Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 28/01/2017

Ho acquistato un immobile costruito negli anni 80 da una coop. in edilizia convenzionata ed agevolata. Ho scoperto che insiste ancora ipoteca per il mutuo contratto dalla coop. benché il debito risulti pagato.
La Banca dice di non poter cancellare l’ipoteca perché il Minisyero Infrastrutture (ex Lav. Pubbl.) non ha versato i contributi ex art. 72 l. 865/1971. Può farlo?

Risposta al quesito:
Normalmente l’istituto di credito concede il mutuo agevolato iscrivendo l’ipoteca a garanzia per assicurarsi la restituzione dell’intero importo erogato.
Nel contratto di mutuo stipulato dalla Cooperativa l’Ente pubblico è il terzo finanziatore di una parte degli interessi, in ragione della specifica Legge agevolativa.
Nel contratto di assegnazione e accollo del mutuo individuale, al socio assegnatario viene attribuita una quota del mutuo concesso alla Cooperativa, ivi compresi i relativi interessi a carico dell’Ente finanziatore, sicché la relativa ipoteca frazionata si estingue del tutto allorquando l’Istituto mutuante riceve l’intero importo.
Nel caso di specie, i tempi indicati lascino sospettare che sussista una anomalia da parte della Cooperativa che non ha completato tutti gli adempimenti.
In ogni caso l’Istituto di credito avrebbe dovuto comunicare il mancato pagamento della quota degli interessi ai soci ormai proprietari degli alloggi.
Se sussiste l’effettivo inadempimento dell’Ente pubblico, occorre che esso Ente sia messo in mora e, permanendo il ritardo, il socio interessato può agire giudizialmente con giudizio amministrativo di ottemperanza e per il risarcimento.
Anche l’Istituto di credito, tuttavia, va messo in mora, in quanto, essendo creditore diretto dell’Ente, esso stesso avrebbe già dovuto intentare il giudizio verso il proprio debitore.
In tal caso, alternativamente alla prima ipotesi, il socio può agire direttamente contro l’Istituto di credito innanzi al Giudice Ordinario.

Quesito del 27/01/2017

Dal 2009 sono socia di una Cooperativa a proprietà indivisa a responsabilità limitata. Nel 2016 la Cooperativa ha comunicato ai soci di aver ricevuto una cartella esattoriale per imposte arretrate più sanzioni e interessi per gli anni 2002/2003.
Sottolineo che prima del 2016, i soci non sono mai stati messi al corrente di questo debito, malgrado, in passato la Cooperativa avesse tentato due ricorsi in commissione tributaria; inoltre nei bilanci dell’epoca non risultano accantonamenti cautelativi per le imposte dovute in caso di eventuale rigetto del ricorso.
Essendo diventata socia nel 2009 e non essendo stata messa a conoscenza dell’esistenza di alcun debito, posso rifiutarmi di pagare imposte pregresse? E inoltre non avendo mai la Cooperativa rilevato il debito in bilancio, ad oggi, può ancora richiedere questi soldi ai soci? E’ possibile per il socio rivalersi sull’allora Consiglio di amministrazione?

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente accertare la natura del recupero fiscale, se cioè esso sia attribuibile ad un costo generale (ad es. sanzione per omessa dichiarazione, etc.) ovvero sia correlato al costo di costruzione.
Nel primo caso, l’onere costituisce costo qualificabile come sopravvenienza passiva, ma, ai fini della ripartizione ai soci esso va imputato all’esercizio in cui si è effettivamente determinato, sicché restano obbligati esclusivamente i soci presenti nell’esercizio medesimo.
Nel secondo caso, l’onere va accorpato al “costo di costruzione” essendo ad esso complementare, sicché esso va ripartito nel prezzo di assegnazione dell’alloggio.
Se l’operato degli amministratori ha arrecato specifico ed effettivo danno (ad es. sanzioni per omessi adempimenti) i soci possono intentare azione di responsabilità.
Gli amministratori avrebbero dovuto prudentemente esporre nel bilancio l’esistenza del contenzioso tributario, ma tale omissione non necessariamente è sanzionabile a titolo risarcitorio, in quanto occorre un nesso di causalità tra il comportamento e il danno (da accertare a seguito di approfondimento).

Quesito del 20/01/2017

Sono socio prenotatario di alloggio in cooperativa. A seguito di sofferenza e inadempienza dell’impresa di appalto stiamo recedendo il contratto verso la stessa per poter concludere i lavori con altre imprese.
I miei quesiti sono i seguenti: E’ possibile continuare i lavori senza incorrere in ritardi dovuti magari a interventi del tribunale fallimentare?
E’ possibile vista l’inerzia dell’impresa e i tempi biblici di attesa, finire i lavori più urgenti del mio alloggio e rivalersi successivamente sulla coop?
In ultimo: E’ legittimo in un piano sociale far entrare anche “non soci” con compromessi di vendita?

