Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 19/09/2019

Sono socio di Coop edilizia dal 1976, ricevo assegnazione con rogito del Notaio nel 2001.
Invio Racc. rr nel 07.2005 per dimissioni a norma dell’art. 2532 c.c. e dell’art. 9 Statuto. Mai ricevuto riscontro.
Il recesso si è perfezionato con il silenzio assenso?

Risposta al quesito:
Nel caso di istanza di recesso di un socio, il CdA della Cooperativa deve dare riscontro entro in termini previsti dallo Statuto sociale e, comunque, non oltre 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, come previsto dall’art. 2532 c.c.
Nel caso di inerzia del CdA si ritiene verificata la condizione dell’accettazione della domanda di recesso, come statuito dalla Corte di Cassazione.
Nel caso di specie, tuttavia, va osservato che il socio ha ottenuto l’assegnazione dell’alloggio, sicché si è definita la prestazione mutualistica da parte della Cooperativa.
In tal caso il socio assegnatario ha l’obbligo di adempiere a sua volta all’obbligo di contribuzione delle spese necessarie per l’estinzione della Società.
Alla luce di quanto precede, si può ritenere che il recesso si sia perfezionato a seguito del verificarsi della “condizione” (lasso di tempo trascorso), ma il socio sia obbligato al versamento pro quota delle sole spese necessarie per la chiusura della Società.
Si ritiene, altresì, che il socio receduto resti estraneo alle vicende che impediscono la chiusura della Società, qualora non siano a lui riconducibili, sicché l’obbligo di contribuzione riguarda le spese strettamente necessarie alla chiusura della Società, indipendentemente dai tempi conseguenti alla risoluzione delle predette vicende.

Quesito del 13/09/2019

Spettabile Studio Cannavò,
il sottoscritto gradirebbe una spiegazione ulteriore alla sua precedente richiesta in ambito della disciplina riguardante fidejussione bancaria e Cooperative edilizie.
A tal proposito riformulo la domanda precedente in un modo più chiaro, almeno spero.
La questione è questa:
In una Cooperativa edilizia a Responsabilità limitata dei soci, è stata firmata da 26 soci su 31 una fidejussione bancaria, ad inizio progetto, riguardante la costruzione di 31 unità immobiliare per prima casa. Tutti i soci prenotanti hanno firmato il loro rogito diventando ciascuno poi, proprietario di un immobile.
Soltanto un socio (non fidejussore) non ha firmato il rogito riguardante l’immobile solo prenotato.
Ora su quell’immobile vincolato dalla fidejussione bancaria, siccome non sono state pagate le rate del restante mutuo aedifica come prevede il contratto di mutuo fondiario, su quello stesso ultimo immobile rimasto, la banca vanta un credito di 130.000 euro.
La banca creditrice ora ha inviato sia alla Cooperativa che a ciascun socio fidejussore una lettera di intimazione di pagamento per la riscossione del suo credito e ha dato un termine di 10 giorno perché i soci fidejussore della cooperativa paghino il loro debito.Se ciò non avverrà, la banca ha aggiunto che procederà.
Ecco Spettabile Studio, il sottoscritto quindi chiede:
1) Come può procedere la banca?
2) Cosa prevede in questo caso la legge? La banca, cioè per legge deve rivalersi solo sul patrimonio della cooperativa per soddisfare il suo credito? E in questo caso deve solo rivalersi sull’unico immobile rimasto di proprietà della cooperativa?
3) Può la banca rivalersi sul patrimonio personale (immobili di proprietà, conti correnti, e altro) dei singoli soci anche se sono fidejussori?
4) Infine, quindi, può la banca secondo legge pignorare prima il patrimonio personale (comprendendo anche l’immobile che tramite rogito notarile, ciascun socio ha acquistato dalla cooperativa pagando tutte le pendenze con la stessa e pagando regolarmente il proprio singolo mutuo con la banca creditrice per ciascun singolo mutuo) dei soci fidejussori della cooperativa?

Risposta al quesito:
Come già detto i contratti fideiussori possono prevedere la clausola del beneficio della preventiva escussione del debitore principale; in tal caso la Banca deve rivalersi prima sul patrimonio della Cooperativa.
Nel caso contrario, la Banca può attivare la garanzia fideiussoria direttamente su uno o più soci, indipendentemente dal patrimonio residuo della Cooperativa.
I soci colpiti dall’azione della Banca, possono a loro volta rivalersi tanto sul patrimonio della Cooperativa, quanto sugli altri soci fideiussori rimasti indenni.

