Quesito del 18/06/2016

Sono un socio assegnatario di una cooperativa edilizia a.r.l. a proprietà divisa. La società cooperativa stipulò diversi anni fa un contratto di utenza idrica in forza del quale fu installato un unico contatore comune a tutte le abitazioni della lottizzazione costruita dalla cooperativa.
I consumi fatturati dall’ente gestore del servizio idrico non sono mai stati pagati nè dalla società nè dai singoli soci in quanto mai ripartiti ed è pertanto maturato un cospicuo debito che ha comportato l’emissione di un decreto ingiuntivo a favore dell’ente gestore del servizio idrico e contro la società cooperativa. Quest’ultima ha chiamato in giudizio i singoli soci assegnatari.
Mi chiedevo in che misura possano essere chiamati i soci assegnatari a far fronte al debito che contrattualmente fa capo ad un soggetto giuridico distinto qual’è la società cooperativa.
Cosa si intende quando si afferma che il socio risponde nei limiti della quota per le obbligazioni sociali anche in virtù dell’art. 2518 c.c.? Qual’è il concetto di quota?
Nel mio caso le quote richieste dalla cooperativa son state tutte pagate prima dell’atto notarile di assegnazione. E’ possibile che possano aggredire come quota l’immobile che mi è stato assegnato?

Risposta al quesito:
Le Cooperative sono società a responsabilità limitata, sicché i singoli soci rispondono limitatamente alla quota di capitale sociale sottoscritto (normalmente € 250,00 per ciascun socio) che non ha nulla a che vedere con le anticipazioni in conto costruzione ovvero con le contribuzioni per spese generali.
Ciascun socio, tuttavia, può rispondere di specifiche obbligazioni sociali, qualora se ne sia accollato il relativo onere (ad esempio nell’atto pubblico di assegnazione) ovvero se l’assemblea abbia deliberato in tal senso (e la delibera non sia stata opposta).
Quella che precede è la disciplina in generale delle obbligazioni sociali, ma il caso esposto appare diverso e, soprattutto, costituisce una fattispecie estranea ai rapporti sociali.
Nel caso di specie, infatti, la Cooperativa ha stipulato il contratto di utenza idrica, il cui consumo è stato fruito esclusivamente dai proprietari degli alloggi, che sono anche soci della stessa Cooperativa.
A quanto sembra, tuttavia, non esiste né un deliberato né un regolamento che disciplini l’erogazione idrica da parte della Cooperativa, sicché la distribuzione dell’acqua non sembra rientrare nell’attività sociale, ma piuttosto appare come attività occasionale, in cui la Società è solamente un intermediario.
Nell’ottica che precede, dunque, la Cooperativa ha ben ragione di chiamare in causa coloro che hanno effettivamente fruito dell’erogazione idrica, proponendo nei loro confronti l’azione contrattuale per il pagamento del bene somministrato ovvero di ingiustificato arricchimento.
La circostanza che gli effettivi fruitori dell’erogazione idrica siano soci della Cooperativa, quindi, appare come una circostanza indifferente ai fini dell’obbligo di pagamento del consumo di acqua.

Quesito del 17/06/2016

Sono socio di una cooperativa edilizia in Roma facente parte del programma “20.000 alloggi in affitto”. Gli alloggi sono stati costruiti e regolarmente consegnati in uso con prelazione all’assegnazione in proprietà allo scadere di anni 8 e adesso siamo in attesa del frazionamento del mutuo poiché finalmente sono usciti i prezzi massimi di cessione del Comune.
Per l’assegnazione in proprietà il costo complessivo dell’alloggio è stato quantificato sommando al prezzo massimo di cessione altre spese (per funzionamento della cooperativa, oneri di urbanizzazione, etc..) per circa € 50.000 ad alloggio e in una scrittura privata firmata alla data di assegnazione tra il socio assegnatario e la cooperativa tutti i soci abbiamo accettato tale somma complessiva.
Oggi alcuni soci sostengono che invece il prezzo massimo di cessione è l’unico da pagare per aver assegnato l’alloggio in proprietà e per tale motivo non vogliono approvare il bilancio della cooperativa. In bilancio risultiamo per altro ancora creditori verso la banca di circa 600.000 euro.
Io pertanto sono propensa ad approvare il bilancio nel quale per altro non vi sono difformità rispetto a tutti quelli già regolarmente approvati negli ultimi 5 anni e le chiedo pertanto: quali conseguenze vi sono per la cooperativa e per i soci in caso di mancata approvazione del bilancio?
La mancata approvazione del bilancio deve essere motivata? Dei debiti della cooperativa ne rispondono i soci?
Chi invece è favorevole all’approvazione può, essendo in minoranza, tutelarsi in qualche modo? La somma ulteriore di circa 50000 ad alloggio rispetto al prezzo massimo di cessione è dovuta?

