Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 14/11/2016

In una Cooperativa edilizia di abitazione costituita da 31 soci di cui, 27 soci adempienti-diligenti che hanno stipulato il rogito notarile acquisendo la proprietà individuale delle loro abitazioni e i restanti 4 soci che non hanno stipulato ancora il rogito notarile, in quanto inadempienti-morosi.
a) In presenza di questa situazione che dura ormai da circa poco meno di un anno, motivo per il sorgere dei debiti della Cooperativa stessa, e tra varie sollecitazioni nei confronti dei soci inadempienti nel chiarire la loro posizione nei confronti dell’Assemblea dei soci della Cooperativa, i soci adempienti possono presentare un istanza al Ministero dello Sviluppo economico, autorità governativa di controllo delle Cooperative, per chiedere il commissariamento della stessa?
b) Il sottoscritto Le chiede inoltre spiegazioni in merito alla procedura di commissariamento, cioè quanti soci in questo caso occorrono? Ed eventuali costi, da poter capire se ai soci adempienti conviene intraprendere tale procedura.
Oppure ai soci adempienti conviene (da un punto di vista di costi e non ) chiedere direttamente la liquidazione della Cooperativa?

Risposta al quesito:
I soci inadempienti sono evidentemente responsabili di tutti i danni arrecati alla Cooperativa a seguito della loro morosità.
Nell’ottica che precede, per i soci adempienti sono percorribili due ipotesi:
1) La maggioranza dei soci pone in liquidazione la Cooperativa, nominando un liquidatore con il preciso mandato di provvedere a definire giudizialmente la questione con i soci morosi; in particolare ottenendo i decreti ingiuntivi e procedendo all’espropriazione mobiliare e/o immobiliare al fine di ottenere la provvista finanziaria, estinguere i debiti sociali e cancellare la Società dal Registro delle Imprese;
2) Formulazione di un esposto alla Vigilanza con la richiesta della nomina di un Commissario. In tal caso il predetto Commissario dovrebbe attuare il programma dell’ipotesi a) ovvero chiedere la Liquidazione Coatta Amministrativa, a cui seguirebbe la nomina di un Commissario Liquidatore.
Non v’è dubbio che la prima ipotesi sia quella più conveniente per tutti i soci, morosi e non, sia perché meno costosa, sia perché più efficiente.
Può accadere, infatti, che i Commissari delle Società Cooperative non siano adeguati, mentre è certo che il Liquidatore volontario possa essere scelto dai soci in base alla valutazione della sua professionalità.

Quesito del 10/11/2016

Premetto che in data 2010 sono diventato socio di cooperativa edile per la costruzione di box auto, favorito dalla L. Tognoli, in quanto ero in procinto di acquistare un appartamento nelle vicinanze del punto dove sarebbero sorti questi box.
Trascorso quasi un anno, non ho più acquistato l’appartamento suddetto e pertanto ho fatto richiesta di recesso in quanto da statuto non possedevo più i requisiti per essere socio. La Soc. Coop. non mi ha mai risposto. Trascorso un altro anno, la Soc. Coop. mi inviava raccomandata con la quale mi chiedeva il pagamento di una certa somma ed alla quale ho risposto di aver espresso già un anno prima la mia volontà di recedere quale socio, in quanto non più in possesso dei requisiti.
Trascorsi altri 3 anni (2015), ricevo lettera di messa in mora nella quale mi veniva richiesto di corrispondere una esorbitante cifra, senza neanche una precisa distinta della somma, e con l’avvertenza che sarebbero potute seguire conseguenze legali. Alla stessa ho risposto nuovamente quanto su esposto e ad ora non ho ricevuto nè risposta alla mia nè alcun atto di citazione.
Le chiedo quindi: 1) Devo segnalare quanto accaduto alla Vigilanza Coop presso il Ministero? 2) Se si come posso procedere?

Risposta al quesito:
Appare improbabile che l’esposto alla Vigilanza possa sortire, nel caso di specie, alcun effetto, posto che, da quanto sinteticamente esposto, sembra trattarsi di problematiche privatistiche, inerenti al rapporto contrattuale tra socio e Cooperativa.
Appare, viceversa, importante concentrarsi sulla efficacia del recesso, in quanto essa determinerebbe la risoluzione del rapporto.
Dalla prospettazione formulata dall’ex socio, sembra che il recesso sia diventato efficace e, pertanto, se non sussiste una specifica ragione di credito, dettata dallo Statuto ovvero da specifici deliberati assembleari, la Cooperativa nulla può pretendere in ragione del rapporto sociale ormai risolto (a seguito del recesso comunicato e della mancata risposta nei termini di legge).

Quesito dell’08/11/2016

Una coop edilizia a proprietà indivisa, non iscritta all’albo nazionale presso il ministero dello sviluppo economico, è soggetta ad un controllo dei bilanci da qualcuno o non li controlla nessuno?

