Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 15/01/2019

Siamo soci di una cooperativa a proprietà indivisa formata da 27 soci di cui 26 assegnatari in godimento di un alloggio e uno non assegnatario (volgarmente detto prenotatario).
Il programma costruttivo, iniziato nell’80, fu completato nell’86. Al’epoca eravamo tutti giovani e con tante speranze, nessuno di noi pensava di dover rendere conto alla nera signora che invece si è presentata 6 anni fa a chiedere la sua mercede ad uno dei soci. Il socio in questione vedovo, ha lasciato tre figli, tutti e tre sposati e proprietari di abitazioni nella stessa città, pertanto privi dei requisiti per diventare soci della cooperativa.
A termini di statuto, occorre liquidare agli aventi causa la quota societaria (34.000,00 euro) e assegnare l’alloggio al primo dei soci non assegnatari. Ovviamente le figlie del defunto socio non sono d’accordo a rilasciare l’alloggio perché ritengono loro diritto aver assegnato l’alloggio.
Si è pertanto avviato un contenzioso ed il Giudice ha dato ragione alla cooperativa condannando le tre sorelle a rilasciare l’alloggio detenuto sine titulo (mi scusi il latino) condannandole a pagare le spese e a risarcire la cooperativa. Ora la causa prosegue in appello poiché le signore continuano a ritenere loro diritto l’assegnazione dell’alloggio e temo che la causa si protrarrà almeno altri 2 o 3 anni.
Nel frattempo, proprio a causa della vicenda, assieme a tutti i soci abbiamo avviato la procedura per la trasformazione da coop indivisa a coop divisa con la richiesta di alienazione degli alloggi, iter che si è concluso con l’autorizzazione da parte della Regione di assegnarci in proprietà gli alloggi. Pertanto 25 su 26 alloggi sono diventati di proprietà degli assegnatari. Tutti tranne quello in questione oggetto di contenzioso.
Adesso alcuni soci vorrebbero tirarsi indietro chiedendo le dimissioni da socio della cooperativa, ovviamente il cda non le ha accettate perchè non permette a qualcuno di tirarsi fuori dal contenzioso lasciando solo quelli che restano a sbrigarsi la faccenda.
Dopo questa lunga premessa Le chiedo: è vero che non possiamo sciogliere la cooperativa fin quando quel solo alloggio risulta di proprietà della società e non finisce il contenzioso?
Tenga conto che mantenere in vita la cooperativa ci costa mediamente 5.000 euro l’anno, spese che ci dividiamo tra 25 soci.

Risposta al quesito:
Per estinguere la Cooperativa occorre procedere alla liquidazione di tutte le attività e passività.
Per tale procedura è prevista al messa in liquidazione volontaria della Società con la contestuale nomina di un Liquidatore, a cui conferire il mandato a provvedere agli adempimenti necessari.
Se, dunque, esiste un contenzioso sull’assegnazione di un alloggio, rimasto nel patrimonio sociale, non si può procedere alla estinzione della Società, su cui pende una obbligazione controversa.
I soci che hanno avuto l’assegnazione dell’alloggio non possono recedere e sono obbligati alla contribuzione delle spese sino alla estinzione della Società.
Per i danni subiti a seguito della ritardata estinzione della Cooperativa è possibile chiederne il risarcimento agli eredi privi dei requisiti, a condizione che siano definitivamente soccombenti.

