Quesito del 25/02/2016

In una coop edilizia che ha venduto tutti gli alloggi e pertinenze i proprietari hanno autoconvocato l’assemblea per la costituzione del condominio ex art 66. dd.aa.
Tuttavia benché la regolarità della convocazione e quorum costitutivi alcuni proprietari che non vi hanno partecipato hanno impugnato ritenendo che dovesse la Coop gestire i beni e dunque il presidente.
Si chiede se è sopraggiunto invece l’obbligo di costituzione avendo venduto tutti 24 alloggi e 30 pertinenze ed essendo i condomini 24 totali e quali possano essere i soli casi in cui ancora non giungeva l’obbligo di costituzione del Condominio.

Risposta al quesito:
Con l’assegnazione in proprietà degli alloggi, ancorché parziale, sorge ex lege il Condominio, a cui eventualmente partecipa la stessa Cooperativa, qualora proprietaria residuale di alcuni immobili.
Presumibilmente, gli opponenti si sono basati su disposizioni del TU n.1165/38 ormai superate e, comunque, non applicabili alla fattispecie in esame.

Quesito del 24/02/2016

Sono socia assegnataria di un alloggio di Cooperativa Edificatrice in proprietà indivisa a Milano, di  cui in passato sono anche stata presidente del CdA. La cooperativa possiede un unico stabile costruito nel 1910 e trattasi di una tipica casa di ringhiera concepita per e abitata da persone di reddito basso e medio.
Secondo lo Statuto della Cooperativa “il Consiglio di Amministrazione provvede, in conformità alla legge e allo Statuto, alla gestione della Cooperativa, di cui ha l’esclusiva competenza e responsabilità, per il miglior conseguimento dello scopo mutualistico e dell’oggetto sociale, compiendo tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che non siano espressamente demandati all’Assemblea dalla legge o dallo Statuto”.
Il Regolamento interno della Cooperativa, sul tema delle spese per manutenzione ordinaria e straordinaria, prevede che: “Il Consiglio di Amministrazione, in caso di necessità, elabora con la collaborazione di Tecnici competenti, specifici piani di manutenzione straordinaria degli immobili che dovranno essere presentati ai soci Assegnatari in occasione di specifiche riunioni convocate dal CdA, per essere approvati con la maggioranza semplice dei presenti alla riunione stessa“.
Ora il CdA attualmente in carica ha deciso di propria iniziativa di procedere ad ingenti ed onerosi lavori di straordinaria manutenzione, comprendenti anche qualche innovazione, che ha presentato ai soci Assegnatari in una riunione informale e puramente informativa, non deliberativa.
Il corpo sociale è costituito da ca. 400 soci, di cui 102 sono assegnatari di alloggio e una sessantina prenotatari di alloggi in disponibilità futura.
L’ammontare dei lavori sfiora il milione di euro e per la copertura il CdA intende accendere un mutuo ventennale di ca. 800.000 euro. Va precisato che lo stabile è già gravato da un mutuo ipotecario che andrà ad estinguersi entro un paio d’anni, a suo tempo contratto per un piano di ampliamento dello stabile che ha portato alla costruzione di mansarde.
Per la copertura dei costi dei nuovi lavori che interessano esclusivamente le parti comuni dell’edificio e di cui uno solo (il rifacimento integrale dell’impianto elettrico) è unanimemente riconosciuto come necessario e improrogabile, il CdA intende rivalersi sui soci Assegnatari addebitando interamente ad essi l’onere, ripartito su base millesimale e con un piano di rientro ventennale.
