Quesito del 24/05/2016

In seguito ad inerzia del cda e a richiesta della maggioranza dei soci l’organo di controllo ha convocato l’assemblea straordinaria per la messa in liquidazione avendo la coop raggiunto l’oggetto sociale ed il cda non provvedeva a convocare l’assemblea benché 14 soci su 24 lo volessero. Successivamente i soci in minoranza hanno impugnato la delibera e chiesto la sospensione che purtroppo il giudice ha accettato, invocando la sospensione e non l’ annullamento, in quanto l’assemblea si è tenuta in luogo diverso dal comune di residenza cosi come previsto dallo statuto e nulla dicendo in merito sul periculum o il fumus iuris, veri requisiti per chiedere una sospensione.
Ora ci si chiede cosa succede.
Il liquidatore che fu nominato rimane in carica compiendo gli atti di ordinaria gestione e non ritorna la gestione in mano al vecchio cda? Cosa possiamo fare per riconvocare l’assemblea nel comune? Chi può convocarla se c’è stata una sospensione della delibera?
Noi faremo chiaramente reclamo, tuttavia abbiamo bisogno di capire come funziona in seguito questa ordinanza e come possiamo fare per sanare il vizio della convocazione presso luogo diverso dal comune.

Risposta al quesito:
Il caso prospettato esige l’esame della documentazione, in particolare dell’ordinanza del giudice a quo.
Da quanto sinteticamente esposto sembra che il predetto provvedimento sia corretto, in quanto l’assemblea si è svolta irregolarmente.
La sospensione dell’efficacia del deliberato incide sui poteri del liquidatore nominato e fa rivivificare i poteri degli amministratori cessati a seguito dell’assemblea sospesa.
La maggioranza dei soci, comunque, ha diritto di chiedere in via d’urgenza la convocazione della nuova assemblea specifcando l’ordine del giorno e, nel caso di mancato tempestivo riscontro degli organi sociali preposti (amministratori o sindaci), possono chiedere la convocazione coattiva al  Tribunale delle Imprese  territorialmente competente.
Il nuovo deliberato, se assunto regolarmente, prevarrà sulle precedenti questioni controverse.

Quesito del 24/05/2016

Lo statuto della cooperativa edilizia a proprietà indivisa, di cui faccio parte, redatto a fine 2005 prevede che, in caso di morte del socio assegnatario, l’alloggio possa essere assegnato secondo quanto stabilito dall’articolo 17 della legge 17 febbraio 1992, n. 179.
Lo stesso risulta però abrogato dall’articolo 39-undevicies, comma 2, legge n. 51 del 2006.
Di fatto, di cosa si terrebbe conto, in caso di decesso di un socio assegnatario e chi avrebbe quindi diritto a subentrare? Anche eventuali eredi non citati nella legge 17 febbraio 1992, n.179?

Risposta al quesito:
L’ipotesi della morte del socio è regolata dall’art.2534 del codice civile, le cui disposizioni prevedono, innanzitutto, che sia lo Statuto sociale a dovere prevedere la possibilità di subentro degli eredi che siano in possesso dei requisiti per l’ammissione alla Società.
S dunque, esiste la specifica previsione statutaria gli eredi che intendano proseguire il rapporto sociale devono indicare chi tra loro debba assolvere alle funzioni di rappresentanza della comunione ovvero debba subentrare nella qualità esclusiva di socio.
In assenza di regolamentazione statutaria e in costanza di indisponibilità del CdA alla prosecuzione del rapporto sociale, gli eredi hanno diritto al rimborso del capitale sociale e delle eventuali anticipazioni versate dal de cuius in conto costruzione alloggio (chiamate anche prestiti sociali nelle Cooperative a proprietà indivisa).

Quesito del 24/05/2016

Sono socio di una cooperativa e mi è stato assegnato, da quasi un’anno, in modalità provvisoria un alloggio.
Dovremmo fare il frazionamento ma siamo bloccati dal fatto che la banca chiede che, per i due alloggi non venduti (SU 13), la cooperativa paghi una parte del mutuo restante. La stessa cooperativa che naviga in cattivissime acque ed è prossima ad essere messa in liquidazione, non ha i soldi e chiede a noi d’integrare questa parte per procedere al frazionamento.
In questi anni noi soci siamo intervenuti più volte con somme di denaro notevoli e adesso che siamo quasi alla fine di quest’incubo, la banca si mette di traverso e indirettamente ci chiede una parte dei soldi del mutuo degli alloggi invenduti.
Che garanzie potremmo chiedere nel caso fossimo d’accordo? E’ legale che la banca non ci faccia frazionare il mutuo?

Risposta al quesito:
Qualora gli alloggi siano stati ultimati e catastati l’Istituto di credito è obbligato a frazionare il mutuo e l’ipoteca correlata indipendentemente dalla mancata assegnazione di due o più alloggi.
Il predetto obbligo discende dalle disposizioni di cui al Testo Unico Bancario, la cui applicazione cogente è stata riconosciuta dalla giurisprudenza, in particolare dal Tribunale di Roma con sentenza che ha definito un giudizio patrocinato da questo Studio.
Verificata, quindi, la situazione generale amministrativa della Cooperativa, è opportuno che i soci diano corso alla adeguata tutela dei propri diritti.

