Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 02/09/2019

Sono un socio di una cooperativa edilizia a proprietà indivisa, vorremmo modificare lo statuto per diminuire il numero dei consiglieri d’amministrazione.
Volevo chiedere se esiste un numero minimo e se per tale modifica serve una maggioranza qualificata o assoluta ed inoltre i costi che dovremmo affrontare.

Risposta al quesito:
Per la modifica dello Statuto sociale occorre il deliberato dell’assemblea straordinaria della Cooperativa.
Le maggioranze inerenti alla succitata tipologia di assemblea sono regolate dallo Statuto sociale e, in mancanza, dal codice civile, che prevede il minimo inderogabile: in prima convocazione con il voto favorevole di più del 50% dei soci, mentre in seconda convocazione con il voto dei due terzi dei presenti, purché sia presente almeno un terzo dell’intera compagine sociale.
L’assemblea straordinaria deve svolgersi innanzi al notaio, sicché i relativi costi devono essere concordati con il professionista rogante, avuto riguardo ai parametri di legge, tra cui il numero di soci.

Quesito del 29/08/2019

Sono un socio dimissionario di una cooperativa edilizia a proprietà indivisa; ho deciso di rinunciare al mio alloggio che avevo in godimento, perché, nonostante le promesse e le tante parole fatte, la cooperativa non sta portando nessun risultato sulla pratica del riscatto e passaggio a nostra proprietà dell’alloggio. Sono oltre 4 anni che vi erano tutti i requisiti.
Mi rivolgo a Lei per sapere se può aiutarmi a portare avanti questa mia pratica di dimissioni e per l’ottenimento della mia quota già versata, che secondo lo statuto della cooperativa stessa dovrebbe essermi restituito.
Il problema principale è il totale disinteresse del presidente e mancanza di comunicazioni; pensate che questo presidente dovrebbe essere anche nostro amministratore di condominio, ma sono anni che non si presenta e non chiede quote condominiali e più volte ci è stata tolta l’erogazione di acqua e luce perché non pagate le bollette che arrivano a lui.
Io sto cercando di muovermi correttamente, ma vedo che anche altri soci che hanno lasciato la cooperativa, sono anni che attendono riscontro e il ritorno della quota versata di fondo. Mi lascia perplesso che i nuovi affittuari non sappiano nulla della cooperativa e del fatto che l’alloggio potrà essere riscattato e che vi sia un fondo da versare.
Vista questa situazione, potrebbe fornirmi delle indicazioni che possano aiutarmi a venir fuori da questa situazione?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative a proprietà indivisa i soci sono obbligati ad anticipare la quota del costo alloggio, nonché a versare il canone mensile per l’uso dell’immobile.
Ciò posto, al socio che recede spetta la quota anticipata per il costo di costruzione, a cui potrebbe essere detratta la quota dei canoni mensili dallo stesso non versati.
Sono a carico del socio occupante anche le eventuali spese di manutenzione che siano state deliberate dall’assemblea.
Alla luce di quanto precede, nel caso di specie occorre verificare se il socio intenzionato a recedere abbia interesse a perseguire il percorso del rimborso al netto dei canoni ovvero sia maggiormente interessato a tentare (anche con altri soci) di assumere il controllo della Cooperativa al fine di ottenere l’autorizzazione alla trasformazione a proprietà indivisa.
In tale seconda ipotesi, infatti, il socio sarebbe avvantaggiato dalla certezza del recupero del valore del versato, mediante l’assegnazione definitiva dell’immobile in proprietà individuale.
Nel caso contrario, il socio dovrà affrontare un primo giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto al rimborso e al relativo “quantum”, un secondo giudizio per eseguire la sentenza mediante il pignoramento degli immobili disponibili.
Il socio può procedere in sede amministrativa formulando l’esposto alla Vigilanza sulle Cooperative, esponendo le gravi violazioni nella gestione della Società, nonché chiedendo la nomina del Commissario, anche al fine di accertare l’effettiva volontà dei soci in ordine alla trasformazione della Cooperativa a proprietà divisa.

