Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 16/08/2018

Gentilissimo avvocato, ringraziandoLa infinitamente per la rapida risposta al quesito del 09.08.2018, Le chiedo ulteriori approfondimenti.
Anche se una consistente maggioranza stia favorendo con entusiasmo il gruppo verso verso una forma più consona alla natura della nostra attività, ci sono un paio di colleghi che si oppongono alla costituzione della cooperativa forse per via delle regole di convivenza un pò più rigide. Per questo mi sorgono ancora alcune domande le cui risposte spero ci saranno utili ad affrontare il passaggio senza strappi interni.
1.È necessario o raccomandato deliberare in Associazione, prima della nascita della Coop, che il gruppo costituisce una cooperativa allo scopo di gestire l’attività lavorativa per i soci? In tal caso, la deliberazione necessita dell’unanimità o basta la semplice maggioranza? Gli associati contrari potrebbero impugnare la deliberazione? Oppure consiglia di non deliberare nulla?
2. Nel caso di non adesione di alcuni, la Coop potrebbe assumere come collaboratori esterni tali soci dell’associazione? Se si, come garantirli di non essere esclusi dal lavoro in futuro?
3. Gli attuali amministratori dell’associazione potranno essere contemporaneamente anche gli amministratori della Coop?

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente individuare le differenze tra l’Associazione e la Società Cooperativa di Produzione e Lavoro, distinguendo sia le finalità dello scopo sociale che gli effetti giuridici delle due strutture.
L’Associazione persegue scopi culturali divulgativi, mediante l’aggregazione di cultori della materia e propugnando la diffusione delle idee portanti dello scopo associativo.
Solo occasionalmente, quindi, l’Associazione può svolgere attività economica (ad es. manifestazioni teatrali) e, in tal caso, servirsi di alcuni associati specialisti, quali lavoratori remunerati per la loro prestazione.
I predetti lavoratori, pertanto, verrebbero assunti a tempo determinato (solo per la manifestazione) ovvero fornirebbero la loro prestazione quali lavoratori autonomi in possesso della partita IVA.
Conclusivamente, l’Associazione ha scopi culturali e non persegue la finalità di agevolare le opportunità lavorative dei propri associali.
In ogni caso, va osservato che, anche in relazione allo svolgimento occasionale dell’attività economica, gli amministratori dell’Associazione sono responsabili in proprio per le obbligazioni e per i danni a terzi. Di tali responsabilità, inoltre, potrebbero rispondere anche i soci se in tal senso esistono specifici deliberati che li coinvolgono.
La Cooperativa di Produzione e Lavoro, viceversa, pur non avendo scopo di lucro, svolge attività economica con finalità mutualistica, assicurando il lavoro ai propri soci.
Nell’ottica che precede, la Cooperativa remunera i soci lavoratori con il ricavato delle attività economiche svolte in conformità alle finalità statutarie (appalti per la realizzazione di spettacoli, manifestazioni teatrali, scuole musicali etc…).
La Cooperativa è a responsabilità limitata, sicché, osservando le norme di legge e dello Statuto, gli amministratori non rispondono delle obbligazioni sociali.
Alla luce di quanto premesso, dunque, non dovrebbero sussistere conflitti di interesse tra l’Associazione e la Cooperativa, anzi si profila una normale sinergia, in quanto l’una potrebbe essere supporto dell’altra.
Le prospettate perplessità di alcuni odierni associati, potrebbero essere riconducibili all’errata convinzione che l’Associazione possa perseguire finalità economiche con minori impegni; come si è visto, però, una tale convinzione, non solo è errata, ma non è attuabile per lo scopo sostanzialmente illegittimo.
A quanto precede, va aggiunta la circostanza relativa alla responsabilità personale per le obbligazioni sociali degli amministratori e degli stessi associati.
La Cooperativa, viceversa, se bene strutturata e gestita, consente legittimamente il perseguimento delle finalità economiche con il vantaggio della responsabilità limitata per e obbligazioni sociali.
Il profilo del conflitto di interessi potrebbe insorgere nel caso di contratti stipulati tra i due Enti, qualora tutti i componenti degli organi amministrativi fossero coincidenti; appare, pertanto, opportuno che i predetti Organi siano anche parzialmente composti con persone diverse; in tal caso la stipula verrebbe effettuata dai soggetti non coincidenti nelle due strutture.
La costituzione della Cooperativa potrebbe essere auspicata con delibera dell’Associazione, ma resterebbe, comunque, del tutto autonoma in quanto basata sulla volontà dei soci fondatori della Cooperativa medesima. L’eventuale dissenso di alcuni associati, pertanto, sarebbe indifferente.
La Cooperativa potrebbe affidare il lavoro anche a terzi, ivi compresi gli associati non soci della Cooperativa.