Quesito del 10/09/2019

Egregio avvocato, in qualità di socio ho più volte chiesto la possibilità di visione e/o copie della documentazione (contratti fatture ecc…) senza avere risposte positive in merito. In ultimo mi è stato scritto che la mia richiesta verrà posta del Collegio Sindacale al primo CDA utile.
Non dovrebbe essere la trasparenza il “primo” principio della Cooperativa? Nelle mie richieste ho citato l’articolo c.c. 2476 comma 2. Questo articolo del Codice Civile è applicabile alle Cooperative edilizie?

Risposta al quesito:
Lo Statuto delle Cooperative prevede se alla Società s applica la disciplina delle SRL ovvero delle SPA.
Nel caso di specie è molto probabile che la Cooperativa rientri tra le SPA, posto che ha il Collegio Sindacale.
In tal caso non è applicabile l’art. 2476 c.c., previsto per le SRL.
Nelle Cooperative SPA il Collegio esercita il controllo anche nell’interesse dei soci, sicché questi ultimi possono segnalare le loro lagnanze ai componenti dell’Organo sociale.
Gli amministratori e i Sindaci rispondono personalmente delle violazioni gestionali e amministrative, che possono essere individuate anche attraverso l’esame dei Bilanci e delle allegate note integrative.

Quesito del 07/09/2019

Spett.le Studio Legale Cannavò, nel giugno 1988 venivo ammessa in qualità di socio di una società cooperativa edilizia per il conseguimento di un alloggio di 95 mq. a proprietà indivisa, facente parte di un condominio di n. 10 alloggi in zona 167 comunale.
Ho sottoscritto “Contratto di assegnazione in uso e godimento” nel quale veniva precisato che la cooperativa aveva ottenuto un mutuo ai sensi della L. Regionale 1/2/77 n. 3 Piano ’79 e che per l’utilizzazione di tale mutuo la stessa coop. aveva contratto un mutuo condizionato con istituto bancario. Si dava inoltre atto che la scrivente versava, al fine di integrare il mutuo già erogato dalla banca, una somma pari a Lit. 19.000.000 circa. Veniva determinato provvisoriamente il costo costruttivo del singolo alloggio in Lit. 62.000.000, ai fini della determinazione del canone d’uso. Inoltre, nel contratto si dava atto dell’accettazione di tutti i patti e le condizioni delle condizioni generali di assegnazione e godimento.
A tal proposito, nel predetto ultimo documento (regolarmente sottoscritto dalle parti) con la seguente denominazione “Condizioni generali di assegnazione e godimento con patto di futura vendita” e in apposito articolo riguardante la “Vendita dell’alloggio al socio” si riporta quanto segue: “Al termine del pagamento delle rate di mutuo e dopo la cancellazione dei relativi vincoli ipotecari non appena la cooperativa requisirà l’incondizionata proprietà dell’alloggio, lo stesso, su specifica richiesta di una delle due parti, dovrà essere devoluto in proprietà individuale al socio nelle condizioni tecniche in cui esso all’epoca dovrà trovarsi”.
Nel corso del rapporto sociale, a seguito di specifica richiesta della cooperativa, ho versato altre somme a titolo di prestito, ho pagato tutte le quote di ammortamento del mutuo a me computate (il mutuo acceso per la costruzione in capo alla cooperativa è stato estinto), ho pagato tutti i corrispettivi a titolo di uso e godimento e spese varie; il tutto per un totale complessivo pari ad oltre € 75.000,00.
Ho più volte rappresentato alla Cooperativa la mia esigenza di procedere, dopo trenta anni dall’ammissione in qualità di socio della cooperativa, alla definitiva assegnazione in proprietà divisa dell’unità abitativa, come previsto nelle citate condizioni generali.
Ciò, anche a seguito di quanto comunicatomi dalla stessa cooperativa in diverse occasioni (nel 1998, nel 2015, nel 2016) con formali lettere, nelle quali si dava atto della concessione di autorizzazione da parte della Regione alla trasformazione in proprietà del patrimonio edilizio della cooperativa secondo quanto sancito dall’art. 18 della L. 179/92 e si preannunciava la definitiva cessione in proprietà dell’alloggio assegnato, con definitivo rogito notarile, subordinata al pagamento della “differenza costo alloggio” pari a € 24.000,00 circa (ottenuto da: costo alloggio revisionato € 87.000,00 – € 63.000,00 per prestito sociale), oltre ad altre somme necessarie per il