Quesito del 27/08/2019

Egregio avvocato gradirei sapere se esiste una soluzione al problema che vado a sottoporLe. Se dovesse intravedere tale possibilità e vi fosse necessità di assistenza legale saremmo ben lieti, come Condominio, di chiedere la sua assistenza.
Con un unico atto notarile il soggetto A vende al soggetto B (Consorzio di cooperative edilizie) alcune aree per la realizzazione di alloggi. Nel medesimo atto il soggetto B, a sua volta, cede al soggetto C (una delle coop. facenti parte del Consorzio) 2 delle particelle, che per semplicità di esposizione chiamerò P1 e P2, acquisite da A.
Il soggetto C realizza il fabbricato sociale sulla sola p.lla P1. L’altra, la P2, è urbanisticamente a destinazione agricola. Successivamente la Coop. edilizia, effettuate le assegnazioni a favore dei singoli soci, si scioglie e con un successivo verbale viene costituito tra i soci assegnatari un Condominio.
Nelle premesse dei singoli atti di assegnazione si dice chiaramente che la Coop è proprietaria di entrambe le particelle P1 e P2. Purtroppo nella individuazione dei beni assegnati ai singoli soci si fa riferimento ai soli identificativi catastali della p.lla P1 su cui insiste il fabbricato condominiale. Per contro, sia negli atti di assegnazione sia nella sezione D delle note di trascrizione si precisa (riporto integralmente) “sono compresi nelle presenti assegnazioni i diritti proporzionali alle parti comuni dell’intero complesso edilizio come per legge e come da regolamento condominiale ed annesse tabelle millesimali”.
Tenuto conto che la p.lla P2 dovrebbe appartenere “all’interno complesso edilizio” di proprietà della Cooperativa, si può ritenere e dimostrare che i condomini sono subentrati alla Cooperativa, in quanto assegnatari dei diritti proporzionali alle parti comuni, anche nella titolarità della p.lla P2 ancorchè a destinazione agricola e non menzionata negli atti di assegnazione?

Risposta al quesito:
Da quanto esposto sembra che la Cooperativa abbia acquistato con atto pubblico le due particelle di terreno, l’una in cui ha realizzato il complesso edilizio, l’altra a destinazione agricola, mantenuta nella disponibilità sociale senza trasferimento espresso in sede di assegnazione degli alloggi ai soci.
A questo punto, occorre esaminare il testo dell’atto di assegnazione individuale, verificando se esso prevede l’implicita assegnazione delle “parti comuni”; ma occorre anche verificare il progetto edificatorio, se cioè esso preveda o meno che il terreno in questione rientri tra le pertinenze dell’edificio.
Nel caso non esista alcuna previsione in tal senso, la Cooperativa dovrà stipulare un atto aggiuntivo di assegnazione pro quota del terreno pertinenziale di cui si tratta.
Nell’ipotesi di contenzioso tra la Cooperativa e una parte dei soci sulla destinazione pertinenziale del terreno controverso, questi ultimi possono pretendere l’assegnazione, se tale previsione era contenuta nei deliberati originari assunti per l’acquisto del terreno medesimo ovvero sia implicitamente desumibile dagli atti sociali.
Se la predetta destinazione non è stata mai prevista esplicitamente, i soci interessati possono chiedere che essa sia deliberata oggi, avuto riguardo allo scopo sociale e ai motivi sostanziali dell’ acquisto del terreno (effettive finalità, che dovrebbero determinare l’implicita funzione pertinenziale del terreno in questione).
Il deliberato assembleare eventualmente assunto in violazione dei principi e delle norme di legge, può essere impugnato, previa verifica dei presupposti di fatto e di diritto in ordine alla effettiva funzione pertinenziale del terreno di cui trattasi.

Quesito del 21/08/2019

Gentilissimo avvocato, Le vorrei porre un quesito, da due mesi faccio parte di un CDA insieme ad altre 5 persone, tutti siamo Soci della cooperativa edilizia, cooperativa a cui 3 anni fa sono ostate assegnati gli alloggi, ma diventeremo proprietari al termine degli 8 anni.
Questa mattina un Socio, nonché consigliere del vecchio CDA in essere fino a 2 mesi fa, manda una raccomandata al Presidente in cui vuole informazioni e rimborsi per gli anni passati in cui lui stesso faceva parte del CDA. Un vero e proprio sgarro verso i nuovi eletti.
Come gli si può rispondere? Sono anni in cui erano presenti altri membri del CDA.

Risposta al quesito:
Gli amministratori rispondono degli atti e della gestione compiuti nel corso del loro mandato e l’eventuale azione di responsabilità in loro danno si prescrive nei cinque anni successivi la cessazione dalla carica.
Anche se la proposizione del quesito appare enigmatica, si ritiene possibile approntare la risposta enunciando che i nuovi amministratori hanno in corso l’esame approfondito della pregressa gestione e che in via cautelare si riservano di richiedere specifiche informazioni qualora non risultasse la chiarezza degli atti.
Sarebbe anche utile enunciare la riserva in ordine alla eventuale azione da intraprendere in caso di riscontrate responsabilità dei pregressi amministratori.

