Cooperative: casi e soluzioni

Quesito dell’11/08/2018

Gent.mo avvocato, sono socio di una Cooperativa scpa a proprietà divisa e volevo porLe il seguente quesito: può l’assemblea dei soci deliberare, addirittura prevedendone l’ effetto retroattivo, un canone di locazione per l’uso degli immobili da parte dei soci che già da tempo sono stati immessi nel possesso degli stessi.?
Tengo a precisarLe che questa delibera è intervenuta dopo che la gran parte dei soci ha stipulato l’atto di assegnazione definitivo, divenendone dunque proprietaria. Mentre ci sono alcuni soci che, come me, loro malgrado, per motivi attinenti ad abusi e difformità dal progetto originario riscontrati dal Comune non possono stipulare.

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa è a “proprietà divisa” non può ipotizzarsi alcun “canone d’uso”, in quanto lo scopo della Società è quello del trasferimento della proprietà.
Alcune leggi di finanziamento pubblico, tuttavia, prevedono specificatamente che la Cooperativa beneficiaria assegni gli alloggi in locazione con patto di futura vendita alla scadenza del periodo locativo.
In tal caso la Cooperativa avrebbe una natura mista, in quanto per il periodo obbligato della locazione sarebbe a proprietà indivisa, mentre alla scadenza del periodo stesso acquisirebbe la natura della “proprietà divisa”.
Solamente in una tale ipotesi (locazione con patto di futura cessione in proprietà) l’Assemblea potrebbe deliberare la definizione quantitativa del canone (precedentemente rimasta sospesa) per regolarizzare il “periodo locativo” già trascorso.
Essendo, tuttavia, la Cooperativa a mutualità prevalente, il canone richiesto deve, comunque, bilanciare il fabbisogno finanziario occorrente per la esclusiva copertura dei costi.
La delibera assembleare che determini il canone retroattivo dopo la stipula dell’atto pubblico di assegnazione può essere opposta dal socio dissenziente, se nell’atto medesimo viene enunciata la quietanza del prezzo (come da prassi).
La Giurisprudenza, infatti, ha sancito l’immodificabilità del prezzo di assegnazione successivamente alla stipula dell’atto pubblico con l’accollo del mutuo individuale.
I soci impediti nella stipula dell’atto pubblico per le irregolarità urbanistiche possono convenire in giudizio la Cooperativa, il Direttore dei Lavori e, ricorrendone i presupposti, anche gli amministratori per ottenere il risarcimento dei danni.

Quesito del 09/08/2018

Gent.mo avvocato, sono presidente di una Associazione culturale di Lanciano fondata nel 2009 con partita iva, che promuove e gestisce l’attività concertistica di un gruppo musicale classico.
Il gruppo esegue concerti dal vivo in Italia ed all’estero e riceve compensi che dovrebbero andare ai musicisti i quali sono tutti soci dell’associazione.
Da più parti, anche in sede di verifica fiscale, mi è stato detto che i soci non potrebbero essere regolarmente “retribuiti” e che una cooperativa potrebbe essere la forma più idonea al nostro caso, per soddisfare le esigenze sia culturali e divulgative che ci prefiggiamo, che quelle più prettamente lavorative per soci. Inoltre abbiamo sempre più l’esigenza di svolgere attività commerciali, tipo produzioni discografiche che vengono commercializzate in vari modi, sia sotto forma di diritti che di vendita al pubblico. La cooperativa permetterebbe inoltre di accedere a finanziamenti pubblici più consistenti.
Abbiamo preso in considerazione la chiusura dell’associazione ma non tutti gli associati sono d’accordo per ragioni che eventualmente le spiegherò in seguito per evitare di dilungarmi. La trasformazione non sembra possibile o facilmente praticabile. Alcuni associati in realtà si oppongono alla nascita della Cooperativa ed è anche per questo che ho bisogno di avere la certezza che non sia vietato dalla legge,
Il parere di cui ho bisogno riguarda quindi la possibilità legale di costituire una cooperativa composta dagli stessi soci e con la stessa denominazione della associazione, che gestisca quelle attività più propriamente “commerciale” del gruppo stesso e che prevedono una remunerazione dei soci impiegati, lasciando all’associazione culturale (che coesisterebbe almeno per un periodo) le attività più volontaristiche.

