Quesito dell’11/05/2016

Ad integrazione del quesito del 02/05/2016 chiedo:
Allo stato delle situazioni, il socio diligente (adempiente), può intraprendere una azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della cooperativa? Può chiedere il commissariamento della stessa?
1) Può intraprendere entrambe le azioni contemporaneamente e insieme? Possono essere intraprese anche da un solo socio? Ed a quali rischi, poi, eventuali, intraprendendo queste azioni nei confronti della cooperativa, il socio diligente (adempiente), potrebbe andare incontro? Qual è la procedura per la richiesta di queste azioni? A quali spese si va incontro?
Insomma, allo stato delle situazioni, il socio diligente (adempiente), come ne può uscire dalla cooperativa senza subire danni, e quindi essere sottoposto, ad eventuali rischi di qualsiasi genere?
2) E’ legale, ovvero secondo legge, che il notaio abbia potuto inserire nell’atto notarile di assegnazione alloggio la clausola che: “il socio nel ritenersi tacitato di quanto di sua spettanza, rassegna le dimissioni da socio della Cooperativa con effetto dalla data dell’ultima assegnazione, che coinciderà con la data fissata per la messa in liquidazione della Cooperativa?”
Tengo però a precisare che predetta clausola, che vieta di dimettersi subito, non è stata detta, né letta, né spiegata, anzi il Notaio ha solo precisato che dal giorno dopo del rogito potevamo già dimetterci.
Può essere contestata e quindi eliminata la predetta clausola? Inoltre, la suddetta clausola, non è stata inserita, tanto meno, nello Statuto della Cooperativa, al momento della costituzione della stessa. Infine, in questo tipo di Società Cooperativa si parla di dimissioni del socio o recesso del socio?
Visto che, a tal proposito,  nello Statuto è precisato, però, RECESSO. E qual che sia, dimissioni o recesso, il socio diligente (adempiente), allo stato delle situazioni, può chiederle? E’ possibile chiederle anche da un solo socio? Come e con quale motivazione?

Risposta al quesito:
Sul presupposto che i tanti quesiti esigono l’adeguato approfondimento, si può genericamente rispondere che:
a) L’azione di responsabilità individualmente proposta dal socio danneggiato necessita di un danno diretto causato dagli amministratori (non già di un danno alla Società, in tal caso occorre il minimo del quinto dei soci);
b) Il socio può richiedere l’ispezione straordinaria della Cooperativa, purché supportata da adeguate denunce di irregolarità. Successivamente ai riscontri sui fatti denunciati, gli ispettori possono richiedere il Commissariamento della Cooperativa (il provvedimento amministrativo è auspicabile solo se finalizzato allo specifico obbiettivo prefissato dal socio denunciante);
c) Entrambe le azioni possono essere proposte contestualmente, in quanto autonome l’una dall’altra, la prima tendente ad ottenere il risarcimento del danno subito, la seconda volta alla regolarizzazione amministrativa della Società;
d) Il socio adempiente deve tutelare i propri diritti, intraprendendo le azioni previste dal Codice Civile mediante l’adeguata assistenza legale altamente specializzata in materia di diritto delle Società, in particolare della Cooperative edilizie;
e) Nelle Cooperative il socio assegnatario è tenuto a contribuire alle spese generali di amministrazione anche successivamente alla stipula dell’atto pubblico di assegnazione e fino alla estinzione della Società. Non è ,dunque, possibile il recesso anticipato, a meno che non sia espressamente accolto dal CdA. Il socio non può che tutelare adeguatamente i propri diritti con le azioni previste dalla legge.

Quesito del 10/05/2016

Insospettito da molte irregolarità sulla mia cooperativa a proprietà indivisa, ho svolto un indagine privata, ed è emerso che il presidente e il consigliere del Cda della mia cooperativa sono inseriti in Cda di società edili dove l’amministratore con rappresentanza d’azienda e un socio della mia cooperativa (non ha nessun alloggio in godimento)mentre il consigliere della mia cooperativa risulta essere amministratore delegato, mentre il mio presidente risulta essere consigliere.
Inoltre aggiungo che questa impresa edile fa parte di una holding e che ha costruito molti stabili per la cooperativa di cui faccio parte.
Inoltre aggiungo che sono molti i soci che non beneficiano di un alloggio in godimento e risultano essere imprenditori a vario titolo, queste società che sono di proprietà dei soci vengono nei condomini della cooperativa a svolgere attività di manutenzione ordinaria e straordinaria.
La mia domanda è questa: è possibile tutto ciò?