Tale modalità risulterebbe molto onerosa per gli assegnatari la cui bolletta trimestrale comporta attualmente un canone di godimento basso e sicuramente inferiore ai livelli di mercato ma con una incidenza delle spese di valore quasi doppio. L’ulteriore addebito di spese comporterebbe un aumento di almeno il 50%  della voce “spese generali“.
Tale modalità è inoltre in contrasto con la prassi consolidatasi nel tempo per la quale la Società ha sempre compartecipato alle spese di manutenzioni straordinarie nella misura del 30 o 50% in funzione della tipologia e dell’onerosità dei lavori mentre la restante parte dei costi veniva recuperata dall’addebito ai soci assegnatari.
Un folto gruppo di assegnatari intende opporsi alla decisione del CdA così come è stata presentata e chiede:
1)  E’ nei poteri del CdA imporre agli assegnatari un tale faraonico piano di interventi di manutenzione straordinaria (con anche qualche innovazione) in  assenza di un voto favorevole (a maggioranza semplice) dei soci Assegnatari, come previsto dal Regolamento interno?
2)  Se no, la questione è eventualmente da porre al voto di tutta la platea dei soci oppure soltanto a quella dei soci assegnatari che sono gli unici su cui ricade l’onere di sostenere i costi?
Cioè chi ha potere deliberante nei casi specifici  di decisioni che riguardano i soli assegnatari?
3)  E’ corretto e legalmente sostenibile ripartire su base millesimale i costi di lavori che interessano esclusivamente le parti comuni ed esterne (come il cortile, i ballatoi, le scale, la facciata interna etc) e non interessano minimamente i singoli appartamenti?Trattandosi di proprietà indivisa, sembra non equo e non rispettoso del principio di eguaglianza dei soci il maggiore aggravio che ricadrebbe su chi abita appartamenti più ampi (trilocali vs. bilocali) che peraltro costituiscono solo il 15% degli alloggi presenti nello stabile. Gli appartamenti più grandi non traggono alcun beneficio o vantaggio specifico dai lavori previsti.
4)  Qualora il CdA si rifiutasse di porre in discussione il piano per ridimensionarlo secondo le reali necessità al fine di ridurre l’importo dei lavori e non volesse rivedere il criterio millesimale per l’attribuzione dei costi , quali strumenti e procedure statutari e legali possono essere utilizzati dai soci assegnatari dissenzienti rispetto al piano imposto dal CdA
a) per far valere le proprie richieste di revisione e ridefinizione?
b) per eventualmente sfiduciare il CdA?
Un ulteriore quesito: da circa un anno il CdA ha deciso la copertura del servizio di guardiania anche al pomeriggio, sempre su propria iniziativa e senza un parere espresso a maggioranza dagli assegnatari, assumendo come dipendente una persona e ripartendo i costi di tale prestazione su base millesimale.
Trattasi di spesa non necessaria e che costituisce innovazione, pertanto non è scorretta sia la decisione attuata che la ripartizione su base millesimale, data la natura del servizio (che è rivolto alle persone e sul quale la dimensione degli alloggi non ha alcuna rilevanza)?