Risposta al quesito:
Non si comprende perché è stato ipotizzato l’intervento del Tribunale Fallimentare, se, cioè, sia l’impresa ovvero la Cooperativa ad essere esposta alla declaratoria d’insolvenza.
Nel primo caso potrebbero verificarsi due ipotesi:
– l’una (poco probabile) inerente alla sopravvenuta autorizzazione giudiziale in ordine alla prosecuzione dell’attività d’impresa; in tal caso la Cooperativa può far valere le inadempienze dell’impresa e richiedere la risoluzione del contratto con il conseguente risarcimento del danno;
– l’altra relativa alla declaratoria di scioglimento dal contratto, pronunciata dalla Curatela; in tal caso occorre verificare la reale situazione debitoria verso l’impresa, in quanto il Curatore agirebbe per il recupero del credito.
Nel secondo caso potrebbero verificarsi tre ipotesi:
– la prima inerente allo scioglimento dal contratto pronunciato dal Curatore (ovvero dal Liquidatore), con la vendita all’incanto degli edifici nello stato di fatto in cui si trovano;
– la seconda relativa alla prosecuzione dell’attività da parte della Procedura Concorsuale, con contestuale scioglimento dal contratto di prenotazione con i soci e vendita all’incanto degli alloggi finiti;
– la terza inerente alla prosecuzione dell’attività da parte della Procedura Concorsuale, senza la pronuncia dello scioglimento dal contratto di prenotazione con i soci, ai quali verrebbero assegnati gli alloggi finiti.
Il verificarsi di una piuttosto che dell’altra ipotesi dipende da vari fattori, primo fra tutti quello riguardante l’entità della situazione debitoria e la possibilità di soddisfare al meglio tutti i creditori.
In nessun caso è consentito al socio di eseguire i lavori in proprio, almeno che non esista un deliberato assembleare in tal senso.
Le Cooperative in generale possono operare con terzi non soci, ma, nel caso in cui tale attività sia prevalente rispetto a quella mutualistica, la Società perderebbe i diritti e le agevolazioni riconosciute dalla legge alle Cooperative a mutualità prevalente.
In ogni caso, se vengono rispettate le proporzioni normative, la Cooperativa conserva le provvidenze e può operare anche con i terzi.

Quesito del 10/01/2017

Sono socio di una cooperativa edilizia in Roma facente parte del programma “20.000 alloggi in affitto”.
Gli alloggi sono stati costruiti e regolarmente consegnati in uso con prelazione all’assegnazione in proprietà allo scadere di anni 8 e adesso siamo in attesa del frazionamento del mutuo poiché finalmente sono usciti i prezzi massimi di cessione del Comune. Per l’assegnazione in proprietà il costo complessivo dell’alloggio è stato quantificato sommando al prezzo massimo di cessione altre spese (per funzionamento della cooperativa, oneri di urbanizzazione, etc..) per circa € 50.000 ad alloggio e in una scrittura privata firmata alla data di assegnazione tra il socio assegnatario e la cooperativa tutti i soci abbiamo accettato tale somma complessiva.
Oggi alcuni soci sostengono che invece il prezzo massimo di cessione è l’unico da pagare per aver assegnato l’alloggio in proprietà e per tale motivo non hanno approvato il bilancio della cooperativa.
In bilancio risultiamo per altro ancora creditori verso la banca di circa 600.000 euro. Il bilancio è stato bocciato non per difformità, oltretutto è uguale a tutti quelli già regolarmente approvati negli ultimi 5 anni, ma solo perché vogliono pagare l’alloggio secondo l’importo stabilito dal solo prezzo massimo di cessione ritenendo tutte le altre spese non dovute. Nel verbale dove non si approvava il bilancio sono state allegate le motivazioni scritte dai soci e soprattutto sono riuscito a far verbalizzare che per me il bilancio era da approvare e che dissentivo interamente dalle motivazioni fornite.
Volevo chiede se in base agli eventi accaduti posso recedere dalla cooperativa per insanabili contrasti con i restanti soci. Lo statuto prevede l’eventuale accettazione del recesso dal Consiglio di Amministrazione solo all’atto di ammissione del nuovo socio.
Sono davvero vincolato fino a una data indefinita? Ci sono altre state percorribili?