Risposta al quesito:
Alla luce di quanto pur sinteticamente esposto , sembra che sussista il conflitto di interessi tra la figura dell’amministratore della Cooperativa e quella di amministratore della società di lavori edilizi che svolge l’attività di manutenzione per la Cooperativa medesima.
Dopo avere attentamente esaminato la documentazione sociale, il socio può agire a tutela dei propri diritti, soprattutto se riesce a dimostrare il danno subito.

Quesito del 09/05/2016

Sono socio di una coop.edilizia agevolata, ho chiesto al suo amministratore, nonché presidente, urgentemente la convocazione di un’assemblea dei soci, nella quale vado a chiedere la consegna di documenti essenziali come statuto, regolamento e graduatoria dei soci (mai presentati e sottoposti alla sottoscritta e anche agli altri soci) proprio allo scopo di far chiarezza e verificare la regolarità di certe assegnazioni.
Vorrei sapere quanto tempo ha lui per convocare l’ assemblea e cosa legalmente si può opporre ne suoi confronti se non dovesse convocarla!!!

Risposta al quesito:
Per l’ottenimento della predetta documentazione non è necessaria l’approvazione dell’assemblea, in quanto ciascun socio ha diritto di ottenerla a semplice richiesta(lo Statuto può essere chiesto al notaio ovvero al Registro delle Imprese presso la locale Camera di Commercio).
Il presidente della Cooperativa, pertanto, può disattendere la richiesta di convocazione dell’assemblea, mentre se adeguatamente intimato, deve fornire copia della documentazione, addebitando le relative spese al socio richiedente.
In caso di mancato riscontro, il socio può agire in sede amministrativa, con esposto alla Vigilanza, ovvero in sede giudiziaria innanzi al Tribunale delle Imprese.

Quesito del 06/05/2016

Il quesito è inerente all’assegnazione d’un alloggio di edilizia convenzionata.
Sono socio d’una cooperativa edilizia indivisa, inizialmente dopo la modifica dello statuto, diventa individuale. La modifica dello statuto viene assunta in forma parziale in quanto la Regione non viene messa a conoscenza, non solo ma scopre nel 2013 questa modifica ed inizia subito la pratica per ottenere la restituzione del finanziamento erogato, così pure l’Amm.ne Com.le che non adotta alcun provvedimento, se non quello di recepire in modo informale la modifica dello statuto. Il C.d.A. gestisce in modo anomalo al punto che si giunge al commissariamento, il perito venuto a valutare gli immobili li quantifica in una somma X di gran lunga superiore al valore assegnato dal costo di costruzione, costo rilevato dagli atti in possesso presso l’U.T.C. che ha curato l’intera pratica edilizia e convenzione.
Convengo che il commissario deve realizzare la maggior quota per soddisfare i creditori, ma i soci dissentono perchè il prezzo imposto è come detto maggiore al costo di realizzazione. Aggiungo, che alcuni soci hanno versato somme corrispondenti al costo dell’alloggio, persino il presidente del c.d.a. faceva subentrare nel suo alloggio altro socio, a cui rilasciava uno scritto utilizzando la frase per cessione alloggio, previo corresponsione d’una somma molto onerosa, coprente gli importi, di quanto anticipato a titolo di partecipazione.
Dopo questa esposizione sintetica chiedo è giusto dover ripagare l’intero importo dell’alloggio? Possiamo opporci alla richiesta di acquisto alloggio al prezzo attualmente deciso da un perito, mentre la convenzione comunale tutt’ora valida riporta un costo di costruzione molto inferiore, concludo, quali soluzioni si possano adottare per salvare gli alloggi tra l’altro pagati al 99% e i soci vittime.

