Cooperative: casi e soluzioni

Quesito dell’01/12/2021

Il mio condominio è composto da quattro scale ed un piano seminterrato con box, e consta di n. 8 unità per scala e 50 box. La costruzione è all’incirca dell’anno 1995 ed è stata realizzata da una cooperativa, oggi sciolta, i cui soci sono attuali condomini in misura del 50% degli occupanti. Alcuni di questi soci posseggono il box ed altri no, sebbene i box siano attualmente 50 e non legati nello stesso atto dell’appartamento.
Ebbene ho scoperto che detta cooperativa ha ottenuto la licenza “in sanatoria” all’epoca ma per soli 40 box. I detti soci, impossessandosi dell’area prevista per il parcheggio, vi costruivano in difformità alla licenza i restanti 10 box vendendoli e privando le singole unità dei venti metri per parcheggio previsti dalla legge ponte. Ovviamente questa difformità ha comportato la mancanza della abitabilità degli appartamenti e non sono stati versati gli oneri di urbanizzazione. Inutile dire che detti condomini soci si passano la palla tra loro negando e incolpando il costruttore la cui consorte era la presidentessa della cooperativa, tra l’altro defunta assieme al marito.
La mia domanda, egregio avvocato, è questa: cosa bisognerebbe fare, come iniziare e come procedere per ottenere lo spazio che e stato sottratto?
In realtà esiste una possibilità ridotta per il parcheggio ma sul solaio abusivo delle dette costruzioni, ma per meno della metà del fabbisogno, sui quali vorrebbero parcheggiare anche coloro che hanno creato ed approfittato del disastro provocato da loro stessi. Nel mio rogito di acquisto, col quale ho comprato l’appartamento da un socio della cooperativa, non è detto nulla circa il parcheggio ma in quel tempo (1997) era d’uso sostare sul detto solaio ed in aree di porticato che abbiamo scoperto essere non consentite all’uopo dal regolamento condominiale, allegato presso il notaio.

Risposta al quesito:
La problematica esposta non ha nulla a che vedere con la gestione delle Cooperativa, che, a quanto sembra, ha ottenuto la sanatoria per i 40 box, regolarmente posseduti da altrettanti soci.
Rileva, viceversa, l’abusivismo edilizio riguardante i 10 box, la cui irregolarità urbanistica pemane a tutt’oggi.
La problematica è, dunque, tutta condominiale, sicché i condomini interessati devono preliminarmente verificare che i box siano stati realizzati in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione sismica.
All’esito dei riscontri, i predetti condomini devono formulare gli esposti dei fatti al Comune e al Genio Civile e al contempo dare corso ad un giudizio per la declaratoria del persistente abuso edilizio e per la demolizione dei manufatti.

Quesito del 30/11/2021

Il 31.12.2020 per cambio di appalto siamo stati licenziati dalla Cooperativa, ci fu stato detto che la quota sociale (40 € al mese che ci venivano detratti in busta paga fino al raggiungimento di 800 €) ci sarebbe stata rimborsata entro 180 gg. dall’approvazione del bilancio. Al nostro sollecito, ad ottobre, ci è stato invece detto che la Cooperativa è il liquidazione da fine giugno.
Mi potrebbe dire le tempistiche per il rimborso? E se è il caso di farci seguire da un legale?

Risposta al quesito:
Occorre verificare preliminarmente se la Cooperativa è in Liquidazione volontaria ovvero in Liquidazione Coatta Amministrativa.
Nel primo caso l’Assemblea dei soci ha deliberato di liquidare il patrimonio sociale al fine di estinguere la Società.
E’ stato, quindi, nominato il Liquidatore, il quale deve provvedere alla realizzazione liquida delle attività sociali (esposte nel Bilancio), che deve essere utilizzata per fronteggiare le passività.
In tale ipotesi, il credito dei soci lavoratori matura nei tempi previsti dallo Statuto, ma può essere rimborsato dopo che il Liquidatore ha realizzato le necessarie attività liquide.
Se tali attività risultano inesistenti, i soci creditori possono agire contro gli ex amministratori se sussistono le condizioni di responsabilità gestionali.
Nel secondo caso, si tratta di procedura concorsuale (come il fallimento) regolata dalla legislazione speciale, secondo cui il Commissario Liquidatore deve liquidizzare il patrimonio sociale e distribuire il ricavato secondo la gradazione dei crediti: prededucibili, privilegiati, chirografari, postergati.
Nel caso di specie, trattandosi di quota sociale (non credito di lavoro) il relativo credito rientra tra quelli “postergati” che in genere hanno poche probabilità di essere soddisfatti.
L’eventuale azione giudiziaria deve essere, comunque, preceduta dall’analisi del Bilancio della Cooperativa, al fine di comprendere se sia probabile il recupero, tenuto conto delle attività realizzabili da parte della Cooperativa.

