Quesito del 22/04/2015

La mia era una Coop.va Edil. a proprietà indivisa. Poi è stato deliberato il passaggio a proprietà divisa e successivamente stipulato il rogito da 11 soci (me compresa) su 12.
Uno di essi infatti si è rifiutato di farlo (a seguito di causa di separazione in corso con la moglie, che attualmente abita l’alloggio insieme ai figli).
Ciò ha procurato l’impossibilità di sciogliere la Coop.va con tutte le conseguenze (spese per il mantenimento della società) a carico di tutti noi, oltre che del socio predetto. E la cosa sta andando avanti ormai da tempo.
Cosa ci consiglia di fare?

Risposta al quesito:
La legge prevede che la trasformazione dalla proprietà indivisa a quella divisa possa essere deliberata a maggioranza dei soci.
Qualora rimanga una minoranza dissenziente, sarà quest’ultima a proseguire l’attività cooperativa, in quanto gli altri soci hanno diritto al recesso, essendosi per loro raggiunto lo scopo sociale.
Se, come nel caso di specie, non sussistono i presupposti per la prosecuzione della Società Cooperativa, l’alloggio residuo può essere trasferito in proprietà all’Istituto Autonomo Case Popolari territorialmente competente.

Quesito del 21/04/2015

Sono un socio di cooperativa edilizia del Nord che ha problemi con il costruttore.
Senza dire niente lui, insieme alla collaborazione del direttore dei lavori, ha apportato delle modifiche agli alloggi ovviamente a nostro svantaggio, dato che loro hanno incassato tramite i SAL le cifre già previste, per i lavori non effettuati o con caratteristiche diverse da quelle del capitolato.
Giustificandosi con varie scuse tecniche di cui noi non ne capiamo proprio niente, e che non ci sono mai state dette prima, nelle svariate assemblee dove è stata sempre richiesta la presenza del direttore dei lavori per avere spiegazioni. Lui non ha quasi mai presenziato dando scuse varie.
Tre soci hanno scritto al presidente e al direttore dei lavori chiedendo spiegazioni. Il costruttore indignato di tutto ciò ha risposto che ha sbagliato l’ultimo SAL già fatto, ma non firmato dallo stesso e dal presidente maggiorandolo di quasi il doppio; sicuramente vorrà arrivare ad un’accordo facendoci firmare che siamo soddisfatti di tutto.
Se noi firmiamo è solo perché siamo sotto “ricatto” e ci preme avere gli alloggi e di conseguenza l’atto.
Si può fare un azione legale anche dopo aver firmato quella sorta di dichiarazione? O così il costruttore e il direttore dei lavori la passano liscia? Addirittura il costruttore non vuole consegnare gli alloggi se prima non ha ricevuto i decimi della banca, dicendo che è previsto per contratto.
Possiamo noi soci una volta pagato l’ultimo SAL entrare negli alloggi senza che addirittura ci denunci per appropriazione indebita o altro…? Come si può giustificare l’occupazione degli alloggi visto che abbiamo pagato tutto ciò che c’era da pagare e oltre, evitando l’eventuale denuncia penale?

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente verificare se i soci rappresentano l’intera Cooperativa ovvero solamente una minoranza.
Nel primo caso è la Cooperativa che deve agire contro l’imprenditore e il direttore dei lavori per eventuali loro inadempienze (che vanno rilevate, previa perizia tecnica dei lavori eseguiti, attraverso l’attento esame del contratto di appalto e dei conteggi sui pagamenti effettuati in rapporto all’effettivo valore (al netto di eventuali vizi costruttivi) delle opere completate.
Nel secondo caso, fermo restando il preventivo accertamento delle effettive responsabilità del costruttore e del DL, devono essere i soci a tutelarsi nei confronti della Cooperativa e, ricorrendo i presupposti, contro gli amministratori.
In ordine all’atto liberatorio a firma dei soci, occorre verificare in concreto il suo contenuto, posto che appare possibile che esso venga redatto in modo da impedire ogni azione di rivalsa verso il costruttore e il DL per le loro ipotizzate responsabilità. Relativamente all’immissione in possesso degli alloggi, la Cooperativa può intimare al costruttore la risoluzione del contratto per le inadempienze e chiedere alla Magistratura il consequenziale provvedimento di reintegra.
L’azione di tutela può anche essere proposta dai soci, nell’ipotesi in cui essi siano minoranza, ma in tal caso l’attività giudiziaria deve essere proposta contro la Cooperativa.

