Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 31/07/2016

Sono socio d’una cooperativa prima indivisa e successivamente mista, fatti avvenuti a insaputa dei soci, ed a causa d’una pessima gestione siamo giunti alla gestione commissariale ordinata dal ministero dei lavori pubblici, ed il commissario sta procedendo alla liquidazione coatta.
La causa è imputabile alle spese pazze e mala gestio che all’insaputa dei soci ci siamo ritrovati in questa situazione, chiedo, considerato che in questi anni di occupazione dell’alloggio ho versato circa 180,000 euro ed ero giunto al pagamento completo dell’intero costo dell’immobile, stando alle ultime notizie si vocifera che dovremmo perdere quanto versato sino ad oggi.
Ma è possibile che dopo aver rispettato tutte le norme ed aver sempre pagato molto di più del suo valore originario, in quanto dal costo di costruzione tenuto in comune risulta l’alloggio costare 180.000.000, tradotto in euro 95/100000, il commissario nella sua procedura mi riconoscerà quanto da me sino ad oggi sborsato, esistono delle opportunità di tutela, mi verranno riconosciuti i crediti dovuti dalla cooperativa?

Risposta al quesito:
La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale equiparabile al Fallimento, tant’è che essa è regolata proprio dalla Legge Fallimentare.
Il Commissario Liquidatore ha la facoltà di sciogliersi dal contratto mutualistico di assegnazione degli alloggi ai soci (art. 72 L.F.).
In tal caso, gli immobili verrebbero valutati al prezzo di mercato (OMI) e posti in vendita all’asta. I soci verrebbero inseriti nell’elenco dei creditori e il loro credito sarebbe chirografario, cioè terzo dopo le somme in prededuzione e i crediti privilegiati.
Da quanto precede è comprensibile che i soci sarebbero fortemente danneggiati, in quanto riceverebbero una minima parte dei loro crediti.
I soci, adeguatamente assistiti, potrebbero richiedere il concordato di liquidazione, in base al quale verserebbero solo una parte dei crediti vantati dai terzi e conserverebbero il diritto agli alloggi prenotati.
Per le soluzioni definitive, occorre l’approfondito esame della reale situazione della Cooperativa.

Quesito del 29/07/2016

Ho dato recesso in data 13.10.2015 dalla Coop edilizia a responsabilità limitata alla quale ero iscritto per l’assegnazione di un alloggio. Parte dei fondi erano della Regione Lazio. Avrei dovuto ricevere quanto versato non appena l’alloggio a me assegnato fosse stato riassegnato.
Nonostante sia avvenuto ciò ed i nuovi assegnatari abbiano versato la loro quota, non mi è stato restituito nulla, prendono tempo e promettono piccole somme in attesa di nuovi futuri incassi da parte della Cooperativa. Temo di poter perdere quanto versato o anche solo una sua parte.
Come devo comportarmi per riavere i miei soldi? Temo che possano ricorrere a cavilli legali per cui esentarsi dalla restituzione di quanto versato. Come posso tutelarmi?

Risposta al quesito:
Il recesso da socio è regolato dallo Statuto sociale e dal Codice Civile (artt. 2532 e 2535) e per le Cooperative edilizie con finanziamento pubblico dalle leggi speciali.
In generale si può dire che il socio deve richiedere espressamente il rimborso di quanto versato, che gli spetta integralmente per la parte inerente alle anticipazioni sul costo di costruzione dell’alloggio.
Per le spese generali e per l’eventuale “tassa di ammissione” la Cooperativa ha diritto a trattenere i relativi importi.
In ordine ai tempi del rimborso, occorre verificare se lo Statuto preveda termini specifici (ad esempio sei mesi dopo l’approvazione del bilancio dell’esercizio in cui si è verificato il recesso; in tal caso la Cooperativa sarebbe ancora in regola).
Superati i termini statutari  senza alcun riscontro, al socio receduto non resta che agire sollecitamente in sede giudiziaria, al fine di ottenere il rimborso di quanto vantato a credito verso la Cooperativa.

Quesito del 27/07/2016

Sono socio di una cooperativa edilizia ed i lavori di costruzione degli alloggi sono circa al 75%. Le richieste di pagamento al termine dei vari SAL prevedono che il versamento venga effettuato entro 5 giorni altrimenti la cifra verrà attinta dal mutuo ma alcuni soci non versano nei tempi previsti causando ritardi nei pagamenti della cooperativa alla ditta costruttrice con conseguente blocco dei lavori e incremento degli interessi passivi per i soci che stanno già attingendo al mutuo da rate precedenti.
In che modo i soci puntuali nei pagamenti possono forzare gli amministratori ad applicare alla lettera le condizioni previste per i versamenti?
Un documento sottoscritto dalla maggioranza dei soci che attesti la richiesta di rispettare questi termini consegnato agli amministratori e verbalizzato durante una riunione può essere utile?