Risposta al quesito:
Lo Statuto della Cooperativa regola i rapporti con i soci, sicché la disposizione concernente il recesso e il subentro del nuovo socio ha valore negoziale e, pertanto, vincola le parti (soci e Cooperativa).
Nel caso prospettato, tuttavia, rileva la mancata approvazione del bilancio e le regioni che la supportano.
La Cooperativa, infatti, sembra inadempiente in ordine alla determinazione del “prezzo di cessione”, lievitato oltre misura, tanto da indurre gli amministratori a proporre  una scrittura illegittima di accollo dei “costi in esubero”, da parte dei soci prenotatari.
Una tale situazione di “grave inadempienza” può costituire la base per richiedere il recesso con effetto immediato, nonché la restituzione di quanto versato, oltre al risarcimento dei danni.
La strategia di tutela, però, va approfondita e valutata dopo l’esame degli aspetti concreti, posto che potrebbero emergere circostanze specifiche, riconducibili alla effettiva situazione patrimoniale della Cooperativa, con i conseguenti pericoli per il risultato finale dell’azione.

Quesito del 29/12/2016

Sono socio prenotatario di un alloggio di una Cooperativa edilizia a r.l. che ha ottenuto un finanziamento agevolato dalla Regione Lazio concesso ai sensi della Legge 493/93, per cui gli alloggi dovranno essere dati in locazione per un periodo non inferiore a otto anni, con concessione in proprietà degli alloggi stessi al termine del periodo di locazione, secondo le disposizioni di cui ai commi da 3 a 8 dell’articolo 8 della Legge 17 febbraio 1992, n. 179 .
In previsione dell’atto notarile di assegnazione degli alloggi, ci è stato chiesto di presentare l’APE (Attestazione di Prestazione Energetica). La direttiva Europea prevede che spetta al costruttore rilasciare tale attestazione prima di conseguire l’agibilità.
Nel caso specifico, la mia domanda è la seguente: a chi compete il pagamento del rilascio dell’attestazione menzionata: al costruttore o ai singoli soci?

Risposta al quesito:
E’ il venditore che, in generale, ha l’obbligo di fornire l’attestazione per la regolarità energetica.
Nel caso di specie, è la Cooperativa a dovere fornire a ciascun socio l’APE, ma lo stesso Sodalizio può richiedere ai soci il versamento per  il relativo fabbisogno finanziario.
Trattandosi di Cooperativa, occorre verificare se lo Statuto consente agli amministratori di provvedere autonomamente a richiedere i versamenti del programma finanziario ovvero è l’assemblea a dovere autorizzare la richiesta.
E’, inoltre, necessario verificare se la Cooperativa dispone di adeguate risorse finanziarie, che possano rendere illegittima la richiesta di versamenti ai soci.

Quesito del 16/12/2016

Sono proprietario di una abitazione facente parte di un complesso condominiale a proprietà indivisa. L’edificio non ha ottenuto l’agibilità per alcuni abusi edilizi che però non ho commesso io.
Posso richiedere ed ottenere l’agibilità relativa solo alla mia abitazione?

Risposta al quesito:
La proprietà dell’immobile non è conciliabile con il “complesso a proprietà indivisa”.
Se si tratta di una Cooperativa a proprietà divisa che non ha ancora provveduto a trasferire le proprietà individuali con atto pubblico, in tal caso è il Sodalizio che deve regolarizzare l’intero edificio e ottenere l’agibilità dopo avere eliminato gli abusi edilizi.
Anche nel caso in cui la Cooperativa sia a proprietà indivisa e il socio gode dell’assegnazione in uso, egualmente devono essere gli amministratori del Sodalizio a regolarizzare la situazione urbanistica dell’edificio.
Se, viceversa, il socio è già assegnatario della proprietà individuale dell’alloggio, occorre preliminarmente verificare il regolamento urbanistico locale, nonché distinguere se l’edificio abbia ottenuto o meno la conformità e se gli abusi siano stati commessi prima o dopo l’ottenimento della predetta certificazione.
Secondo un recentissima norma, oggi l’agibilità si ottiene mediante la presentazione di una relazione tecnica che ne attesta l’esistenza rispetto all’intero edificio, salvi i successivi controlli della P.A..
Nel caso di specie, la relazione potrebbe essere inoltrata limitatamente all’alloggio in questione, escludendo la rimanente parte dell’edificio.
Anche in tal caso, tuttavia, la situazione urbanistica resterebbe anomala, sicché l’interessato si deve prodigare per la eliminazione delle parti abusive, sia in sede amministrativa che in sede giurisdizionale.
In ogni caso, il proprietario dell’immobile ha diritto al risarcimento dei danni, che può far valere contro la Cooperativa e contro coloro che hanno commesso gli abusi.