Risposta al quesito:
Occorre, intanto, precisare che in generale l’Associazione non può remunerare i propri soci per l’attività svolta, almeno che non si tratti di attività di supporto a quella prevista dallo scopo sociale; in tal caso i soci potrebbero prestare attività lavorativa, restando però del tutto autonoma dal rapporto associativo.
Gli associati che occasionalmente fornirebbero le loro prestazioni lavorative dovrebbero essere assunti come lavoratori dipendenti ovvero instaurare rapporto di lavoro autonomo di tipo professionale (possessori di partita iva).
Delineata, dunque, la problematica del lavoro dipendente /autonomo nell’Associazione, si deve precisare che, in ragione delle prospettazioni enunciate nel quesito, la forma più consona per coordinare lo scopo sociale con il lavoro prestato dai soci è quella prevista dagli artt. 2511 e seguenti del codice civile, le cui disposizioni riguardano le Società Cooperative a mutualità prevalente.
Nel caso di specie, la Società Cooperativa sarebbe del tipo di “produzione e lavoro” con lo scopo sociale misto, diretto alle finalità sia della diffusione della cultura musicale in genere sia della stabilizzazione lavorativa dei propri soci.
In altri termini, la Cooperativa di neo formazione potrebbe continuare a perseguire le stesse finalità culturali della preesistente Associazione e aggiungere lo scopo di assicurare il lavoro ai propri soci.
L’attività della Cooperativa potrebbe essere quella di organizzare eventi musicali e/o manifestazioni teatrali, nel cui ambito organizzativo assegnare ai propri soci il lavoro da eseguire, preferibilmente in conformità al “Regolamento” preventivamente approvato dall’Assemblea dei soci.
Nell’ambito della predetta attività la Cooperativa remunererebbe i propri soci lavoratori, previa loro regolarizzazione con gli Enti previdenziali.
La Cooperativa, inoltre, potrebbe anche attendere alle attività editoriali, prestare consulenze tecniche, organizzare manifestazioni turistiche, assumere appalti nel settore specifico etc., nonché svolgere qualunque altra attività mobiliare e immobiliare connessa a quelle previste nello scopo sociale.
Per le prestazioni lavorative i soci potrebbero essere inquadrati come lavoratori dipendenti ovvero fornire prestazioni professionali con emissione di fattura.
La vita sociale della Cooperativa è regolata dal codice civile e dalle disposizioni dello Statuto, approvato in sede di costituzione innanzi al notaio che deve rogitare l’atto costitutivo.
La volontà sociale si forma con le deliberazioni dell’Assemblea dei soci, la cui esecuzione è curata dall’Organo esecutivo (Consiglio di amministrazione).
Per quel che attiene ai rapporti tra Associazione e Cooperativa non dovrebbero esserci problemi in quanto si tratta di Enti autonomi, il primo appartenente alla tipologia delle associazioni non riconosciute (cioè giuridicamente prive di autonomia patrimoniale e di personalità autonoma), il secondo appartenente alla tipologia delle Società dotate di personalità giuridica.
I due Enti sarebbero dotati di ragione sociale diversa in quanto quella della Cooperativa deve contenere la specifica dizione “Cooperativa s.p.a.” ovvero “Cooperativa s.r..l.” .
Quelle che precedono sono le risposte di base al quesito, ma posso essere integrate da ulteriori precisazioni a fronte di richieste circostanziate da Voi formulate.

Quesito del 02/08/2018

Anzitutto ringrazio il Suo Studio per le preziosissime informazioni fornitemi in risposta al quesito del 09.07.2018.
In merito all’applicazione dell’articolo 39 TUB continuo ad avere qualche dubbio. L’istituto di credito dovrebbe frazionare il mutuo e la relativa ipoteca a garanzia. Non capisco se il rogito va fatto prima o dopo il frazionamento ed inoltre se ogni socio ha atto e mutuo frazionato perché la cooperativa dovrebbe ancora essere responsabile del pagamento delle rate del socio?

Risposta al quesito:
Il rogito inerente all’assegnazione definitiva va stipulato dopo il frazionamento del mutuo e, con il medesimo atto pubblico, ciascun assegnatario si accolla la relativa quota gravante sull’alloggio.
Il contratto di mutuo può prevedere che la Cooperativa sia garante dei pagamenti delle singole quote, ma una tale evenienza non avrebbe effetti pratici, in quanto la predetta Società è a responsabilità limitata e, generalmente, si spoglia dell’intero patrimonio attivo con le assegnazioni degli immobili ai soci.
Qualche Istituto di credito ha persino richiesto le garanzie fideiussorie ai soci, ma tali contratti sono sostanzialmente contro la legge e, pertanto, sono affetti da nullità assoluta.
In ragione della normativa del Testo Unico Bancario con il frazionamento del mutuo resta obbligato al relativo rimborso di ogni quota esclusivamente l’assegnatario dell’alloggio su cui la quota medesima grava.

