Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 31/01/2023

Sto valutando l’acquisto di quote di una società cooperativa proprietaria di un appezzamento di terreno edificabile, i soci da cui acquisterei sono assegnatari di una porzione di questo terreno. Successivamente si dovrebbe procedere all’edificazione del rustico (c’è già il permesso a costruire).
Quali cautele è opportuno prendere?

Risposta al quesito:
La Cooperativa edilizia è caratterizzata da due rapporti: uno di natura societaria, l’altro di natura contrattuale.
Relativamente al rapporto sociale, gli obblighi e i diritti del socio sono regolati dallo Statuto e dalle norme del codice civile, specificatamente in materia di contribuzione alle spese generali, di deliberati assembleari, di recesso e altro.
Il socio aderendo alla Cooperativa accetta le clausole dello Statuto, sicché viene vincolato alle deliberazioni legittime dell’assemblea in materia di scelte gestionali e alle risultanze del Bilancio sociale da redigersi annualmente.
Il socio deve, quindi, verificare lo Statuto e individuare i suoi obblighi, nonché seguire i deliberati assembleari in relazione alle scelte gestionali degli amministratori.
Le tutele sono previste dalla normativa del Codice Civile e delle Leggi speciali e sono di due tipi: tutele giudiziarie da attuare a fronte di violazioni da parte degli amministratori ovvero tutele in sede amministrative da eseguire con esposti e richieste ispettive all’Autorità di Vigilanza (MISE).
Relativamente al rapporto contrattuale o mutualistico il punto di riferimento è il “preliminare di assegnazione) che contiene la regolamentazione delle prestazioni reciproche: realizzazione dell’alloggio promesso dalla Cooperativa da una parte e pagamento del prezzo dall’altra.
Il socio promissario deve, innanzitutto, valutare la “convenienza” e coniugare i versamenti da eseguire con i lavori realizzati, intervenendo tempestivamente nel caso di anomalie e difformità.
Il socio, quindi, deve verificare gli adempimenti della Cooperativa dal punto di vista sia tecnico, che normativo, tutelandosi in ragione delle norme civilistiche sull’inadempienza contrattuale.

Quesito del 26/01/2023

Sono membro della redazione di una community italiana di studenti e laureati in scienze della vita (biologi, biotecnologi e scienziati naturalisti) dediti a titolo volontario ad attività di divulgazione scientifica, prevalentemente via web.
Vi contatto perché al momento siamo una community informale senza alcuna forma giuridica, ma intendiamo darcene una che ci permetta di implementare le nostre attività iniziando a proporre al nostro pubblico servizi di divulgazione, didattica, organizzazione eventi, editoriali, di marketing e altro anche a pagamento, per ricavarne profitto e pagare chi collabora con noi in base al lavoro svolto.
La maggior parte dei membri della redazione che entrerebbero a far parte di questa realtà svolge in parallelo una propria attività indipendente da professionista Biologo con partita iva in regime forfettario. È, quindi, per noi vitale che la costituzione di questa nuova realtà non precluda il mantenimento dei nostri regimi forfettari, rispettando in modo rigoroso le prescrizioni di legge e le norme deontologiche a riguardo di modo da non pregiudicare né la nuova realtà, né i nostri lavori come singoli professionisti.
La domanda che Vi pongo è quindi quale forma societaria, associativa o cooperativa (da più parti ci suggeriscono questa opzione, ma ci manca un parere autorevole) sia adatta per avviare le attività della community in accordo con le esigenze e gli obiettivi già esposti.

