Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 20/06/13

Sono socio di una cooperativa edilizia a r.l. a proprietà divisa di complessivi 14 soci, assegnataria di un alloggio che occupo già da 3 anni.
Due anni fa, il presidente della cooperativa, annunciando come prossima la stesura dell’atto notarile di assegnazione degli alloggi, convocava assemblea dei soci e in quella occasione invitava gli stessi a versare a saldo del piano finanziario ulteriori somme che sin da subito sono apparse non corrispondenti al piano finanziario stesso. Rispetto alle delibere assembleari il piano finanziario era stato abbondantemente superato.
A seguito delle carenze di informazione e del comportamento omissivo del presidente, relative alla ulteriore richiesta di versamento decidevo, unitamente ad altro socio, di chiedere l’assistenza di un legale il quale reiterava numerose richieste al presidente senza tuttavia ricevere alcuna documentazione giustificativa a supporto delle ulteriori somme richieste.
Qualche mese più avanti veniva convocata nuova assemblea dei soci nel corso della quale, io e altro socio presenti assistiti dalla presenza del legale, il presidente consegnava a ciascun socio fatture pro forma da dove si evinceva la rimanenza che ogni socio doveva versare per saldare il piano finanziario e precisava che avrebbe provveduto alla stesura del rogito solo a coloro che erano a saldo con i pagamenti escludendo (di fatto) a me ed altro socio in quanto tramite il legale avevano contestato anche in tale assemblea le ulteriori somme richieste.
Solo qualche giorno dopo, il presidente inviava al legale i rendiconti dei costi sostenuti negli anni.
Poco dopo il presidente provvedeva alla stesura del rogito notarile per 12 soci su 14.
In considerazione dell’inerzia del presidente, questi veniva invitato a presentarsi presso lo studio del notaio, con atto di diffida stragiudiziale per la stesura del rogito. In tale occasione lo stesso, rinnovava personalmente la pretesa creditizia già formulata nel corso della citata assemblea e consegnava al legale una nota redatta dalla presidenza con la quale puntualizzava, contestando in toto le premesse, contenuti e richieste con allegati due piani finanziari (il primo deliberato all’atto della stesura del contratto di appalto; il secondo relativo alla variazione del piano finanziario) riportati nei registri della cooperativa e deliberati nelle rispettive assemblee. Nel secondo verbale di assemblea risultava indicata una somma maggiore rispetto a quanto discusso effettivamente in quella sede. Infatti io ed altro socio eravamo in possesso di copia del verbale di pari data, sottoscritto effettivamente da tutti i soci, senza alcuna indicazione di ulteriori importi. Mentre la copia del verbale in nostro possesso era regolarmente sottoscritto alla fine da tutti i soci, nel verbale di pari data riportato nei registri della cooperativa, chiaramente falso nella parte indicante ulteriori importi, non vi erano le firme dei soci e il presidente, o chi per lui, maldestramente ed al fine di creare l’apparenza della sua riconducibilità alla volontà dei soci, allegava lo schema di ripartizione degli alloggi tra i vari soci sottoscritto dagli stessi, essendo sicuro che i soci non fossero in possesso della copia di quello non apocrifo. Per tale ragione, il presidente della cooperativa risulta imputato dinanzi al Tribunale, nel quale io ed altro socio siamo parti offese, per i delitti p. e p. dagli artt.485, 61 nr.2, 56, 640 c.p. con la recidiva reiterata di cui all’art.99 c.4 c.p..
Dopo oltre un anno, il presidente veniva nuovamente invitato a presentarsi presso lo studio del notaio, sempre con atto di diffida stragiudiziale per la stesura del rogito. In tale occasione lo stesso non si presentava e recapitava una nota sia al notaio che al legale con la quale rinnovava la pretesa creditizia già formulata e precisava di essere impossibilitato a sottoscrivere l’atto di assegnazione per diversi motivi quali: la morosità degli stessi e che bisognava richiedere nuovamente la ratifica assessoriale, precisando che il procedimento giudiziario pendeva nei confronti della persona del presidente e non nei confronti della cooperativa e che quindi i soci denuncianti stavano arrecando notevole danno alla società di cui risultavano morosi. La nota concludeva con la diffida entro 30 gg. a regolarizzare il pagamento delle somme richieste e che in difetto si sarebbe proceduto all’esclusione da socio della cooperativa, così come previsto dallo statuto della cooperativa.
Per ultimo veniva presentato esposto al servizio di vigilanza delle cooperative dell’assessorato regionale al fine di provocare l’intervento ispettivo verso la cooperativa al fine di giungere all’assegnazione definitiva dell’alloggio in questione.
Amministrazione poco trasparente, non aderente allo scopo socoiale e assolutamente personale del consiglio di amministrazione.
a) per far fronte al piano finanziario il sottoscritto chiedeva al Presidente la documentazione necessaria per accedere ad un prestito presso l’INPDAP, tra cui:
– copia autenticata della concessione edilizia;
– dichiarazione attestante il costo totale della costruzione ed il costo del singolo appartamento assegnato al socio.
Tra la suddetta documentazione attirava l’attenzione la “dichiarazione sul costo complessivo alloggio” con la quale il presidente quantificava l’importo relativo alla somma extra finanziamento e quindi del costo complessivo maggiorata per circa 4.000 Euro rispetto alla delibera assembleare di riferimento.
b) il presidente non dava esito a numerose raccomandate di richiesta chiarimenti e incombenze varie;
c) tra la documentazione giustificativa fatta pervenire dal presidente, attirava particolarmente l’attenzione:
– fatture rilasciate, a titolo di consulenza e compenso Presidente, dallo studio di consulenza del presidente della cooperativa alla cooperativa stessa;
– una serie di bollette per pagamento utenze telefoniche, fornitura energia elettrica e gas installate nei locali dell’attività di consulenza del presidente della cooperativa, ma intestate alla cooperativa stessa;
– un anno prima dell’affidamento dell’appalto è stata emessa una fattura alla cooperativa per lavori eseguiti con mezzi industriali per la pulizia del lotto (erbacce e rifiuti) per un importo di circa 10.000 Euro;
– i bilanci annuali sono stati approvati senza la prescritta convocazione assemblea dei soci, infatti non è stata mai recapitata alcuna raccomandata in tal senso;
– non è mai stata discusso eventuale rimborso iva;
– sono stati prorogati i termini di ultimazione dei lavori senza tuttavia informare l’assemblea dei soci;
– nel consiglio di amministrazione, composto da tre persone, vi è la moglie del presidente, nonché il direttore dei lavori, quest’ultimo assegnatario di alloggio.

