Cooperative: casi e soluzioni

Quesito dell’08/02/2018

Sono stato escluso dalla qualità di socio e non ho comunque impugnato la delibera di esclusione. A distanza di quasi un anno, con raccomandata a/r ho richiesto la liquidazione della mia quota e quanto a me spettante da statuto.
Se dovessi far causa alla cooperativa per il rimborso della mia quota e di quanto da me anticipato devo rivolgermi al Tribunale delle imprese o al Tribunale ordinario?

Risposta al quesito:
Trattandosi di controversia inerente al pregresso rapporto sociale, il Tribunale competente è quello della Sezione specializzata per le imprese, come previsto per legge.

 

Quesito del 06/02/2018

Esimio avvocato, sono un socio di una cooperativa edilizia che usufruisce di un contributo a fondo perduto da parte dello Stato. Avrei un quesito da sottoporre sul criterio di ripartizione delle spese della Cooperativa ovvero compenso al Presidente, spese di amministrazione e contabilità, ecc.. Premetto che le spese relative al Condominio vengono gestite separatamente attraverso i millesimi di proprietà e articoli del codice civile.
La Cooperativa per suddividere le sue spese non applica una suddivisione secondo millesimi di proprietà ma secondo una equa suddivisione delle spese. Invece, il contributo dello Stato viene suddiviso secondo il criterio dei millesimi di proprietà.
Si genera quindi la seguente situazione: chi ha l’appartamento più grande (più millesimi) usufruisce di un’entrata maggiore rispetto ai proprietari di appartamenti più piccoli (per effetto della suddivisione del contributo statale) e una spesa eguale agli altri per pagare i costi di esercizio della Cooperativa.
Secondo Lei è corretto un tale approccio?

Risposta al quesito:
E’ molto improbabile che il “contributo pubblico” fruito dalla Cooperativa non sia vincolato alla destinazione edificatoria e possa legittimamente essere utilizzato anche per le spese senza il rispetto dei canoni di cui al Quadro Tecnico Economico redatto in sede di ammissione al contributo.
Ciò posto, previa verifica del Bando pubblico, occorre rilevare che normalmente il contributo è destinato alla realizzazione edificatoria nel suo complesso e, pertanto, esso va a supportare il costo nel suo completo ammontare, non rilevando la diversa entità del costo per i vari alloggi.

Quesito del 02/02/2018

Siamo due soci di una cooperativa edilizia a proprietà indivisa. Ci accorgiamo nell’anno 2001 che il Presidente del cda, in assenza di specifiche delibere assembleari o del CDA, nell’occasione di un incarico tecnico per un condono, sottoscrive al catasto l’attribuzione di porzioni di aree comuni (terrazzi, locali ad uso comune ed addirittura la sede sociale) ad alcuni soci, tra cui i tre componenti del collegio sindacale.
Si chiedono informazioni e l’ispezione della DPL Provinciale, solo dopo vari accessi, confermerà l’effettiva assegnazione di beni comuni a privati.
Nel frattempo il presidente ci convoca dal notaio per la stipula dei contratti di assegnazione in proprietà. Noi scriviamo al notaio ed al presidente che, al fine di evitare la cristallizzazione degli assetti proprietari, avremmo sottoscritto il contratto solo all’esito delle ispezioni richieste. Il presidente però, conducendo una campagna denigratoria verso di noi, propone la nostra espulsione al cda.
Il CDA delibera l’espulsione nel maggio 2003 e noi proponiamo ricorso al collegio sindacale, nell’ambito della procedura endoprocedimentale prevista dallo statuto e quindi non come collegio arbitrale. I sindaci non concluderanno mai il ricorso e la società ha impugnato lo statuto per sentir dichiarare nulla la clausola che prevede la procedura endoprocedimentale.
Solo nell’anno 2014 è arrivata la sentenza del Tribunale che respinge la richiesta della cooperativa. Nel frattempo la società ci chiede notevoli somme di denaro per addivenire alla stipula dei contratti. Noi ci siamo rifiutati perchè le somme richieste erano prive di titolo. La società ha proposto appello, per il quale ancora ci dobbiamo costituire.
Nel frattempo i soci e gli altri componenti del CDA hanno deliberato di chiudere il contenzioso assegnando l’alloggio, in cambio del reciproco impegno a non proporre azioni di responsabilità. Ciò però non varrebbe nei confronti del presidente, il quale metterebbe nero su bianco di non rinunciare a subire azioni di responsabilità in quanto in passato ci aveva querelato e successivamente alla sentenza di assoluzione, a suo dire, avrebbe fatto ricorso in Cassazione. Coltivando la speranza di un giudizio positivo in Cassazione, in caso di accordo non rinuncerebbe all’azione di responsabilità.
A questo punto siamo a chiedere se, con la delibera di riammissione noi soci, tornando ad avere tutti i diritti fino ad oggi negati, possiamo proporre azione di responsabilità verso l’unico amministratore senza immunità: il Presidente, contestando lui l’ammontare del patrimonio comune ceduto indebitamente ai soci, il danno che ci ha creato assegnandoci l’abitazione dopo 16 anni rispetto agli altri, la mancanza di un regolamento di assegnazione che disciplini le procedure ed i criteri di assegnazione degli alloggi e ripartizione del patrimonio?
Si chiede di valutare la fattibilità dell’azione diretta di responsabilità e l’eventuale costo, qualora Codesto Spett.le Studio sia disponibile per la Provincia di Siena.