Risposta al quesito:
La normativa attualmente in vigore non consente di adottare il regime forfettario a chi esercita attività di impresa, arti e professioni e, contemporaneamente, partecipi a società di persone, associazioni professionali, imprese familiari. E’ ugualmente impeditiva al regime forfettario la detenzione di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in società a responsabilità limitata operanti nel medesimo settore economico.
Le suddette limitazioni sono volte ad evitare che la complessiva attività svolta dalla persona fisica venga artatamente frazionata, in modo da poter rientrare nei limiti reddituali previsti per il regime forfettario e di usufruire dei relativi benefici fiscali.
Nel caso specifico delle società cooperative, la qualità di socio non appare ostativa all’accesso o al mantenimento del regime forfettario, e ciò a prescindere dall’identità o meno tra l’attività esercitata dal socio e quella svolta dalla Cooperativa, in quanto la tipologia societaria in questione non prevede, in ogni caso, il possesso di partecipazioni di controllo.
Tuttavia, occorre tener presente che nell’ambito delle Cooperative di produzione e lavoro o di servizi (alle quali si fa riferimento nel quesito) i soci possono intrattenere due distinti rapporti: quello sociale e quello lavorativo, che a sua volta può assumere diverse tipologie.
Sotto questo profilo, potrebbe essere ostativa al mantenimento del regime forfettario, la circostanza che il socio sottoscriva il contratto di lavoro dipendente con la Cooperativa e poi svolga attività autonoma con partita iva prevalentemente verso la Cooperativa stessa.
In tal caso, infatti, si configurerebbe la fattispecie prevista dalla lettera d-bis) del comma 57 della Legge n. 190/2014, la quale dispone il divieto di applicazione del regime forfettario alle persone fisiche la cui attività si svolga in prevalenza nei confronti di soggetti con i quali intercorrano rapporti di lavoro dipendente o assimilati (tra questi ultimi figurano, appunto, quelli dei soci lavoratori delle cooperative di produzione e lavoro o di servizi).
La causa ostativa che precede non si porrebbe relativamente ai soci che sottoscrivano il rapporto di lavoro autonomo con la Cooperativa o che non sottoscrivano alcun rapporto di lavoro con la stessa.
Nel caso di specie, quindi, gli attuali titolari di partita iva potrebbero associarsi in Cooperativa (eventualmente anche con altri soci), ma, al fine di mantenere il regime forfettario, dovrebbero rispettare le anzidette prescrizioni relativamente all’eventuale rapporto di lavoro con la Società.
Specificatamente, i predetti soci dovranno fatturare alla Cooperativa le proprie prestazioni professionali, in modo da non turbare il volume limitativo dei compensi nel regime forfettario e così rendere compatibile la loro qualità di soci.

Quesito del 23/01/2023

Sono socio di una Cooperativa edilizia a proprietà indivisa dal 2007. Ho chiesto al nuovo Cda che si è insediato da circa due anni di poter cedere la mia quota e loro mi rispondono che non è possibile in quanto risulto moroso dei confronti della stessa. Premesso che non mi è stato mai notificato nulla in merito, da una loro analisi con il solo ausilio degli estratti conti bancari, il nuovo Cda mi comunica che risulto moroso per l’ammontare di circa 8,000 Euro, per pagamenti inerenti spese di gestione ordinaria e straordinaria comune che vanno dal 2009 fino al 2018.
Le chiedo: ma non esiste il termine di prescrizione di cinque anni?
Sui bilanci dei vari anni non c’è evidenza delle morosità che ho nei confronti della Cooperativa. Nel frattempo, la Cooperativa mi intima a mettermi in regola con i pagamenti, altrimenti in quanto socio moroso da statuto possono escludermi.
Purtroppo io non riesco a dimostrare tutti i versamenti effettuati nell’arco del tempo in quanto ho spesso cambiato istituto bancario. Cosa posso fare?

Risposta al quesito:
Occorre verificare, innanzitutto, i deliberati sociali che hanno imposto i versamenti di cui si tratta.
Si devono, inoltre, verificare i Bilanci e in particolare i dettagli dei crediti verso i soci morosi (il socio può richiedere la documentazione alla Cooperativa che ha l’obbligo di fornirla).
Se i versamenti risultano dovuti e i Bilanci non sono stati opposti, non esiste altra soluzione che quella di provare di averli eseguiti, salvo che dai documenti contabili emergano contraddizioni che inficiano la prova del credito.