Quesito del 19/04/2015

Nel 2011 siamo stati cancellati d’ufficio dal Ministero dal registro delle imprese per non aver presentato i bilanci per più di 10 anni. Faccio presente che non ci siamo mai accorti di nulla in quanto la consulente che seguiva e che ha seguito sino ad oggi la nostra società non ha mai manifestato segni di preoccupazione abbiamo continuato a versare la sua parcella normalmente gli abbiamo portato semestralmente tutti  i movimenti contabili della coop.
Solo casualmente ci siamo accorti della cancellazione andando a fare una visura in camera di commercio, mentre si preparava la documentazione per passare dalla proprietà indivisa a divisa, ci è caduto il mondo addosso siamo 12 soci tutti lavoratori dipendenti che con grossi sacrifici hanno realizzato gli alloggi con il contributo erariale: abbiamo chiesto al Ministero la revoca di tale decreto impegnandoci eventualmente a depositare tutti i bilanci.
Vorrei sapere se sarà possibile e in alternativa quale via intraprendere.

Risposta al quesito:
La norma sulla cancellazione delle Cooperative edilizie per il mancato deposito dei bilanci per due anni consecutivi prevede (per il tempo della sua vigenza) la cancellazione automatica della Società dal registro delle imprese.
Alla luce di quanto precede, sembra improbabile che il Ministero possa revocare il provvedimento, a meno che non sia dimostrata una causa di forza maggiore (non certo quella rappresentata nel quesito).
Va tuttavia precisato che:
–          Con la cancellazione dal Registro delle imprese la Cooperativa perde la sua personalità giuridica, ma si conserva il vincolo sociale tra i soci, potendosi ipotizzare una sorta di società di fatto;
–          La circostanza che precede comporta la responsabilità illimitata dei soci per tutte le obbligazioni sociali e, conseguentemente, mette a rischio il loro patrimonio individuale;
–          Si può ipotizzare che la nuova “Società di fatto” si ritrasformi in Cooperativa (con le procedure di legge) ovvero si fonda con una nuova Cooperativa (avente la medesima compagine sociale), acquisendo il patrimonio sociale e le obbligazioni pregresse;
–          Con la nuova situazione sociale normalizzata, si possono  regolarizzare le situazioni pregresse, così definendo la proprietà degli alloggi e esonerando i soci dalla responsabilità solidale per le passate obbligazioni sociali.
Indipendentemente dalla procedura, va esaminata anche la possibilità di agire contro il professionista incaricato della consulenza contabile.

Quesito del 18/04/2015

Faccio parte del C.d.A di una Cooperativa a proprietà indivisa.
Ho redatto autonomamente un regolamento per definire le modalità di gestione delle parti comuni dell’edificio e dei servizi, perchè non previsto dallo statuto. Trovo una certa resistenza all’interno del C.d.A..
Per poterlo sottoporre all’approvazione della assemblea dei soci, deve essere approvato con maggioranza assoluta dal C.d.A.? O posso in maniera autonoma inserirlo nel nell’ordine del giorno nella prima convocazione dell’assemblea dei soci in concomitanza dell’approvazione del bilancio?

Risposta al quesito:
A meno di diverse disposizioni statutarie, il CdA delibera a maggioranza dei suoi componenti e, pertanto, nel caso di specie non sembra praticabile il percorso del regolamento messo all’odg per decisione dell’organo amministrativo.
Il socio amministratore, tuttavia, potrebbe raggiungere il proprio obbiettivo, coinvolgendo il decimo della compagine sociale, che potrebbe, mediante specifica richiesta, obbligare il CdA a mettere in discussione il progetto di regolamento.

