Quesito del 03/04/2019

Volevo chiedere cortesemente, se l’atto di assegnazione di un alloggio trascritto davanti a un Notaio, riguardante un alloggio di cooperativa in liquidazione coatta, possa essere non calcolato dal commissario liquidatore o se viene assegnato l’immobile al socio, il socio stesso debba riscattare ipoteca gravante fatta dalla stessa cooperativa.
Il socio può far valere il diritto di avere la casa finita qual’ora non lo fosse se nell’atto di assegnazione trascritto, vi è specificato?

Risposta al quesito:
Il quesito sembra prospettare due ipotesi: la prima riguardante il caso di un rogito antecedente al messa il Liquidazione coatta della Cooperativa; la seconda inerente alla cessione dell’alloggio al socio direttamente da parte del Liquidatore.
Nel primo caso il Liquidatore potrebbe solamente attivare l’azione della revocatoria fallimentare per fare annullare l’atto pubblico, ma una tale azione richiederebbe l’esistenza di determinati presupposti e, comunque, sarebbe impossibile se l’alloggio costituisce prima casa per l’assegnatario.
Nel secondo caso, la cessione diretta (anziché l’asta pubblica) deve essere preventivamente autorizzata dall’Autorità amministrativa di vigilanza, la quale emana il provvedimento unitamente all’ordine di cancellazione delle ipoteche ai sensi della L. 400/95.

Quesito del 02/04/2019

Egregio avvocato, chiedo il Suo cortese supporto relativo ad un alloggio a proprietà indivisa.
La cooperativa è in L.C.A da ormai 4 anni. Per tutto il patrimonio indiviso si sta procedendo all’assegnazione e riscatto ai soci secondo le normative vigenti, anche se ho un forte dubbio sulla rivalutazione Istat (ci sono alloggi dei primi anni 80 rivalutati del 147,70 %).
Mentre per pochi alloggi con contratto a “canone di godimento permanente” non in area peep e senza contributo pubblico il liquidatore nominato dal Mise ha deciso l’asta, la convenzione in oggetto è l’unica che scadeva al 10° anno e il Comune non l’ha rinnovata, anche se la convezione recita: l’art. 11 della convenzione, dopo aver fissato in dieci anni la durata della convenzione, faceva salva “per i tre alloggi in locazione permanente la disciplina dettata dalla specifica normativa in materia”.
A questo dubbio non si capisce a quale norme attenersi, senza convenzione, senza contributo pubblico, si rimpallano le responsabilità mettendo a repentaglio i soci che a tutt’oggi continuano a pagare il canone e in casa c’è un disabile al 100%.
Conto molto sul suo aiuto per far bloccare l’asta.

Risposta al quesito:
La Liquidazione Coatta è una procedura concorsuale, simile al Fallimento, sicchè è disciplinata dal R.D. n. 167/42 e successive modifiche (Legge Fallimentare).
Con la LCA la Cooperativa viene sciolta di diritto e gli immobili vengono alienati e il relativo ricavato costituisce l’attivo da distribuire ai creditori.
Le predette alienazioni possono avvenire mediante trattativa privata, autorizzata dall’Autorità amministrativa, ovvero mediante incanto pubblico secondo le regole della predetta normativa.
Gli acquirenti degli immobili (ex soci ovvero terzi) subentrano di diritto nella Convenzione stipulata dalla Cooperativa.
Il prezzo di vendita degli alloggi viene determinato a seguito di stima eseguita da un professionista incaricato, il quale deve attenersi ai valori del mercato corrente, a nulla rilevando i rapporti precedentemente intercorsi tra soci e Cooperativa.
I soci possono insinuarsi al passivo con credito chirografario inerente eventuali anticipazioni per il costo di costruzione degli alloggi.
Nel caso di specie, i soci interessati possono chiedere al Liquidatore e all’Autorità amministrativa la sospensione dell’asta, dichiarandosi disponibili alla procedura della trattativa privata, posta in essere dai soci prenotatari degli alloggi in area PEEP.
Nell’istanza si dovrebbe rilevare l’illegittimità del diverso trattamento, enunciando le specifiche motivazioni.

