Quesito del 31/12/2014

Una coop. a proprietà indivisa (con finanziamento ministeriale) ha assegnato (a 12 soci su 14) l’appartamento senza richiedere il Nulla Osta Ministeriale.
Un socio si è opposto ed ha richiesto una ispezione ministeriale la quale è stata approvata ed ha esperito i suoi lavori. Le conclusioni dell’ispezione, oltre ad altre risposte, hanno dichiarato che il Nulla Osta non è più necessario e, soprattutto, non hanno fatto cenno al rimborso della differenza di interessi fra coop. indivisa ed individuale.
E’ lecito tutto ciò? Se così fosse tutte le altre cooperative che hanno richiesto il passaggio a proprietà individuale ed hanno seguito l’iter della legge pagando la differenza di interessi possono esperire richiesta di rimborso di quanto a suo tempo versato?

Risposta al quesito:
Le Cooperative edilizie a proprietà indivisa finanziate prima della Legge 179/92 possono ottenere l’autorizzazione alla trasformazione in Cooperative a proprietà divisa, a condizione che sussistano determinati requisiti, tra i quali l’assunzione dell’obbligo di versare all’Ente finanziatore la differenza tra i contributi agevolati previsti per i due tipi di Società.
La ragione della disposizione è chiara, in quanto diretta ad evitare che venga elusa la normativa che prevede un finanziamento più consistente nel caso di Cooperative a proprietà indivisa, in ragione del principio di solidarietà dei soggetti economicamente deboli.
Nel caso di specie, a seguito delle risultanze ispettive, si può presumere che la legge di finanziamento sia successiva alla legge 179/92 e, soprattutto, non preveda ab origine un diverso contributo per le Cooperative.

Quesito del 18/12/2014

Dopo la delibera di esclusione del socio moroso e la conseguente revoca dell’alloggio assegnatogli provvisoriamente, del quale è stato già immesso nel possesso, cosa devo fare concretamente per fare sloggiare il socio moroso dall’immobile che attualmente continua ad occupare.

Risposta al quesito:
Se il socio permane nella detenzione illegittima dell’alloggio, occorre intraprendere l’azione giudiziaria di rilascio di immobile detenuto senza titolo.
Se la Cooperativa subisce danno per il ritardo, l’azione può essere intrapresa ai sensi dell’art. 700 c.p.c., cioè con provvedimento cautelare d’urgenza.

Quesito del 18/12/2014

Sono il Vice presidente di una cooperativa che ha terminato la costruzione di n° 25 alloggi con finanziamento regionale, abbiamo già provveduto oltre tre anni fa al frazionamento del mutuo e nel marzo 2012 al perfezionamento dell’atto per 20 soci, con relativo accollo del mutuo a seguire.
Dopodiché altre tre persone hanno fatto l’atto ma due, pur pagando regolarmente il mutuo alla cooperativa che poi paga la banca, continuano a non procedere all’atto finale, nonostante i ripetuti solleciti.
Premesso che la coop non ha debiti di sorta ed è in regola economicamente parlando, a giugno, per non pagare ulteriori cifre relativamente a bilancio, quota associativa alla lega coop, ecc. abbiamo deciso in assemblea che per dimettersi da socio bastava pagare una quota a copertura delle ultime spese di bilancio relative al 2014 e poi fare regolare richiesta di recesso da socio. La lega coop, ora, ci dice che non è possibile uscire da socio di questa cooperativa fino a che non sia stato fatto l’atto anche delle altre due case. E’ possibile? Tra l’altro abbiamo fatto delibera a inizio di questo anno in cui accollavamo le spese extra dovute al loro ritardo direttamente a questi soci.

Risposta al quesito:
Il caso prospettato ha tre soluzioni:
– la prima si fonda sull’esclusione dei soci che si sono resi indisponibili alla stipula dell’atto definitivo di assegnazione dell’alloggio.
In tal caso, i predetti soci sono responsabili anche di tutti i danni provocati alla Cooperativa, il cui ammontare può essere trattenuto dalle somme loro dovute in restituzione delle anticipazioni su costo di costruzione degli alloggi;
– la seconda basata sull’addebito ai soci inadempienti di tutti costi conseguenti al ritardo nel procedimento di estinzione della Cooperativa;
– la terza fondata sulla delibera di messa in liquidazione della Cooperativa con la conseguente nomina del liquidatore. Quest’ultimo, permanendo l’indisponibilità dei soci, può procedere all’esclusione degli stessi e, quindi, alla liquidazione del patrimonio sociale mediante la vendita degli alloggi residui.

