Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 13/10/2015

Sono socio assegnatario di un appartamento facente parte una cooperativa edilizia a proprietà indivisa.
In questi giorni si è presentata l’incombenza, a seguito di verifica periodica, dell’adeguamento secondo le norme vigenti di alcuni elementi dello scaldabagno e del locale in cui è ubicato e nello specifico realizzazione di areazione supplementare, modifica della tubazione di esalazione fumi e la conseguente realizzazione di nuova certificazione di conformità.
La cooperativa sostiene che debba essere io a sostenere tutti i costi perché lo scaldabagno è di mia proprietà, ma la mia domanda è, io ho comprato fisicamente lo scaldabagno ma la giusta installazione e la relativa certificazione di conformità non doveva essere eseguita dalla cooperativa? Se si è giusto che io ora debba sobbarcarmi le spese per la messa a norma?

Risposta al quesito:
Anche se l’assegnazione dell’alloggio nelle Cooperative indivise è equiparabile ai contratti di locazione, non è detto che vi sia la completa identità tra le due fattispecie giuridiche.
E’, infatti, possibile che la Cooperativa adotti un regolamento generale in base al quale gli impianti di areazione e di riscaldamento siano (ivi compreso quello dell’acqua calda) siano demandati all’autonomia dell’assegnatario, nel senso che è quest’ultimo che deve provvedere all’eventuale acquisto e alla relativa manutenzione.
In tal caso, anche le spese di manutenzione straordinaria dei predetti impianti compete al socio assegnatario.
Se, viceversa, la Cooperativa ha provveduto per tutti gli altri soci a collocare gli impianti (scaldabagno) in tal caso deve provvedere a sostenere gli oneri della manutenzione e certificazione di conformità.

Quesito dell’11/10/2015

A proposito del quesito da me posto del 20/09/15 volevo chiedere se il subentrante deve pagare nuovamente l’iva avendola già da me pagata con regolari fatture alla cooperativa nel corso degli anni precedenti.
Preciso che non ho chiuso nessun atto ufficiale (assegnazione e tantomeno rogito).

Risposta al quesito:
Dal quesito formulato si evince che, prima di recedere, il socio ha versato alla Cooperativa gli acconti, assoggettati ad iva, sul costo di costruzione dell’alloggio.
L’iva già versata sugli acconti potrebbe essere recuperata dalla Cooperativa e, quindi, dal socio receduto in restituzione, attraverso l’emissione, da parte della Società, di una nota di variazione in diminuzione.
Tuttavia, occorre precisare che, in base all’art. 26 DPR 633/1972 le note di accredito iva possono essere emesse soltanto entro un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile.
La richiesta di restituzione, quindi, potrà riguardare solo l’iva relativa agli acconti corrisposti alla Cooperativa non oltre un anno prima.
Il socio subentrante, invece, dovrà, a fronte dell’assegnazione dell’alloggio, corrispondere alla Cooperativa il relativo importo che, in virtù della nota riforma legislativa del 2009, è ormai considerato interamente imponibile ai fini iva, salve le ipotesi di esenzione (poco probabili nel caso di specie) previste dall’art. 10, comma 8-ter, DPR 633/1972 (assegnazione effettuata da Cooperativa costruttrice dopo cinque anni dall’ultimazione dei lavori senza opzione, da parte della Cooperativa stessa, per l’assoggettamento ad iva).
L’aliquota iva applicabile varierà (4 % o 10%) a seconda se il socio medesimo potrà o meno usufruire delle agevolazioni concesse per l’acquisto della “prima casa”.

Quesito del 10/10/2015

Sono socio dal 2009 di una cooperativa militare realizzata con i benefici della legge 492 del 16/10/1975, in diritto di superficie. Vi ho preso la residenza dal 2010.
Abbiamo qualche mese variato lo statuto della cooperativa da proprietà indivisa ad individuale poichè in procinto di finalizzare il frazionamento della proprietà che dovrebbe essere finalizzato nel 2016.
Volevo sapere se posso rivendere la proprietà, per ricomprare una prima casa altrove entro un anno, subito dopo aver rogitato oppure bisogna attendere che trascorrano 5 anni, da quale data?
Preciso che, essendo in diritto di superficie, al momento la domanda di riscatto della superficie non è ancora stata fatta al Comune. Poichè devo trasferirmi e non posso acquistare altrove come seconda casa, volevo capire che tempi devo attendere per rivendere e ricomprare senza perdere i requisiti di prima casa.

Risposta al quesito:
Successivamente alla stipula dell’atto di assegnazione in proprietà , l’assegnatario può richiedere all’Autorità amministrativa l’autorizzazione a derogare dai termini per la vendita dell’alloggio, qualora possa dimostrare l’esigenza di doversi trasferire in altro Comune per ragioni di servizio.
Per non decadere dalle agevolazioni fiscali (fruite e fruende) il socio deve alienare l’immobile entro il quinquennio dall’assegnazione e stipulare il nuovo atto di acquisto entro l’anno successivo a quello della vendita.