Quesito del 30/07/2018

Ancora una volta ricorro alla Sua cortesia per conoscere se nelle risposte da S.V. fornite ai quesiti precedenti ha già risposto in merito al seguente argomento.
Una cooperativa di 30 persone che intendono realizzare 30 alloggi, per le proprie necessità finanziarie inerenti i costi da sostenere, nei modi d’uso, hanno chiesto ad una Banca finanziatrice locale due linee di credito: la prima di 600.000 Euro utilizzabile sotto forma di mutuo fondiario a 20 anni e la seconda di ben 1.400.000,00 Euro utilizzabile sotto forma di conto corrente ipotecario con scadenza a 20 mesi.
Dopo la stipula dei relativi contratti notarili la Banca ha lasciato che il Presidente operasse ed utilizzasse liberamente le due linee di credito senza esercitare alcun controllo se effettivamente la provvista dalla stessa messa a disposizione venisse correttamente utilizzata per il fine indicato nella domanda di mutuo e del conto corrente ipotecario, “… quale concorso alla spesa per la realizzazione di…”.
Difatti, il Presidente ha utilizzato una gran quantità di liquidità messa a disposizione dalla Banca per propri fini personali, per esempio con numerosissimi assegni, anche di consistente importo, a favore di se stesso, di propri familiari, e dallo stesso incassati presso la stessa Banca, oppure con bonifici a favore di soggetti completamente estranei alle ditte appaltatrici.
Ciò premesso, chiedo se nella fattispecie non è ravvisabile una chiara responsabilità della Banca che è contravvenuta agli usuali impegni e alle condizioni di contratto dove alla Banca viene chiesto di “… osservare criteri di diligenza adeguati alla sua condizione professionale ed alla natura dell’attività svolta…”?
Difatti, a mio avviso, ove la Banca avesse operato con diligenza e cioè attuando un controllo – se pur formale – sulla destinazione dei fondi richiesti dalla Cooperativa “tiraggi” (attraverso il controllo dello stato fisico delle opere e/o attraverso il controllo dei documenti/mezzi di pagamento) certamente avrebbe riscontrato che si stava perpetrando una distrazione di ingenti somme per spese non previste nel budget finanziato, come da richiesta della Cooperativa e messi a disposizione dalla Banca finanziatrice con apposita delibera.

Risposta al quesito:
Il contratto di mutuo fondiario prevede, normalmente, che l’Istituto mutuante effettui la verifica dei lavori eseguiti attestati nello stato d’avanzamento predisposto dal Direttore dei Lavori.
Alla luce di quanto precede, se in relazione al mutuo edilizio non è stata eseguita tale verifica ovvero sono state erogate somme superiori, in tal caso la Banca è responsabile per violazione delle norme contrattuali.
Per quanto attiene alla scopertura di conto corrente occorre verificare il contenuto del contratto, che, non contendo vincoli specifici, non obbliga la Banca a particolari controlli.
I soci danneggiati possono agire con azione di responsabilità vero l’amministratore infedele e, comunque, anche contro i beneficiari dei titoli illegittimi.

Quesito del 27/07/2018

Sono ex socia di coop edilizia indivisa posta in liquidazione coatta, il Commissario già si è sciolto, poi ha chiesto agli ex soci di insinuarsi al passivo. Nella domanda di insinuazione insieme alla cifra esborsata nel corso degli anni come quota mutuo, è possibile chiedere la rivalutazione monetaria delle stesse? Nel senso il costo casa era fissato a 80 mila euro, oggi casa viene stimata a 150 mila euro, quindi si è rivalutata, allo stesso modo si può rivalutare il denaro servito a pagare il mutuo?

Risposta al quesito:
La risposta è negativa, nel senso che il credito viene ammesso al passivo al valore nominale, almeno che non ci sia una decisione giudiziale che abbia riconosciuto le maggiorazioni risarcitorie.

Quesito del 26/07/2018

Egregio avvocato, Le scrivo per avere informazioni circa quanto in oggetto.
Nel 2008 sono entrata a far parte di una coop edilizia con contributo regionale e vincolo per otto anni, avendo assegnato l’alloggio nel 2012 . Tutto bene per il 2012, ma nel 2013, quando senza motivazioni la maggioranza dei soci non ha approvato il bilancio dell’anno, così come il successivo del 2014. Nel gennaio del 2015 pertanto invio r/r per recedere per dissidi insanabili con i soci e riconsegno l’alloggio al presidente della Coop. Nel mese di aprile 2015, chiedendo contestualmente il rimborso di quanto versato.
Ad oggi dopo ben tre anni, nonostante innumerevoli richieste a/r, e diffide a pagare, non ho avuto più alcuna risposta né comunicazione né alcun rimborso.
Come posso recuperare i miei soldi? La Coop è creditrice verso la Regione e verso l’Erario, posso in qualche modo agire su tali crediti?

Risposta al quesito:
E’, innanzitutto, necessario che si munisca di un titolo esecutivo (decreto ingiuntivo o sentenza) per potere agire per il recupero coattivo del credito.
Il finanziamento pubblico non può essere aggredito diretta mente in quanto è vincolato alla destinazione prevista dalla legge, ma lo stanziamento lascia presumere che la Cooperativa abbia il programma costruttivo in corso. In tal caso occorre eseguire il pignoramento delle somme presso la Banca ovvero degli immobili.