rogito notarile e per rimborsare la differenza tra i contributi erogati in regime di proprietà indivisa e quelli spettanti per la proprietà divisa calcolata dall’ufficio flussi finanziari della Regione. Sono al corrente, seppur in modo sommario, di diversi contenziosi giudiziari che si sono instaurati tra la cooperativa e il Comune (per la definizione del corrispettivo di cessione degli alloggi e del diritto di superficie), nonché tra la cooperativa e gli altri soci condomini, che hanno portato a provvedimenti di esclusione dei soci (forse, successivamente reintegrati nella compagine societaria, in forza di provvedimenti giudiziari).
In modo frammentario, posso aggiungere che alcuni soci della cooperativa avevano impugnato il provvedimento della Giunta regionale di autorizzazione della cessione in proprietà individuale, ritenendo che la Regione avrebbe dovuto autorizzare la cessione della totalità del patrimonio della cooperativa e non la cessione parziale, influendo – tale aspetto – sulla determinazione del prezzo di cessione degli immobili. Tali questioni sembrerebbero oramai superate con la delibera del Consiglio comunale di approvazione dei nuovi prezzi di cessione pari a € 87.000,00 Certo è, che molti dei soci – appartenenti al mio condominio – sono inadempienti verso la cooperativa per il pagamento dei canoni di uso e godimento, in quanto contestano l’ammontare del canone parametrato al costo definitivo dell’alloggio. È una situazione di stallo!
Ad oggi, la predetta alienazione non ha avuto luogo e – a seguito di richiesta di specifici chiarimenti – alla scrivente è stato risposto quanto letteralmente appresso riportato: “il mancato avvio della procedura in sede regionale è esclusivamente ascrivibile alla mancata presentazione degli atti notori da parte dei restanti assegnatari dell’intervento edilizio. In particolare la normativa di riferimento prevede che la richiesta di autorizzazione alla cessione in proprietà individuale riguardi almeno il 60% degli alloggi facenti parte dell’insediamento oggetto della richiesta di autorizzazione… Per Tua conoscenza evidenziamo che nel tuo intervento edilizio le uniche istanze pervenute alla cooperativa riguardano la tua e quella di altro socio, con palese evidenza del mancato raggiungimento del 60% richiesto dalla normativa”.
Inoltre, la cooperativa ha precisato che: “l’alienazione dell’immobile in proprietà ex art. 18 L. 179/92 rappresenta una mera facoltà del socio che, in nessuno caso, può variare il suo status originario di assegnatario in uso e godimento a proprietà indivisa”.
Vorrei sapere come si concilia quest’ultima affermazione della cooperativa con quanto, invece, previsto nelle “Condizioni generali di assegnazione e godimento con patto di futura vendita”, in apposito citato articolo riguardante la “Vendita dell’alloggio al socio”: “… su specifica richiesta di una delle due parti, dovrà essere devoluto in proprietà individuale al socio nelle condizioni tecniche in cui esso all’epoca dovrà trovarsi”.
Continuo a pagare un canone annuo di uso e godimento (nel 2018 pari a oltre € 2.300,00) per un alloggio di mq. 95 ubicato in un condominio per il quale nell’arco di oltre 30 anni non è stata mai fatta alcuna opera di manutenzione da parte della cooperativa, che oggi versa in condizioni poco decorose e rassicuranti e senza la prospettiva di poter addivenire ad una proprietà individuale. A ciò si aggiunga che la cooperativa ha integrato il proprio oggetto sociale con l’inclusione dell’attività di realizzazione e/o gestione di impianti per la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili…
In considerazione di quanto sopra esposto, chiedo: posso legittimamente recedere dal contratto sociale ed ottenere il (diritto al) rimborso di quanto versato, al netto dei canoni di uso e godimento?
Sul punto, faccio presente che, con posta raccomandata, ho inutilmente chiesto alla cooperativa di voler produrre con specifica evidenza e in maniera dettagliata, la rendicontazione di tutte le voci di credito della sottoscritta, rappresentate dalle somme versate in favore della cooperativa a titolo di prestiti sociali, corrispettivi per rate di mutuo, contributi, quote di iscrizione e sottoscrizione capitale, ecc.