Quesito del 20/01/2023

Preg.mo avvocato, sono socia fondatrice di una Cooperativa edilizia. A seguito di gravi irregolarità, nel 2001 ho impugnato 10 bilanci ed ho ottenuto l’annullamento per falsità ed anche per disparità di trattamento tra i soci nella determinazione del prezzo (a mio danno). La Cooperativa, ormai in liquidazione, non ha più presentato bilanci.
Prima ancora che nel 2010 si arrivasse a sentenza, (l’ho saputo solo ora), nel 2008 il Liquidatore ha venduto a terzi gli immobili non ancora assegnati ed ha disposto dell’incasso, sempre senza presentazione di bilanci, senza alcuna informazione alla sottoscritta e soprattutto senza alcun tipo di regolamento economico.
Se la mancata presentazione dei bilanci comporta l’automatica perdita della natura giuridica della Cooperativa e la successione di tutti i soci, le vendite sono nulle? Non avrebbero dovuto comparire come venditori tutti i soci?
Se si, dato il ritardo, posso ancora agire per ottenere la nullità?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative edilizie sussistono due rapporti, uno sociale l’altro contrattuale mutualistico.
Relativamente al primo rapporto i soci non sono responsabili delle obbligazioni sociali, mentre in ordine al rapporto contrattuale le responsabilità delle parti sono circoscritte alle obbligazioni per le prestazioni reciproche.
Quanto precede per escludere che i soci possano essere aggrediti per obbligazioni nascenti dalle responsabilità degli amministratori ovvero della Cooperativa.
Per quanto attiene al mancato deposito dei Bilanci, si deve osservare che ante riforma del 2003, l’art. 2544 c.c. disponeva lo scioglimento di diritto delle Cooperative per il mancato deposito dei Bilanci per due anni consecutivi.
Successivamente alla riforma è l’Autorità di Vigilanza che deve disporre lo scioglimento e non sussiste il pregresso automatismo.
E’ certo che nel caso di specie sussiste sia la responsabilità degli amministratori sia del Liquidatore, ma la relativa azione deve essere iniziata entro i cinque anni dalla cessazione della carica, sicché, salvo verifica, non sembra che nel caso di specie possa darsi luogo all’azione medesima.

Quesito del 19/01/2023

Vorrei aver chiarezza verso chi proporre un’eventuale azione risarcitoria in merito a rovina o difetti dell’immobile, così come previsto dall’art 1669 c.c., dopo lo scioglimento della Cooperativa che a sua volta si è presa l’onere di costruttore.
Chi bisogna tirare in causa: il legale rappresentante della Cooperativa o il direttore dei lavori? O chi?

Risposta al quesito:
Si presume che l’azione da proporre derivi da gravi difetti di costruzione e conseguente pericolo di rovina, sicché, tenuto conto della estinzione della Società, gli unici responsabili dovrebbero essere l’impresa esecutrice dei lavori e il Direttore dei Lavori e, in caso di errori progettuali, anche il progettista.
Il socio proprietario dell’immobile ha l’azione diretta contro i predetti soggetti, ma deve preventivamente verificare se non siano intervenuti termini di prescrizione e/o di decadenza e quindi controllare le effettive responsabilità mediante una preventiva consulenza tecnica di parte.
Eseguiti i predetti controlli si può instaurare il giudizio.

Quesito del 19/01/2023

Posto che la procedura di liquidazione è al termine, il Commissario Liquidatore ha nominato un perito che ha valutato gli appartamenti della Cooperativa. Il Commissario sta dando ai soci assegnatari con custodia dell’alloggio, l’offerta per l’acquisto.
Ora mi chiedo come arriva al prezzo finale dell’appartamento? Deve rispettare il prezzo massimo di cessione della Convenzione o può vendere ai soci a prezzo di mercato?
Se può vendere a prezzo di mercato in ogni caso spero non possa superarlo… quindi ci sono dei criteri che deve rispettare secondo il MISE per formulare il prezzo di vendita ai soci?
Perché gli appartamenti non assegnati che vanno all’asta rispettano il valore della perizia e quelli offerti ai soci no e notevolmente aumentati?

Risposta al quesito:
Occorre verificare se il Commissario Liquidatore è subentrato o meno nel contratto preliminare di assegnazione.
Nel caso positivo, deve tenere conto dei versamenti già eseguiti e richiedere il saldo in base al prezzo di stima, eventualmente mitigato da parametri specifici, quali lo stato d’uso, i vizi costruttivi, gli eventuali giudizi intentati dai soci, etc.
Se, viceversa, il Commissario si è sciolto dal contratto ai sensi dell’art. 72 della Legge Fallimentare, in tal caso è possibile una transazione per la cessione dell’alloggio in pre-asta.
In tal caso si tratta di raggiungere un accordo transattivo, che però non tiene conto di quanto già versato dai soci contraenti.
Se gli alloggi sono stati realizzati in area PEEP con convenzione ex art. 35 L. 865/71, in tal caso non può essere superato il prezzo massimo di cessione e secondo quanto statuito dalla Legge di Bilancio 2021, il MISE quale Autorità di Vigilanza deve tutelare la finalità sociale dell’Opera.
Occorre, pertanto, verificare l’operato della Liquidatela e reagire adeguatamente, anche in sede giudiziaria a tutela dei diritti dei soci, tenendo presente che l’applicazione della normativa seguita alla predetta legge di Bilancio non è ad oggi confortata dalla giurisprudenza interpretativa.