva, onerati di tali costi e, pertanto, beneficiari delle connesse agevolazioni fiscali in quanto “consumatori finali” (la Cooperativa, infatti, opera una partita di giro, tra iva sugli acquisti ed iva sulla fattura al socio).
Conseguentemente, ciascun socio, ai fini della detrazione, potrà indicare nella propria dichiarazione dei redditi il complessivo importo versato alla Cooperativa quale quota parte del costo di ristrutturazione.

Quesito del 27/12/2017

Sono socio di una cooperativa edilizia; mi viene chiesto di effettuare il pagamento del penultimo SAL, solo in virtù di un’ appendice al contratto firmata tra il presidente e la ditta costruttrice che ha scorporato dal complesso edilizio un’ abitazione, che il presidente non è riuscito a far prenotare ad alcun socio (poiché l’alloggio era stato in un primo momento prenotato da un socio che in seguito si è dimesso), facendo così aumentare la percentuale delle lavorazioni fino a raggiungere il 90% del totale lavori.
Vorrei sapere se bisogna accettare questo SAL oppure se il SAL è illegittimo e quindi non pagare, visto che il presidente mi dichiarerà moroso se non pagherò.

Risposta al quesito:
Occorrerebbe, innanzitutto, verificare il contratto tra la Cooperativa e l’impresa al fine di comprendere le condizioni concordate tra le parti, il cui contenuto non sembra univoco rispetto a quanto prospettato nel quesito.
Se, infatti, l’alloggio non assegnato è stato realizzato, in tal caso non può verificarsi il caso di un SAL aggiuntivo in quanto i relativi lavori non sono stati eseguiti; se, viceversa, l’alloggio è stato realizzato, in tal caso il valore “aggiuntivo” è ricompreso nel valore d’appalto, senza alcun onere imprevisto per la Cooperativa. In tale ipotesi, tuttavia, le risorse necessarie per la copertura del costo dell’alloggio non assegnato devono essere recuperate presso i soci esistenti.
Questi ultimi, per il buon andamento del programma costruttivo, devono procedere alle anticipazioni, che verranno loro rimborsate al momento in cui l’alloggio sarà assegnato al nuovo socio. Va precisato che il valore dell’alloggio resta nella disponibilità della Cooperativa sino all’assegnazione, sicché i soci che eseguono l’anticipazione sono garantiti dal valore medesimo esposto in bilancio.