 

Risposta al quesito:
Se i dati forniti sono corretti si può ritenere che:

  • Il CdA non può disporre spese di manutenzione che siano di competenza dell’Assemblea, secondo quanto previsto dal Regolamento, il cui contenuto ha natura contrattuale;
  • La delibera deve essere assunta in base al voto limitato esclusivamente ai soci interessati e, soprattutto, onerati della relativa spesa;
  • Le spese relative alla manutenzione delle parti comuni vanno ripartite in base al valore millesimale degli alloggi beneficiari;
  • L’attività illegittima del CdA può essere inibita in forza di un’azione giudiziaria, anche di tipo cautelare; l’azione può essere proposta anche per la convocazione coattiva di un’assemblea dei soci con all’odg la revoca del mandato agli amministratori;
  • Anche per la guardiania si può dare corso alle azioni che precedono.

Quesito del 23/02/2016

Il mio quesito riguarda la partecipazione a società cooperative edilizie.
In breve dal 2010 sono socio di una società cooperativa per la costruzione tramite edilizia residenziale di circa 100 appartamenti.
Tale società dopo ormai più di 5 anni per me, ed in generale dopo 8 anni per i soci più “vecchi”, ancora non ha portato a termine l’iter e quindi oggi la situazione è che circa metà degli appartamenti sono terminati al 90% ma sono mancanti tutte le opere di urbanizzazione e quindi i primi 50 soci già assegnatari (tra i quali non ci sono io) e con fideiussione firmata in banca aspettano di ricevere il loro appartamento, per gli altri 50 soci, tra cui ci sono io, nulla di costruzione è stato iniziato.
Ora la situazione è che il prezzo inizialmente prospettato per tali appartamenti è notevolmente aumentato e non sono più così convenienti, inoltre stanco di perdere soldi in un affitto che ormai durava da 5 anni ho acquistato un altra casa.
Pertanto a Giugno 2015 ho inviato alla cooperativa lettera raccomandata con la quale esprimevo volontà di non essere più socio e chiedevo contestualmente la restituzione del capitale sociale corrisposto con le modalità previste dallo statuto e dalle leggi, a tale raccomandata non è mai seguita alcuna risposta.
La domanda è se le mie recessioni come socio sono valide oppure, come mi hanno detto, il CDA ha rifiutato le dimissioni ma senza darne comunicazione ed io a tutti gli effetti sono ancora socio e devo obbligatoriamente acquistare un secondo appartamento che non voglio più e che non posso permettermi poichè già pago il mutuo per la ulteriore casa che ho acquistato.

Risposta al quesito:
Il recesso da socio è regolato, oltre che dallo Statuto, anche dall’art. 2532 del codice civile.
In base a quest’ultima norma il CdA deve deliberare sulla domanda di recesso del socio, il quale può opporre la decisione innanzi al Tribunale.
Se il CdA non riscontra la domanda di recesso entro un termine ragionevole, esso di deve ritenere accolto.
Quanto ai motivi di opposizione in caso di rifiuto del CdA, essi devono essere fondati su elementi di fatto oggettivi, quali, nel caso di specie, potrebbero essere le inadempienze della Cooperativa in ordine ai tempi e ai costi degli alloggi.
E’ chiaro che il problema si porrà in ordine alla restituzione delle somme versate, in quanto la Cooperativa accamperà certamente diritti che non ha.
Occorre , pertanto, verificare la situazione di fatto e agire conseguentemente.

Quesito del 22/02/2016

Ho da poco dato le mie dimissioni da una cooperativa di lavoro, della quale ero socio fondatore, per incompatibilità di intenti con gli altri soci.
Appena mi sono dimesso (ho dato come da legge 20 giorni di preavviso, che non sono ancora scaduti) gli altri soci hanno deciso di liquidare la cooperativa, pur portando avanti i lavori in essere e prendendone di nuovi.
Volevo sapere se era possibile per la cooperativa portare avanti e prendere nuovi lavori, anche se in fase di liquidazione volontaria.
Posso in quanto socio (fino al 6 marzo) oppormi alla messa in liquidazione della cooperativa?

Risposta al quesito:
Nelle Cooperative di lavoro coesistono due tipi di rapporto: quello lavorativo e quello sociale.
Se, dunque, il socio ha dato le dimissioni come lavoratore, salva diversa previsione dello Statuto, mantiene la qualità di socio, in forza della quale può certamente opporsi alla Liquidazione volontaria della Società nei termini previsti dal codice civile.
Occorre, però, verificare se sussistono i presupposti di diritto per procedere nell’opposizione alla delibera di messa in Liquidazione, normalmente determinata da una causa sopravvenuta di scioglimento della Società.
Da quanto prospettato, sembra che vi sia una incompatibilità tra la prosecuzione dell’attività sociale, mediante l’acquisizione di nuove commesse e la delibera di messa in liquidazione.
E’ necessario, comunque, un approfondimento per confermare l’ipotesi dell’opposizione.

Quesito del 20/02/2016

Sono socio di una cooperativa edilizia composta da forze di polizia, tra breve dovremmo stipulare il rogito per il trasferimento della proprietà al singolo socio.
Potrei sapere se ai fini dell”imposta di registro, catastale e ipotecaria si può usufruire delle agevolazioni previste dall”art. 32 del D.P.R 601 del 1973.