Quesito del 23/05/2016

Sono socia di una società cooperativa edilizia indivisa che ha acceso un mutuo ipotecario.
Tra le varie spese ci hanno richiesto il pagamento degli interessi passivi del mutuo intestato alla cooperativa. Io come gli altri soci abbiamo pagato. Ora, in sede di dichiarazione dei redditi, e visto che le istruzioni prevedono che questi interessi possano essere scaricati dai soci, abbiamo richiesto al Presidente una dichiarazione in cui attesti che i predetti interessi possiamo scaricarli.
Il presidente si rifiuta di fare questa dichiarazione. immaginiamo che sia perchè la cooperativa si scarichi quegli interessi.
Detto questo, Le chiedo se secondo lei la cooperativa ha titolo nel richiederci gli interessi passivi del mutuo e nel caso come e cosa potremmo fare per avere il rimborso di quegli interessi, che di fatto la cooperativa ha incassato 2 volte (1 volta scaricandoli dall’unico e un’altra chiedendoli ai soci).

Risposta al quesito:
Il recente orientamento della Corte di Cassazione, conforme alla tesi già prospettata dall’Agenzia delle Entrate, è quello di ritenere che, con riferimento alle cooperative a proprietà indivisa, la detrazione in oggetto possa essere esercitata soltanto dalla Cooperativa, come si evince dall’interpretazione letterale dell’art. 15 del d.P.R. n. 917/1986.
La predetta norma, infatti, statuisce che, con riferimento alle somme corrisposte dagli assegnatari alla Cooperativa per il pagamento degli interessi passivi relativi ai mutui ipotecari contratti dalla Cooperativa stessa e ancora indivisi,la detrazione spetta alla sola Cooperativa.
Ciò si spiega in quanto, nelle cooperative a proprietà indivisa, i soci non sono divenuti proprietari degli immobili, essendone rimasti meri assegnatari in godimento, con la conseguenza che il mutuo, contratto dalla Cooperativa, è ancora in capo alla Cooperativa stessa, che, pagandone gli interessi passivi, è, quindi, l’unica ad avere diritto alla relativa detrazione.
Il fatto poi che i predetti interessi siano stati concretamente versati dai soci a titolo di rimborso nei confronti della Società, rileva ai soli fini del rapporto mutualistico che lega i soci medesimi alla Cooperativa.
Ne deriva che la detrazione sarà effettuata esclusivamente dalla Cooperativa e, pertanto, saranno i soci a beneficiarne indirettamente, in quanto si verificherà un pari abbattimento dell’utile sociale e, quindi, un minore impegno finanziario ai fini della tassazione.

Quesito del 22/05/2016

Non so se riesco a formulare bene il quesito.
La coop edile ha accantonato la somma di 20 mila euro per uno scopo preciso. Cio è stata un’operazione contabile.
Ad ogni modo ciò per cui la somma è stata accantonata non è stato realizzato.
Possono i soci originari richiedere la spartizione di questa somma che pare risulti come accredito iva? Che strumenti nel caso?

Risposta al quesito:
Da quanto sinteticamente esposto sembra di potere dedurre che l’assemblea dei soci ha approvato la richiesta di versamenti sociali da accantonare per una specifica ragione.
Se il motivo dell’accantonamento è venuto meno, gli amministratori sono obbligati al rimborso ai soci dell’importo dagli stessi versato pro quota (a meno che non intervenga altra assemblea che deliberi in senso diverso).
Se gli amministratori non provvedono in tal senso, i soci che ne hanno interesse possono impugnare il bilancio innanzi al Tribunale delle Imprese e chiedere il rimborso della somma oltre il risarcimento del danno.

Quesito del 22/05/2016

Sono socio assegnatario di un alloggio di proprietà di una cooperativa a proprietà mista/indivisa, dove abito da alcuni anni.
Vorrei sapere cosa accade in caso di fallimento della cooperativa in questione: è possibile riscattare l’alloggio o questo deve essere messo sul mercato? Quali oneri spettano ai soci a fronte del fallimento?

Risposta al quesito:
L’art.72 della legge fallimentare dispone che il curatore (o Liquidatore in caso di L.C.A.) possa sciogliersi dal contratto in essere, ciò se ritiene più conveniente per la massa creditoria porre in vendita l’immobile con asta al migliore offerente.
In tal caso il socio prenotatario o assegnatario in uso perderebbe l’alloggio e diventerebbe creditore della procedura concorsuale per l’importo ammesso al passivo (concorrendo con gli altri creditori).
Il socio può tutelare i propri diritti, nel caso in cui l’immobile sia adibito a prima casa e l’atto di prentazione sia trascritto nei Registri immobiliari ai sensi dell’art. 2645 bis c.c., così salvaguardano l’assegnazione dell’immobile, posto che in tale ipotesi non si applica la disciplina dello scioglimento del contratto da parte del curatore.
Quest’ultimo, tuttavia, può pretendere dal socio il saldo prezzo in ragione del valore di mercato dell’immobile.
I soci assegnatari, inoltre, possono proporre un concordato (fallimentare o di liquidazione) in base al quale si obbligano ai pagamenti a copertura dei crediti sociali ridotti secondo la percentuale accettata dagli stessi.