Quesito del 15/01/2019

Gentile avvocato, la nostra cooperativa si è costituita in giudizio in quanto è stata citata dal Comune, che in virtù di una condanna in appello (in una causa contro i proprietari terrieri relativamente ad una somma maggiore di circa il 50% dovuta ai proprietari terrieri per esproprio del terreno e indennità di occupazione) voleva rivalersi sul Consorzio di cui le cooperative fanno parte in virtù di una convenzione.
La sentenza in appello diceva: “il comune intende negare la sua legittimazione passiva… ma il consolidato orientamento ai sensi della legge 865 del 1971 ribadisce che è il comune stesso ad essere obbligato al pagamento delle indennità di espropriazione e occupazione, anche quando gli atti espropriativi vengano delegati, e l’occupazione delle aree sia attuato da istituti o cooperative a norma dell’art. 35 e 60 della citata legge. Pertanto la legittimazione passiva spetta al comune mentre è inammissibile la domanda di questo nei confronti dei predetti enti atteso che tale pretesa – diretta contro un soggetto che non è parte del rapporto espropriativo e fondata su un titolo diverso dall’espropriazione (cioè sulla convenzione comune e ente concessionario) esula dalla speciale competenza della corte di Appello, ne integra una domanda di garanzia… La stessa giurisprudenza non ha mancato di rilevare che tale unica legittimazione passiva deriva altresì dal fatto che l’attività dell’istituto si esaurisce nel compimento degli atti necessari al conseguimento del provvedimento ablatorio in rappresentanza del comune e non in virtù di una delegazione amministrativa intersoggettiva, implicante il trasferimento al delegato del potere di compiere gli atti in nome proprio (Cass. 17 novembre 1990 n. 1128)”
Attualmente è stata emessa anche la sentenza in Cassazione la quale recita: “non è dubbio che venga in rilievo la legittimazione passiva del Comune, proprio alla luce della convenzione del 2007 secondo cui l’ente cede ora per quanto ne avrà acquistato la proprietà e con effetto dalla data del suo trasferimento in capo allo stesso la proprietà dei beni, con delega al consorzio delle espropriazioni da eseguirsi”in nome e per conto del Comune a cui vanno quindi intestati i decreti di esproprio”.
Non abbiamo innanzitutto compreso le ragioni per cui il Consorzio e Comune abbiano unitamente fatto ricorso per Cassazione, dato che già l’appello appariva una sentenza favorevole. Ma adesso che è emersa la Cassazione, riteniamo che a pagare debba essere solo il Comune e che addirittura noi cooperative potremmo chiedere indietro le somme già pagate.
Qual è il Suo parere?

Risposta al quesito:
Le determinazioni giudiziali, per come rappresentate, non coinvolgono le statuizioni della Convenzione tra Consorzio e Comune, ma si soffermano esclusivamente sulla legittimazione passiva dell’Ente pubblico, specialmente in relazione al procedimento speciale innanzi alla Corte D’Appello in unico grado di giudizio di merito.
Occorre poi verificare il contenuto della Convenzione ex art, 35 L.865/71, in quanto normalmente con tale atto viene regolata l’assegnazione dell’area alla Cooperativa a fronte del canone concessorio.
Il predetto canone è di solito convenuto nell’importo pari all’indennità espropriativa pagata dal Comune, sicché, nel caso di specie, occorre verificare se la pretesa dell’Ente sia legittima in ragione della convenzione contrattuale.
Da quanto precede consegue che le determinazioni giudiziali sull’entità della indennità espropriativa possono considerarsi punto di riferimento ai fini della esecuzione della Convenzione, a nulla rilevando le problematiche della legittimità passiva processuale, definite anche dalla Corte di Cassazione.
Per quel che concerne la partecipazione del Consorzio nel giudizio di legittimità, si può presumere che essa sia stata ad adiuvandum, per appoggiare il Comune nel sostenere l’eccessività della determinazione estimativa dell’indennità. In tal caso, infatti, il Consorzio sarebbe stato certamente avvantaggiato da una riduzione dell’indennità, quale riferimento per la determinazione del canone concessorio.

Quesito del 14/01/2019

In caso di esclusione da socio per perdita di requisiti soggettivi o di recesso dello stesso, la restituzione delle somme versate per l’assegnazione dell’alloggio, premesso che la stessa sia avvenuta già da oltre venti anni ed il socio ne abbia ancora il godimento, è dovuta ed in quale misura?