Quesito del 28/11/2021

Cercherò di sintetizzare più che posso il mio problema: nonostante abbia pagato per intero il prezzo di un immobile a una Cooperativa di abitazione e servizi, essa, dopo reiterati tentativi di rimandare il rogito non l’ha mai effettuato a causa di mancanza di liquidità, e dopo pochi mesi è fallita.
L’immobile costituisce la mia prima casa ed è da me attualmente abitato e quindi in mio possesso. Prima del fallimento abbiamo messo in mora e poi citato la Cooperativa in giudizio secondo l’art. 2932 c.c. con atto trascritto. La recente sentenza di primo grado che, purtroppo, non ha accolto la domanda con la quale chiedevamo contemporaneamente sia il trasferimento della proprietà sia la cancellazione dell’ipoteca (non ancora frazionata), non è ancora passata in giudicato e quindi proporremo sicuramente ricorso in appello e se sarà il caso per cassazione ed alla Corte Europea.
Il creditore fondiario, probabilmente per abbattere eventuali lungaggini, minaccia di mettere all’asta l’immobile e soddisfare il proprio credito in forza dell’art 41 TUB. Ma, data questa situazione, può farlo?
E in ogni caso come farebbe a ricavare l’importo del credito che richiede se il mutuo non è stato ancora frazionato?

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare la “motivazione” della sentenza che ha respinto la domanda ex art. 2932 c.c. e all’esito proporre adeguato atto di appello.
Quanto precede anche al fine di ottenere un argomento per instaurare la “trattativa privata” con la Liquidatela e ottenere il subentro nel “contratto pendente” ai sensi dell’art. 72 della Legge Fallimentare.
Nel caso di “resistenza” della Liquidatela occorre instaurare adeguate azioni giudiziarie sia innanzi al Giudice ordinario che al Giudice amministrativo, fondando le argomentazioni difensive sia sulla qualificazione dell’immobile come prima casa (ultimo comma dell’art. 72 L.F., ciò in ragione del gravame pendente), sia in riferimento agli effetti della Legge di Bilancio 2021, nella parte relativa all’edilizia convenzionata.
In ordine a quest’ultimo aspetto è necessario verificare la regolarità del mutuo, se la Cooperativa ha fruito di contributo pubblico.
Se il mutuo è agevolato e regolarmente stipulato in conformità alla legislazione speciale, l’Istituto di credito può procedere autonomamente alla vendita dell’immobile, salvo l’intervento preclusivo della Liquidatela, se adeguatamente supportato.
L’eventuale ricavato viene incamerato dalla Liquidatela e costituisce parte dell’Attivo da distribuire a tutti i creditori in ragione della gradazione dei crediti (quelli ipotecari sono privilegiati).

Quesito del 26/11/2021

Complimenti per l’ottimo lavoro che da tanto tempo lo Studio porta avanti. La mia domanda è la seguente: siamo 9 soci di una Cooperativa Edilizia e abbiamo già tutti rogitato, costituendo il Condominio. Vorremmo sapere se possiamo chiudere la Cooperativa nonostante abbiamo ancora in essere un procedimento giudiziario messo in piedi da un avvocato che pretende dei pagamenti che non riteniamo gli siano dovuti. Il procedimento durerà almeno un paio d’anni a quanto ci dicono.
Se la Cooperativa viene chiusa prima cosa succede nel procedimento giudiziario?