Risposta al quesito:
Le Cooperative che perseguono la finalità mutualistica hanno l’obbligo di iscrizione all’Albo Nazionale delle Cooperative.
In ogni caso tutte le Società Cooperative sono soggette alla Vigilanza  degli Uffici preposti per legge.
Non esiste il “controllo” sistematico dei bilanci, ma, ricorrendo determinati presupposti, l’Ufficio di Vigilanza può disporre l’ispezione straordinaria. Le Cooperative, inoltre, sono soggette alla Revisione ordinaria, che viene eseguita periodicamente dai revisori nominati dall’Associazione di Tutela del Movimento Cooperativo cui la Società aderisce ovvero, in mancanza di adesione, dall’Ufficio di Vigilanza.
Va osservato, comunque, che le revisioni ordinarie sono orientate agli accertamenti formali amministrativi e, se non esiste una precisa denuncia, raramente riescono a centrare autonomamente le problematiche inerenti alle violazioni privatistiche.

 

Quesito del 07/11/2016

Sono un socio-abitante di una cooperativa edilizia di Piacenza ora in concordato preventivo con termine della procedura nel Luglio 2017.
La suddetta coop costruisce (o meglio, costruiva) alloggi con la formula mista, divisa e indivisa. Io abito in un alloggio a formula indivisa, a mio tempo avevo anticipato una quota di circa 13000 euro, dopo di che per vent’anni ho sempre pagato un canone annuale. All’epoca della stipula del contratto ci avevano assicurato (parlo al plurale perchè il problema riguarda quasi tutti i condomini) che dopo 20 anni, all’estinzione dei mutui, il canone si sarebbe notevolmente ridotto oppure se la maggioranza degli inquilini era d’accordo si poteva anche entrarne in possesso con regolare rogito con una cifra ‘ragionevole’.
Ora passati i 20 anni sembra tutto cambiato, probabilmente anche per evitare il fallimento. All’atto del concordato preventivo la coop è stata scorporata in due rami, un ‘ramo continuità’ relativo alle attività conto terzi e alla gestione degli alloggi in locazione, un ‘ramo concordato’ che, mediante scissione, gli viene conferito tutto il patrimonio immobiliare. Alcuni creditori verranno risarciti dal ‘ramo concordato’ mentre altri dal ‘ramo continuità’ secondo le ‘classi’ a cui appartengono.
Ora, passati oltre vent’anni, il nuovo canone richiestoci dal CdA è pressochè uguale a quello che abbiamo pagato fino ad ora, strano visto che i mutui sono estinti. Per avvalorare ciò, ci hanno presentato un foglio (tipo excel) con varie voci, tra cui il 60% circa (15000 euro annuali) riguarda le manutenzioni straordinarie (l’immobile non ne ha ancora di bisogno, almeno per ora, e soprattutto per quella cifra), secondo loro mantenerlo costerebbe circa 30 euro al mq. se ho capito bene.
La richiesta ufficiale è avvenuta con delibera del CdA, è corretto tutto ciò visto che la convenzione stipulata a suo tempo tra il Comune di PC e la Cooperativa per la concessione del terreno (in diritto di superficie), dice testualmente che il canone va concordato di comune intesa tra l’amministrazione comunale e l’assemblea dei soci della cooperativa concessionaria (non il CdA) e che suddetto canone andrebbe revisionato con cadenza biennale, sempre di comune intesa. Oltretutto è possibile chiedere tanto denaro per immaginarie manutenzioni future, mai precisate. La coop ci ha fatto anche una proposta (ufficiosa) di vendita dell’alloggio ma la cifra richiesta è alta, pressapoco quella di mercato.
Noi per ora non paghiamo nulla tranne, naturalmente, le spese condominiali. Il problema va avanti ormai da 4-5 anni, per 2/3 anni non ci hanno chiesto ufficialmente nulla, ora ci chiedono anche gli arretrati. Oltre alla determina dei nuovi canoni che riteniamo errati, abbiamo anche paura che, se pagassimo, il nostro denaro va solo a risarcire i vari creditori e quando sarà ora di fare delle vere manutenzioni straordinarie dovremo tirar fuori altri soldi.
Oltretutto la cooperativa nel frattempo ha affittato diversi alloggi che si erano liberati con recesso dei soci, non chiedendo l’anticipo che invece noi avevamo versato ma solo tre mensilità di cauzione, è possibile fare questo? Sul loro sito web dicono che la legge glielo permette in quanto ai sensi dell’art. 1, comma 5 del D.M. 30 dicembre 2002, rientra nei “detentori di grandi proprietà immobiliari” e avrebbero firmato un accordo con le organizzazioni sindacali (non specificate), ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge 431/1998.
Visto la situazione parecchio complicata come meglio dovremmo comportarci? Pagare comunque per evitare un eventuale sfratto, non pagare e aspettare gli eventi, fare noi causa al CdA, fare intervenire il Comune di PC che è proprietario del terreno …
E poi, alla fine del concordato la coop può comunque fallire? Se sì, i nostri alloggi che fine fanno? Lo statuto della nostra coop dice che gli alloggi vanno al patrimonio pubblico Iacp e simili, è veritiero? Il tempo per uno sfratto esecutivo da parte della cooperativa di quanto può essere? Qualche mese o qualche anno?
Infine per un ulteriore chiarimento abbiamo interpellato anche l’ufficio politiche abitative della regione Emilia-Romagna in quanto concessionario dei contributi per la erogazione del mutuo agevolato, che ci conferma che il canone d’uso deve essere determinato in applicazione e conformità a quanto stabilito nella convenzione tra la Cooperativa e il Comune.