 

Risposta al quesito:
Dall’articolato quesito da Lei proposto sembra emergere che avverso l’operato degli amministratori della Cooperativa abbiano manifestato sostanziale dissenso solamente due soci.
Orbene, le Cooperative sono regolate dal contratto di società, in forza del quale la volontà sociale si forma mediante le delibere assembleari, assunte con le specifiche maggioranze previste dalla legge ovvero dallo Statuto.
La disciplina che precede viene attenuata dai diritti delle minoranze o dei singoli soci  specificatamente previsti dalla legge, tra cui spicca il diritto a ricevere dettagliate informazioni sulla entità delle spese ovvero a sollecitare il controllo contabile.
Va, tuttavia, precisato che il merito della spesa sociale resta assoggettato al potere della maggioranza dei soci, purchè la spesa medesima sia inerente l’attività sociale e non sia viziata da falsa rappresentazione.
Nel caso di specie, però, desta l’attenzione quanto da Lei riferito in ordine alla irregolarità  delle assemblee, la cui convocazione non sarebbe stata effettuata mediante lettera raccomandata.
In tal caso, infatti, le delibere assunte nel corso delle assemblee sarebbero radicalmente nulle e potrebbero essere impugnate senza limiti di tempo (a condizione che i soci dissenzienti non abbiano, comunque, presenziato nel corso dell’adunanza).
In particolare, dalla nullità dei deliberati conseguirebbe l’inefficacia dei bilanci sociali ,in quanto privi dell’approvazione assembleare e, pertanto, una tale circostanza impedirebbe agli amministratori di richiedere ai soci il versamento di somme a qualunque titolo presuntivamente dovute.
L’illegittimità della richiesta del versamento sociale, dunque, giustificherebbe l’eccezione di inadempimento, legittimando il rifiuto del versamento delle somme da parte del socio, almeno fino alla regolarizzazione dei deliberati di approvazione.
In tale ipotesi, tuttavia, si verificherebbe un notevole ritardo nell’assegnazione dell’alloggio al socio e un conseguente danno a carico dell’assegnatario.
Quest’ultimo, quindi, potrebbe convenire in giudizio la Cooperativa ai sensi dell’art. 2932 c.c. chiedendo il trasferimento coattivo dell’alloggio, dichiarandosi, nel contempo, disponibile ad effettuare i versamenti che risulteranno effettivamente dovuti.
In tal caso la domanda giudiziale andrebbe trascritta presso i Registri Immobiliari, assumendo efficacia anche nei confronti dei terzi (così impedendo una eventuale ulteriore assegnazione).
Il socio, inoltre, potrebbe convenire in giudizio gli amministratori in forza del danno subito a seguito del ritardo nell’assegnazione definitiva dell’alloggio prenotato.