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, distinguere tra le azioni civilistiche nell’ambito societario e le azioni penali, che sembra siano ancora in via di pronuncia definitiva.
Occorre, inoltre, verificare i termini effettivi della proposta di riammissione, sia dal punto di vista degli obblighi effettivamente imposti ai soci, sia in riferimento ad una non ben chiara rinuncia del presidente all’azione di responsabilità (rinuncia attiva o passiva? Quale effettiva portata?).
Ciò posto, nel caso di accordo con la Cooperativa (delibera del CdA) non è esclusa la possibilità che l’eventuale azione di responsabilità possa essere eseguita solo nei confronti di alcuni e non di altri amministratori.
E’ però, importante, valutare se, rispetto al l’evento dannoso, ci siano ancora oggi i termini per l’esercizio dell’azione di responsabilità (cinque anni dal fatto!).

 

Quesito dell’01/02/2018

Gentilissimo avvocato Cannavò, volevo sapere se è lecito da parte di un socio di cooperativa edilizia citare per danni gli altri soci che giustamente non intendono aderire alla sua richiesta di ripristino da gravi difetti costruttivi del suo appartamento (umidità grave proveniente dal garage e dalla facciata non adeguatamente coibentati, questo detto dai periti) in quanto c’è già una vertenza in corso da parte di tutti i soci nei confronti dell’impresa di costruzione (con tanto di perizie e carotaggi già eseguiti), direttore dei lavori, ecc.
Purtroppo Lei sa benissimo che in sede di udienza ci sono sempre dei ritardi e intoppi dove noi possiamo fare ben poco. Noi capiamo la situazione del nostro socio, ma noi altri non possiamo sobbarcarci ulteriori spese o addirittura anticipare i soldi (decine di mila euro a testa) per risolvere un problema che tocca fare all’impresa di costruzione. Tenendo presente che inizialmente la nostra vertenza era stata fatta specificatamente per l’umidità che si creava nei giorni di scirocco sul pavimento dell’interrato del garage, poi col tempo l’umidità risalendo dal garage ha iniziato ad intaccare le mura del nostro socio al primo piano.
Quindi cosa ci consiglia di fare in sede di assemblea che si terrà giovedì prossimo venturo? Con questo La saluto e La ringrazio da parte di tutti noi soci!!!

Risposta al quesito:
Il socio che abbia avuto assegnato l’alloggio affetto da vizi costruttivi ha diritto di agire contro la Cooperativa, contro l’impresa e contro il Direttore dei Lavori per ottenere il risarcimento dei danni.
Il predetto socio non ha diritto all’azione diretta contro gli altri assegnatari per i vizi di costruzione, a meno che sia già sorto il Condominio e il vizio costruttivo riguarda le parti comuni.
In tale ultimo caso il condomino può citare in giudizio il Condominio, che a sua volta, se ricorrono i presupposti, può chiamare in garanzia l’impresa e il D.L..
Il CdA della Cooperativa deve valutare la lamentela del socio dal punto di vista tecnico e quindi rilevare che la Cooperativa è già in causa con l’impresa, sicché per i vizi costruttivi il socio reclamante deve aspettare l’esito del giudizio, a seguito del quale potrà ottenere la quota parte del risarcimento se a lui dovuta.