Quesito del 21/08/2019

Salve, sono un socio di una cooperativa edilizia con proprietà divisa.
La cooperativa si è formata dal 2015 ma io sono entrato a farne parte nel 2018 e nell’anno 2017 la cooperativa ha richiesto un mutuo fondiario. Ovviamente non mi dilungo sul fatto che trattasi di una cooperativa solo su carta in quanto noi soci non abbiamo fatto ad oggi mai nessuna riunione e tanto meno siamo parte attiva sulle questioni relativa ai nostri alloggi. Decide tutto il presidente e il direttore dei lavori.
Premesso ciò e ritornando alla questione del mutuo che la cooperativa ha chiesto nel 2017, ora il presidente della cooperativa mi sta chiedendo di pagare gli interessi di prefinanziamento che si attestano intorno ad una cifra di 7000/8000 euro.
Mi chiedo e Le chiedo, visto che io sono entrato a far parte della cooperativa dopo che la stessa ha deciso di accendere questo mutuo fondiario e visto che rinuncio anche a fare l’accollo (e quindi rinuncio anche a tutti i vantaggi che esso comporta) ma faccio un mutuo ad personam (così di fatto la cooperativa viene liquidata per la mia parte) non dovrei essere esonerato da parte della cooperativa al pagamento di questi in tenessi di prefinanziamento?

Risposta al quesito:
Va, innanzitutto, osservato che desta un certo allarme la dichiarazione attinente alla “estraneità“ dei soci alla attività sociale, posto che essa è, normalmente, il presupposto di disgrazie economiche per i soci “ignari”.
Questi ultimi, infatti, sono destinati a pagare le conseguenze del loro disinteressamento, rivelandosi inefficace il loro intervento “tardivo”.
Ciò posto, sul caso di specie, occorre rilevare che il mutuo contratto dalla Cooperativa serva alla costruzione dell’edificio, mentre il mutuo individuale viene contratto successivamente dal socio al fine di pagare il prezzo dell’alloggio.
Gli interessi di “preammortamento” vengono imposti dall’Istituto mutuante per compensare il costo del danaro mutuato nel periodo intercorrente tra l’erogazione e la finitura dell’opera.
Alla luce di quanto precede, pertanto, non vi è alcun nesso tra gli interessi di prefinanziamento e il mutuo individuale, essendo i primi dovuti anche dal socio assegnatario che stipula il mutuo con un diverso Istituto di credito.

Quesito del 07/08/2019

Premetto che sono socio lavoratore con CCNL per personale da imprese esercenti servizi di pulizia e integrati.
Durante il turno di lavoro in una mensa mi è capitato mentre pulivo i fornelli di fare cadere involontariamente il supporto per pentole del piano cottura che tra l’altro risultava già rotto. La cooperativa per cui lavoro mi vuole addebitare il costo del supporto che è pari a 500 euro.
Posso oppormi all’addebito che ritengo ingiusto?

Risposta al quesito:
Il danno causato dal dipendente ad un bene aziendale legittima il datore a pretenderne il risarcimento.
E’ necessario che la responsabilità del lavoratore in ordine al danno occorso risulti quantomeno colposa, sia nell’ipotesi di inadempimento degli obblighi prettamente contrattuali sia nel caso di violazione di norme extracontrattuali. La distinzione tra le due tipologie di responsabilità rileva sotto il profilo dell’onere probatorio, del termine prescrizionale, nonché del limite alla compensazione tra l’importo risarcitorio e la retribuzione (nell’ipotesi di danno da responsabilità contrattuale, la trattenuta sullo stipendio non è soggetta al limite della quota pignorabile, fatte salve le norme pattizie eventualmente più favorevoli).
In ogni caso, è necessario che il danno e la relativa responsabilità siano previamente accertati. Ciò significa che la parte datoriale non potrà addebitare arbitrariamente l’evento dannoso al lavoratore né quantificarlo nel suo esatto ammontare.
Pertanto, in assenza di accordo tra le parti (che nel caso di specie non sembra sussistere), la Cooperativa dovrà agire giudizialmente al fine di vedere riconosciuta la propria pretesa nei confronti del socio.
Quest’ultimo potrà, ovviamente, resistere in giudizio declinando ogni responsabilità in merito all’accaduto, eventualmente anche servendosi di testimoni.
Soltanto nell’ipotesi di accoglimento della domanda, l’importo risarcitorio quantificato in sentenza costituirà per la Cooperativa un credito certo, liquido e esigibile, che potrà essere compensato con il debito rappresentato dagli importi dovuti al lavoratore a titolo retributivo.
Va, comunque, rilevato che il CCNL cui è fatto riferimento nel quesito impone alla Cooperativa di esperire, preventivamente all’azione risarcitoria, il procedimento disciplinare a carico del socio mediante contestazione formale ed immediata. Lo stesso socio avrà, quindi, la possibilità di addurre le proprie difese già in tale fase preliminare.
Il contratto collettivo prevede, altresì, che le trattenute in busta paga non possano, comunque, superare di volta in volta la misura del 10% dello stipendio, fino a raggiungere la concorrenza dell’importo risarcitorio.
Eventuali norme più favorevoli al socio potrebbero essere contenute nel contratto individuale di lavoro.