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, esaminare la situazione debitoria della Cooperativa e verificare quali siano le funzioni assegnate al Commissario, se gestorie ovvero liquidatorie.
Ciò posto, in via generale non sembra corretta la procedura della determinazione del prezzo di mercato degli alloggi, se l’ammontare dei crediti può essere soddisfatto con importi minori (esiste un errato indirizzo dei Commissari, secondo il quale si deve in ogni caso procedere alla valutazione degli immobili secondo il prezzo di mercato. Tale teoria è stata recentemente contestata con successo da questo Studio in favore di una Cooperativa con sede nel territorio Campano).
In ogni caso, i soci, con adeguata assistenza altamente specializzata, possono tentare l’ipotesi del Concordato di Liquidazione, che consente l’abbattimento dei crediti.

Quesito del 06/05/2016

Sono la coniuge di un militare socio di una Cooperativa Edilizia tra appartenenti alle FF.AA. e/o Polizia, a finanziamento INPDAP (già estinto), proprietaria del terreno e che, avendo raggiunto i propri scopi sociali ha ottenuto anche il N.O. da parte del MIT per lo scioglimento societario.
Tra l’altro abbiamo ottenuto anche provveduto alla modifica statutario da “indivisa” ad “individuale” e quindi abbiamo potuto procedere al rogito per l’assegnazione in via definitiva, tramite atto notarile, della proprietà dalla Cooperativa ai singoli Soci “assegnatari”.
Durante i preparativi per tale rogito, vigendo in regime di “separazione dei beni” con il mio coniuge, questi provvedeva ad esprimere ufficialmente, al Notaio, il proprio libero desiderio di voler cointestare l’appartamento in parti eguali con la sottoscritta.
Purtroppo, al momento della stipula dell’atto, presso lo studio del Notaio, questi negava tale possibilità adducendo che la Cooperativa non può effettuare, in caso di “separazione dei beni tra i coniugi” la vendita a persone diverse dall’assegnatario. Tale possibilità è invece “automatica” per i coniugi che vigono in regime di “comunione dei beni”.
Successivamente alla stipula dell’atto di proprietà in “esclusiva” a mio marito, venivamo a conoscenza da colleghi di mio marito, anch’essi militari e soci assegnatari in cooperative come la nostra, che a loro tale possibilità era stata accolta e regolarmente ufficializzata nell’atto. Infatti a detta dei loro Notai, per ottenere la cointestazione di un bene, una volta optata per il regime di separazione, bastava dichiarare esplicitamente all’atto di acquisito tale volontà, specificando anche la quota di comproprietà da assegnare.
Della cosa informavamo lo stesso nostro Notaio il quale rimaneva nella sua posizione/interpretazione nonostante gli avessimo portato copia dei passaggi di proprietà effettuati da altri. Facevamo notare, inoltre, che già in fase di “ingresso” in Cooperativa, il richiedente doveva “dichiarare” che nè lui nè altri appartenenti al proprio “nucleo familiare” erano proprietari di altre abitazioni o soci in altre cooperative nella stessa località.
Che senso avrebbe allora tale dichiarazione? A questo punto, visto che anche lo stesso art. 215 c.c. “Separazione dei beni” cita “I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio”, quindi con una chiara “possibilità” di scelta data ai coniugi a poter decidere l’esatto opposto, ossia di convenire alla condivisione di un bene, ed il TU 1165/1938 non prevede alcun espresso diniego a tale possibilità, le porgo il mio quesito:
Esiste un divieto “di legge” che precluda esplicitamente tale possibilità? In particolare, posso agire contro il Notaio, rivolgendomi al Notariato di Roma diffidandola per “incapacità” visto che, atti alla mano, altri suoi colleghi hanno ottenuto quanto richiesto senza opposizioni “interpretative”? Come devo comportarmi per ottenere quello, che a mio parere, è un mio diritto del singolo ma anche familiare?