Quesito del 12/08/2018

Sono il presidente di una Cooperativa edilizia. Per la definizione dei box già prenotati dai soci l’assemblea ha approvato i relativi computi metrici e definiti i criteri di ripartizione della spesa. Alcuni soci non vogliono partecipare e fanno domanda di recesso chiedendo il rimborso del prezzo già versato.
E’ legittima tale richiesta o la delibera li vincola ad assolvere alla spesa a loro carico?
In atto la Cooperativa conta solo soci prenotatari di box.

Risposta al quesito:
Da quanto prospettato sembra che la Cooperativa persegue esclusivamente lo scopo di ristrutturare i box – auto e assegnarli in via definitiva ai soci assegnatari.
Con la delibera assembleare di approvazione dei computi metrici e autorizzativa dell’esecuzione dei lavori, ciascun socio si è contrattualmente obbligato ad eseguire la prestazione, consistente nel pagamento del prezzo di assegnazione.
Per valutare la vincolatività della predetta delibera, tuttavia, occorre verificare la norma statutaria che regola il recesso, al fine di stabilire la relativa legittimità.
Nel caso in cui il recesso sia legittimo, esistono due ipotesi: la prima che subentri un aspirante socio, il quale versi il dovuto; in tal caso la Cooperativa dovrà rimborsare al socio receduto esclusivamente quanto dallo stesso versato a titolo di contributo al costo di costruzione e trattenere la quota parte delle spese generali.
La seconda ipotesi riguarda il mancato subentro per l’assenza di aspiranti soci, sicché, il socio receduto resta, comunque, obbligato al risarcimento del danno per la mancata prestazione contrattuale (danno quantificabile nella differenza tra il valore obbiettivamente realizzabile con la cessione dell’immobile e il costo sostenuto per l’acquisto e la ristrutturazione).
Se il recesso è illegittimo, in tal caso il socio receduto è obbligato al risarcimento del danno complessivo subito dalla Cooperativa.

Quesito dell’11/08/2018

Gent.mo avvocato, sono socio di una Cooperativa scpa a proprietà divisa e volevo porLe il seguente quesito: può l’assemblea dei soci deliberare, addirittura prevedendone l’ effetto retroattivo, un canone di locazione per l’uso degli immobili da parte dei soci che già da tempo sono stati immessi nel possesso degli stessi.?
Tengo a precisarLe che questa delibera è intervenuta dopo che la gran parte dei soci ha stipulato l’atto di assegnazione definitivo, divenendone dunque proprietaria. Mentre ci sono alcuni soci che, come me, loro malgrado, per motivi attinenti ad abusi e difformità dal progetto originario riscontrati dal Comune non possono stipulare.

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa è a “proprietà divisa” non può ipotizzarsi alcun “canone d’uso”, in quanto lo scopo della Società è quello del trasferimento della proprietà.
Alcune leggi di finanziamento pubblico, tuttavia, prevedono specificatamente che la Cooperativa beneficiaria assegni gli alloggi in locazione con patto di futura vendita alla scadenza del periodo locativo.
In tal caso la Cooperativa avrebbe una natura mista, in quanto per il periodo obbligato della locazione sarebbe a proprietà indivisa, mentre alla scadenza del periodo stesso acquisirebbe la natura della “proprietà divisa”.
Solamente in una tale ipotesi (locazione con patto di futura cessione in proprietà) l’Assemblea potrebbe deliberare la definizione quantitativa del canone (precedentemente rimasta sospesa) per regolarizzare il “periodo locativo” già trascorso.
Essendo, tuttavia, la Cooperativa a mutualità prevalente, il canone richiesto deve, comunque, bilanciare il fabbisogno finanziario occorrente per la esclusiva copertura dei costi.
La delibera assembleare che determini il canone retroattivo dopo la stipula dell’atto pubblico di assegnazione può essere opposta dal socio dissenziente, se nell’atto medesimo viene enunciata la quietanza del prezzo (come da prassi).
La Giurisprudenza, infatti, ha sancito l’immodificabilità del prezzo di assegnazione successivamente alla stipula dell’atto pubblico con l’accollo del mutuo individuale.
I soci impediti nella stipula dell’atto pubblico per le irregolarità urbanistiche possono convenire in giudizio la Cooperativa, il Direttore dei Lavori e, ricorrendone i presupposti, anche gli amministratori per ottenere il risarcimento dei danni.