Risposta al quesito:
In base all’art. 32, II comma, D.P.R. n. 601/1973, vige l’applicazione in misura fissa dell’imposta di registro nonché l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale, per gli atti di trasferimento della proprietà delle aree previste dal titolo III della Legge n. 865/1971 (recante norme in materia di edilizia residenziale pubblica e di espropriazione per pubblica utilità) e gli atti di concessione del diritto di superficie sulle aree stesse.
La consolidata giurisprudenza ritiene le predette agevolazioni applicabili solo agli atti e contratti relativi all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale previsti dalla succitata Legge ed affidati a istituti autonomi, cooperative edilizie, società con prevalente partecipazione statale, con esclusione di qualsiasi altro programma, sia pure introdotto da altro ente pubblico, come una Regione.
Inoltre, la Legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 58) ha interpretato la predetta norma nel senso di estendere  le succitate agevolazioni fiscali a tutti gli atti di trasferimento della proprietà delle aree previste dal titolo III della Legge n. 865/1971, indipendentemente dal titolo di acquisizione della proprietà da parte degli Enti Locali.
Le aree di cui alla suddetta Legge sono quelle destinate alla realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico (cd. aree PIP) e quelle rientranti nei “piani di zona” relativi all’edilizia economico-popolare (cd. Aree PEEP),concesse in diritto di superficie o  cedute in proprietà con apposita convenzione tra l’Ente locale ed il concessionario/cessionario.
Pertanto, al fine di stabilire il regime di imposizione fiscale applicabile all’atto di trasferimento in questione, occorrerà verificare se la Cooperativa edilizia rientri o meno in area PEEP.

Quesito del 19/02/2016

Gradirei una  risposta ai seguenti questi: premetto che sono socia di una cooperativa edilizia costituitasi nel 2010 per la costruzione di appartamenti da assegnare ai soci.
Nel 2011 la cooperativa ha acquistato un suolo edificatorio per l’importo di € 1.611.000. Al pagamento di detto suolo hanno partecipato tutti i soci ma in misure variabili a seconda delle possibilità economiche di ognuno.
Considerato che la cifra raccolta tra i soci non era sufficiente a saldare il prezzo di acquisto si è provveduto a chiedere uno scoperto di conto garantito da fideiussione. Tale operazione ha generato interessi passivi per l’importo, alla data attuale, di € 140.951,89. Parte del terreno acquistato è stato ceduto al Comune dietro corrispettivo (alla data attuale non ancora riscosso) di € 532.355,22.
Nell’anno 2013 è iniziata la costruzione e altra Banca ha concesso mutuo ipotecario con erogazioni a vari SAL. Dal 2011 (anno di acquisto del terreno) ad oggi tutti i soci hanno effettuato vari versamenti sempre sulla base delle proprie possibilità. Preciso che nessun socio è mai stato messo in morosità.
In questi giorni la cooperativa, terminata la costruzione, ha provveduto al frazionamento del mutuo e sta provvedendo alle assegnazioni ai singoli soci. La cooperativa non si chiuderà in tempi brevi in quanto ci sono dei locali commerciali a proprietà indivisa che non sono stati nè venduti nè locati.
Le espongo quindi il problema:
1) il CDA ha effettuato la ripartizione degli interessi passivi generati dallo scoperto di conto esclusivamente sulla base della superficie di ogni appartamento. Praticamente ha rilevato l’importo degli interessi + le competenze + le spese del conto corrente, ha diviso questo importo per i mq totali dei fabbricati e moltiplicato quest’ultimo importo per i mq di competenza di ogni singolo socio, con l’effetto poco piacevole che chi nel 2011 ha versato degli importi che pareggiavano il suo debito per l’acquisto del suolo ha dovuto partecipare alla spese alla stessa stregua di chi aveva versato solo il 20 % della propria quota di costo del suolo.
E’ corretta questa suddivisione?
Nel caso invece degli interessi derivanti dalle erogazioni del mutuo ipotecario il conteggio è stato fatto moltiplicando una percentuale determinata dal costo residuo/totale liquidità utilizzata (versamenti soci + mutuo) per l’importo degli interessi.
E’ corretto questo metodo di calcolo?
2) nella determinazione del costo degli appartamenti tutto il valore delle rimanenze deve essere attribuito pro quota ad ogni socio o ci sono delle spese (gestione amministrativa, compenso amministratori) che devono o possono essere ripartite in parti uguali?
3) il costo dell’appartamento deve comprendere l’acquisto del terreno per l’importo effettivamente pagato (€ 1.611000,00) o questo deve essere diminuito in considerazione del fatto che, vista l’inadempienza del Comune, il credito di € 532355,22 è stato ceduto al costruttore?
4) Ultimo problema: 2 soci hanno acquisito, in maniera non del tutto corretta nè trasparente, l’uso perpetuo del lastrico solare e del relativo vano tecnico (non accatastabile) a fronte di un corrispettivo irrisorio. Tutti i soci hanno accettato tale situazione per paura di bloccare le tanto agognate assegnazioni.
Io ho espresso il mio parere negativo che comunque non è servito a nulla visto che in sede di rogito tutti quanti hanno firmato una dichiarazione liberatoria. Io non ho ancora fatto il rogito per negligenza del CDA per cui vorrei sapere se posso rifiutarmi di firmare la dichiarazione e se questo mio rifiuto possa in qualche maniera danneggiare gli altri soci con cui voglio avere un rapporto di cordialità visto che li avrò come coinquilini per almeno i prossimi 30 anni.