Quesito del 27/01/2018

Sei anni fa ho dato le dimissioni da una coop edilizia a proprietà indivisa, ad oggi devo ancora essere liquidata, sto in causa, il Giudice ha fissato l’udienza definitiva (spero) luglio 2018.
Il M.I.S.E. con verbale di ispezione straordinaria, trovando mille irregolarità, ha disposto lo scioglimento con atto di autorità e nomina del liquidatore. Il verbale di ispezione si è chiuso il 13.06.2017, dalla data di chiusura del verbale la coop aveva 15 giorni di tempo per le controdeduzioni, gli ispettori del M.I.S.E., scrivono: “Gli ispettori considerate le risultanze fin qui emerse, preso atto delle osservazioni e controdeduzioni del legale rappresentante, propongono l’adozione del provvedimento di scioglimento per atto dell’autorità ex art. 2545 XVII, con nomina del liquidatore”.
Giorni fa telefono alla funzionaria che ha in mano la pratica di scioglimento, ho chiesto come mai la pratica non va avanti, mi risponde che la coop ha presentato altre controdeduzioni, e si è bloccato tutto. Ho chiesto spiegazioni alle funzionarie che hanno redatto il verbale, senza nessuna risposta.
La domanda è: ma se le controdeduzioni non sono state accettate 7 mesi fa, cosa è cambiato?
Quante volte la coop può presentare controdeduzioni, di questo passo la pratica non va mai avanti, la coop sta dismettendo tutto il patrimonio immobiliare, la settimana scorsa ha rogitato un altro appartamento, con questa lentezza delle istituzioni, la coop avrà il tempo di vendere tutto, ed io speravo di recuperare, almeno in parte i miei soldi con il liquidatore, di questo passo di coop edilizia rimarrà solo il nome.

Risposta al quesito:
Nel caso di Liquidazione Coatta il Giudizio in corso si interrompe per legge e può essere riassunto dalla parte più diligente e che ne abbia interesse.
Il Liquidatore, se non si oppone al credito del socio, deve provvedere alla relativa ammissione allo Stato Passivo, sicchè il creditore deve attendere la liquidazione del patrimonio e la conseguente distribuzione del ricavato a tutti i creditori ammessi (normalmente un lungo periodo di tempo).
Occorre però osservare che la distribuzione dei crediti osserva un ordine di gradazione:
prima i crediti pre-deducibili (cioè le spese della procedura concorsuale, quali il compenso del Liquidatore, le spese generali, gli oneri fiscali del periodo etc…), in seconda battuta i crediti a vario titolo definiti privilegiati (quali i crediti ipotecari per mutui, i crediti dell’Erario, i crediti di lavoro e professionali etc…), in terza battuta i crediti chirografari, che ricomprendono i crediti dei soci receduti.
Nell’ottica che precede, dunque, occorre valutare, innanzitutto, se e quali probabilità ha il socio di ottenere la parziale restituzione di quanto versato alla Cooperativa.
Ciò posto, la procedura di Liquidazione coatta è affidata all’Autorità amministrativa (MISE), la quale compie l’istruttoria ed all’esito emette il provvedimento se ricorrono i presupposti.
Nel caso di specie, può esserci stato un supplemento di istruttoria ovvero non è stata ravvisata l’opportunità del provvedimento.
Il socio receduto, in quanto in contenzioso per il recupero del proprio credito, può chiedere le informazioni al MISE, obbligato al rendiconto in ragione della legge sulla trasparenza degli atti amministrativi.
Si ritiene, comunque, che, nel caso della presumibile incapienza della Cooperativa, il socio receduto abbia interesse a rilevare eventuali responsabilità degli amministratori, al fine di valutare l’opportunità di intentare un giudizio di responsabilità in loro danno per ottenere il relativo risarcimento.

Quesito del 27/01/2018

Sono il presidente di una coop. a proprietà indivisa, siamo in possesso dell’autorizzazione del mistero per poter assegnare ai nostri soci l’appartamento in proprietà individuale con atto notarile. Poiché solo 15 soci su 22 aderiscono a questo passaggio, ci troviamo all’interno della società con soci che hanno l’uso e godimento e soci in diritto di proprietà.
Quest’ultimi posso crearsi un condominio all’interno della compagine societaria? Quando possiamo liquidare la coop.?

Risposta al quesito:
Sembra evidente che il quesito riguardi esclusivamente il periodo tra l’ottenimento del nulla osta e la stipula degli atti pubblici (che dovrebbe essere molto breve!!!).
In ogni caso la Cooperativa può deliberare l’istituzione di un Condominio provvisorio con gestione separata fino alla stipula degli atti pubblici di assegnazione in proprietà, compiuti i quali insorge il nuovo Condominio ex lege composto dalle unità immobiliari assegnate e le unità immobiliari della Cooperativa (soci singoli condomini + Cooperativa unico condomino per le unità di sua spettanza).