Risposta al quesito:
Secondo la Convenzione stipulata con il Comune la Cooperativa deve cedere l’alloggio al prezzo programmato.
Ciò posto,il problema si pone sulla determinazione del prezzo di cessione, dovendosi separare i costi di costruzione veri e propri, dagli altri che sono stati, comunque, sostenuti dalla Cooperativa.
Spesso è accaduto che la Cooperativa abbia travalicato il limite del costo di costruzione imposto dalla Convenzione e si è dovuto trovare una soluzione adeguata per rendere legittima l’assegnazione con atto pubblico.
Diversa è la situazione interna , in forza della quale una parte dei soci non intende approvare il bilancio, in quanto occorrerebbe capire le motivazioni della mancata approvazione.
Se,infatti, i soci non riconoscono la legittimità dei costi sostenuti, assumono la responsabilità di tale comportamento anche nei confronti degli altri soci che, viceversa, intendono approvare il bilancio.
Se il rifiuto non è fondato, in quanto i costi sono stati effettivamente sostenuti, i soci che hanno opposto il rifiuto rispondono in sede risarcitoria.
In ogni caso il rifiuto all’approvazione del bilancio deve essere motivato.
Dei debiti sociali non rispondono i soci, in quanto la Cooperativa è società a responsabilità limitata, ma occorre verificare se esistono deliberati che impongono determinati versamenti ai soci a copertura dei costi di costruzione.
Va, tuttavia, osservato che i soci sono interessati a tutelarsi anche in ordine alle obbligazioni sociali, in quanto la Cooperativa è aggredibile dai terzi in riferimento agli alloggi assegnati il locazione e ancora di proprietà sociale.
I soci di minoranza che intendono approvare il bilancio si devono tutelare seguendo adeguatamente tutte le procedure poste in essere dalla Cooperativa e mettendo eventualmente in mora i soci inadempienti.

Quesito del 17/06/2016

La società cooperativa di cui sono Presidente risulta inattiva.
Visto il totale disinteresse dei soci, e visto che lo scopo sociale (assegnazione degli alloggi) è stato raggiunto nel 2011, io e gli altri amministratori abbiamo deciso di iniziare la procedura di cancellazione dal registro delle imprese anche al fine di non pagare più i diritti camerali alla CCIA.
Tuttavia, temiamo che questa procedura dia impulso a dei controlli a ritroso sull’attività della cooperativa che potrebbero esporci a sanzioni amministrative. In particolare, l’assemblea dei soci non viene convocata dal 2003 e da quella data fino ad oggi non è stato redatto alcun bilancio. Volevamo sapere se, vista l’inattività della società siamo comunque passibili delle sanzioni di cui all’art. 2630 e 2631 cod. civ..
Ci sarebbe un modo per evitarle? Sono prescritte?
Se anziché procedere allo scioglimento della società iniziassimo a partire da adesso a presentare il bilancio annuale, sperando di far prescrivere le sanzioni per gli anni precedenti?

Risposta al quesito:
Le soluzioni prospettate sono diverse, ma tutte esposte ai rischi tenuti, anche se in misura diversa.
La migliore delle soluzioni appare quella di fare approvare oggi i bilanci pregressi e depositarli nel Registro delle Imprese. Successivamente porre in Liquidazione la Cooperativa ovvero sollecitarne la declaratoria di estinzione da parte del competente Ufficio di Vigilanza.