Quesito del 17/12/2014

Sono socio di una cooperativa a scopo mutualistico a proprietà indivisa, creata per la costruzione di appartamenti destinati ai soci aventi determinati requisiti. La cooperativa è posta in essere fino al 2026.
Il nostro presidente sostiene che, avendo ricevuto il nulla osta da parte della Regione e del Comune di residenza nel 2003, ogni socio è libero di alienare o locare il suo appartamento trascorsi 5 anni dal nulla osta, in base all’art 20 della legge 179/92.
A questo punto mi sorge un grande dubbio: essendo la nostra una cooperativa dove per entrarvi bisogna possedere dei requisiti molto rigidi, in cui nessuno SOCIO è PROPRIETARIO, MA SOLO ASSEGNATARIO di un APPARTAMENTO ed essendo in vita per almeno fino al 2026, POSSONO I SOCI liberamente alienare o locare l’appartamento loro assegnato?
I membri del CDA devono essere informati e responsabili delle conseguenze di tali vendite o locazioni?

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa è a proprietà indivisa non può essere eseguita alcuna alienazione dell’alloggio da parte del socio assegnatario, per il fatto che lo stesso non ha acquisito alcuna proprietà individuale dell’immobile.
Se l’Ente finanziatore, cioè la Regione, ha autorizzato la trasformazione della Cooperativa a proprietà divisa e sono stati eseguiti tutti gli adempimenti conseguenti, in tal caso ciascun socio può alienare l’alloggio dopo cinque anni dall’assegnazione.
Resta fermo il vincolo della Convenzione stipulata con il Comune che ha assegnato l’area, in base alla quale gli alloggi devono essere ceduti esclusivamente ai soggetti aventi i requisiti previsti per l’edilizia popolare.

Quesito del 12/12/2014

Per acquistare degli appartamenti di proprietà della Regione Lazio ci è stato suggerito di formare un Consiglio Direttivo, di cui sono Presidente, presso la Conit (Consorzio Italiano Casa) di Roma allo scopo di avere maggiore potere negoziale formando una Cooperativa. In realtà nulla di ciò è avvenuto ed, infatti, abbiamo acquistato le abitazioni come privati direttamente con la Regione Lazio.
Ora la Conit chiede molti denari per la “attività di consulenza e/o collaborazione” mai avvenuta e mi invia lettera r.a r. per il ritiro della documentazione societaria e contabile. Come mi devo comportare?

Risposta al quesito:
Se la Cooperativa è stata effettivamente costituita  con atto notarile, rogato alla presenza dei soci fondatori, questi ultimi sono obbligati a sopportare tutte le spese della costituzione.
Il Consorzio è un organismo di secondo grado e, quindi, intrattiene rapporti esclusivamente con le Cooperative, che vi aderiscono in base a regolari deliberati del Consiglio di Amministrazione.
Se nel caso di specie non vi è stata alcuna delibera degli amministratori, in tal caso non sembra che il predetto Consorzio possa vantare alcuna pretesa se non esiste alcun valido conferimento dell’incarico di assistenza.

Quesito dell’11/12/2014

Un socio di una cooperativa edilizia entrato oltre 20 anni fa nella speranza che si costruisse un alloggio, oggi non avendo più fiducia nel progetto vorrebbe recedere, sono 20 anni e non si costruisce niente solo anticipazioni per acquisto terreni.
Nello statuto c’è il divieto di cessione delle quote sociali e non possono essere cedute da socio a socio o a terzi i versamenti eseguiti in conto prezzo degli alloggi. Ritenendo tale articolo dello statuto nullo poiché in contrasto con una norma inderogabile di cui all’art. 2530 6° comma c.c. riterrei applicabile il recesso.
Il problema a questo punto è che al socio era già stata inviata una delibera di esclusione da socio del 2012 perché moroso essendosi rifiutato di versare ulteriori 25.000,00 euro per opere delibera appena annullata dal Tribunale di Roma con ordine di riammissione.
Se invio la lettera di recesso quale quota spetterà al socio, quella pari ai versamenti eseguiti sottratte l’ordinaria gestione o altra?
Dovrà pagare i 25.000 euro già richiestigli?

Risposta al quesito:
Nel caso prospettato occorre preliminarmente esaminare, oltre alle argomentazioni sollevate nel giudizio di opposizione alla delibera di esclusione, soprattutto le motivazioni della sentenza  di accoglimento con ordine di riammissione.
Se, infatti, il provvedimento giudiziale ha subordinato la riammissione al versamento delle somme, il mancato adempimento del socio potrebbe indurre la Cooperativa a richiedere il risarcimento del danno, quanto meno in ragione delle spese legali del giudizio appena concluso.
In ogni caso, il recesso è legittimo ai sensi dell’art. 2530 sesto comma c.c. e il socio ha diritto al rimborso nei tempi e nei modi regolati dallo Statuto sociale.
Normalmente, nel caso di recesso legittimo si prevede il rimborso della quota sociale, delle anticipazioni in conto costruzione, detratte le perdite pro quota, l’eventuale tassa di ammissione a fondo perduto e gli altri eventuali costi di diretta ed esclusiva imputazione al socio receduto.
Il socio che recede non è tenuto al pagamento delle eventuali anticipazioni, ma esclusivamente al versamento delle spese di amministrazione già maturate nel periodo di vigenza del rapporto sociale.