Quesito del 17/06/2013

Premesso che mio padre è socio di una cooperativa edile militare.
La cooperativa, divisa in varie iniziative in Italia, ha costruito alloggi con contributo statale.
Mio padre fa parte dell’iniziativa di Udine. Gli alloggi sono stati regolarmente costruiti e i soci hanno finito di pagare il mutuo. Pende però sulla cooperativa un grosso debito (causato da un vecchio contenzioso tra coop. e ditta costruttrice per un’altra iniziativa immobiliare su Roma).
I soci- circa 216 – sono impegnati a ripianare la perdita pro quota, ora però, venuto il momento di pagare, alcuni non lo hanno fatto e il Ministero minaccia di mettere la cooperativa in liquidazione coatta.
Cosa devono fare per tutelare il proprio alloggio i soci che hanno sempre onorato il loro debito e che attendono da anni il passaggio a proprietà divisa dell’alloggio?
E’ possibile che vengano trattati alla stregua di chi non paga?


Risposta al quesito:
Da quanto esposto nel quesito sembra che:
–          la Cooperativa militare di cui trattasi sia a “proprietà indivisa” e, pertanto, i soci sono assegnatari in uso;
–          esista un deliberato sociale mediante il quale i soci si sono impegnati a ripianare il grosso debito nei confronti della impresa di costruzione;
–          la Cooperativa sia stata sottoposta a ispezione straordinaria ovvero a commissariamento e a seguito di tali procedimenti la  Vigilanza ministeriale abbia richiesto il ripianamento dei debiti.
Nell’ottica che precede, la problematica riguardante i versamenti dei soci inadempienti compete agli amministratori della Cooperativa ovvero al Commissario governativo, i quali devono intervenire assumendo i necessari provvedimenti gestionali, tra i quali quello inerente l’esclusione dei morosi .
I soci adempienti, dunque, possono rivolgere istanza motivata alla Vigilanza del Ministero, affinché lo stesso nomini l’eventuale Commissario ad acta per l’assunzione dei provvedimenti necessari.
E’ chiaro che, nelle more di provvedimenti, potrebbe rendersi necessario richiedere ai soci adempienti di anticipare pro quota le differenze dovute dai soci espulsi, fermo restando il diritto alla restituzione al momento dei versamenti effettuati dai nuovi soci.
La mancanza di liquidità, anche momentanea, infatti, potrebbe determinare lo stato d’insolvenza della Cooperativa e, quindi, la conseguente messa in liquidazione coatta amministrativa.

Quesito del 10/06/2013

Vorrei sapere se per richiedere il passaggio di proprietà da indivisa a individuale è necessario che tutti i soci siano chiamati a deliberare o solo quelli della palazzina che vuole effettuare il passaggio.

Risposta al quesito:
La legge 17 febbraio 1992 n 179 prevede che le Cooperative a proprietà indivisa, destinatarie di finanziamenti pubblici, possano essere autorizzate a trasformarsi in Cooperative a proprietà divisa e, quindi, assegnare in proprietà gli alloggi  ai soci aventi diritto.
La norma, tuttavia, impone determinate prescrizioni e in particolare all’art. 18 comma 2 punto b, testualmente dispone:
 la richiesta di autorizzazione alla cessione in proprietà individuale, di cui al comma 1, riguardi almeno il 50 per cento degli alloggi facenti parte dell’insediamento oggetto della richiesta di autorizzazione ed essa sia deliberata dal consiglio di amministrazione e approvata nei successivi centoventi giorni con una doppia votazione, a maggioranza dei due terzi, dell’assemblea ordinaria regolarmente costituita da tenere a distanza di almeno sessanta giorni l’una dall’altra. Qualora la richiesta di autorizzazione non riguardi la totalità degli alloggi la cooperativa deve assumere contestualmente l’impegno a provvedere alla diretta gestione degli alloggi che non verranno ceduti in proprietà individuale ovvero deve indicare alla regione la cooperativa o l’ente che si sono dichiarati disponibili ad acquistare gli stessi alloggi alle condizioni previste dal comma 2 dell’articolo 19, documentando tale disponibilità“.
Alla luce di quanto sopra, si deve ritenere che i soci chiamati a deliberare sulla trasformazione della Cooperativa siano tutti quelli facenti parte del medesimo programma costruttivo che ha fruito del finanziamento pubblico.