Quesito del 17/04/2015

Anni fa ho versato la quota iniziale di circa 280 euro per far parte di una cooperativa.
Circa due anni fà ho inoltrato una domanda di recesso tramite email e contestualmente anche la richiesta di rimborso della quota versata.
A tutt’oggi ogni volta che telefono, mi dicono che il recesso dalla cooperativa è stato accettato, ma è manifesta la volontà di non voler rimborsare la quota in oggetto in quanto mi viene sempre detto che mi rimborseranno a breve ma non lo fanno mai.
Domanda: E’ possibile intervenire legalmente visto che bonariamente non si riesce ad ottenere nulla? E se sì, in che modo?

Risposta al quesito:
Preliminarmente occorre verificare le disposizioni statutarie in materia di rimborso delle quote e della tassa di ammissione al socio receduto o escluso.
Ciò posto, sembra che nel caso di specie il socio abbia versato € 258,22 a titolo di quota sociale e la differenza per la presumibile tassa di ammissione.
Il capitale sociale va rimborsato al socio receduto, fatta salva la detrazione di eventuali perdite d’esercizio nel periodo del rapporto sociale.
La tassa di ammissione viene versata, normalmente, a fondo perduto e, pertanto, non è rimborsabile.
In mancanza di disposizioni statutarie, il termine del rimborso è quello previsto dall’art. 2535 del codice civile, cioè centottanta giorni dopo l’approvazione del bilancio riferito all’esercizio in cui si è verificato l’evento risolutivo del rapporto sociale.
In caso di mancato adempimento della Cooperativa, se sussistono le condizioni si può agire giudizialmente (anche se, considerata l’esiguità della somma, sotto diversi profili,  non sembra consigliabile un tale percorso).

Quesito del 16/04/2015

Sono una socia di cooperativa regionale, purtroppo siamo venuti a conoscenza che il presidente della nostra cooperativa ha distratto somme versate da noi soci x pagare soci dimessi da altre cooperative e lavori ad altre cooperative vicine alla nostra.
Questo è potuto avvenire perché il presidente forse in forma dolosa ha chiamato tutte le sue cooperative con lo stesso nome. Lui si giustifica dicendo che ha salvato la cooperativa da eventuali decreti aggiuntivi…; solo che adesso mancano circa 700 mila euro dalla nostra cooperativa, e di conseguenza al nostro costruttore.
Il presidente afferma che è tutto legale. E’ vero? Inoltre per non far capire a noi soci quanto accadeva hanno effettuato in collaborazione col direttore dei lavori forme di spending review a nostro discapito, sono saltati i cancelli, i muretti sono diventati più bassi, è saltata parte dell’illuminazione e così via…, a noi soci non è mai stato detto niente, è legale tutto ciò?
Oggi il costruttore, per paura di nuovi decreti ingiuntivi, pur avendo pagato tutto quello che c’era da pagare, non vuole consegnare gli alloggi e addirittura reclama anticipatamente i decimi a garanzia della banca, per paura che vengano bloccati, cosa che noi soci non possiamo assolutissimamente anticipare perché allo stremo delle forze.
Vorremmo evitare lungaggini, cosa si può fare?

Risposta al quesito:
Le Cooperative sono Società mutualistiche in cui i soci, con diritto di voto paritario, eleggono gli amministratori e approvano annualmente il loro operato accettando i bilanci dagli stessi predisposti.
Alla luce di quanto precede, se il presidente della Cooperativa ha distratto somme per effettuare pagamenti estranei alla vita sociale, una tale circostanza appare rilevante sia in sede civile che in sede penale, sicché sono i soci che devono immediatamente intervenire con l’ausilio di un legale esperto, revocando il mandato ovvero agendo  innanzi all’Autorità giudiziaria o amministrativa a tutela dei propri diritti.
Anche per i vizi costruttivi negli alloggi sociali, l’assemblea dei soci  deve assumere provvedimenti, delegando agli amministratori l’azione giudiziaria risarcitoria.