Risposta al quesito:
Per estinguere la Società Cooperativa è necessaria la preventiva messa in Liquidazione volontaria con la contestuale nomina del Liquidatore, il quale assume il mandato di compere tutti gli adempimenti necessari.
Nel caso di “rapporti pendenti”, l’eventuale estinzione della Società prima della relativa definizione, comporta la responsabilità patrimoniale del Liquidatore verso i creditori residui.
Ricorrendo determinati presupposti, la predetta responsabilità può essere solidalmente estesa agli stessi soci che hanno deliberato la messa in liquidazione.
Relativamente al giudizio, qualora il procuratore costituito non dichiari alcuna causa di interruzione, esso va avanti sino alla sentenza.
Nel caso di condanna della Società si producono gli effetti sopra citati.
Conclusivamente, se il Liquidatore assume la responsabilità patrimoniale, eventualmente anche con il supporto dei soci, i quali assumerebbero l’eventuale obbligazione, la Cooperativa potrebbe essere estinta, ciò al fine di eliminare gli oneri della relativa gestione.

Quesito del 22/11/2021

Egregio avvocato, Le espongo subito il quesito.
Ho acquistato tramite asta un immobile di una cooperativa edilizia il L.c.a.. Precedentemente al mio rogito tutti gli altri condomini essendo ex-soci, si sono fatti assegnare le case dal MISE a fronte dell’accollo delle spese inerenti le opere mancanti per l’ottenimento dell’agibilità nonché oneri dell’urbanizzazione. Alla prima riunione condominiale mi veniva chiesto di partecipare alle spese cospicue di manutenzione straordinaria utile all’ottenimento dell’agibilità, nonché ai predetti oneri.
Le chiedo se anch’io devo partecipare a queste spese, tenuto conto che il Commissario Liquidatore ha dichiarato nel mio rogito che relativamente all’immobile sussistono i requisiti di legge per il rilascio del certificato di agibilità però l’immobile potrebbe esserne privo e che l’eventuale suo ottenimento rimarrà ad esclusivo carico mio.
Ravvisando la differenza abissale tra il pagare solo professionista incaricato a formalizzare l’agibilità ed invece supplire alle somme ingenti per la ristrutturazione ed oneri, come mi devo comportare?

Risposta al quesito:
Nelle Procedure concorsuali la vendita all’asta degli immobili avviene generalmente nelle condizioni di fatto e di diritto in cui essi si trovano.
Nel caso di specie, il Commissario Liquidatore ha espressamente dichiarato l’assenza del certificato di abitabilità, nonostante la “condizioni” per poterlo ottenere.
Il problema si pone, dunque, in riferimento alla interpretazione del termine “condizioni”, in particolare se le stesse riguardassero o meno il completamento di tutti i lavori previsti in progetto.
Orbene, se nel rogito non emergono elementi che definiscono lo “stato dei lavori” si può presumere che il relativo completamento propedeutico all’ottenimento dell’abitabilità fosse ricompreso nello stato di fatto e di diritto in cui è stato ceduto l’immobile.
Nella prospettiva che precede, dunque, sembra che l’aggiudicatario debba partecipare al costo dei lavori nella qualità di condomino e non possa pretendere alcuna rivalsa dalla Liquidatela alienate.
Va, comunque, approfondita l’interpretazione del contratto di cessione.

Quesito del 21/11/2021

Egregio avvocato, Le espongo il seguente quesito: Cooperativa edilizia cancellata dal R.I. nel caso che una unità immobiliare, individuata nel progetto costruttivo come locale condominiale, non sia stata assegnata con rogito ad un socio prima della cancellazione della cooperativa, al rogito debbano intervenire tutti i soci o solo quelli che sono condomini dell’immobile dove si trova ubicata l’unità immobiliare da assegnare?

Risposta al quesito:
Se l’unità immobiliare è progettualmente segnata come “bene comune”, a seguito dei rogiti di assegnazione definitiva degli alloggi deve ritenersi ricompresa nel Condominio che si è formato tra i neoproprietari.
Conseguentemente, nel caso di alienazione della predetta unità immobiliare comune, al rogito devono necessariamente partecipare tutti i condomini, mentre restano estranei i soci della Cooperativa non assegnatari degli alloggi.