Quesito del 05/06/2013

Da circa un anno sono divenuto proprietario di un appartamento costruito da una Soc. Coop. edilizia a MP, che avendo conseguito l’obiettivo sociale è stata posta in liquidazione. Durante la vita della Cooperativa, allorquando i soci occupavano gli alloggi in regime di “proprietà indivisa”, in circostanze di cui ometto i dettagli, venne chiaramente deliberata – con l’unanimità dei soci (1000/1000) – l’assegnazione alle pertinenze dell’alloggio da me occupato di uno dei due lastrici solari presenti nell’edificio (segnatamente quello incidente sulla colonna di fabbrica del mio appartamento), specificando che l’altro lastrico solare sarebbe rimasto a disposizione di tutti i soci (oggi condomini) per gli usi comuni. Orbene, una volta conseguita la “proprietà divisa” degli appartamenti, l’assemblea del costituito “condominio” (formata dalle stesse persone che approvarono la delibera della Cooperativa), con nuova delibera ha disconosciuto la precedente di cui sopra e ha rifiutato di procedere alla stesura dell’atto di compravendita del suddetto lastrico solare. La mia domanda è la seguente: posso ancora far valere i diritti derivanti dalla delibera approvata all’unanimità dalla allora Cooperativa, anche se la stessa è stata posta in liquidazione? Ad ogni buon conto, ove ne sussistano i presupposti, in quale modo posso far valere il mio diritto di annettere alle pertinenze del mio appartamento la parte comune di condominio in questione?


Risposta al quesito:
Le delibere di assegnazione degli alloggi sociali e delle relative pertinenze assunte dalle  Cooperative edilizie sono equiparabili ai preliminari di vendita e, pertanto, il socio beneficiario ha diritto a chiederne l’esecuzione in forma coattiva ai sensi dell’art. 2932 c.c..
Nel caso di specie, tuttavia, sembra che la Cooperativa abbia già effettuato tutti gli atti di assegnazione ai soci, ricomprendendo in essi anche le pertinenze comuni del complesso immobiliare.
In tal caso anche l’atto di assegnazione stipulato dal socio che ha formulato il quesito dovrebbe essere stato redatto nell’ottica delle pertinenze comuni acquisite pro quota  da tutti i soci.
Da quanto precede, sembrerebbe che il socio abbia accettato l’assegnazione pro quota delle pertinenze, così rinunciando alla assegnazione esclusiva precedentemente effettuata dalla Cooperativa.
Se, viceversa, dagli atti pubblici di assegnazione potesse desumersi che la pertinenza in questione non e’ stata trasferita pro quota ai soci, allora la detta porzione immobiliare sarebbe tuttora nella disponibilità della Cooperativa in liquidazione, che sarebbe l’unico potenziale interlocutore in ordine al diritto reclamato dal socio.
In tal caso, infatti, la delibera del condominio non avrebbe alcuna incidenza sulla deliberazione di assegnazione  precedentemente assunta dalla Cooperativa e il socio avente diritto potrebbe instaurare il giudizio ex art. 2932 c.c. nei confronti della medesima Società in liquidazione.