 

Risposta al quesito:
I quesiti posti fondano su una problematica molto articolata che richiede l’adeguato approfondimento per essere affrontata e risolta.
Ad alcuni quesiti non addirittura possibile dare una risposta se non dopo l’esame della documentazione.
Per le vie generali si può affermare:
a) Nelle Cooperative edilizie vige sia il principio mutualistico sia il principio di parità tra i soci.
Alla luce dei predetti principi può accadere che si soprassieda sull’applicazione degli interessi da ritardato pagamento, proprio in virtù della solidarietà mutualistica.  Ma se la morosità protratta dei soci genera un considerevole spostamento finanziario, in tal caso emerge  il principio di parità, in forza del quale gli interessi di scopertura devono essere addebitati  in ragione dell’entità del ritardo di ciascun pagamento.
Per quel che attiene agli interessi di mutuo, essi vanno certamente addebitati in misura proporzionale al valore dell’alloggio assegnato, fatto salvo il principio anzidetto sui ritardi nei versamenti.
b) Nelle Cooperative edilizie esistono due tipologie di rapporti: l’uno riguardante il vincolo societario, l’altro inerente alla prestazione mutualistica dell’assegnazione dell’alloggio. Mentre il primo riguarda il mantenimento della struttura della Società e, come tale, esige che i relativi costi vengano ripartiti su tutti i soci in parti eguali, l’altro rapporto ha natura corrispettiva, sicché i relativi costi sono ripartiti in base al valore del bene assegnato.
c) Il costo del terreno deve essere ripartito proporzionalmente al valore del terreno iscritto in bilancio, mentre restano indifferenti a tal fine gli altri movimenti finanziari prospettati, che assumono significati contabili diversi e autonomi.
d) Occorre verificare se esiste un deliberato assembleare che disciplina le modalità di assegnazione delle pertinenze ai due soci, poiché in tal caso si sarebbe dovuto opporre la delibera nei termini di rito. Non sussistendo alcun deliberato, si può dare corso ad una specifica azione giudiziaria di tutela. E’ presumibile che la Cooperativa non proceda all’assegnazione se non a seguito della contestuale dichiarazione liberatoria. In tal caso il socio dovrà valutare la convenienza di imbarcarsi in un giudizio ovvero di chiudere un occhio e procedere all’acquisizione della proprietà individuale dell’alloggio.