Quesito del 09/08/2018

Gent.mo avvocato, sono presidente di una Associazione culturale di Lanciano fondata nel 2009 con partita iva, che promuove e gestisce l’attività concertistica di un gruppo musicale classico.
Il gruppo esegue concerti dal vivo in Italia ed all’estero e riceve compensi che dovrebbero andare ai musicisti i quali sono tutti soci dell’associazione.
Da più parti, anche in sede di verifica fiscale, mi è stato detto che i soci non potrebbero essere regolarmente “retribuiti” e che una cooperativa potrebbe essere la forma più idonea al nostro caso, per soddisfare le esigenze sia culturali e divulgative che ci prefiggiamo, che quelle più prettamente lavorative per soci. Inoltre abbiamo sempre più l’esigenza di svolgere attività commerciali, tipo produzioni discografiche che vengono commercializzate in vari modi, sia sotto forma di diritti che di vendita al pubblico. La cooperativa permetterebbe inoltre di accedere a finanziamenti pubblici più consistenti.
Abbiamo preso in considerazione la chiusura dell’associazione ma non tutti gli associati sono d’accordo per ragioni che eventualmente le spiegherò in seguito per evitare di dilungarmi. La trasformazione non sembra possibile o facilmente praticabile. Alcuni associati in realtà si oppongono alla nascita della Cooperativa ed è anche per questo che ho bisogno di avere la certezza che non sia vietato dalla legge,
Il parere di cui ho bisogno riguarda quindi la possibilità legale di costituire una cooperativa composta dagli stessi soci e con la stessa denominazione della associazione, che gestisca quelle attività più propriamente “commerciale” del gruppo stesso e che prevedono una remunerazione dei soci impiegati, lasciando all’associazione culturale (che coesisterebbe almeno per un periodo) le attività più volontaristiche.

Risposta al quesito:
Occorre, intanto, precisare che in generale l’Associazione non può remunerare i propri soci per l’attività svolta, almeno che non si tratti di attività di supporto a quella prevista dallo scopo sociale; in tal caso i soci potrebbero prestare attività lavorativa, restando però del tutto autonoma dal rapporto associativo.
Gli associati che occasionalmente fornirebbero le loro prestazioni lavorative dovrebbero essere assunti come lavoratori dipendenti ovvero instaurare rapporto di lavoro autonomo di tipo professionale (possessori di partita iva).
Delineata, dunque, la problematica del lavoro dipendente /autonomo nell’Associazione, si deve precisare che, in ragione delle prospettazioni enunciate nel quesito, la forma più consona per coordinare lo scopo sociale con il lavoro prestato dai soci è quella prevista dagli artt. 2511 e seguenti del codice civile, le cui disposizioni riguardano le Società Cooperative a mutualità prevalente.
Nel caso di specie, la Società Cooperativa sarebbe del tipo di “produzione e lavoro” con lo scopo sociale misto, diretto alle finalità sia della diffusione della cultura musicale in genere sia della stabilizzazione lavorativa dei propri soci.
In altri termini, la Cooperativa di neo formazione potrebbe continuare a perseguire le stesse finalità culturali della preesistente Associazione e aggiungere lo scopo di assicurare il lavoro ai propri soci.
L’attività della Cooperativa potrebbe essere quella di organizzare eventi musicali e/o manifestazioni teatrali, nel cui ambito organizzativo assegnare ai propri soci il lavoro da eseguire, preferibilmente in conformità al “Regolamento” preventivamente approvato dall’Assemblea dei soci.
Nell’ambito della predetta attività la Cooperativa remunererebbe i propri soci lavoratori, previa loro regolarizzazione con gli Enti previdenziali.
La Cooperativa, inoltre, potrebbe anche attendere alle attività editoriali, prestare consulenze tecniche, organizzare manifestazioni turistiche, assumere appalti nel settore specifico etc., nonché svolgere qualunque altra attività mobiliare e immobiliare connessa a quelle previste nello scopo sociale.
Per le prestazioni lavorative i soci potrebbero essere inquadrati come lavoratori dipendenti ovvero fornire prestazioni professionali con emissione di fattura.
La vita sociale della Cooperativa è regolata dal codice civile e dalle disposizioni dello Statuto, approvato in sede di costituzione innanzi al notaio che deve rogitare l’atto costitutivo.
La volontà sociale si forma con le deliberazioni dell’Assemblea dei soci, la cui esecuzione è curata dall’Organo esecutivo (Consiglio di amministrazione).
Per quel che attiene ai rapporti tra Associazione e Cooperativa non dovrebbero esserci problemi in quanto si tratta di Enti autonomi, il primo appartenente alla tipologia delle associazioni non riconosciute (cioè giuridicamente prive di autonomia patrimoniale e di personalità autonoma), il secondo appartenente alla tipologia delle Società dotate di personalità giuridica.
I due Enti sarebbero dotati di ragione sociale diversa in quanto quella della Cooperativa deve contenere la specifica dizione “Cooperativa s.p.a.” ovvero “Cooperativa s.r..l.” .
Quelle che precedono sono le risposte di base al quesito, ma posso essere integrate da ulteriori precisazioni a fronte di richieste circostanziate da Voi formulate.