Quesito del 28/03/2019

Sono socia di una cooperativa edilizia, con la quale ho in atto un contenzioso dal 2001. Dopo vari vicissitudini giudiziarie, dopo circa 20 anni questi mi contestano al momento la mancanza dei requisiti soggettivi.
Le chiedo fino a quando si è tenuti alla conservazione dei requisiti soggettivi nello specifico la residenza e il non possesso di immobili.

Risposta al quesito:
Il requisito della impossidenza deve essere mantenuto dal socio sino al momento dell’assegnazione definitiva con rogito notarile.
In sede di atto pubblico il socio deve dichiarare che andrà a risiedere nell’alloggio nei termini di legge.
E’ possibile, comunque, che lo Statuto condizioni l’ammissione al possesso di determinati requisiti e in caso di dichiarazioni non veritieri da parte del socio la Cooperativa ne deliberi l’espulsione.

Quesito del 27/03/2019

Ero socio assegnatario di un appartamento in una cooperativa edilizia indivisa, con mutuo concesso dallo Stato. Divenni socio quando ero coniugato ed in regime di comunione dei beni.
Mi fu detto che la quota di cooperativa acquistata, in costanza di matrimonio, da uno dei coniugi ed allo stesso intestata, andava ricompresa nel regime di comunione legale contemplata dall’art. 177 c.c., primo comma.
Dopo diversi anni, causa separazione legale, ho ceduto la quota (casa) alla ex moglie, cessione fatta alla presenza del Presidente, poi approvata dal CdA e credo anche comunicata al Ministero ex art.111 del R.D. n. 1165 del 1938.
Dopo due anni la Coop è finita in LCA, possono insorgere problemi?

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente verificare se sia mai esistito un atto pubblico di cessione dell’alloggio da parte della Cooperativa ovvero la trascrizione dei Registri Immobiliari dell’atto di prenotazione.
Se non è mai intervenuto alcuno dei predetti atti, il Liquidatore è facultato allo scioglimento del contratto di prenotazione ai sensi dell’art. 72 della Legge Fallimentare.
La cessione delle quote è viceversa rilevante solamente tra le parti: Cooperativa, socio originario e socio subentrante (coniuge) e non incide ai fini della Liquidazione coatta.

Quesito del 21/03/2019

In data 2011 ho effettuato una opzione per un appartamento versando la somma richiesta dalla cooperativa di 10.000,00 €.
Visto che la costruzione promessa per il 2013 era bloccata è stata richiesto il rimborso della quota tramite raccomandata nel marzo 2015. Da allora mille scuse e dinieghi alla restituzione di detta quota con la motivazione che sarebbe stata restituita all’ingresso di un nuovo socio.
A parte il fatto che nessuna verifica è possibile nel constatare una nuova entrata, ma, nel contratto di opzione non era per nulla menzionato tale obbligo. Preciso che senza darne comunicazione la cooperativa nel 2013 ha modificato lo statuto inserendo questa clausola.
Cosa posso fare per riavere i miei soldi parcheggiati in cooperativa?

Risposta al quesito:
E’ legittima la clausola dello Statuto che condiziona il rimborso al socio uscente all’ingresso del nuovo socio.
La modifica statutaria è possibile solamente a seguito della delibera dell’assemblea straordinaria, sicché, nel caso di mancata comunicazione dell’adunanza (se realmente esistente) il socio uscente potrebbe impugnare il relativo verbale per nullità.
Qualora, viceversa, non ricorressero le condizioni dell’impugnativa, il socio uscente può solamente verificare se avvenga il subentro ovvero attivarsi per proporre il subentrante.
La predetta verifica può essere eseguita anche mediante specifica richiesta all’Autorità di Vigilanza.

Quesito del 15/03/2019

Sono stato ammesso al passivo nei confronti di una coop in liquidazione coatta amministrativa.
Posso chiedere gli interessi sulla cifra liquidata dal Giudice?

Risposta al quesito:
Il credito chirografario viene calcolato al valore nominale dell’ammissione , mentre i relativi interessi potrebbero essere richiesti solamente nel caso di esubero dell’attivo  sul passivo sociale.