Risposta al quesito:
Se la maggioranza dei soci della Cooperativa (oltre il 60%) non accetta la proprietà divisa, in tal caso la trasformazione non può compiersi, come espressamente previsto dalla Legge 179.
La predetta normativa è inderogabile, sicché non può essere modificata da convenzioni eventualmente stipulate tra i soci e la Cooperativa, che, se contrastanti con la disciplina di legge, sarebbero inefficaci.
Il recesso è regolato dallo Statuto sociale, le cui disposizioni prevedono le modalità anche in riferimento agli eventuali rimborsi, nonché dall’art. 2532 del codice civile.
La giusta causa di recesso, oltre che dallo Statuto può essere regolata dalle leggi speciali (ad esempio: perdita dei requisiti), ma in ogni caso può essere opposta quando sussistano inadempienze della Cooperativa in ordine al contratto sociale ovvero al contratto mutualistico.
Se il recesso viene accolto con delibera del CdA (in caso contrario si può dare corso all’impugnazione nei termini di cui all’art. 2532 del codice civile), il socio ha diritto al rimborso dei versamenti eseguiti a titolo di anticipazione del costo di costruzione dell’alloggio, mentre la Cooperativa può trattenere la quota delle spese generali e i canoni d’uso (comprensivi delle spese di manutenzione e condominiali).

Quesito del 05/09/2019

In ambito di una Società Cooperativa edilizia a responsabilità limitata, su 31 appartamenti passati tramite rogito ai soci prenotanti, diventando proprietari dell’immobile, ne rimane una unità immobiliare sulla quale il socio prenotante non intende firmare il suo rogito.
Siccome 26 soci su 31 hanno firmato ad inizio progetto una fidejussione bancaria, sui 31 appartamenti complessivi, la Banca ha fatto pervenire ai soci garanti una lettera di intimazione di pagamento per chiedere la soddisfazione del suo credito vantato nei confronti dei soci in ambito di Cooperativa.
Il sottoscritto socio garante di questa Cooperativa, ora chiede a Lei avvocato Cannavò, se la Banca per la soddisfazione del suo credito, per legge, deve aggredire prima il patrimonio della Cooperativa e quindi rivalersi su l’unico appartamento privo di proprietario?

Risposta al quesito:
Occorre esaminare il contenuto del contratto fideiussorio, al fine di verificare l’esistenza del beneficio della preventiva escussione e della eventuale clausola della prima richiesta.
L’esame del predetto contratto, inoltre, si appalesa necessario per valutare le eventuali ipotesi di nullità generale ovvero di implicita limitazione della responsabilità di ciascun socio stipulante in riferimento ai soli propri obblighi.
In ogni caso, i soci intimati hanno la facoltà di mettere in mora la Cooperativa (anche per i danni aggiuntivi) e agire giudizialmente in rivalsa per ottenere quanto versato in qualità di fideiussori (anche mediante il ricavato dell’immobile forzatamente espropriato).
Le problematiche potrebbero insorgere per l’esistenza di altri creditori della Cooperativa ovvero nel caso di fallimento della stessa, in quanto, in tal caso, il loro credito di rivalsa potrebbe essere parzialmente o totalmente compromesso.

Quesito del 02/09/2019

Ho acquistato casa da una cooperativa anni fa ed oggi è in fase di fallimento. Molti soci hanno effettuato un atto di citazione ed altri no. Essendo una spesa importante anche questa, mi chiedo se questo atto tutela davvero i miei versamenti effettuati fino ad oggi (sono più di 100.000€).
Cosa mi conviene fare?

Risposta al quesito:
Occorre verificare il contenuto dell’atto di citazione, per verificare se è stato redatto ai sensi dell’art. 2932 c.c. (esecuzione specifica degli obblighi di contrarre).
In tal caso la domanda giudiziale è opponibile alla curatela o Liquidatela se essa è stata trascritta nei Registri Immobiliari prima della declaratoria di insolvenza.
In assenza della domanda giudiziale ovvero di rigetto della stessa ovvero di mancata trascrizione nei termini, il Curatore/Liquidatore può sciogliersi dal contratto di prenotazione ai sensi dell’art. 72 della Legge Fallimentare, sicché il socio sarebbe ammesso al Passivo per partecipare pro quota all’attivo realizzato (il credito è chirografario e quindi viene postergato ai privilegiati e ai prededucibili, con conseguente possibilità di incapienza di attivo residuo); il socio medesimo, inoltre, dovrebbe rilasciare l’alloggio che verrebbe venduto all’asta pubblica e concorrerebbe alla formazione dell’Attivo.
Nel corso della Procedura concorsuale il socio può transigere con la Curatela/Liquidatela alle condizioni approvate dal Comitato dei Creditori.