Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 23/09/2022

Buongiorno avvocato, desidero farLe solo una precisazione in merito alla Sua risposta al mio quesito del 28.08.2022. L’iva al 4% pagata nel 2006 non è stata corrisposta dagli ex soci per i canoni, bensì sulla costruzione. Inoltre a precisa domanda posta al già Presidente della Cooperativa furono chieste delucidazioni in merito al rimborso dell’IVA a credito.
La risposta fu che l’iva a credito rimborsata dall’erario sarebbe andata in compensazione con quanto da corrispondere e che la differenza sarebbe stata ripartita ai soci al momento del rogito con l’emissione della relativa fattura; ovviamente l’va a credito è scomparsa e ovviamente la Cooperativa non ha rilasciato fattura al rogito.
Questo è quanto, prescindendo dal procedimento in corso e solo per un più puntuale excursus dei fatti.

Risposta al quesito:
In assenza dell’adeguato esame documentale, ci si può limitare a riepilogare le regole generali in materia di iva nell’ambito del rapporto tra la Cooperativa edilizia ed i soci assegnatari.
L’iva sugli acconti corrisposti dai soci in conto costruzione rappresenta un debito per la Cooperativa nei confronti dell’Erario (cosiddetta iva a debito). Tale importo può anche essere versato dalla Società tramite compensazione con l’eventuale credito iva, scaturente dall’imposta pagata dalla Società stessa a fronte degli acquisti effettuati o delle prestazioni di servizi ricevute (cosiddetta iva a credito).
Lo stesso discorso vale per l’iva versata da ciascun assegnatario sul saldo del prezzo dell’alloggio, al momento del rogito.
Nella relativa fattura emessa dalla Cooperativa, dovrà essere indicato il residuo del prezzo dovuto, sul quale sarà applicata l’aliquota iva, analogamente a quanto avvenuto per gli importi corrisposti a titolo di acconto.
Nell’ipotesi in cui il credito iva fosse superiore al debito, il relativo importo potrà essere chiesto a rimborso. In tal caso, la somma rimborsata confluirà nell’attivo patrimoniale e potrà essere redistribuita in favore di soci sotto forma di diminuzione dei costi generali della Cooperativa.
Va, infine, rilevato che, indipendentemente dalla disciplina IVA e dalla corretta applicazione, tutti i movimenti finanziari devono risultare dal Bilancio sociale e le eventuali distonie devono essere rilevate in sede di approvazione e, in ogni caso, non oltre tre anni dall’avvenuta approvazione assembleare.

Quesito del 22/09/2022

Spettabile Studio, la mia Cooperativa edilizia delle FF.AA., sottoposta a vigilanza del Ministero delle Infrastrutture, nel 2015 ha assegnato 89 alloggi, 89 dei 90 complessivi, in proprietà individuale. Nel 2017 ha fatto causa alla Ditta costruttrice per vizi occulti sia negli appartamenti sia nelle parti comuni.
A tutt’oggi, non avendo assegnato ancora un alloggio, resta compente, ai sensi del T.U. del 1938, solo per la gestione delle parti comuni quale Condominio speciale e per la suddivisione tra i soci del contributo ministeriale.
Il Giudice di primo grado ha condannato la Cooperativa al pagamento delle spese considerando illegittima la sua costituzione in quanto nell’assegnazione degli alloggi non ha dimostrato una diminuzione del prezzo di vendita per vizi occulti. Le spese in questa fase di giudizio saranno pagate da tutti i soci in misura identica, anche se alcuni soci non avevano avuto danni negli appartamenti (questi ultimi soci avevano deciso, infatti, di far installare pavimenti di qualità superiore pagando la differenza ed evitando così i danni per materiali scadenti denunciati dagli altri soci). Le spese sono state quantificate dal Giudice sull’ammontare complessivo della causa e comprendono le perizie dei CTU, i danni per vizi occulti sulle parte comuni e sugli appartamenti privati.
La maggioranza dei soci ha deciso di fare appello sia per vizi occulti sui beni comuni sia negli appartamenti, anche se la Cooperativa dal 2015 non ha più alcuna titolarità sugli appartamenti privati rimanendo competente solo quale Condominio speciale per le parti comuni.
I miei quesiti sono: dato che le spese di giudizio sono pagate in maniera identica dai soci, in caso vincessimo l’appello i danni da rimborsare saranno divisi in maniera identica tra i soci o si differenzieranno dando di più a chi ha avuto danni anche negli appartamenti?
In caso vincessimo l’appello le spese di giudizio del primo grado, già pagate, ci verrebbero rimborsate?
Il rappresentante legale può essere considerato responsabile per aver intentato una causa non come Condominio Cooperativa, per il quale si ha titolo, ma come Cooperativa includendovi anche i vizi occulti negli appartamenti per i quali non si aveva competenza ad agire?
Io mi sono inutilmente opposto. Che posso fare?