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa è a proprietà divisa si presume che non abbia rogitato; se, viceversa, è a proprietà indivisa si presume che il socio abbia versato sempre il canone di uso stabilito dal CdA.
Nel primo caso il socio ha diritto al rimborso di quanto versato a titolo di anticipazione del costo di costruzione, ma la Cooperativa potrebbe pretendere il “deprezzamento d’uso”, posto che il socio subentrante avrebbe diritto alla decurtazione del prezzo in ragione del temo trascorso dalla finitura dell’opera.
Nel secondo caso, qualora il canone ha coperto tutte le spese, ivi comprese quelle di manutenzione straordinaria, il socio ha diritto al rimborso delle anticipazioni sul costo di costruzione.

Quesito del 13/01/2019

Sono un socio dimesso da una cooperativa edilizia di Roma.
Il mio ex alloggio è stato riassegnato e venduto e come da contratto mi spetta la riassegnazione della quota che io ho versato. Dopo lunga trattativa sono riuscito ad avere una lettera protocollata e firmata con un piano di rientro rateizzato da settembre 2018 ad aprile 2019. Ad oggi ho visto solo il 10% della somma.
La cooperativa adduce difficoltà di riallocazione di altri alloggi e/o di mancata assegnazioni di grossi programmi, al loro superamento potranno ottemperare agli impegni presi, “diciamo da febbraio prossimo in poi”.
Come dovrei comportarmi? Devo preoccuparmi?

Risposta al quesito:
La preoccupazione è d’obbligo se si è verificato il mancato adempimento alla scadenza convenuta.
E’, dunque, consigliabile ottenere l’ingiunzione di pagamento con provvedimento immediatamente esecutivo (stante la prova scritta disponibile), nonché provvedere alla trascrizione della relativa ipoteca giudiziale sugli immobili ancora disponibili.

Quesito del 12/01/2019

Gentile avvocato, le scrivo per chiedere un parere in merito ad una questione un pò complessa.
Con atto notarile veniva acquistato un lotto di terreno facente parte di una cooperativa. A seguito di opere di urbanizzazione da parte della cooperativa, mi veniva assegnato un terreno differente da quello originariamente da me prescelto. Nonostante le mie ripetute lamentele, la cooperativa mi risponde che non possono farci niente e di accontentarmi di uno dei lotti rimasti.
Ma e possibile? Posso rivalermi in qualche modo?

Risposta al quesito:
Occorre verificare i termini contrattuali, mediante l’esame del preliminare di assegnazione ovvero del deliberato sociale.
La Cooperativa è obbligata al rispetto delle condizioni contrattuali, almeno che non vi siano ragioni modificative dovute a cause di forza maggiore o da impossibilità sopravvenuta.
Occorre, però, verificare che non vi siano stati nuovi deliberati sociali modificativi dei precedenti, in quinto, in tal caso, in assenza di opposizione, essi deliberati sono divenuti definitivi.

Quesito del 09/01/2019

Gent.mo avvocato, la cooperativa edilizia di cui sono socio, mi ha notificato la delibera del CdA avente ad oggetto la mia esclusione dalla compagine per morosità.
Poiché (per gravi motivi personali) non l’ho impugnata nel termine di 60 giorni, ma potrei comunque dimostrare che non esiste morosità, posso fare qualcosa avendomi la stessa citato in giudizio per l’accertamento della mia esclusione e il rilascio dell’immobile di cui sono prenotatario.
Se eccepisco la nullità della delibera vale sempre il termine di decadenza di 60 giorni per opporla?

Risposta al quesito:
L’unico rimedio è formulare l’eccezione di nullità della delibera ovvero il difetto di notifica, ma in entrambe le ipotesi occorre che sussistano i presupposti di diritto, in quanto il termine di impugnativa è perentorio.
La nullità ricorre quando il deliberato è contro norme imperative della legge e la relativa impugnazione non sconta alcun termine. Se ad esempio l’esclusione è avvenuta per morosità, ma si può dimostrare che il Bilancio sociale di riferimento è falso, in tal caso la richiesta di versamento della Cooperativa potrebbe essere illecita e, quindi, la delibera di esclusione sarebbe nulla (opponibile oltre i termini dei 60 giorni, ma, nel caso del Bilancio, entro tre anni dall’approvazione).