Quesito del 16/06/2016

Ero socio di cooperativa edilizia a r.l.,”messo fuori” perchè “pericoloso”, in quanto iniziavo ad accorgermi delle “magagne”.
Non ricevendo indietro le somme versate ho intentato una causa che dopo diversi anni, ho vinto. Adesso però il mio problema è che gli appartamenti sono stati venduti, come farò a riavere i miei soldi?
E’ vero che i soci non sono responsabili, ma posso rivalermi solo sulle proprietà della cooperativa?
Scusi il linguaggio poco tecnico, ho cercato di non dilungarmi nell’illustrazione della vicenda che risulta alquanto complicata. Spero che possa darmi un’indicazione.

Risposta al quesito:
Occorre esaminare bene tutta la documentazione al fine di verificare se esistano particolari obblighi o accolli da parte dei soci assegnatari.
In ogni caso, si può agire nei confronti degli amministratori che hanno dismesso il patrimonio sociale, nonostante la pendenza del giudizio che poi ha determinato il credito del socio receduto.

Quesito del 16/06/2016

Facciamo parte di una cooperativa edilizia divisa, a novembre ho effettuato regolare rogito per acquisto appartamento come la maggior parte dei 30 soci. 2 appartamenti sono rimasti invenduti e la cooperativa ha al momento debiti sia verso i tecnici che verso la banca.
In caso di fallimento della cooperativa è possibile che siano intaccati gli appartamenti già venduti con regolare atto? Eventuali creditori possono attaccare solo i beni rimasti in carico alla cooperativa e quindi invenduti o anche sugli altri?

Risposta al quesito:
Se l’assegnazione è avvenuta con atto pubblico validamente stipulato a fronte del prezzo di costo , come risultante dalla contabilità sociale, gli assegnatari non hanno nulla da temere né dai creditori sociali, né dall’eventuale Commissario Liquidatore della Cooperativa.
Non sussistono, infatti, i presupposti di diritto per potere procedere alla revocatoria.
I soci, tuttavia, potrebbero avere eventuali obblighi di versamenti sociali previsti nell’atto pubblico come riserva di prezzo ovvero approvati con verbali dell’assemblea validamente assunti.
In tal caso, il Commissario Liquidatore potrebbe agire per il recupero coattivo.

Quesito del 16/06/2016

Sono socio di una cooperativa a proprietà indivisa, proprietaria di diversi boxes per rimessaggio auto; da alcune settimane, il Comune di residenza ha chiesto il pagamento degli arretrati TASI, e la cooperativa ha addebitato gli importi ai singoli soci, in base ai millesimali.
Io sono entrato in possesso della quota circa 3 anni fa, la società può rivalersi su di me per gli arretrati antecedenti all’acquisto della mia quota?

Risposta al quesito:
Va premesso che, relativamente agli immobili in cooperativa a proprietà indivisa non adibiti dai soci ad abitazione principale, la Tasi grava sul socio detentore nella misura stabilita dai singoli Comuni (tra il 10% ed il 30% del totale) e, per la parte restante, sulla Cooperativa che, come è noto, rimane l’unica proprietaria degli immobili medesimi.
La quota della Tasi a carico della Cooperativa rappresenta, quindi, un’obbligazione sociale della quale risponde esclusivamente la Cooperativa stessa con il proprio patrimonio.
Ciò posto, la Società ben potrà addebitare tale importo ai soci , ciascuno per la quota di spettanza.
Tale addebito, tuttavia, deve tenere conto della vigenza del rapporto sociale con ciascun socio obbligato, nel senso che il socio, il quale  avesse instaurato il rapporto in data successiva, non sarebbe obbligato al versamento, trattandosi di costo generale imputabile per competenza di bilancio.
Se, poi, i versamenti richiesti dalla Società fossero riconducibili al socio receduto o escluso, la Cooperativa dovrà richiedere il rimborso allo stesso, quale titolare del rapporto sociale in cui si è determinata la spesa di competenza.
Se il recupero della somma risulta impossibile, in tal caso la Cooperativa deve procedere a ripartire la sopravvenienza passiva tra tutti i soci (a nulla rilevando che l’imposta fosse riferita ad un determinato alloggio) in forza nel periodo di competenza.
Se, poi, gli amministratori non hanno inseguito l’ex socio, in tale ipotesi devono ritenersi inadempienti al loro mandato e, pertanto, restano esposti all’azione di responsabilità promossa dai soci.