Risposta al quesito:
Va, innanzitutto, osservato che il Condominio speciale è cessato a seguito delle assegnazioni definitive ad una parte dei soci, posto che da quel momento è insorto il Condominio ordinario, di cui è parte la Cooperativa per gli alloggi non ancora ceduti ai soci.
Ciò posto, sulla base delle limitate informazioni, va rilevato che la causa è stata presumibilmente intentata a seguito di un deliberato assembleare, sicché deve certamente procedersi con l’esame del relativo contenuto.
I danni che sono stati subiti solamente da una parte dei soci, in realtà si riversano su tutta la compagine sociale, in quanto dei danni medesimi risponde la Cooperativa.
Alla luce di quanto precede, le spese giudiziali devono essere ripartite su tutti i soci, avuto riguardo al contenuto del deliberato assembleare.
La causa è stata correttamente instaurata dalla Cooperativa, quale stazione appaltante e, tenuto conto della presumibile deliberazione assembleare, nessuna responsabilità va attribuita agli amministratori.
Nel caso di riforma della sentenza di primo grado è prevedibile la condanna alle spese dell’impresa, la quale dovrà restituire quanto precedente mente versato dalla Cooperativa.
Quest’ultima dovrà provvedere al ripristino degli alloggi danneggiati con la sorte capitale eventualmente ricevuta, mentre per le spese rimborsate dovrà provvedere alla restituzione pro quota ai soci paganti.
Purtroppo può anche accadere che, nonostante la vittoria, l’impresa soccombente sia priva di risorse finanziarie o addirittura fallita, sicché tutte le spese sostenute dovranno essere ripartite tra i soci, in ragione del deliberato assembleare.

Quesito del 18/09/2022

Uscita da un P.d.z. dopo aver versato 100.000 € per 10 anni, ho tentato di riaverlo dalla Cooperativa senza successo.
Con sacrificio e debiti ho acceso un mutuo e ora ho una casa mentre la Cooperativa è stata liquidata dal Comune di Roma per non aver rispettato le norme della Convenzione. Gli alloggi, tra cui il mio sono passati sotto la disponibilità del Comune.
Ora mi chiedo cosa devo fare per riavere i miei soldi? Ho scritto pec a tutti, Regione, Comune, Mise, nessuno risponde… mi dica Lei cosa devo fare più?

Risposta al quesito:
Occorre verificare, innanzitutto, le eventuali responsabilità degli amministratori, nei confronti dei quali è possibile instaurare il giudizio risarcitorio se l’azione non si è prescritta (5 anni dalla cessazione della carica).
In secondo luogo si deve verificare se esistono responsabilità dei diversi Enti pubblici, in ragione delle rispettive competenze, in particolare quelle della vigilanza sull’attività posta in essere dalla Cooperativa.
La verifica va eseguita sulla documentazione relativa agli adempimenti amministrativi e ai rapporti intercorsi tra la Cooperativa e i vari Enti pubblici.

Quesito del 17/09/2022

Il 20.11.2012 mi propongono un affare per l’acquisto di una villetta, versando una quota promiscua di euro 55.000 Euro, che ho versato, promettendomi uno sconto alla fine del rogito.
Nel 2022 ancora non hanno fatto dei lavori, li ho querelati per truffa e raggiri alla Guardia di Finanza, percorso lunghissimo, molti rinvii, Giudice sbagliato, l’avvocato mi dice sempre che il reato andrà in prescrizione e mi dice di procedere con causa civile, dando le dimissioni.
Il 28.03.2018 faccio la raccomandata per le dimissioni. Dopo l’Assemblea del 23.05,2018, con raccomandata del 18.07.2018, dicendo tante belle parole e addossando la responsabilità alla Banca di non poter concedere il mutuo alla Cooperativa, ma darlo ai singoli soci con requisiti, dopo tanti controlli della documentazione dalla parte della Banca, ci viene comunicato che a parte me e altri due, gli altri 13 soci non hanno i requisiti richiesti.
Avendo dato le dimissioni, riunito il CdA, accolgono le mie dimissioni con recesso da socio che hanno avuto operatività dalla data del 23.05.2018.
La Cooperativa si è riservata il diritto di rimborso delle quote secondo quanto previsto dall’art. 12 dello Statuto sociale, ma nel caso la Cooperativa sia in grado di rimborsare anticipatamente le somme dovute sarà disponibile alla restituzione senza specificare somme. Ad oggi non è stato né comunicato né rimborsata alcuna quota.
L’avvocato civilista che ha mandato lettera di recesso il 28.03.2018 non consiglia di fare la causa, dice che è lunga e dispendiosa.
Dopo tante chiamate al presidente uscente e attuale, fissa una riunione nel suo studio il 16.09.2022 e riesce a fare firmare la ricognizione di debito e promessa di pagamento al 30.04.2023.
Ad oggi la Cooperativa è ferma per stallo, non avendo soci con requisiti per mutuo, il presidente è incerto se restituire le somme dovute, che vengono citate nella ricognizione ed accettate e firmate dal presidente.
Lei avvocato potrebbe gentilmente darmi qualche consiglio se la procedura è giusta e la più veloce e se loro alla data prescritta non adempiranno che succede dopo?
L’avvocato mi ha detto che è una lettera esecutiva o è meglio fare una causa lunga ma efficace? Mi dovrò preoccupare per i tempi di prescrizione come quella penale, dovrei cambiare avvocato?