Quesito del 10/10/2015

A seguito di una morosità non esistente venivo espulso come socio cooperativa e quindi dal programma costruttivo dopo aver già scelto e individuato l’alloggio da occupare in una delibera CdA il 2011.
A seguito di tale espulsione l’arbitro a cui ho ricorso mi ha dato ragione ed ha evidenziato la non morosità (nel frattempo l’unita immobiliare è stata assegnata ad altro socio rimodulando la graduatoria per la scelta a seguito di fuoruscite e rinunce dell’appartamento).
A tale provvedimento il CdA ha ricorso in Appello chiedendo la sospensiva del provvedimento arbitrale. La sospensiva è stata rigettata e rinviata l’udiena a tre anni. Il cda nelle more mi rintegrava come socio ma non mi deliberava nè l’acquisizione e e la consegna dell’unità abitativa precedentemente individuata, ne provedeva a pagare le spese legali disposte dal giudice.
A questo punto sono stato costretto ad azionare il prelievo coatto delle somme sulla banca della cooperativa e di azionare l’obbligo del fare. le somme sono state prelevate e quindi il pagamento al legale è potuto avvenire, mentre all’udienza per l’obbligo del fare il Giudice ha chiesto all’avvocato il titolo esecutivo (atto di precetto) che non era stato prodotto e quindi rigettata la domanda dell’obbligo del fare pur avendo una sentenza arbitrale e una sospensiva in appello.
Nel contempo la Cooperativa dichiarava che aveva provveduto ad effettuare una seconda espulsione e quindi il socio non aveva alcun diritto essendo fuori dalla compagine sociale ad acquisire l’appartamento in fitto costruito dalla cooperativa. La persecuzione è evidente e malgrado tutto ho dovuto fare istanza alla CCIAA per un altro lodo arbitrale per acquisire la qualità di socio e aver diritto all’alloggio.
Ho intenzione di rivolgermi all’Autorità giudiziaria per porre fine a questa persecuzione e riacquistare la qualità di socio dall’inizio, come se non fosse mai uscito dalla società.
C’e da dire anche che la Cooperativa ha provveduto ad assegnare a persone esterne gli appartamenti senza aver contattato ne comunicato a persone iscritte nel libro soci la disponibilità dell’alloggio liberatosi.

Risposta al quesito:
Avendo ottenuto la decisione favorevole del primo arbitrato, il socio avrebbe già potuto agire con azione individuale di responsabilità verso gli amministratori che gli hanno procurato il danno.
La  nuova esclusione, anch’essa presumibilmente illegittima, non dovrebbe ostacolare la predetta azione di responsabilità, stante l’obbiettiva assenza di alloggi da assegnare al socio danneggiato.
Se, tuttavia, il socio nuovamente escluso ha instaurato un nuovo arbitrato, è bene attendere la relativa decisione e poi valutare l’opportunità di agire contro gli amministratori.

Quesito del 10/10/2015

Siamo 30 soci di una cooperativa edilizia. Il Comune ha imposto secondo il piano regolatore del nuovo quartiere di realizzare 8 locali commerciali che si trovano sotto le palazzine.
Ciascun socio sta per rogitare l’ atto per diventare proprietario dell’appartamento assegnatogli. I locali invece resteranno di proprietà della cooperativa che rimarrà in piedi finché non si venderanno i locali.
È possibile stipulare un atto da cui risulti che ogni socio diventi proletario di 1/30 dei locali? Questo servirebbe a far sciogliere la cooperativa evitando spese di gestione.
Se fosse possibile, come si regolerebbe poi un’eventuale vendita dei locali?

Risposta al quesito:
Se non sussistono disposizioni ostative (Statuto sociale, Convenzione con il Comune, Bando di finanziamento pubblico) la Cooperativa potrebbe trasferire unitamente all’alloggio sociale anche la quota parte della proprietà delle botteghe.
In tal caso, la Cooperativa potrebbe sciogliersi, avendo raggiunto lo scopo sociale ed essendo priva di patrimonio residuo.
Si formerebbe, tuttavia, una comunione dei soci sulla proprietà delle botteghe, per la cui vendita sarebbe necessario il consenso unanime di tutti i partecipanti.
Da quanto precede, sembra evidente che la gestione delle botteghe risulti più agevole da parte della Cooperativa anziché della Comunione dei soci e tutto lascia supporre che i costi del mantenimento in vita della società potrebbero rivelarsi ben poca cosa rispetto a quelli inerenti ai dissidi tra comunisti.

Quesito dell’08/10/2015

Faccio parte di una cooperativa di 10 appartamenti, il presidente delle cooperativa a deciso di vendere gli appartamenti a prezzi diversi, non tenendo conto della metratura o del giardino… è corretto?
Chi ha più metri e più giardino paga meno degli altri?

Risposta al quesito:
L’assegnazione degli alloggi ai soci, ma anche la vendita a terzi, è un atto di straordinaria amministrazione, la cui gestione è riservata all’assemblea (salvo particolari casi espressamente previsti nello Statuto sociale).
Va, comunque, osservato che nelle Cooperative vige il principio della parità di trattamento di tutti i soci, anche in relazione al rapporto mutualistico, consistente nell’assegnazione dell’alloggio al socio a fronte del corrispettivo da quest’ultimo dovuto.
In ragione di quanto precede, il socio assegnatario è tenuto a pagare il costo dell’alloggio in base alla effettiva consistenza di esso , altrimenti verrebbe violato il principio mutualistico della parità di trattamento dei soci, i quali sarebbero tenuti a pagare (illegittimamente) prezzi diversi a fronte di quanto effettivamente ricevuto.