 

Risposta al quesito:
Il caso richiede l’adeguato approfondimento, mediante l’attento esame della documentazione e lo studio delle circostanze di fatto e di diritto.
Ciò posto si può genericamente rispondere ai quesiti multipli come segue:
1) L’atto di Convenzione governa il criterio di determinazione del canone locativo, stante la vincolatività contrattuale, ispirata al prevalente interesse pubblico della politica sociale abitativa; sicché, nel caso di specie, la determinazione del canone deve essere concordata tra il Comune concedente e la Cooperativa ,previa approvazione dell’assemblea dei soci;
2) Si ritiene che nel caso di specie non sia applicabile il DM citato, in quanto è prevalente la disciplina mutualistica e, in ogni caso, la decisione spetta sempre all’assemblea dei soci;
3) Per il comportamento da adottare occorre che esso sia inserito in una più ampia strategia di tutela dei diritti; si potrebbe ipotizzare che i soci paghino esclusivamente quanto risulta legittimo secondo i criteri di calcolo della Convenzione e, in tal caso aspettare la reazione della Cooperativa, opponendosi alle eventuali azioni giudiziarie con le adeguate argomentazioni (legittimità del canone);
4) Nel caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa, il patrimonio immobiliare sarebbe gestito dalla procedura; i soci occupanti potrebbero formulare l’istanza di concordato fallimentare ovvero di concordato di liquidazione, acquistando gli alloggi ad uso abitativo; una tale ipotesi potrebbe essere sottoposta anche al Comune, il quale potrebbe assumere il ruolo di assuntore (cioè acquistare il patrimonio immobiliare al prezzo abbattuto dalla percentuale stabilita dal Concordato);
5) Se i soci sanano la morosità pregressa e versano il canone legittimo (soluzione sopra indicata) per il rilascio dell’immobile occorre tenere in considerazione il periodo di vigenza della locazione e, solo successivamente, si porrebbe il problema del rilascio (con tempi supplementari).

Quesito del 03/11/2016

Il socio receduto di una cooperativa indivisa srl può successivamente, prima della sua liquidazione delle somme dovute, chiedere di consultare i libri sociali?

Risposta al quesito:
A seguito del recesso si risolve il rapporto sociale, sicché il socio receduto non gode dei suoi pregressi diritti e, conseguentemente, non ha accesso  ordinario a tutte le informazioni sociali.
Se, tuttavia, il socio receduto instaura giudizio contro la Cooperativa, può ottenere dal giudice la consulenza tecnica d’ufficio sui libri contabili ovvero l’esibizione dei medesimi da parte della Società convenuta.
E’ evidente che il provvedimento giudiziale è condizionato al tipo di domanda formulata dall’ex socio, che deve essere causalmente connessa con l’esame dei libri contabili.

Quesito del 02/11/2016

Sono socio e di recente presidente di una Coop. edilizia per la quale non vi è ancora stata l’assegnazione degli alloggi ai soci. Come tutti i soci ho firmato una fideiussione con la banca.
Ora la coop ha un debito con la banca di più di un milione di euro e gli appartamenti non sono ancora finiti. C’è la probabilità concreta che la cooperativa venga messa in liquidazione coatta.
Sono proprietario di un altro immobile. Poiché non voglio rischiare di perderlo voglio venderlo a terzi prima della l.c.a. dato che ho firmato la fideiussione con la banca e pertanto rischio di rimetterci anche il patrimonio personale oltre ai soldi che ho già versato per la coop..
Se vendo l’immobile di cui sono proprietario in altro Comune rischio la revocatoria della vendita? O comunque che rischio?

Risposta al quesito:
L’atto di vendita può essere soggetto all’azione revocatoria, entro cinque anni dal suo compimento, se ricorrono le condizioni di cui all’art. 2901 del codice civile (a titolo esemplificativo: conoscenza e/o preordinazione del pregiudizio arrecato al creditore, con intento doloso; conoscenza da parte dell’acquirente del pregiudizio arrecato al creditore).
L’amministratore della Cooperativa che sia prossima alla declaratoria di insolvenza deve limitarsi a compiere le operazioni di ordinaria amministrazione e non compiere atti di dismissione o distrazione patrimoniale, altrimenti rischia l’azione di responsabilità e risponde con il proprio patrimonio personale, oltre che per eventuali reati fallimentari.