Risposta al quesito:
La legge professionale non consente di fornire pareri sull’attività svolta a seguito di un mandato vigente ad altro avvocato, sicché al quesito, peraltro confusamente formulato, non può essere data alcuna risposta.

Quesito dell’01/09/2022

Vi scrivo perché, dopo 17 anni di lavoro in una Cooperativa come aiuto cucina e ausiliaria in due scuole materne, l’ultimo asilo dove ho lavorato fino al 29 luglio scorso ha chiuso definitivamente i battenti. L’asilo era di proprietà della suddetta Cooperativa. Ora mi ritrovo senza lavoro.
La mia collega con pari livello è stata mandata senza averne titolo in un altro asilo comunale dove ha l’appalto la cooperativa a fare la “cuoca” e a me è stato proposto di andare a pulire una fabbrica alle 5 del mattino.
Ora mi chiedo come tutto questo sia possibile e accettabile. Considerando anche che la mia collega lavora da soli 5/6 anni in Cooperativa contro i miei 17 anni di servizio.
Oltretutto, saputo che una collega di un precedente asilo dove avevo lavorato sempre per la suddetta Cooperativa nel mese di ottobre scorso andava in pensione, avevo chiesto di essere rimandata lì a sostituirla nella sua mansione che equivaleva alla mia, questo perché erano già due anni che la Cooperativa aveva fatto sapere che l’asilo dove lavoravo avrebbe chiuso.
Ma la risposta della mia responsabile fu: “non preoccuparti l’asilo non chiude quindi non vedo il motivo per la tua richiesta di essere spostata”. Ora l’asilo ha chiuso e io mi ritrovo con una proposta di lavoro inadeguata equivalente a un demansionamento. Vorrei capire come agire.

Risposta al quesito:
Nella vicenda descritta sono ipotizzati l’illegittimo demansionamento da parte della Cooperativa, nonché la contestuale disparità di trattamento con altra socia lavoratrice.
Le suddette ipotesi devono trovare riscontro attraverso l’esame documentale degli atti, anche in considerazione del fatto che l’onere della prova del demansionamento grava sul lavoratore.
Si può, comunque, sin d’ora affermare che la possibilità di mutare le mansioni in senso sfavorevole al lavoratore è limitata ai casi previsti dall’art. 2103 del codice civile: riorganizzazioni aziendali che comportino necessariamente il conferimento delle nuove mansioni; eventuali altre ipotesi previste nei contratti collettivi; accordo individuale con il datore di lavoro presso le sedi competenti.
Nei primi due casi, il conferimento dovrà avvenire per iscritto e le nuove mansioni dovranno rientrare nell’ambito della medesima categoria di appartenenza (dirigenti, quadri, impiegati, operai). Inoltre, il lavoratore avrà diritto a mantenere il proprio trattamento retributivo, ad esclusione delle voci specificamente connesse alla precedente mansione.
Qualora, all’esito della valutazione documentale, non si ritenga sussistere alcuna delle anzidette ipotesi, la socia potrà recedere per giusta causa dal rapporto di lavoro ed eventualmente richiedere alla Cooperativa il risarcimento del danno, previa dimostrazione del nesso di causalità con la proposta ricevuta dalla Società, anche alla luce del diverso trattamento riservato ad altra socia.

Quesito dell’01/09/2022

Il ritardato invio della comunicazione annuale relativa alla gestione dell’anno precedente da parte di una cooperativa edilizia comporta o no l’automatica radiazione/cancellazione dall’Albo?

Risposta al quesito:
L’Albo Nazionale delle Cooperative Edilizie è una istituzione pubblica che esercita il controllo sulla permanenza dei requisiti mutualistici in capo alle predette Società.
Il mancato invio della relazione annuale imposta alle Cooperative non comporta la cancellazione, ma costituisce una inadempienza sanzionata con la sospensione dell’iscrizione all’Albo.
Il provvedimento amministrativo sanzionatorio cessa con l’esecuzione dell’adempimento, accompagnato da una istanza esplicativa con cui si chiede la revoca della sospensione.