Risposta al quesito:
Gli amministratori delle Cooperative devono attenersi, tra l’altro, al principio della parità di trattamento dei soci, in modo che ciascuno sostenga i costi di costruzione di sua spettanza senza gravare su altri soci.
Se il ritardo nei pagamenti di alcuni soci, dunque, provoca danni rilevanti agli altri soci, gli amministratori devono intervenire imponendo agli inadempienti il relativo risarcimento.
Qualora i soci inadempienti non versassero gli importi dovuti, gli amministratori devono agire giudizialmente.
Il mancato adeguato intervento da parte degli amministratori, espone questi ultimi all’azione individuale di responsabilità che può essere intentata nei loro confronti dai soci danneggiati.
La lettera di messa in mora, peraltro, verbalizzata nel corso di adunanza assembleare, vale come messa in mora nei confronti degli amministratori e fa decorrere gli interessi e la rivalutazione sulle somme a titolo risarcitorio.

Quesito del 26/07/2016

Sono subentrato in una cooperativa edilizia che aveva in programma la costruzione di tre lotti di cui due già completi ed assegnati (non rogitati) ed uno in fase di ultimazione. Al momento del mio ingresso i lavori erano sospesi. Con il mio ingresso i lavori sono ripresi non con l’impresa originaria ma con una nuova. L’impresa originaria ha firmato uno stato di consistenza e la liberatoria.
Al momento della ripresa dei lavori ho riscontrato diverse problematiche tra cui: vizi occulti come la realizzazione del terrazzo in maniera non conforme al capitolato (manca la barriera vapore e la coibentazione); esecuzione di lavori non conformi al progetto; lavori eseguiti in parte ma fatturati e pagati per intero, lavori non eseguiti, fatturati e pagati per intero.
La direzione lavori non ha mai controfirmato alcuno stato avanzamento lavori e con il mio ingresso avendo individuato le problematiche si è precipitata a predisporre una lettera di contestazione alla precedente impresa per la risoluzione delle problematiche. Indicativamente i lavori non eseguiti, le forniture non effettuate e i danni si aggirano attorno a 50mila €. Ora devo versare i soldi per liquidare la quota del precedente socio pari a 61mila€.
Qual è la responsabilità del Presidente e della Direzione Lavori? Posso rifiutare di versare la quota se la cooperativa non risolve la problematica. Quale azione dovrei intraprendere?

Risposta al quesito:
Nel caso di specie, i percorsi di tutela da intraprendere sono due: l’uno quello di non pagare, mettere in mora la Cooperativa e, nel caso di mancato positivo riscontro, risolvere il rapporto, sia mutualistico che sociale e chiedere il rimborso delle somme versate, maggiorato del risarcimento dei danni; l’altro è quello di mettere in mora la Cooperative e la vecchia impresa esecutrice, pagare l’importo e al momento del rogito riservarsi l’azione di riduzione del prezzo per i vizi e i difetti costruttivi.
Qualora la Cooperativa rifiutasse di stipulare l’atto definitivo di assegnazione, si dovrebbe  agire con azione giudiziaria ai sensi dell’art. 2932 del codice civile per ottenere il trasferimento coattivo della proprietà dell’immobile prenotato (ovviamente al prezzo ridotto per i vizi costruttivi).
La prima ipotesi presenta i rischi della eventuale insolvenza della Cooperativa nelle more del giudizio, mentre la seconda si appalesa priva di rischi (se i vizi sono sussistenti).

Quesito del 23/07/2016

Sono assegnatario di app.to in coop a proprietà divisa. Lavori ultimati. Ripartita l’esposizione bancaria (mutuo) sulle varie unità pure accatastate, la mia è gravata di un debito di € 156mila, con relativa ipoteca, su cui maturano a mio carico consistenti interessi (5,50%) per la banca.
Domando: posso chiedere alla banca di eliminare (sostituire) il mio detto debito con il ricavo di un mutuo sulla stessa unità, peraltro già gravata da ipoteca in suo favore, ma prima del rogito di intestazione e con la medesima coop in qualità di terzo datore di ipoteca?

Risposta al quesito:
Da quanto esposto sembra che il socio assegnatario intenda rinegoziare il vecchio mutuo con la medesima Banca, ottenendo un tasso di interesse più conveniente.
In linea teorica la Banca potrebbe concedere un nuovo mutuo ed estinguere quello precedente, ma una tale operazione dovrebbe essere giustificata dalle obbiettive esigenze della parte mutuataria e, soprattutto, dalla “convenienza” della mutuante.
In pratica sembra improbabile che l’Istituto di credito consenta il nuovo mutuo, a meno che esso non riguardi il maggior numero di anni per il rimborso e sia accompagnato da idonee garanzie (reddito e età del mutuatario).