Quesito del 02/08/2018

Anzitutto ringrazio il Suo Studio per le preziosissime informazioni fornitemi in risposta al quesito del 09.07.2018.
In merito all’applicazione dell’articolo 39 TUB continuo ad avere qualche dubbio. L’istituto di credito dovrebbe frazionare il mutuo e la relativa ipoteca a garanzia. Non capisco se il rogito va fatto prima o dopo il frazionamento ed inoltre se ogni socio ha atto e mutuo frazionato perché la cooperativa dovrebbe ancora essere responsabile del pagamento delle rate del socio?

Risposta al quesito:
Il rogito inerente all’assegnazione definitiva va stipulato dopo il frazionamento del mutuo e, con il medesimo atto pubblico, ciascun assegnatario si accolla la relativa quota gravante sull’alloggio.
Il contratto di mutuo può prevedere che la Cooperativa sia garante dei pagamenti delle singole quote, ma una tale evenienza non avrebbe effetti pratici, in quanto la predetta Società è a responsabilità limitata e, generalmente, si spoglia dell’intero patrimonio attivo con le assegnazioni degli immobili ai soci.
Qualche Istituto di credito ha persino richiesto le garanzie fideiussorie ai soci, ma tali contratti sono sostanzialmente contro la legge e, pertanto, sono affetti da nullità assoluta.
In ragione della normativa del Testo Unico Bancario con il frazionamento del mutuo resta obbligato al relativo rimborso di ogni quota esclusivamente l’assegnatario dell’alloggio su cui la quota medesima grava.

Quesito del 30/07/2018

Ancora una volta ricorro alla Sua cortesia per conoscere se nelle risposte da S.V. fornite ai quesiti precedenti ha già risposto in merito al seguente argomento.
Una cooperativa di 30 persone che intendono realizzare 30 alloggi, per le proprie necessità finanziarie inerenti i costi da sostenere, nei modi d’uso, hanno chiesto ad una Banca finanziatrice locale due linee di credito: la prima di 600.000 Euro utilizzabile sotto forma di mutuo fondiario a 20 anni e la seconda di ben 1.400.000,00 Euro utilizzabile sotto forma di conto corrente ipotecario con scadenza a 20 mesi.
Dopo la stipula dei relativi contratti notarili la Banca ha lasciato che il Presidente operasse ed utilizzasse liberamente le due linee di credito senza esercitare alcun controllo se effettivamente la provvista dalla stessa messa a disposizione venisse correttamente utilizzata per il fine indicato nella domanda di mutuo e del conto corrente ipotecario, “… quale concorso alla spesa per la realizzazione di…”.
Difatti, il Presidente ha utilizzato una gran quantità di liquidità messa a disposizione dalla Banca per propri fini personali, per esempio con numerosissimi assegni, anche di consistente importo, a favore di se stesso, di propri familiari, e dallo stesso incassati presso la stessa Banca, oppure con bonifici a favore di soggetti completamente estranei alle ditte appaltatrici.
Ciò premesso, chiedo se nella fattispecie non è ravvisabile una chiara responsabilità della Banca che è contravvenuta agli usuali impegni e alle condizioni di contratto dove alla Banca viene chiesto di “… osservare criteri di diligenza adeguati alla sua condizione professionale ed alla natura dell’attività svolta…”?
Difatti, a mio avviso, ove la Banca avesse operato con diligenza e cioè attuando un controllo – se pur formale – sulla destinazione dei fondi richiesti dalla Cooperativa “tiraggi” (attraverso il controllo dello stato fisico delle opere e/o attraverso il controllo dei documenti/mezzi di pagamento) certamente avrebbe riscontrato che si stava perpetrando una distrazione di ingenti somme per spese non previste nel budget finanziato, come da richiesta della Cooperativa e messi a disposizione dalla Banca finanziatrice con apposita delibera.

Risposta al quesito:
Il contratto di mutuo fondiario prevede, normalmente, che l’Istituto mutuante effettui la verifica dei lavori eseguiti attestati nello stato d’avanzamento predisposto dal Direttore dei Lavori.
Alla luce di quanto precede, se in relazione al mutuo edilizio non è stata eseguita tale verifica ovvero sono state erogate somme superiori, in tal caso la Banca è responsabile per violazione delle norme contrattuali.
Per quanto attiene alla scopertura di conto corrente occorre verificare il contenuto del contratto, che, non contendo vincoli specifici, non obbliga la Banca a particolari controlli.
I soci danneggiati possono agire con azione di responsabilità vero l’amministratore infedele e, comunque, anche contro i beneficiari dei titoli illegittimi.