Quesito del 22/05/2013

Sono un socio di una cooperativa edilizia a r.l. a proprietà divisa di complessivi 15 soci.
Ho già fatto l’atto di assegnazione con rogito notarile e con frazionamento del mutuo ed anche con correlativo frazionamento dell’ipoteca nel 2010. Di tutti i soci solo uno non ha potuto fare l’atto notarile dell’alloggio in quanto è moroso verso la coop per 50000 euro; ad oggi vive pacifico nell’unico alloggio rimasto (ancora di proprietà della coop) il fratello del socio completamente abusivo in quanto è il titolare dell’impresa appaltatrice dei lavori di costruzione già ultimati poichè la cooperativa deve ancora all’impresa il saldo dei lavori per euro 50000 (sono gli stessi soldi che il socio moroso deve nei confronti della cooperativa). Ogni anno la coop chiude in perdita d’esercizio e costringe sempre tutti gli altri soci a pagare le somme derivate dalla mancata chiusura (minacciando il decreto ingiuntivo), in quanto il presidente si giustifica dicendo che non è possibile chiudere la coop in quanto il socio moroso ancora non versa il dovuto.
La mia domanda è questa: come possiamo uscirne da questa faccenda? Possiamo innanzitutto cacciare dall’appartamento il fratello del socio moroso che è completamente abusivo?
Possiamo rifiutarci di pagare le perdite d’esercizio in quanto rispondiamo solo del capitale sociale?
Possiamo mettere in liquidazione volontaria la coop?


Risposta al quesito:
Se la Cooperativa ha raggiunto lo scopo sociale deve essere messa in liquidazione, previa specifica assemblea dei soci.
Se la Cooperativa sopporta solamente le spese di amministrazione, tutti i soci devono contribuire pro quota alla copertura delle relative perdite, sino all’estinzione della Società.
Se la Cooperativa ha fruito di finanziamento pubblico, il socio assegnatario deve occupare l’alloggio con il proprio nucleo familiare.
Per estinguere definitivamente la Cooperativa, previa messa in liquidazione, è necessario chiudere ogni contenzioso, sia con i soci che con i terzi.
Il socio moroso può essere dichiarato decaduto dall’assegnazione dell’alloggio, ove non provveda entro il termine della diffida al versamento di quanto dovuto.
La Cooperativa deve iniziare il contenzioso con l’impresa per gli eventuali vizi e difetti costruttivi o altre inadempienze entro i termini perentori previsti in tema di appalto.
L’impresa appaltata, in caso di soccombenza, è tenuta al risarcimento di tutti i danni, ivi compresi quelli riconducibili ai costi sopportati per la ritardata estinzione della Cooperativa.

Quesito del 04/05/2013

Sono un socio dimissionario di una cooperativa edilizia dalla quale attendo la liquidazione della quota sociale versata. Fin da subito mi è stato detto che per la liquidazione dovrei aspettare l’ingresso di altri soci, cosa che al momento non si sta verificando. Preciso che sulla domanda di ingresso in cooperativa firmai un documento in cui accettavo questa clausola. Nello statuto della cooperativa invece non c’è alcun riferimento al riguardo. Dalla mia domanda sono passati 8 mesi e sono ancora in attesa. Mi chiedo se posso intervenire in qualche modo per poter ottenere al più presto la liquidazione della mia quota.

Risposta al quesito:
Nelle  Società Cooperative l’Assemblea può  approvare norme regolamentari che disciplinino i rapporti sociali e mutualistici con i soci, ma senza che le stesse si pongano in contrasto con lo Statuto.
E’, quindi, possibile che, nel caso in specie, l’Assemblea abbia approvato una clausola che preveda condizioni particolari per ottenere il rimborso della quota sociale, ivi compresa la clausola che subordini il rimborso al subentro di un nuovo socio.
Occorre, tuttavia, coordinare la predetta clausola con quanto previsto nello Statuto in materia di recesso e rimborso della quota al socio receduto.
Se, infatti, lo Statuto prevede in generale  che il rimborso venga effettuato  entro un certo termine (ad esempio: sei mesi dall’approvazione del bilancio relativo all’esercizio in cui si è verificato il recesso), in tal caso occorre verificare la reale portata della clausola regolamentare, se cioè essa ponga il problema del rimborso in data antecedente a quella prevista dallo Statuto.
D’altra parte, la condizione del subentro del nuovo socio non può essere assoluta, nel senso che essa gravi comunque sul socio receduto, ma occorre valutare la reale portata della clausola, utilizzando i generali principi interpretativi del diritto.
A tale ultimo fine è anche necessario verificare se il recesso è stato comunque accolto dagli amministratori e la questione riguardi esclusivamente i tempi del rimborso.
Se così fosse, essendosi verificato il recesso, occorre preliminarmente verificare quali attività abbia posto in essere la Cooperativa per assumere il nuovo socio e successivamente se il subentro sia divenuto più difficoltoso rispetto alla situazione esistente al momento dell’accettazione della clausola (fermi restando tutti gli altri elementi interpretativi).