Quesito del 21/07/2016

Descrivo sommariamente la situazione in cui mi trovo coinvolto per avere un suo parere in merito:
1) Ho stipulato un preliminare di vendita registrato presso l’ufficio delle entrate, ma non trascritto con atto notarile, per l’acquisto di un immobile in edilizia convenzionata;
2) Ho versato metà della somma con copertura fidejussoria assicurativa (per ora non saremmo comunque intenzionati ad escutere la fidejussione, abitando già nell’appartamento);
3) Da circa 6 mesi io e la mia famiglia (2 adulti + 2 minori) abbiamo avuto la consegna dell’immobile da parte della Cooperativa e vi abitiamo stabilmente con ottenimento della residenza;
4) avremmo dovuto stipulare l’atto notarile ma un’Impresa costruttrice (non quella che ha realizzato il mio intervento), ha posto un sequestro conservativo sull’immobile vantando crediti nei confronti della Cooperativa;
5) successivamente l’impresa costruttrice il nostro intervento ha predisposto un sequestro delle somme da noi dovute alla Cooperativa (teoricamente dovute, in quanto non essendo proprietari non siamo debitori di nulla);
6) la banca non ha ancora effettuato il frazionamento del mutuo, ormai la procedura perdura da almeno 6 mesi nonostante gli appartamenti siano accatastati;
7) la situazione è analoga per 10 aspiranti acquirenti su un totale di 12 appartamenti;
8) come ovvio i rogiti risultano ad oggi impossibili per il mancato frazionamento e per il sequestro conservativo dell’immobile. La cooperativa versa in conclamate difficoltà economiche (ufficialmente non ha ancora dichiarato fallimento) e, ad oggi, sta trattando con le parti per trovare una soluzione al problema, anche se la prima impresa sta comunque procedendo con la causa di arbitrato.
Sperando di aver illustrato la problematica in modo sufficientemente chiaro, Le faccio qualche domanda per le quali Le chiedo un parere:
1) nel caso non si trovasse un accordo extragiudiziario, come potrebbe evolvere la situazione? Tempistiche? Possibili scenari?;
2) nel caso l’immobile andasse all’asta credo di avere un diritto di prelazione all’acquisto: il prezzo di acquisto verrebbe comunque calmierato dalla presenza della convenzione non decaduta, essendo l’immobile completamente terminato o potrebbe essere battuto un prezzo libero? Come verrebbe determinato il prezzo a base d’asta? Se si partisse dal valore di mercato, il prezzo sarebbe sicuramente superiore a quello della convenzione;
3) come da preliminare, essendo stato consegnato l’immobile, non siamo più tenuti a rimborsare gli interessi del mutuo contratto dalla cooperativa con la banca. La banca potrebbe comunque rivalersi su di noi non ottenendo soddisfazione dalla cooperativa?
4) Si può obbligare la banca a procedere almeno con il frazionamento del mutuo? E se sì come?
5) Abbiamo qualche forma di tutela?

Risposta al quesito:
In base a quanto enunciato nel quesito, la situazione del prenotatario dell’alloggio è particolarmente complessa ed esige l’immediata scelta della strategia di tutela difensiva.
Occorre preliminarmente esaminare l’entità creditoria dell’impresa che ha ottenuto il sequestro conservativo e verificare se tale provvedimento cautelare insiste solamente sull’immobile di cui trattasi ovvero anche su altri beni della Cooperativa.
Successivamente, occorre raffrontare la capienza del patrimonio sociale sequestrato, ciò al fine di valutare se esistono concrete possibilità di escludere l’immobile in questione dall’importo necessario al soddisfacimento del credito dell’impresa sequestrante.
Con i dati che precedono si potrà valutare la convenienza a  procedere con atto di citazione ai sensi dell’art. 2932 del codice civile per ottenere il trasferimento coattivo dell’immobile prenotato, previo pagamento del prezzo convenuto. Con l’atto di citazione si converrà in giudizio anche la Banca, obbligata al frazionamento del mutuo ai sensi dell’art. 39 TUB.
L’atto di citazione verrà trascritto nei registri immobiliari in modo da impedire ulteriori aggressioni di terzi oltre quella già esistente, inerente al sequestro conservativo.
Se nelle more la Cooperativa dovesse andare in insolvenza, la trascrizione sarebbe opponibile anche alla procedura concorsuale e l’immobile non potrebbe essere messo all’asta.
Nel caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa , gli immobili sociali sarebbero valutati al prezzo di mercato (OMI)e venduti all’asta al migliore offerente senza alcun privilegio per il socio prenotatario, il quale resterebbe in coda unitamente agli altri creditori.
La definitiva messa a punto della strategia sarebbe, comunque, condizionata all’esame della documentazione di riferimento.