Risposta al quesito:
Il notaio ha ritenuto che l’opzione di acquisto in comunione di un bene, permanendo il regime di separazione, impedisse l’assegnazione in quota al coniuge in quanto non socio della Cooperativa.
La predetta impostazione concettuale del notaio si basa sulla convinzione che il regime patrimoniale dei coniugi possa essere o di comunione dei beni ovvero di separazione dei beni.
Si ritiene, viceversa, che il Codice Civile regoli il predetto regime configurando tutte le diverse ipotesi, ivi compresa quella inerente alla scelta manifestata dai coniugi in un determinato momento.
D’altra parte, nella vigente normativa sull’edilizia cooperativa non esiste alcun ostacolo all’applicazione della succitata regola e, pertanto deve ritenersi valido l’atto di assegnazione eseguito in favore di entrambi i coniugi, i quali scelgano la comunione sul singolo bene.
Quanto alla ipotizzata azione di responsabilità contro il notaio, non sembra ci siano i presupposti, in  quanto il socio avrebbe potuto rivolgersi ad altri notai di cui conosceva la disponibilità all’esecuzione dell’atto.

Quesito del 06/05/2016

Sono socia assegnataria di un alloggio in una Cooperativa a proprietà INDIVISA che possiede uno stabile in Milano, costruito nel 1911.
Il Consiglio di Amministrazione ha recentemente deciso di procedere ad ingenti lavori di manutenzione straordinaria che interessano le sole parti comuni dell’edificio (compresa l’area delle cantine), nonchè il cortile dello stesso, senza che ci siano interventi sui singoli appartamenti nè sui singoli box auto disponibili.
Il CdA ha elaborato un prospetto di ripartizione degli addebiti a ciascun assegnatario da cui si rileva che viene applicato il criterio millesimale con la seguente composizione : A) millesimi dell’appartamento assegnato + B) millesimi del box auto e della cantina (laddove assegnati in godimento). In proposito va specificato che i box disponibili in assegnazione, in quanto di dimensioni ridotte, sono soggetti ad un certo turn over ad esempio quando un assegnatario, comprando un’auto più grande, è costretto a rinunciarvi.
Anche le cantine sono soggette ad una più limitata rotazione e a scambi fra soci. Nel cortile condominiale sono stati ricavati ed assegnati altri posti auto scoperti di dimensioni maggiori. Sia per i box che per i posti scoperti viene ovviamente pagato un canone di godimento di diversa entità.
Si domanda se non sarebbe più corretto ,nella ripartizione dell’addebito, conteggiare soltanto i millesimi dell’appartamento. Se invece la composizione millesimale adottata dal CdA è corretta, allora non dovrebbero essere conteggiati anche i millesimi dei posti auto scoperti nel cortile concessi in godimento?
E, più in generale, visto che per l’addebito delle spese si applicano i criteri del condominio (pur trattandosi di proprietà indivisa) non si dovrebbero allora conseguentemente adottare gli stessi principi del condominio anche a proposito delle maggioranze richieste per le decisioni di spesa?
Inoltre: per sostenere i costi di questi lavori straordinari la Cooperativa dovrà contrarre un mutuo ventennale il cui onere verrà integralmente riversato sui soli soci assegnatari (capitale+interessi). La domanda in merito è: alla luce delle più recenti normative di legge, la Società Cooperativa può fiscalmente recuperare almeno in parte l’onere di tali interessi? Se sì, è corretto che essi vengano invece caricati in toto agli assegnatari (e sempre applicando il criterio millesimale composto sopra descritto)?

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, esaminare attentamente il regolamento inerente alla ripartizione delle spese di manutenzione straordinaria degli immobili sociali ovvero gli specifici deliberati assunti in merito dall’assemblea (entrambi gli atti, se esistenti e validi, sarebbero imprescindibili).
In assenza di specifica regolamentazione, vige il principio della parità di trattamento tra i soci delle cooperative, che, nel caso di specie, si tradurrebbe nella imputazione delle spese in base all’effettivo vantaggio tratto da ciascun socio assegnatario.
In tal senso il criterio millesimale sembra corretto, mentre andrebbe approfondito il criterio inerente alle pertinenze, soprattutto per il fatto che esse sembrano usate solo momentaneamente dai soci e, peraltro, con turnazione.
Anche se esiste la deliberazione assembleare che ha richiamato i criteri di imputazione condominiali, permarranno comunque i sistemi amministrativi propri delle Società, con le maggioranze previste dallo Statuto o dal codice civile per le assemblee sociali.
Tanto le spese di manutenzione, quanto gli interessi di mutuo possono essere detratte pro quota dai soci assegnatari in uso, previa certificazione rilasciata dagli amministratori della Cooperativa.